Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Veronese e Padova. L’artista, la committenza e la sua fortuna
Dai capolavori patavini di Veronese, alla rivisitazione barocca delle sue scenografiche
invenzioni: l’eredità di un grande artista in mostra a Padova.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Dai capolavori patavini di Veronese, alla rivisitazione barocca delle sue scenografiche
invenzioni: l’eredità di un grande artista in mostra a Padova.
Esposta anche l’“Ascensione di Cristo” dalla Chiesa di San Francesco, oggetto agli inizi del Seicento del furto clamoroso della parte inferiore.
Per la prima volta, torna a Padova la grande porzione trafugata, identificata solo negli anni Sessanta del Novecento in un’opera dell’Arcidiocesi di Olomouc in Boemia.
Il cromatismo limpido e armonioso, gli audaci impianti architettonici, la forza scenografica delle composizioni, perfino l’intensa drammaticità nei soggetti sacri dell’ultimo periodo:
quella di Paolo Veronese è stata una pittura potente e di straordinaria forza comunicativa, capace di influire sulla produzione
artistica di tanti contemporanei e d’intere generazioni d’artisti, ovunque egli sia stato chiamato ad operare.
Fu così anche a Padova, città con la quale Veronese ebbe intensi rapporti a partire dal 1556 - soprattutto grazie all’illuminata committenza dei benedettini – apportando nuova linfa alla
civiltà figurativa locale. Da allora non fu più possibile prescindere dall’esperienza veronesiana che diverrà termine fondamentale di confronto per i nuovi protagonisti della scena locale.
La mostra, promossa per ricordare l’arte del grande maestro dal Comune di Padova, Assessorato alla Cultura-Musei Civici e Biblioteche di Padova – con Mibact-Soprintendenza per i Beni
storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, Ministero dell'Interno Fondo Edifici di Culto, Regione del Veneto, la collaborazione della
Fondazione Antonveneta e il sostegno di Fischer Italia, Cassa di Risparmio del Veneto, Gruppo ICAT e SKIRA capofila ATI -
prenderà dunque le mosse proprio dai capolavori di Paolo Veronese conservati a Padova, riuniti per l’occasione nelle sale dei Musei Civici agli Eremitani,
dal 7 settembre 2014 all’11 gennaio 2015, con la sola eccezione dell’inamovibile Pala di Santa Giustina.
Una sorprendente riflessione sul lascito di uno dei maggiori artisti del Cinquecento, che prosegue in un denso excursus tra eredi, emuli e interpreti dello spirito e delle invenzioni
veronesiane nel contesto patavino tra il XVI e il XVII secolo: dal fratello Benedetto Caliari e i figli Carletto e Gabriele – gli Heredes Pauli operosi anche a Santa Gustina –
a Giovanni Battista Zelotti, Dario Varotari, Lodovico Pozzoserrato e Giovanni Battista Bissoni.
In risposta alla pittura d’ispirazione tizianesca del Padovanino, Pietro Damini lavora in termini veronesiani, mentre, con l’avanzare del Seicento, Girolamo Pellegrini – punto d’incontro tra la
tradizione romana cortonesca accolta dal Liberi e quella veneta – il pittore fiammingo Valentin Lèfevre, Giovanni Antonio Fumiani e Sebastiano Ricci individuano l’opera di Veronese
quale elemento fondante per la nascita del Rococò nel Veneto e la sua diffusione su scala europea.
Nell’insieme circa cinquanta dipinti e una quarantina di stampe tratte dai lavori del pittore, per raccontare “Veronese e Padova. L’artista, la committenza e la sua fortuna”
a cura di Davide Banzato, Giovanna Baldissin Molli ed Elisabetta Gastaldi.
Eccezionale è la presenza nel percorso della mostra dell’Ascensione di Cristo, databile 1575, proveniente dalla Chiesa di San Francesco a Padova.
Si tratta di un’opera chiave per l’impianto protobarocco, che avrà un notevole seguito negli esiti successivi di Paolo e della bottega
e che fu al centro poco dopo di una singolare vicenda di furti ed esportazioni illecite.
La parte bassa dell’opera - identificata solo negli anni Sessanta del Novecento negli Undici Apostoli dell’Arcidiocesi di Olomouc in Repubblica Ceca -
venne infatti “da un rapace umano dal mezzo in giù tagliata”, secondo la colorita ricostruzione del Ridolfi.
Rubata l’importante porzione di tela, fu affidato a Pietro Damini nel 1625 il compito di reintegrare il dipinto,
essendo egli, allora, il più qualificato interprete dello stile veronesiano.
Dopo quasi 400 anni, la parte trafugata del Veronese tornerà a Padova e potrà essere raffrontata con la parte alta della tela originaria e con l’invenzione di Damini.
invenzioni: l’eredità di un grande artista in mostra a Padova.
Esposta anche l’“Ascensione di Cristo” dalla Chiesa di San Francesco, oggetto agli inizi del Seicento del furto clamoroso della parte inferiore.
Per la prima volta, torna a Padova la grande porzione trafugata, identificata solo negli anni Sessanta del Novecento in un’opera dell’Arcidiocesi di Olomouc in Boemia.
Il cromatismo limpido e armonioso, gli audaci impianti architettonici, la forza scenografica delle composizioni, perfino l’intensa drammaticità nei soggetti sacri dell’ultimo periodo:
quella di Paolo Veronese è stata una pittura potente e di straordinaria forza comunicativa, capace di influire sulla produzione
artistica di tanti contemporanei e d’intere generazioni d’artisti, ovunque egli sia stato chiamato ad operare.
Fu così anche a Padova, città con la quale Veronese ebbe intensi rapporti a partire dal 1556 - soprattutto grazie all’illuminata committenza dei benedettini – apportando nuova linfa alla
civiltà figurativa locale. Da allora non fu più possibile prescindere dall’esperienza veronesiana che diverrà termine fondamentale di confronto per i nuovi protagonisti della scena locale.
La mostra, promossa per ricordare l’arte del grande maestro dal Comune di Padova, Assessorato alla Cultura-Musei Civici e Biblioteche di Padova – con Mibact-Soprintendenza per i Beni
storici, artistici ed etnoantropologici per le Province di Venezia, Belluno, Padova e Treviso, Ministero dell'Interno Fondo Edifici di Culto, Regione del Veneto, la collaborazione della
Fondazione Antonveneta e il sostegno di Fischer Italia, Cassa di Risparmio del Veneto, Gruppo ICAT e SKIRA capofila ATI -
prenderà dunque le mosse proprio dai capolavori di Paolo Veronese conservati a Padova, riuniti per l’occasione nelle sale dei Musei Civici agli Eremitani,
dal 7 settembre 2014 all’11 gennaio 2015, con la sola eccezione dell’inamovibile Pala di Santa Giustina.
Una sorprendente riflessione sul lascito di uno dei maggiori artisti del Cinquecento, che prosegue in un denso excursus tra eredi, emuli e interpreti dello spirito e delle invenzioni
veronesiane nel contesto patavino tra il XVI e il XVII secolo: dal fratello Benedetto Caliari e i figli Carletto e Gabriele – gli Heredes Pauli operosi anche a Santa Gustina –
a Giovanni Battista Zelotti, Dario Varotari, Lodovico Pozzoserrato e Giovanni Battista Bissoni.
In risposta alla pittura d’ispirazione tizianesca del Padovanino, Pietro Damini lavora in termini veronesiani, mentre, con l’avanzare del Seicento, Girolamo Pellegrini – punto d’incontro tra la
tradizione romana cortonesca accolta dal Liberi e quella veneta – il pittore fiammingo Valentin Lèfevre, Giovanni Antonio Fumiani e Sebastiano Ricci individuano l’opera di Veronese
quale elemento fondante per la nascita del Rococò nel Veneto e la sua diffusione su scala europea.
Nell’insieme circa cinquanta dipinti e una quarantina di stampe tratte dai lavori del pittore, per raccontare “Veronese e Padova. L’artista, la committenza e la sua fortuna”
a cura di Davide Banzato, Giovanna Baldissin Molli ed Elisabetta Gastaldi.
Eccezionale è la presenza nel percorso della mostra dell’Ascensione di Cristo, databile 1575, proveniente dalla Chiesa di San Francesco a Padova.
Si tratta di un’opera chiave per l’impianto protobarocco, che avrà un notevole seguito negli esiti successivi di Paolo e della bottega
e che fu al centro poco dopo di una singolare vicenda di furti ed esportazioni illecite.
La parte bassa dell’opera - identificata solo negli anni Sessanta del Novecento negli Undici Apostoli dell’Arcidiocesi di Olomouc in Repubblica Ceca -
venne infatti “da un rapace umano dal mezzo in giù tagliata”, secondo la colorita ricostruzione del Ridolfi.
Rubata l’importante porzione di tela, fu affidato a Pietro Damini nel 1625 il compito di reintegrare il dipinto,
essendo egli, allora, il più qualificato interprete dello stile veronesiano.
Dopo quasi 400 anni, la parte trafugata del Veronese tornerà a Padova e potrà essere raffrontata con la parte alta della tela originaria e con l’invenzione di Damini.
07
settembre 2014
Veronese e Padova. L’artista, la committenza e la sua fortuna
Dal 07 settembre 2014 all'undici gennaio 2015
arte antica
Location
MUSEI CIVICI AGLI EREMITANI
Padova, Piazza Eremitani, 8, (Padova)
Padova, Piazza Eremitani, 8, (Padova)
Biglietti
Biglietto intero: 10 euro
(*) Biglietto ridotto per chi ha visitato una delle mostre di Verona, Vicenza, Castelfranco e Bassano: 8 euro
Biglietto ridotto speciale per bambini e ragazzi dai 6 ai 17 anni, studenti universitari, gruppi di studenti accompagnati da insegnanti, comitive di almeno 10 persone iscritte ad associazioni con finalità socio culturali, militari di leva: 6 euro
Biglietto ridotto scuole: 5 euro
Ingresso gratuito per portatori di handicap e bambini fino ai 5 anni
(*) Chi
Orario di apertura
da martedì a domenica dalle 9:00 alle 19:00; chiuso i lunedì non festivi, Natale, S.Stefano, Capodanno
Vernissage
7 Settembre 2014, su invito
Editore
SKIRA
Ufficio stampa
VILLAGGIO GLOBALE
Autore
Curatore