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02
settembre 2009
biennale 2009_partecipazioni nazionali Area oceanica
biennale 2009
Separate dal Mar di Tasman, la distanza artistica fra Australia e Nuova Zelanda è siderale. Fortemente legata alla propria cultura l’una, al puro atto artistico l’altra. Ma entrambe “costruiscono un mondo”...
Mettendo in relazione l’interno con l’esterno, l’australiano Shaun Gladwell ha posizionato fuori del Padiglione australiano ai Giardini, oltre alla moto R6 Intersection che si conficca nella parete, una fedele riproduzione della macchina V8 Interceptor, senz’altro riconosciuta dai cinefili più incalliti.
Ispirati alla trilogia cult Mad Max, Gladwell propone cinque video del progetto iniziato due anni fa e tuttora in divenire: Maddestmaximvs. Caratterizzati dalla proiezione al rallentatore, che dilata il tempo e in antitesi con quanto è ripreso, contraddistinto dalla velocità, sono girati nell’entroterra del continente. Apologies (1-6) – un commovente atto d’amore compiuto da un tetro quanto misterioso e gentile centauro nei confronti delle centinaia di canguri che ogni giorno sono travolti lungo le assolate e polverose strade da mastodontici camion – è una delle 24.763 “apologies” giunte all’Australians for Native Title and Reconciliation o una delle Sea of hands che dal 1998, durante il Sorry Day, chiedono scusa per la stolen generation.
Nei video Interceptor Surf Sequence e Centred Pataphysical Suite si aggiunge la fascinazione per i virtuosismi del corpo. Nel primo, proiettato sulle due facciate di uno schermo sospeso al soffitto, lo stesso misterioso salva-canguri è impegnato in un acrobatico movimento sul tetto della V8 Interceptor lanciata a tutta velocità su una lunga strada sterrata; nel secondo, sei schermi mostrano in notturna alcuni performer di diverse discipline di cultura di strada (skateboard, breakdance, bmx o “vernacular dance”).
Un’installazione con un filmato “live” di un teschio umano rotante posto dietro il monitor è Endoscopic vanitas. Infine, in Planet & Stars Sequence uno spray artist realizza le sue galassie utilizzando materiali abbandonati.
La collettiva Once Removed alla Ludoteca è invece incentrata sullo sradicamento. Life Span di Claire Healy & Sean Cordeiro è un’imponente installazione di 195.774 videocassette che testimoniano i sogni e le paure dell’uomo. L’aborigeno Vernon Ah Kee nelle tavole da surf riporta i pensieri del suo popolo (Cant Chant (Wegrewhere)). Nell’illusionistica installazione Sweet Barrier Reef, il giapponese Ken Yonetani riproduce il delicato e minacciato ecosistema di un fondale marino.
Per la Nuova Zelanda, Judy Millar, attraverso la pittura dell’installazione Giraffe-Bottle-Gun, frammenta e ricompone lo spazio della Maddalena. Realizzando prima tele di piccole dimensioni, fotografandole e stampandole poi su pvc su enormi supporti, gioca sui formati stimolati dalle macchie di colore che liberamente si formano sul prototipo.
Ispirandosi all’arte che l’ha preceduta, Francis Upritchard con Save Yourself si rifà alle tele di Brueghel e Bosch. Piccole sculture, poste sopra alti tavolini e illuminate da antropomorfiche lampade, attraverso l’uso di colori tratti dalla tecnica futuristica perdono completamente la propria memoria umana.
Ispirati alla trilogia cult Mad Max, Gladwell propone cinque video del progetto iniziato due anni fa e tuttora in divenire: Maddestmaximvs. Caratterizzati dalla proiezione al rallentatore, che dilata il tempo e in antitesi con quanto è ripreso, contraddistinto dalla velocità, sono girati nell’entroterra del continente. Apologies (1-6) – un commovente atto d’amore compiuto da un tetro quanto misterioso e gentile centauro nei confronti delle centinaia di canguri che ogni giorno sono travolti lungo le assolate e polverose strade da mastodontici camion – è una delle 24.763 “apologies” giunte all’Australians for Native Title and Reconciliation o una delle Sea of hands che dal 1998, durante il Sorry Day, chiedono scusa per la stolen generation.
Nei video Interceptor Surf Sequence e Centred Pataphysical Suite si aggiunge la fascinazione per i virtuosismi del corpo. Nel primo, proiettato sulle due facciate di uno schermo sospeso al soffitto, lo stesso misterioso salva-canguri è impegnato in un acrobatico movimento sul tetto della V8 Interceptor lanciata a tutta velocità su una lunga strada sterrata; nel secondo, sei schermi mostrano in notturna alcuni performer di diverse discipline di cultura di strada (skateboard, breakdance, bmx o “vernacular dance”).
Un’installazione con un filmato “live” di un teschio umano rotante posto dietro il monitor è Endoscopic vanitas. Infine, in Planet & Stars Sequence uno spray artist realizza le sue galassie utilizzando materiali abbandonati.
La collettiva Once Removed alla Ludoteca è invece incentrata sullo sradicamento. Life Span di Claire Healy & Sean Cordeiro è un’imponente installazione di 195.774 videocassette che testimoniano i sogni e le paure dell’uomo. L’aborigeno Vernon Ah Kee nelle tavole da surf riporta i pensieri del suo popolo (Cant Chant (Wegrewhere)). Nell’illusionistica installazione Sweet Barrier Reef, il giapponese Ken Yonetani riproduce il delicato e minacciato ecosistema di un fondale marino.
Per la Nuova Zelanda, Judy Millar, attraverso la pittura dell’installazione Giraffe-Bottle-Gun, frammenta e ricompone lo spazio della Maddalena. Realizzando prima tele di piccole dimensioni, fotografandole e stampandole poi su pvc su enormi supporti, gioca sui formati stimolati dalle macchie di colore che liberamente si formano sul prototipo.
Ispirandosi all’arte che l’ha preceduta, Francis Upritchard con Save Yourself si rifà alle tele di Brueghel e Bosch. Piccole sculture, poste sopra alti tavolini e illuminate da antropomorfiche lampade, attraverso l’uso di colori tratti dalla tecnica futuristica perdono completamente la propria memoria umana.
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Info: venice2009@australiacouncil.gov.au; www.australiavenicebiennale.com.au
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Ingresso libero
Info: tel. +39 0415237467; theresa@theresasimon.com; www.nzatvenice.com
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