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22
settembre 2009
architettura_sottotono SO-IL. Solid Objectives-Idenburg Liu
Architettura
L’idea di questa sottorubrica nasceva dall’incontro a Dumbo con Florian Idenburg di SO-IL. Si aspettava la loro prima realizzazione per parlarne, ed eccola qui. Il quartier generale dello stilista Derek Lam a New York...
di Luca Diffuse
Florian Idenburg incontra Kazuyo Sejima da studente durante una master
class al Berlage. Il passaggio successivo sono sei mesi di corso intensivo di
giapponese per raggiungere Sanaa a Tokyo.
“Oltre a Ready to Die di The
Notorious B.I.G. nel 1994 e SMLXL by Rem Koolhaas l’anno successivo, pochi eventi
durante i miei giorni da studente hanno influenzato il mio sviluppo più del
partecipare a una master class di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa al Berlage Institute
nell’autunno del 1998”, racconta Idenburg. “I primi due mi hanno insegnato a
pensare in grande, mentre Sejima e Nishizawa hanno completamente cambiato il mio approccio all’architettura”.
Al suo party di congedo dopo otto anni di lavoro, Sejima
lo ha ringraziato per il suo contributo alla vocazione internazionale dello
studio. E in effetti, durante l’episodio così nitido e positivo per Manhattan
(“hell yes!”) della costruzione del New Museum, Sanaa a New York consisteva nel
laptop di Florian e nella sua insonnia. Stessa dinamica per la realizzazione
del Glass Pavilion al Toledo Museum of Art in Ohio. Di entrambi gli edifici
Florian è stato co-designer e associato in charge dello studio.
SO-IL (Solid Objectives), Florian Idenburg con Jing Liu, prosegue in modo interessante il
rapporto con Sanaa, esprimendo con maggior visibilità il ruolo dirompente che
lo studio giapponese sta avendo nella diffusione, facile in Giappone ma più
discreta in Occidente, di un linguaggio semplice basato su modalità
diagrammatiche espresse e realizzate con poesia, semplicità, atmosfera.
Amate Sanaa? Non potete perdervi SO-IL (meglio se passate
anche per Junya Ishigami). Pensiamo proprio al progetto per Derek Lam. Al piano terra, Sanaa
se la cava piuttosto velocemente mixando il modulo vetrato del progetto di
Toledo con le modalità espositive del progetto per un piccolo punto Issey
Miyake a Tokyo. Al piano superiore, SO-IL interviene nella progettazione degli
uffici, riprendendo il concept che era stato centrale per Sanaa nel progetto
del teatro e centro culturale ad Almere, vale a dire il trattamento uniforme in
pianta di ambienti e distribuzione. Nessuna gerarchia. Armadi a muro e sale
riunioni trattate allo stesso livello.
Altre sensibilità e strategie, che erano state centrali
per alcuni concept di Sanaa, vengono citate piuttosto direttamente nei lavori
di SO-IL. Il progetto per la Chermayeff House ricorda la modalità compositiva
di tanti progetti residenziali di Nishizawa; con il progetto di una Wedding
Chapel a Nanjing (parte della International Practical Exhibition of
Architecture) torna la goccia d’acqua del museo N di Sejima anche se con uno
sviluppo spaziale differente.
Banale però mettersi lì a valutare il livello di alcune
affinità. SO-IL lavora da tempo alla definizione di un approccio originale che
ci vorrà un po’ a poter comunicare in modo più diretto con gli stessi esiti
commerciali. I segni per ora sono da rintracciare nell’attività universitaria
di IL, in alcune interviste e soprattutto nella mostra che ha inaugurato il 18
settembre al LA Forum for Architecture and Urbanism su Hollywood Blvd., Future
Archeology.
Nota di colore. SO-IL lavora nel block 68 di Jay street.
Il loro è il primo ufficio dopo il Rebar, 1000 metri quadri di bar e gallerie.
Nello stesso edificio si trova lo studio di Hillmann Curtis, gli architetti di American
Apparel, una lista infinita di società di produzione media e video, la casa
editrice con la sede più incredibile al mondo e un’età media abbondantemente
under 30. Poco più in là, in questo quartiere di dieci edifici centro della
creatività mondiale, si trovano fra l’altro almeno due architetti italiani, Nicola
Mongelli e Sergio
Mannino, alle
soglie di architettura sottotono.
class al Berlage. Il passaggio successivo sono sei mesi di corso intensivo di
giapponese per raggiungere Sanaa a Tokyo.
“Oltre a Ready to Die di The
Notorious B.I.G. nel 1994 e SMLXL by Rem Koolhaas l’anno successivo, pochi eventi
durante i miei giorni da studente hanno influenzato il mio sviluppo più del
partecipare a una master class di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa al Berlage Institute
nell’autunno del 1998”, racconta Idenburg. “I primi due mi hanno insegnato a
pensare in grande, mentre Sejima e Nishizawa hanno completamente cambiato il mio approccio all’architettura”.
Al suo party di congedo dopo otto anni di lavoro, Sejima
lo ha ringraziato per il suo contributo alla vocazione internazionale dello
studio. E in effetti, durante l’episodio così nitido e positivo per Manhattan
(“hell yes!”) della costruzione del New Museum, Sanaa a New York consisteva nel
laptop di Florian e nella sua insonnia. Stessa dinamica per la realizzazione
del Glass Pavilion al Toledo Museum of Art in Ohio. Di entrambi gli edifici
Florian è stato co-designer e associato in charge dello studio.
SO-IL (Solid Objectives), Florian Idenburg con Jing Liu, prosegue in modo interessante il
rapporto con Sanaa, esprimendo con maggior visibilità il ruolo dirompente che
lo studio giapponese sta avendo nella diffusione, facile in Giappone ma più
discreta in Occidente, di un linguaggio semplice basato su modalità
diagrammatiche espresse e realizzate con poesia, semplicità, atmosfera.
Amate Sanaa? Non potete perdervi SO-IL (meglio se passate
anche per Junya Ishigami). Pensiamo proprio al progetto per Derek Lam. Al piano terra, Sanaa
se la cava piuttosto velocemente mixando il modulo vetrato del progetto di
Toledo con le modalità espositive del progetto per un piccolo punto Issey
Miyake a Tokyo. Al piano superiore, SO-IL interviene nella progettazione degli
uffici, riprendendo il concept che era stato centrale per Sanaa nel progetto
del teatro e centro culturale ad Almere, vale a dire il trattamento uniforme in
pianta di ambienti e distribuzione. Nessuna gerarchia. Armadi a muro e sale
riunioni trattate allo stesso livello.
Altre sensibilità e strategie, che erano state centrali
per alcuni concept di Sanaa, vengono citate piuttosto direttamente nei lavori
di SO-IL. Il progetto per la Chermayeff House ricorda la modalità compositiva
di tanti progetti residenziali di Nishizawa; con il progetto di una Wedding
Chapel a Nanjing (parte della International Practical Exhibition of
Architecture) torna la goccia d’acqua del museo N di Sejima anche se con uno
sviluppo spaziale differente.
Banale però mettersi lì a valutare il livello di alcune
affinità. SO-IL lavora da tempo alla definizione di un approccio originale che
ci vorrà un po’ a poter comunicare in modo più diretto con gli stessi esiti
commerciali. I segni per ora sono da rintracciare nell’attività universitaria
di IL, in alcune interviste e soprattutto nella mostra che ha inaugurato il 18
settembre al LA Forum for Architecture and Urbanism su Hollywood Blvd., Future
Archeology.
Nota di colore. SO-IL lavora nel block 68 di Jay street.
Il loro è il primo ufficio dopo il Rebar, 1000 metri quadri di bar e gallerie.
Nello stesso edificio si trova lo studio di Hillmann Curtis, gli architetti di American
Apparel, una lista infinita di società di produzione media e video, la casa
editrice con la sede più incredibile al mondo e un’età media abbondantemente
under 30. Poco più in là, in questo quartiere di dieci edifici centro della
creatività mondiale, si trovano fra l’altro almeno due architetti italiani, Nicola
Mongelli e Sergio
Mannino, alle
soglie di architettura sottotono.
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la prima architettura sottotono
Info: so-il.org
[exibart]