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Piazza dell’Immaginario
Dà continuità ad un modello di lavoro che propone una riflessione sul rapporto fra arte/fotografia e territorio e sul ruolo che assume l’arte all’interno del contesto urbano. Si usa l’arte come mezzo per capire e il nostro presente, lavorando anche sulla cura dello spazio pubblico quotidiano.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La contaminazione fra le diverse discipline è una delle caratteristiche della nostra epoca e allora può accadere, come in questo caso, che l'Assessorato all'Ambiente del Comune e dell’azienda ASM Ambiente Servizi Mobilità, presentino un progetto di arte contemporanea. Progetto con caratteristiche tali da renderlo appropriato alle politiche dell’assessorato perché, per sua collocazione, si sviluppa in un dato contesto e interviene indirettamente ma con una potenza simbolica forte su problemi relativi al decoro, all'arredo urbano, alla convivenza civile.
Il giorno 30 maggio si inaugura a Prato Piazza dell’Immaginario un progetto a cura di Alba Braza, organizzato da Dryphoto arte contemporanea, con opere di Gabriele Basilico, Andrea Abati, Bleda y Rosa, Pantani-Surace, R.E.P. Revolutionary Experimental Space.
Piazza dell’Immaginario dà continuità ad un modello di lavoro che propone una riflessione sul rapporto fra arte/fotografia e territorio e sul ruolo che assume l’arte all’interno del contesto urbano. Si usa per ciò l’arte come mezzo per capire e intendere il nostro presente, lavorando anche sulla cura dello spazio pubblico quotidiano, quello prossimo al luogo di lavoro dello stesso Dryphoto arte contemporanea, col proposito di migliorarlo e coabitarlo.
Così, Piazza dell’Immaginario é un progetto ma diventa anche un toponimo nella zona dove Via Fabio Filzi e Via Pistoiese sono messi in comunicazione attraverso un passaggio, la galleria di un condominio.
Nicolas Bourriaud, nel suo libro Estetica relazionale, descrive una pratica artistica che fra le sue caratteristiche ha quella di avere come orizzonte teorico la sfera delle interazioni umane e il loro contesto sociale e non quella di affermare uno spazio simbolico, autonomo e privato. È proprio su questo orizzonte che abbiamo puntato l’interesse e il modo con il quale presentare il progetto. Piazza dell’Immaginario, successiva a Giardino Melampo/Mandela Garden 1, è una proposta partita da un piccolo gruppo di cittadini che intendeva compiere un'azione che aveva come fine il miglioramento dello spazio pubblico intorno a loro diventando quindi un vantaggio per tutta la città.
Un esempio di buone pratiche politiche dove l'impegno diretto di singoli viene supportato attivamente dalle istituzioni per perseguire il bene comune.
Giardino Melampo e Piazza dell’Immaginario sono due nuovi toponimi, i primi due di una serie che si svilupperà intorno al rettangolo fra Via Fabio Filzi e via Pistoiese fino ad andare a costruire una mappa di e in questo territorio che sarà delineata dalle opere d’arte che vi saranno istallate.
Il 24 aprile, La responsabilità dei cieli e delle altezze di Pantani-Surace, è stata la prima tappa, un annuncio, non un’opera monumentale o permanente intesa in senso classico, è il propiziare uno spazio di ritrovo e divertimento costruito insieme a tutti i partecipanti.
Seguiranno una serie di interventi atti a costruire Piazza dell’Immaginario: la collocazione di alcune panchine, di tavoli con sedie e ombrelloni dove sostare e gustare una bevuta, di un posto per le bicliclette, il ripristino di vecchie fioriere, fino alla istallazione delle opere d’arte che contribuiranno a creare uno spazio di scambio e di esperienze nel tempo e nel territorio.
Attraverso le immagini scelte si raccontano storie anonime e quotidiane che contengono una certa sensazione di nostalgia, nostalgia che di solito abbiamo quando ricordiamo o immaginiamo il passato. Storie brevi che non hanno mai occupato copertine, ma che abitano nella nostra memoria: quel campo da calcio dove giocavamo la domenica, quella volta che ho letto ti amo scritto sul muro e sapevo che era stato scritto per me, quella canzone che ogni volta che veniva suonata la ballavamo insieme nella piazza o i primi germogli verdi che venivano dal niente, senza attendere quello che avevano intorno.
Tutte le opere faranno parte dello spazio per un tempo determinato, ricordando che attraverso la cura dello spazio si può contribuire al benessere di chi lo abita, aprire nuove modalità di contatto, reti di relazioni e di affetto, dove il dialogo diventa l’unico modo per immaginare ipotesi da portare a termine.
Dancing in Emilia di Gabriele Basilico, appartiene alla serie Dancing in Emilia nata da una commissione del mensile Modo che nel 1978 lo incarica di eseguire una ricerca sulle discoteche in Emilia-Romagna. Una delle serie meno conosciute che riguarda il suo primo approccio verso la fotografia, quella di tipo sociale, il reportage impegnato. L’atteggiamento di Basilico è ponderato, lo stesso che poserà in seguito sulle architetture e sulle città, producendo opere che giustamente lo hanno reso famoso in tutto il mondo, privo della consueta velocità che caratterizza lo scatto “rubato”, cardine della fotografia di reportage e forse proprio per questo le immagini della serie, da cui è tratta quella che presentiamo, esprimono tutta la loro forza e ci trasmettono semplicemente la gioia, il benessere che le persone provavano in quel momento. Trecento chilometri di dancing, balli e rituali del sabato sera, che per anni hanno caratterizzato la vita delle cittadine e dei paesi di periferia, un ricordo di socialità e di genuinità.
Borgo San Lorenzo di Andrea Abati é un trittico che fa parte della serie La Forza della Natura, 2014, in parte acquisita dal reparto ostetricia del nuovo Ospedale di Prato. Tre immagini, prese dal basso verso l'alto, della pianta chiamata Albero di Giuda ai lati e di un noce nel centro, non solo ci mostrano la bellezza della natura, ma ci fanno vedere un cielo che sorveglia da un altro punto di vista quello che accade sulla terra. Sebbene Abati sia interessato ad approfondire l'idea di bellezza come la abbiamo imparata e sviluppata attraverso la storia dell’arte, qualcosa di gradevole e per ciò buona per noi, La Forza della Natura, accenna ad una visione della natura come un potere fuori dal nostro controllo. Infatti, gli scatti sono stati presi in un territorio distrutto da un grande terremoto, territorio devastato e ripreso dalla e grazie alla stessa natura.
Bleda y Rosa, María Bleda e José María Rosa, presentano Burriana, fotografia in bianco e nero che fa parte della serie Campos de fútbol (Campi da calcio), 1993. Questa serie raccoglie fotografie di diversi campi da calcio trattati come se fossero spazi quotidiani, spazi adatti per qualsiasi tipo di gioco e forse per la
competizione di basso livello. Si tratta di spazi vuoti, abbandonati e in disuso, spazi periferici, a volte indeterminati, senza una specifica funzione e spesso definiti solo dall’uso che ne viene fatto e in questo momento è proprio la nostra memoria che ne determina di nuovo la funzione. Bleda y Rosa, amanti del lavoro di Bernd e Hilla Becher, riflettono sul passare del tempo in relazione allo spazio geografico parlando di un genere di luogo e non di un luogo determinato, che però la nostra memoria riconosce come se fosse un suo luogo.
Attualmente Campos de fútbol fa parte della collezione del Museo Nacional Reina Sofía MNRS, Madrid, e del Centro Gallego de Arte Contemporáneo CGAC, Santiago de Compostela, Spagna.
La responsabilità dei cieli e delle altezze parte dall’idea di Pantani-Surace, Lia Pantani e Giovanni Surace, che la piazza non appartiene al luogo ma a coloro che la vivono e perciò sarà proprio lì, in piazza, e insieme a loro, i residenti/partecipanti, che il giorno 24 aprile, si è svolta l’azione di produzione del messaggio collettivo proposto dagli artisti: “ti amo”.
Sebbene questo messaggio sia ormai diventato una caratteristica del loro lavoro, questa volta sarà scritto in cinese, 我愛你, usando la tecnica della xilografia e con la collaborazione di chi, transitando nella piazza sarà invitato a partecipare a questa azione: saranno i loro piedi a produrre la stampa di ognuno dei tre ideogrammi che compongono ti amo e diventeranno anche protagonisti e conduttori sottili di altri modelli possibili di convivenza.
Tutte e tre gli elementi stampati su carta verranno affissi sulle pareti di alcuni edifici di Piazza dell’Immaginario.
Patriotism. Hymn
Patriotism è un progetto mobile che dal 2006 è stato presentato in USA, Olanda, Italia e altri paesi. Il progetto utilizza un alfabeto di logotipi che forma un linguaggio universale. Giocando con la memoria collettiva, si ispira alla propaganda sovietica e alle tecniche di comunicazione politica che ancora permangono nella democrazia locale. Una miscela di ironia, umorismo e attività sovversiva, nascosta dal modo in cui vengono usati questi loghi, permette agli artisti di combinare vari stereotipi e pezzi di informazioni sull'Ucraina e l'Europa e di toccare temi come l'immigrazione, la diffusione della conoscenza o la corruzione.
Il murale Patriotism. Hymn è dedicato all'idea di un'Europa unita, ai suoi vantaggi e ideali, e anche alla figura dell'Altro, la cui impaziente attesa di riconoscimento e di inclusione aiuta l'Unione Europea a apparire così desiderata.
Piazza dell’Immaginario sarà accompagnata da una pubblicazione che verrà presentata lo stesso giorno dell’inaugurazione.
BIO ARTISTI
Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013)
Inizia interessandosi alla fotografia sociale ma i suoi campi d'azione privilegiati sono il paesaggio industriale e post industriale, le trasformazioni e l'urbanizzazione del territorio. In tal senso il suo primo progetto è Milano. Ritratti di fabbriche, un lavoro condotto nella periferia ex-industriale di Milano, tra il 1978 e il 1980. Nel 1984 viene invitato, a partecipare alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R., la più vasta campagna fotografica realizzata in Europa nel XX secolo, organizzata dal governo francese. Nello stesso periodo realizza Porti di mare (1982-88) e nel 1991 la campagna fotografica su Beirut, completamente distrutta dalla guerra. Sono anni di intenso lavoro e le commissioni da privati ed enti pubblici sono sempre più numerose.
Continua la sua ricerca su Milano insieme a indagini su altre città italiane ed europee, sapendo “che in tutte le città ci sono presenze, più o meno visibili, che si manifestano per chi le vuole vedere”.
Amburgo, Barcellona, Bari, Beirut, Berlino, Bilbao, Francoforte, Genova, Graz, Istanbul, Lisbona, Liverpool, Losanna, Madrid, Milano, Mosca, Nizza, Palermo, Parigi, Rio de Janeiro, Roma, Rotterdam, San Francisco, San Sebastian, Shangai, Torino, Trieste, Valencia, Zurigo sono fra le città che fanno parte della sua narrazione.
Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private internazionali e il suo lavoro è stato esposto presso musei e istituzioni, gallerie private in Italia e all'estero.
Andrea Abati (Prato, 1952)
Si occupa di fotografia dalla fine degli anni Settanta.
Punto di partenza del suo lavoro è l’analisi delle trasformazioni del paesaggio architettonico industriale, l’osservazione simbolica della natura antropizzata, l’attenzione all’avvicendarsi delle genti e al mutamento del tessuto sociale della città attraverso un uso della fotografia come strumento di conoscenza e di relazione tra il sé e il mondo.
Tra i suoi lavori più noti: I Luoghi del Mutamento una serie iniziata nel 1988, indubbiamente il progetto di maggiore complessità e anche il più noto, dove urgente è l’attenzione al paesaggio industriale
contemporaneo e ai mutamenti della realtà sociale; nella serie I Luoghi della Natura, 1997, visioni notturne, oniriche, il mare diventa luogo di riflessione sull’identità contemporanea, un immaginario mutante sospeso fra natura e artifici; nel 2012 la serie La Forza della Natura.
Dal 2008 si occupa anche di video. Per l’artista abbandonare il concetto di opera e pensare di innescare pratiche artistiche nella sfera pubblica, può in certi momenti diventare prioritario, è sua la costruzione di Giardino Melampo/Mandela Garden 1.
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive, in Italia, Francia, Austria, Belgio, Germania, USA, Canada.
Bleda y Rosa
María Bleda (Castellón, 1969) e José María Rosa (Albacete, 1970) lavorano in coppia dal 1992. Vivono e lavorano a Valencia, Spagna.
Secondo il critico Alberto Martin, il nucleo fondamentale del loro lavoro è la rappresentazione del territorio, con la quale cercano di sottolineare la complessa unione di culture e tempi che la conformano. Così trasformano il genere di paesaggio in immagini con un alto potere evocativo nelle quali si manifesta la loro esperienza sui luoghi fotografati. Il passare del tempo, la traccia e la memoria sono gli elementi che costituiscono il loro lavoro.
Fra le loro mostre individuali più recenti: Real Jardín Botánico, Fundación Telefónica e PHE'10 a Madrid; Centro Andaluz de Arte Contemporáneo, Siviglia; Galería Elba Benitez, Madrid; Galería Visor, Valencia; Rosenthal Fine Art, Chicago; Galeria Pedro Oliveira, Porto.
Fra le loro collettive: Fundació Antoni Tàpies, Barcellona; Fundación Marcelino Botín, Santander; Museo Nacional Reina Sofia MNRS, Madrid; Museu d'Art Contemporani de Barcelona MACBA e Fundación Joan Miró, Barcellona; AA Architectural Association, Londra; Centro Cultural Gabriela Mistral, Santiago de Cile;
Musée d’art moderne di Ceret, Francia; Stenersenmuseet, Oslo; Kulturhuset, Stoccolma.
Hanno partecipato a MANIFESTA 4 e alla 12th International Cairo Biennale.
Pantani-Surace
Lia Pantani e Giovanni Surace collaborano dal 1996 e insegnano all' Accademia di Belle Arti di Firenze.
Tra le diverse partecipazioni: Working Insider, Stazione Leopolda, Firenze; Allineamenti, Trinitatiskirche, Colonia; Mobili, Nosadella due, Bologna; Una giornata particolare, luogo delle possibilità, Teatro Sant’Andrea, Pisa; Au Pair, coppie di fatto nell’arte contemporanea, Fondazione MalvinaMenegaz per le Arti e le Culture, Borgo Medievale di Castelbasso, Teramo; Start Point, Sun Studio 74rosso, Firenze. Tra le mostre personali: Se la memoria mi dice il vero, Certosa Monumentale di Calci, Pisa; Non spiegatemi perché la pioggia si trasforma in grandine galleria nicolafornello, Prato; Ti amo, Galleria Madder 139, Londra; The other party (who’s next, dovrebbe piovere su di voi e non su di me) Galleria Die Mauer e Mura di cinta via Pomeria (giardino d’infanzia), Prato.
R.E.P. Revolutionary Experimental Space
Gruppo fondato nel 2004, è attualmente composto da Ksenia Gnilitskaya (Kiev, 1984), Nikita Kadan (Kiev, 1982), Zhanna Kadyrova (Brovary, Ukraine, 1981), Vladimir Kuznetsov (Lutsk, Ukraine, 1976), Lada Nakonechnaya (Dnepropetrovsk, Ukraine 1982) e Lesia Khomenko (Kiev,1980). Al momento della costituzione del gruppo tutti i suoi componenti avevano già sviluppato un loro percorso individuale che continuano a portare avanti.
Allo stesso tempo in tutti questi anni si sono impegnati in pratiche artistiche collettive, mantenendo viva la loro piccola comunità artistica. Gli eventi politici legati alla Rivoluzione Arancione sono stati gli elementi determinanti per la costituzione del gruppo. Le prime azioni collettive del gruppo si sono svolte in mezzo alla folla di manifestanti in piazza Miadan a Kiev: é stato il vedere le grandi masse che lottavano all'unanimità per una causa comune che li ha portati a lavorare insieme. Un'altra ragione per mantenere vivo il gruppo ancora oggi è la debolezza della scena artistica di Kiev, dove in mancanza di un supporto istituzionale che sostenga l'arte sperimentale, gli artisti formano associazioni che suppliscono a questa assenza. Questa è una caratteristica non solo della comunità artistica di Kiev ma anche di tutta l'area post-sovietica e di molti altri paesi periferici. Tenendo di conto del vasto e ampio background sociale del gruppo R.E.P. hanno scelto non solo di praticare la collettività ma anche di sceglierla come argomento del loro operare. Dal 2007 coinvolgono altri gruppi in progetti comuni proponendo varie forme di collaborazione in unico spazio.
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An event supported by the Department of the Environment of the City of Prato, ASM Ambiente Servizi Mobilità and Circolo Curiel, in collaboration with Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Associna, Associazione Cinese di Li Shui.
Contamination between different disciplines is one of the characteristics of our era, which means that it is possible, as in this case, for the Department of the Environment of the City of Prato and environmental service ASM Ambiente Servizi Mobilità, to get involved in a contemporary art project. The project’s characteristics make it appropriate to the policies of the Department, because it takes place in a specific context and makes an indirect contribution, but one of strong symbolic impact, regarding problems related to urban furnishings, image and civil coexistence.
On 30 May, in Prato, the project Piazza dell’Immaginario begins, curated by Alba Braza and organized by Dryphoto arte contemporanea, with works by Gabriele Basilico, Andrea Abati, Bleda y Rosa, Pantani-Surace, R.E.P. Revolutionary Experimental Space.
Piazza dell’Immaginario represents the continuation of a working model that proposes reflection on the relationship between art/photography and the territory, and on art’s role within the urban context. Art is therefore used as a means to understand and grasp our present, also working on ways of caring for everyday public space, the space in the vicinity of the place of work of Dryphoto arte contemporanea, with the goal of improving it and contributing to its community.
Therefore Piazza dell’Immaginario is a project, but it also becomes the name of the zone where Via Fabio Filzi and Via Pistoiese are connected by means of a passageway through an apartment complex.
Nicolas Bourriaud, in his book Relational Aesthetics, describes an artistic practice whose characteristics include a theoretical stance that addresses the sphere of human interactions and their social context, rather than the assertion of an autonomous, private symbolic space. This is precisely the approach we have taken, putting the focus of the project and its mode of presentation into practice. Piazza dell’Immaginario, after HYPERLINK "http://www.dryphoto.it/new/2013/da-i-luoghi-del-mutamento-a-mandela-garden"Giardino Melampo/Mandela Garden1, is an idea that began with a small group of local residents who wanted to organize an action whose goal would be improvement of the public space around them, thus becoming an advantage for the entire city. An example of good political practice, where the direct commitment of individuals is actively supported by the institutions in pursuit of the common good.
Giardino Melampo and Piazza dell’Immaginario are two new place names, the first two of a series that will develop around the rectangle between Via Fabio Filzi and Via Pistoiese, constructing a map of an in this territory that will be outlined by the artworks installed there.
The stage of 24 April, The responsibility of the skies and the heights by Pantani-Surace, is but the first; an announcement, not a monumental or permanent work in the classical sense. It sets out to create a space of gathering and entertainment, built together with all the participants.
It will be followed by a series of interventions for the construction of Piazza dell’Immaginario: the insertion of a number of benches, chairs and tables with umbrellas, as places to relax and enjoy a drink, the creation of a place for bicycles, and the upgrading of the old planters... all the way to the installation of artworks that contribute to create a space of interchange and experience in time and the territory.
The selected images narrate anonymous, everyday histories that contain a certain sensation of nostalgia, the kind of nostalgia we often feel when we remember or imagine the past. Short stories that have never made it onto magazine covers, but still dwell in our memory: that football field where we played on Sundays, that time you saw the words “I love you” written on a wall and knew they were for you, that song they always played when we danced in the town square, the first green sprouts that appeared as if from nowhere, in the spring, without paying attention to their surroundings.
All the works will become part of the space for a specific period of time, reminding us that caring for space can contribute to the wellbeing of its inhabitants, opening up new modes of contact, networks of relations and affection, where dialogue becomes the only way to imagine hypotheses about what can be done in concrete practice.
Dancing in Emilia by Gabriele Basilico belongs to the series of the same name commissioned by the monthly magazine Modo in 1978, asking the photographer to explore the discotheques of Emilia-Romagna. This is one of the less well known series by Basilico, from the time of his first approach to photography, that of engaged social reporting. The photographer’s attitude is thoughtful, the same methodical stance he would later apply to architecture and the city, leading to works that have justifiably made him famous around the world, and free of the usual speed that marks the “stolen” shot, that typical characteristic of photo reporting. Perhaps precisely for this reason, the images in the series, including the one presented here, express great force and directly transmit to us the joy and wellbeing of their subjects in that particular moment. Three hundred kilometers of dance halls, discos and Saturday night rituals, that for years characterized the life of the towns and suburbs, a memory of genuine social contact and interaction.
Borgo San Lorenzo by Andrea Abati is a triptych that is part of the series La Forza della Natura (The Force of Nature, 2014), partially acquired by the Obstetrics Department of the new hospital of Prato. Three images, shot from below, of the plant commonly known as the Judas Tree, at the sides, and of a walnut tree at the center, not only show us the beauty of nature, but also a sky that from a different vantage point watches over what happens on the earth. Though Abati is interested in deeper exploration of our acquired idea of beauty, as developed throughout art history, as something pleasant and therefore good for us, La Forza della Natura also hints at a vision of nature as a power beyond our control. In fact, the pictures were taken in a zone destroyed by a major earthquake, devastated and reclaimed by and thanks to the same forces of nature.
Bleda y Rosa, María Bleda and José María Rosa, present Burriana, a black and white photograph that is part of the series Campos de fútbol (Football Fields, 1993). This series contains photographs of different soccer fields treated as everyday spaces, areas suitable for any type of play, including low-level competition. They are empty, abandoned spaces, on the outskirts, indefinite at times, without a specific function, often based only on the use that is made of them, and in this moment it is precisely our memory that determines their function anew. Bleda y Rosa, admirers of the work of Bernd and Hilla Becher, reflect on the passage of time in relation to geographical spaces, speaking of a type of place and not a given place, which our memory recognizes, nevertheless, as a place of its own pertinence.
Today Campos de fútbol is part of the collection of the Museo Nacional Reina Sofía MNRS, Madrid, and of the Centro Gallego de Arte Contemporáneo CGAC, Santiago de Compostela, Spain.
The responsibility of the skies and the heights starts with the idea of Pantani-Surace – Lia Pantani and Giovanni Surace – that the square does not belong to the place, but to the people who live it, and therefore it will be precisely there, in the square, together with those people, the residents/participants, that on 24 April the action will take place to produce the collective message proposed by the artists: “I love you.”
While this message has become a characteristic of their work by now, this time it will be written in Chinese, 我愛你, using the xylography technique and with the cooperation of those who pass by in the square, and are invited to take part in the action: their feet will produce the print of each of the three ideograms that compose the phrase, as they become the protagonists and subtle agents of other possible models of coexistence. The three prints, on paper, will be hung on the walls of several buildings of Piazza dell’Immaginario.
Patriotism. Hymn
Patriotism is a mobile project that since 2006 has been showcased in the USA, Italy, Netherlands and other countries. It employs a logotype alphabet to form a universal language. Playing with collective memory, this project is inspired by the Soviet propaganda and political communication technologies that still linger within local democracy. A blend of irony, humor and undermining activity, obscured by the manner in which these logos are used, allows the artists to make up various stereotypes and bits of information about Ukraine and Europe, while touching on such issues as migration, the spread of knowledge or corruption.
The Patriotism. Hymn mural focuses on the idea of a united Europe, its advantages and ideals, and to the figure of Other, whose impatient waiting for recognition and inclusion helps European Union to seem so desirable.
Piazza dell’Immaginario will be accompanied by a publication that will be presented on the day of the opening.
Il giorno 30 maggio si inaugura a Prato Piazza dell’Immaginario un progetto a cura di Alba Braza, organizzato da Dryphoto arte contemporanea, con opere di Gabriele Basilico, Andrea Abati, Bleda y Rosa, Pantani-Surace, R.E.P. Revolutionary Experimental Space.
Piazza dell’Immaginario dà continuità ad un modello di lavoro che propone una riflessione sul rapporto fra arte/fotografia e territorio e sul ruolo che assume l’arte all’interno del contesto urbano. Si usa per ciò l’arte come mezzo per capire e intendere il nostro presente, lavorando anche sulla cura dello spazio pubblico quotidiano, quello prossimo al luogo di lavoro dello stesso Dryphoto arte contemporanea, col proposito di migliorarlo e coabitarlo.
Così, Piazza dell’Immaginario é un progetto ma diventa anche un toponimo nella zona dove Via Fabio Filzi e Via Pistoiese sono messi in comunicazione attraverso un passaggio, la galleria di un condominio.
Nicolas Bourriaud, nel suo libro Estetica relazionale, descrive una pratica artistica che fra le sue caratteristiche ha quella di avere come orizzonte teorico la sfera delle interazioni umane e il loro contesto sociale e non quella di affermare uno spazio simbolico, autonomo e privato. È proprio su questo orizzonte che abbiamo puntato l’interesse e il modo con il quale presentare il progetto. Piazza dell’Immaginario, successiva a Giardino Melampo/Mandela Garden 1, è una proposta partita da un piccolo gruppo di cittadini che intendeva compiere un'azione che aveva come fine il miglioramento dello spazio pubblico intorno a loro diventando quindi un vantaggio per tutta la città.
Un esempio di buone pratiche politiche dove l'impegno diretto di singoli viene supportato attivamente dalle istituzioni per perseguire il bene comune.
Giardino Melampo e Piazza dell’Immaginario sono due nuovi toponimi, i primi due di una serie che si svilupperà intorno al rettangolo fra Via Fabio Filzi e via Pistoiese fino ad andare a costruire una mappa di e in questo territorio che sarà delineata dalle opere d’arte che vi saranno istallate.
Il 24 aprile, La responsabilità dei cieli e delle altezze di Pantani-Surace, è stata la prima tappa, un annuncio, non un’opera monumentale o permanente intesa in senso classico, è il propiziare uno spazio di ritrovo e divertimento costruito insieme a tutti i partecipanti.
Seguiranno una serie di interventi atti a costruire Piazza dell’Immaginario: la collocazione di alcune panchine, di tavoli con sedie e ombrelloni dove sostare e gustare una bevuta, di un posto per le bicliclette, il ripristino di vecchie fioriere, fino alla istallazione delle opere d’arte che contribuiranno a creare uno spazio di scambio e di esperienze nel tempo e nel territorio.
Attraverso le immagini scelte si raccontano storie anonime e quotidiane che contengono una certa sensazione di nostalgia, nostalgia che di solito abbiamo quando ricordiamo o immaginiamo il passato. Storie brevi che non hanno mai occupato copertine, ma che abitano nella nostra memoria: quel campo da calcio dove giocavamo la domenica, quella volta che ho letto ti amo scritto sul muro e sapevo che era stato scritto per me, quella canzone che ogni volta che veniva suonata la ballavamo insieme nella piazza o i primi germogli verdi che venivano dal niente, senza attendere quello che avevano intorno.
Tutte le opere faranno parte dello spazio per un tempo determinato, ricordando che attraverso la cura dello spazio si può contribuire al benessere di chi lo abita, aprire nuove modalità di contatto, reti di relazioni e di affetto, dove il dialogo diventa l’unico modo per immaginare ipotesi da portare a termine.
Dancing in Emilia di Gabriele Basilico, appartiene alla serie Dancing in Emilia nata da una commissione del mensile Modo che nel 1978 lo incarica di eseguire una ricerca sulle discoteche in Emilia-Romagna. Una delle serie meno conosciute che riguarda il suo primo approccio verso la fotografia, quella di tipo sociale, il reportage impegnato. L’atteggiamento di Basilico è ponderato, lo stesso che poserà in seguito sulle architetture e sulle città, producendo opere che giustamente lo hanno reso famoso in tutto il mondo, privo della consueta velocità che caratterizza lo scatto “rubato”, cardine della fotografia di reportage e forse proprio per questo le immagini della serie, da cui è tratta quella che presentiamo, esprimono tutta la loro forza e ci trasmettono semplicemente la gioia, il benessere che le persone provavano in quel momento. Trecento chilometri di dancing, balli e rituali del sabato sera, che per anni hanno caratterizzato la vita delle cittadine e dei paesi di periferia, un ricordo di socialità e di genuinità.
Borgo San Lorenzo di Andrea Abati é un trittico che fa parte della serie La Forza della Natura, 2014, in parte acquisita dal reparto ostetricia del nuovo Ospedale di Prato. Tre immagini, prese dal basso verso l'alto, della pianta chiamata Albero di Giuda ai lati e di un noce nel centro, non solo ci mostrano la bellezza della natura, ma ci fanno vedere un cielo che sorveglia da un altro punto di vista quello che accade sulla terra. Sebbene Abati sia interessato ad approfondire l'idea di bellezza come la abbiamo imparata e sviluppata attraverso la storia dell’arte, qualcosa di gradevole e per ciò buona per noi, La Forza della Natura, accenna ad una visione della natura come un potere fuori dal nostro controllo. Infatti, gli scatti sono stati presi in un territorio distrutto da un grande terremoto, territorio devastato e ripreso dalla e grazie alla stessa natura.
Bleda y Rosa, María Bleda e José María Rosa, presentano Burriana, fotografia in bianco e nero che fa parte della serie Campos de fútbol (Campi da calcio), 1993. Questa serie raccoglie fotografie di diversi campi da calcio trattati come se fossero spazi quotidiani, spazi adatti per qualsiasi tipo di gioco e forse per la
competizione di basso livello. Si tratta di spazi vuoti, abbandonati e in disuso, spazi periferici, a volte indeterminati, senza una specifica funzione e spesso definiti solo dall’uso che ne viene fatto e in questo momento è proprio la nostra memoria che ne determina di nuovo la funzione. Bleda y Rosa, amanti del lavoro di Bernd e Hilla Becher, riflettono sul passare del tempo in relazione allo spazio geografico parlando di un genere di luogo e non di un luogo determinato, che però la nostra memoria riconosce come se fosse un suo luogo.
Attualmente Campos de fútbol fa parte della collezione del Museo Nacional Reina Sofía MNRS, Madrid, e del Centro Gallego de Arte Contemporáneo CGAC, Santiago de Compostela, Spagna.
La responsabilità dei cieli e delle altezze parte dall’idea di Pantani-Surace, Lia Pantani e Giovanni Surace, che la piazza non appartiene al luogo ma a coloro che la vivono e perciò sarà proprio lì, in piazza, e insieme a loro, i residenti/partecipanti, che il giorno 24 aprile, si è svolta l’azione di produzione del messaggio collettivo proposto dagli artisti: “ti amo”.
Sebbene questo messaggio sia ormai diventato una caratteristica del loro lavoro, questa volta sarà scritto in cinese, 我愛你, usando la tecnica della xilografia e con la collaborazione di chi, transitando nella piazza sarà invitato a partecipare a questa azione: saranno i loro piedi a produrre la stampa di ognuno dei tre ideogrammi che compongono ti amo e diventeranno anche protagonisti e conduttori sottili di altri modelli possibili di convivenza.
Tutte e tre gli elementi stampati su carta verranno affissi sulle pareti di alcuni edifici di Piazza dell’Immaginario.
Patriotism. Hymn
Patriotism è un progetto mobile che dal 2006 è stato presentato in USA, Olanda, Italia e altri paesi. Il progetto utilizza un alfabeto di logotipi che forma un linguaggio universale. Giocando con la memoria collettiva, si ispira alla propaganda sovietica e alle tecniche di comunicazione politica che ancora permangono nella democrazia locale. Una miscela di ironia, umorismo e attività sovversiva, nascosta dal modo in cui vengono usati questi loghi, permette agli artisti di combinare vari stereotipi e pezzi di informazioni sull'Ucraina e l'Europa e di toccare temi come l'immigrazione, la diffusione della conoscenza o la corruzione.
Il murale Patriotism. Hymn è dedicato all'idea di un'Europa unita, ai suoi vantaggi e ideali, e anche alla figura dell'Altro, la cui impaziente attesa di riconoscimento e di inclusione aiuta l'Unione Europea a apparire così desiderata.
Piazza dell’Immaginario sarà accompagnata da una pubblicazione che verrà presentata lo stesso giorno dell’inaugurazione.
BIO ARTISTI
Gabriele Basilico (Milano, 1944-2013)
Inizia interessandosi alla fotografia sociale ma i suoi campi d'azione privilegiati sono il paesaggio industriale e post industriale, le trasformazioni e l'urbanizzazione del territorio. In tal senso il suo primo progetto è Milano. Ritratti di fabbriche, un lavoro condotto nella periferia ex-industriale di Milano, tra il 1978 e il 1980. Nel 1984 viene invitato, a partecipare alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R., la più vasta campagna fotografica realizzata in Europa nel XX secolo, organizzata dal governo francese. Nello stesso periodo realizza Porti di mare (1982-88) e nel 1991 la campagna fotografica su Beirut, completamente distrutta dalla guerra. Sono anni di intenso lavoro e le commissioni da privati ed enti pubblici sono sempre più numerose.
Continua la sua ricerca su Milano insieme a indagini su altre città italiane ed europee, sapendo “che in tutte le città ci sono presenze, più o meno visibili, che si manifestano per chi le vuole vedere”.
Amburgo, Barcellona, Bari, Beirut, Berlino, Bilbao, Francoforte, Genova, Graz, Istanbul, Lisbona, Liverpool, Losanna, Madrid, Milano, Mosca, Nizza, Palermo, Parigi, Rio de Janeiro, Roma, Rotterdam, San Francisco, San Sebastian, Shangai, Torino, Trieste, Valencia, Zurigo sono fra le città che fanno parte della sua narrazione.
Le sue opere fanno parte di numerose collezioni pubbliche e private internazionali e il suo lavoro è stato esposto presso musei e istituzioni, gallerie private in Italia e all'estero.
Andrea Abati (Prato, 1952)
Si occupa di fotografia dalla fine degli anni Settanta.
Punto di partenza del suo lavoro è l’analisi delle trasformazioni del paesaggio architettonico industriale, l’osservazione simbolica della natura antropizzata, l’attenzione all’avvicendarsi delle genti e al mutamento del tessuto sociale della città attraverso un uso della fotografia come strumento di conoscenza e di relazione tra il sé e il mondo.
Tra i suoi lavori più noti: I Luoghi del Mutamento una serie iniziata nel 1988, indubbiamente il progetto di maggiore complessità e anche il più noto, dove urgente è l’attenzione al paesaggio industriale
contemporaneo e ai mutamenti della realtà sociale; nella serie I Luoghi della Natura, 1997, visioni notturne, oniriche, il mare diventa luogo di riflessione sull’identità contemporanea, un immaginario mutante sospeso fra natura e artifici; nel 2012 la serie La Forza della Natura.
Dal 2008 si occupa anche di video. Per l’artista abbandonare il concetto di opera e pensare di innescare pratiche artistiche nella sfera pubblica, può in certi momenti diventare prioritario, è sua la costruzione di Giardino Melampo/Mandela Garden 1.
Ha al suo attivo numerose mostre personali e collettive, in Italia, Francia, Austria, Belgio, Germania, USA, Canada.
Bleda y Rosa
María Bleda (Castellón, 1969) e José María Rosa (Albacete, 1970) lavorano in coppia dal 1992. Vivono e lavorano a Valencia, Spagna.
Secondo il critico Alberto Martin, il nucleo fondamentale del loro lavoro è la rappresentazione del territorio, con la quale cercano di sottolineare la complessa unione di culture e tempi che la conformano. Così trasformano il genere di paesaggio in immagini con un alto potere evocativo nelle quali si manifesta la loro esperienza sui luoghi fotografati. Il passare del tempo, la traccia e la memoria sono gli elementi che costituiscono il loro lavoro.
Fra le loro mostre individuali più recenti: Real Jardín Botánico, Fundación Telefónica e PHE'10 a Madrid; Centro Andaluz de Arte Contemporáneo, Siviglia; Galería Elba Benitez, Madrid; Galería Visor, Valencia; Rosenthal Fine Art, Chicago; Galeria Pedro Oliveira, Porto.
Fra le loro collettive: Fundació Antoni Tàpies, Barcellona; Fundación Marcelino Botín, Santander; Museo Nacional Reina Sofia MNRS, Madrid; Museu d'Art Contemporani de Barcelona MACBA e Fundación Joan Miró, Barcellona; AA Architectural Association, Londra; Centro Cultural Gabriela Mistral, Santiago de Cile;
Musée d’art moderne di Ceret, Francia; Stenersenmuseet, Oslo; Kulturhuset, Stoccolma.
Hanno partecipato a MANIFESTA 4 e alla 12th International Cairo Biennale.
Pantani-Surace
Lia Pantani e Giovanni Surace collaborano dal 1996 e insegnano all' Accademia di Belle Arti di Firenze.
Tra le diverse partecipazioni: Working Insider, Stazione Leopolda, Firenze; Allineamenti, Trinitatiskirche, Colonia; Mobili, Nosadella due, Bologna; Una giornata particolare, luogo delle possibilità, Teatro Sant’Andrea, Pisa; Au Pair, coppie di fatto nell’arte contemporanea, Fondazione MalvinaMenegaz per le Arti e le Culture, Borgo Medievale di Castelbasso, Teramo; Start Point, Sun Studio 74rosso, Firenze. Tra le mostre personali: Se la memoria mi dice il vero, Certosa Monumentale di Calci, Pisa; Non spiegatemi perché la pioggia si trasforma in grandine galleria nicolafornello, Prato; Ti amo, Galleria Madder 139, Londra; The other party (who’s next, dovrebbe piovere su di voi e non su di me) Galleria Die Mauer e Mura di cinta via Pomeria (giardino d’infanzia), Prato.
R.E.P. Revolutionary Experimental Space
Gruppo fondato nel 2004, è attualmente composto da Ksenia Gnilitskaya (Kiev, 1984), Nikita Kadan (Kiev, 1982), Zhanna Kadyrova (Brovary, Ukraine, 1981), Vladimir Kuznetsov (Lutsk, Ukraine, 1976), Lada Nakonechnaya (Dnepropetrovsk, Ukraine 1982) e Lesia Khomenko (Kiev,1980). Al momento della costituzione del gruppo tutti i suoi componenti avevano già sviluppato un loro percorso individuale che continuano a portare avanti.
Allo stesso tempo in tutti questi anni si sono impegnati in pratiche artistiche collettive, mantenendo viva la loro piccola comunità artistica. Gli eventi politici legati alla Rivoluzione Arancione sono stati gli elementi determinanti per la costituzione del gruppo. Le prime azioni collettive del gruppo si sono svolte in mezzo alla folla di manifestanti in piazza Miadan a Kiev: é stato il vedere le grandi masse che lottavano all'unanimità per una causa comune che li ha portati a lavorare insieme. Un'altra ragione per mantenere vivo il gruppo ancora oggi è la debolezza della scena artistica di Kiev, dove in mancanza di un supporto istituzionale che sostenga l'arte sperimentale, gli artisti formano associazioni che suppliscono a questa assenza. Questa è una caratteristica non solo della comunità artistica di Kiev ma anche di tutta l'area post-sovietica e di molti altri paesi periferici. Tenendo di conto del vasto e ampio background sociale del gruppo R.E.P. hanno scelto non solo di praticare la collettività ma anche di sceglierla come argomento del loro operare. Dal 2007 coinvolgono altri gruppi in progetti comuni proponendo varie forme di collaborazione in unico spazio.
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An event supported by the Department of the Environment of the City of Prato, ASM Ambiente Servizi Mobilità and Circolo Curiel, in collaboration with Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Associna, Associazione Cinese di Li Shui.
Contamination between different disciplines is one of the characteristics of our era, which means that it is possible, as in this case, for the Department of the Environment of the City of Prato and environmental service ASM Ambiente Servizi Mobilità, to get involved in a contemporary art project. The project’s characteristics make it appropriate to the policies of the Department, because it takes place in a specific context and makes an indirect contribution, but one of strong symbolic impact, regarding problems related to urban furnishings, image and civil coexistence.
On 30 May, in Prato, the project Piazza dell’Immaginario begins, curated by Alba Braza and organized by Dryphoto arte contemporanea, with works by Gabriele Basilico, Andrea Abati, Bleda y Rosa, Pantani-Surace, R.E.P. Revolutionary Experimental Space.
Piazza dell’Immaginario represents the continuation of a working model that proposes reflection on the relationship between art/photography and the territory, and on art’s role within the urban context. Art is therefore used as a means to understand and grasp our present, also working on ways of caring for everyday public space, the space in the vicinity of the place of work of Dryphoto arte contemporanea, with the goal of improving it and contributing to its community.
Therefore Piazza dell’Immaginario is a project, but it also becomes the name of the zone where Via Fabio Filzi and Via Pistoiese are connected by means of a passageway through an apartment complex.
Nicolas Bourriaud, in his book Relational Aesthetics, describes an artistic practice whose characteristics include a theoretical stance that addresses the sphere of human interactions and their social context, rather than the assertion of an autonomous, private symbolic space. This is precisely the approach we have taken, putting the focus of the project and its mode of presentation into practice. Piazza dell’Immaginario, after HYPERLINK "http://www.dryphoto.it/new/2013/da-i-luoghi-del-mutamento-a-mandela-garden"Giardino Melampo/Mandela Garden1, is an idea that began with a small group of local residents who wanted to organize an action whose goal would be improvement of the public space around them, thus becoming an advantage for the entire city. An example of good political practice, where the direct commitment of individuals is actively supported by the institutions in pursuit of the common good.
Giardino Melampo and Piazza dell’Immaginario are two new place names, the first two of a series that will develop around the rectangle between Via Fabio Filzi and Via Pistoiese, constructing a map of an in this territory that will be outlined by the artworks installed there.
The stage of 24 April, The responsibility of the skies and the heights by Pantani-Surace, is but the first; an announcement, not a monumental or permanent work in the classical sense. It sets out to create a space of gathering and entertainment, built together with all the participants.
It will be followed by a series of interventions for the construction of Piazza dell’Immaginario: the insertion of a number of benches, chairs and tables with umbrellas, as places to relax and enjoy a drink, the creation of a place for bicycles, and the upgrading of the old planters... all the way to the installation of artworks that contribute to create a space of interchange and experience in time and the territory.
The selected images narrate anonymous, everyday histories that contain a certain sensation of nostalgia, the kind of nostalgia we often feel when we remember or imagine the past. Short stories that have never made it onto magazine covers, but still dwell in our memory: that football field where we played on Sundays, that time you saw the words “I love you” written on a wall and knew they were for you, that song they always played when we danced in the town square, the first green sprouts that appeared as if from nowhere, in the spring, without paying attention to their surroundings.
All the works will become part of the space for a specific period of time, reminding us that caring for space can contribute to the wellbeing of its inhabitants, opening up new modes of contact, networks of relations and affection, where dialogue becomes the only way to imagine hypotheses about what can be done in concrete practice.
Dancing in Emilia by Gabriele Basilico belongs to the series of the same name commissioned by the monthly magazine Modo in 1978, asking the photographer to explore the discotheques of Emilia-Romagna. This is one of the less well known series by Basilico, from the time of his first approach to photography, that of engaged social reporting. The photographer’s attitude is thoughtful, the same methodical stance he would later apply to architecture and the city, leading to works that have justifiably made him famous around the world, and free of the usual speed that marks the “stolen” shot, that typical characteristic of photo reporting. Perhaps precisely for this reason, the images in the series, including the one presented here, express great force and directly transmit to us the joy and wellbeing of their subjects in that particular moment. Three hundred kilometers of dance halls, discos and Saturday night rituals, that for years characterized the life of the towns and suburbs, a memory of genuine social contact and interaction.
Borgo San Lorenzo by Andrea Abati is a triptych that is part of the series La Forza della Natura (The Force of Nature, 2014), partially acquired by the Obstetrics Department of the new hospital of Prato. Three images, shot from below, of the plant commonly known as the Judas Tree, at the sides, and of a walnut tree at the center, not only show us the beauty of nature, but also a sky that from a different vantage point watches over what happens on the earth. Though Abati is interested in deeper exploration of our acquired idea of beauty, as developed throughout art history, as something pleasant and therefore good for us, La Forza della Natura also hints at a vision of nature as a power beyond our control. In fact, the pictures were taken in a zone destroyed by a major earthquake, devastated and reclaimed by and thanks to the same forces of nature.
Bleda y Rosa, María Bleda and José María Rosa, present Burriana, a black and white photograph that is part of the series Campos de fútbol (Football Fields, 1993). This series contains photographs of different soccer fields treated as everyday spaces, areas suitable for any type of play, including low-level competition. They are empty, abandoned spaces, on the outskirts, indefinite at times, without a specific function, often based only on the use that is made of them, and in this moment it is precisely our memory that determines their function anew. Bleda y Rosa, admirers of the work of Bernd and Hilla Becher, reflect on the passage of time in relation to geographical spaces, speaking of a type of place and not a given place, which our memory recognizes, nevertheless, as a place of its own pertinence.
Today Campos de fútbol is part of the collection of the Museo Nacional Reina Sofía MNRS, Madrid, and of the Centro Gallego de Arte Contemporáneo CGAC, Santiago de Compostela, Spain.
The responsibility of the skies and the heights starts with the idea of Pantani-Surace – Lia Pantani and Giovanni Surace – that the square does not belong to the place, but to the people who live it, and therefore it will be precisely there, in the square, together with those people, the residents/participants, that on 24 April the action will take place to produce the collective message proposed by the artists: “I love you.”
While this message has become a characteristic of their work by now, this time it will be written in Chinese, 我愛你, using the xylography technique and with the cooperation of those who pass by in the square, and are invited to take part in the action: their feet will produce the print of each of the three ideograms that compose the phrase, as they become the protagonists and subtle agents of other possible models of coexistence. The three prints, on paper, will be hung on the walls of several buildings of Piazza dell’Immaginario.
Patriotism. Hymn
Patriotism is a mobile project that since 2006 has been showcased in the USA, Italy, Netherlands and other countries. It employs a logotype alphabet to form a universal language. Playing with collective memory, this project is inspired by the Soviet propaganda and political communication technologies that still linger within local democracy. A blend of irony, humor and undermining activity, obscured by the manner in which these logos are used, allows the artists to make up various stereotypes and bits of information about Ukraine and Europe, while touching on such issues as migration, the spread of knowledge or corruption.
The Patriotism. Hymn mural focuses on the idea of a united Europe, its advantages and ideals, and to the figure of Other, whose impatient waiting for recognition and inclusion helps European Union to seem so desirable.
Piazza dell’Immaginario will be accompanied by a publication that will be presented on the day of the opening.
30
maggio 2014
Piazza dell’Immaginario
Dal 30 maggio al 31 luglio 2014
arte contemporanea
Location
DRYPHOTO
Prato, Via Delle Segherie, 33/a, (Prato)
Prato, Via Delle Segherie, 33/a, (Prato)
Orario di apertura
00-24
Vernissage
30 Maggio 2014, 18:00
Autore
Curatore