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LIBEREPERSONELIBERE
La mostra offre un panorama di artisti che a diverso titolo esprimono dissenso o tenerezza, rabbia o timidezza, preoccupazione o sublimazione, pensiero o abbandono, sfida o devozione rispetto al tema invocato.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
LIBEREPERSONELIBERE dice a più voci malesseri e speranze della società contemporanea, riflettendo in particolare
su argomenti scottanti che il mondo degli uomini deve affrontare in relazione ai cambiamenti e sconvolgimenti
caratterizzanti il nuovo millennio. L’individuo è di continuo messo alla prova della propria solitudine esistenziale
pur vivendo in situazioni sempre più occupate fisicamente da altre persone. Le città sono ingombre di ogni specie di
frenesia tattile, visiva e uditiva, ma tutti ci muoviamo dentro una membrana di non-partecipazione, microcosmi in un
macrocosmo dove non sappiamo più distinguere l’amico dall’estraneo, ciò che amiamo da ciò che ci infastidisce, quel
che vorremmo per noi da quel che sentiamo ostile.
La mostra offre un panorama di artisti che a diverso titolo esprimono dissenso o tenerezza, rabbia o timidezza,
preoccupazione o sublimazione, pensiero o abbandono, sfida o devozione rispetto al tema invocato.
Alessandro Spadari propone i suoi paesaggi metafisici sospesi tra ricordo e segno, ricerca dell’armonia e bisogno di
calma pur conservando tracce di malinconica tristezza. Il colore steso con velature orizzontali trasparenti e luminose è
in un secondo tempo schermato da sgocciolature verticali. Così l’osservatore ha l’impressione di guardare lo svolgersi
della vita dai vetri di una grande finestra, mentre fuori piove.
Alle visioni oniriche del milanese si contrappone l’indagine interiore di Marco Martelli. Il fiorentino impiega
il paesaggio per indagare stati d’animo differenti. In questo caso i dipinti esposti ragionano sull’idea di una terra
lontana, forse un’isola, sogguardata a distanza con in mezzo un mare piatto e vergato da milioni di luci. Ma il luogo
di osservazione è doloroso e sfiancato dall’assenza, come testimoniano rami nudi a incorniciare il desiderio di una
partenza. La bellezza è lontana e forse irraggiungibile.
Metropolitana e attenta ai malesseri di una megalopoli, New York, Fulvia Zambon si muove fra architetture stese verso
il cielo e personaggi minacciati da stravolgimenti naturali in grado di mutare l’assetto geografico, politico e morale
della terra. In metafora l’allerta per attentati, maremoti, terremoti, o quant’altro possa distruggere ciò che l’uomo ha
costruito, rimanda al tormento che molti provano per un’esistenza consumata nella povertà spirituale della società in
cui ci tocca vivere.
Marco Cornini sublima la bellezza femminile con sculture in terrecotte quasi di carne. Le sue fanciulle o le sue
donne nel fiore dell’età godono della propria avvenenza e guardano ciò che le circonda con la leggerezza di avere in
mano la vita che hanno davanti. Stese al sole sulla spiaggia in una mattinata segreta di assoluta radiosità, o occupate
ad attraversare una folla di turisti con la propria camminata sicura e ancora in riposo nell’ombra di una stanza,
testimoniano l’ardore e il coraggio dei progetti che attraversano il loro cuore.
I Cervelli in bronzo che Maria Luisa Tadei colloca su un tavolo conservandoli in singole teche riempite d’olio,
chiamano in causa l’uomo nel suo centro multimediale, quello dove hanno luogo pensieri, idee, emozioni, scelte,
sentimenti. L’io penso dunque sono cartesiano assume qui la valenza prepotente dell’esserci su una terra traversata da
guerre e disperazioni, speranze di liberazione e ideologie indebolite dal principio di realtà. Chi può decidere se un uomo
sia tale a causa della propria razza d’appartenenza, del proprio cuore o delle proprie inquietudini? La ragione soltanto sa
operare un distinguo e la saggezza farà il resto.
Dania Zanotto è una persona dolcissima e i suoi lavori le somigliano. Nella propria fragilità ha trovato la forza di
realizzare sculture imponenti e intrise di segreti millenari. Il terreno sul quale opera è quello della religiosità del creato.
Poco importa dove gli uomini siano nati e come siano stati educati. Ciascuno di loro possiede con chiarezza le idee
innate del bene e del male. Le vesti della scultrice-performer trevigiana sono imbibite della tenerezza che solo gli dei di
qualunque epoca hanno dispensato ai loro figli. Si ammirano guardando in alto, questi lavori delicati e solenni, perché le
preghiere volano verso l’infinito.
Parrebbe impossibile, ma nel nostro tempo esiste ancora la schiavitù. Ha assunto forme più striscianti rispetto allo
stereotipo del nero in catene impiegato nei campi di cotone, ma i risultati sull’individuo sono in ogni caso devastanti.
Alberto Salvetti affronta il problema con una performance durissima. Nudo, coperto di pittura bianca, gli occhi
cerchiati di nero trascorre un numero impressionante di ore dentro una gabbia senza cibo né acqua. Si mette in vendita,
uomo bianco che si sottoporrà ai voleri del padrone. A testimonianza restano in mostra due sculture in terracotta. Il
grido silenzioso di chi non accetta la falsa libera democrazia della nostra civiltà.
Ma c’è un cuore che batte nel centro dell’universo umano. Antonio Abbatepaolo, scultore di Polignano a Mare,
porta nell’evento un grande cuore di legno costruito intagliando a mano la materia sezionata con pazienza. Nella luce
abbassata del mezzanino, la sua scultura risplende dall’interno e i diversi segmenti che la compongono rivelano un
nucleo rosso. Quel grumo immaginario di sangue richiama allo sguardo l’unica via d’uscita possibile. Solo attraverso la
carità, la cultura, la diversità, la comprensione non passiva dell’altro, avremo modo di conquistare la libertà, privata e
corale.
Se la terra potesse un giorno ospitare LIBEREPERSONE in grado di organizzare la propria vita con serenità e una
certa quantità di benessere e gioia nel rispetto del contenitore dove abitano, il mondo... quel mondo allora diventerebbe
un palcoscenico sul quale PERSONELIBERE avrebbero il diritto di crescere e svilupparsi senza coercizioni etiche o
imposizioni politiche, senza intimidazioni dittatoriali o falsi populismi.
La libertà è l’utopia più meravigliosa che abbiamo sognato.
Anna Caterina Bellati
su argomenti scottanti che il mondo degli uomini deve affrontare in relazione ai cambiamenti e sconvolgimenti
caratterizzanti il nuovo millennio. L’individuo è di continuo messo alla prova della propria solitudine esistenziale
pur vivendo in situazioni sempre più occupate fisicamente da altre persone. Le città sono ingombre di ogni specie di
frenesia tattile, visiva e uditiva, ma tutti ci muoviamo dentro una membrana di non-partecipazione, microcosmi in un
macrocosmo dove non sappiamo più distinguere l’amico dall’estraneo, ciò che amiamo da ciò che ci infastidisce, quel
che vorremmo per noi da quel che sentiamo ostile.
La mostra offre un panorama di artisti che a diverso titolo esprimono dissenso o tenerezza, rabbia o timidezza,
preoccupazione o sublimazione, pensiero o abbandono, sfida o devozione rispetto al tema invocato.
Alessandro Spadari propone i suoi paesaggi metafisici sospesi tra ricordo e segno, ricerca dell’armonia e bisogno di
calma pur conservando tracce di malinconica tristezza. Il colore steso con velature orizzontali trasparenti e luminose è
in un secondo tempo schermato da sgocciolature verticali. Così l’osservatore ha l’impressione di guardare lo svolgersi
della vita dai vetri di una grande finestra, mentre fuori piove.
Alle visioni oniriche del milanese si contrappone l’indagine interiore di Marco Martelli. Il fiorentino impiega
il paesaggio per indagare stati d’animo differenti. In questo caso i dipinti esposti ragionano sull’idea di una terra
lontana, forse un’isola, sogguardata a distanza con in mezzo un mare piatto e vergato da milioni di luci. Ma il luogo
di osservazione è doloroso e sfiancato dall’assenza, come testimoniano rami nudi a incorniciare il desiderio di una
partenza. La bellezza è lontana e forse irraggiungibile.
Metropolitana e attenta ai malesseri di una megalopoli, New York, Fulvia Zambon si muove fra architetture stese verso
il cielo e personaggi minacciati da stravolgimenti naturali in grado di mutare l’assetto geografico, politico e morale
della terra. In metafora l’allerta per attentati, maremoti, terremoti, o quant’altro possa distruggere ciò che l’uomo ha
costruito, rimanda al tormento che molti provano per un’esistenza consumata nella povertà spirituale della società in
cui ci tocca vivere.
Marco Cornini sublima la bellezza femminile con sculture in terrecotte quasi di carne. Le sue fanciulle o le sue
donne nel fiore dell’età godono della propria avvenenza e guardano ciò che le circonda con la leggerezza di avere in
mano la vita che hanno davanti. Stese al sole sulla spiaggia in una mattinata segreta di assoluta radiosità, o occupate
ad attraversare una folla di turisti con la propria camminata sicura e ancora in riposo nell’ombra di una stanza,
testimoniano l’ardore e il coraggio dei progetti che attraversano il loro cuore.
I Cervelli in bronzo che Maria Luisa Tadei colloca su un tavolo conservandoli in singole teche riempite d’olio,
chiamano in causa l’uomo nel suo centro multimediale, quello dove hanno luogo pensieri, idee, emozioni, scelte,
sentimenti. L’io penso dunque sono cartesiano assume qui la valenza prepotente dell’esserci su una terra traversata da
guerre e disperazioni, speranze di liberazione e ideologie indebolite dal principio di realtà. Chi può decidere se un uomo
sia tale a causa della propria razza d’appartenenza, del proprio cuore o delle proprie inquietudini? La ragione soltanto sa
operare un distinguo e la saggezza farà il resto.
Dania Zanotto è una persona dolcissima e i suoi lavori le somigliano. Nella propria fragilità ha trovato la forza di
realizzare sculture imponenti e intrise di segreti millenari. Il terreno sul quale opera è quello della religiosità del creato.
Poco importa dove gli uomini siano nati e come siano stati educati. Ciascuno di loro possiede con chiarezza le idee
innate del bene e del male. Le vesti della scultrice-performer trevigiana sono imbibite della tenerezza che solo gli dei di
qualunque epoca hanno dispensato ai loro figli. Si ammirano guardando in alto, questi lavori delicati e solenni, perché le
preghiere volano verso l’infinito.
Parrebbe impossibile, ma nel nostro tempo esiste ancora la schiavitù. Ha assunto forme più striscianti rispetto allo
stereotipo del nero in catene impiegato nei campi di cotone, ma i risultati sull’individuo sono in ogni caso devastanti.
Alberto Salvetti affronta il problema con una performance durissima. Nudo, coperto di pittura bianca, gli occhi
cerchiati di nero trascorre un numero impressionante di ore dentro una gabbia senza cibo né acqua. Si mette in vendita,
uomo bianco che si sottoporrà ai voleri del padrone. A testimonianza restano in mostra due sculture in terracotta. Il
grido silenzioso di chi non accetta la falsa libera democrazia della nostra civiltà.
Ma c’è un cuore che batte nel centro dell’universo umano. Antonio Abbatepaolo, scultore di Polignano a Mare,
porta nell’evento un grande cuore di legno costruito intagliando a mano la materia sezionata con pazienza. Nella luce
abbassata del mezzanino, la sua scultura risplende dall’interno e i diversi segmenti che la compongono rivelano un
nucleo rosso. Quel grumo immaginario di sangue richiama allo sguardo l’unica via d’uscita possibile. Solo attraverso la
carità, la cultura, la diversità, la comprensione non passiva dell’altro, avremo modo di conquistare la libertà, privata e
corale.
Se la terra potesse un giorno ospitare LIBEREPERSONE in grado di organizzare la propria vita con serenità e una
certa quantità di benessere e gioia nel rispetto del contenitore dove abitano, il mondo... quel mondo allora diventerebbe
un palcoscenico sul quale PERSONELIBERE avrebbero il diritto di crescere e svilupparsi senza coercizioni etiche o
imposizioni politiche, senza intimidazioni dittatoriali o falsi populismi.
La libertà è l’utopia più meravigliosa che abbiamo sognato.
Anna Caterina Bellati
07
giugno 2014
LIBEREPERSONELIBERE
Dal 07 giugno al 06 luglio 2014
arte contemporanea
Location
SCOLETTA DELLA BRAGORA
Venezia, Campo Bandiera E Moro, (Venezia)
Venezia, Campo Bandiera E Moro, (Venezia)
Orario di apertura
Martedì e Mercoledì: 14 > 18.30
da Giovedì a Domenica: 10 > 12 e 14.30 > 18.30
Lunedì: chiusura
Vernissage
7 Giugno 2014, h 17
Autore
Curatore