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Tufano – TufanoResidency “L’inutilità dell’utile”
Tufano realizza un “luogo nel luogo”, un capanno, realizzato con materiale riciclato, ispirato al dammuso, architettura tipica dell’isola di Pantelleria; e così avvia un simbolico dialogo con i suoi ospiti, rinnovando la propria modalità operativa: la sua “pigrizia creativa” permane, ma non solo come “non fare” o “lasciar fare agli altri”, ma come “potenzialità del fare insieme”
Comunicato stampa
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TufanoResidency “L’inutilità dell’utile”
di Federica Boragina
A distanza di venticinque anni dal “rogo” delle sue opere, Tufano torna a costruire. Era il 1989
quando l’artista ha bruciato tutto il suo lavoro precedente, motivato da ragioni di carattere
ideologico, politico e culturale e, nell’anno seguente, in occasione di Milano Poesia 1990, ha
presentato l’Inceneritore di Tufano, ossia un camion per la raccolta dei rifiuti urbani, messo
a disposizione dall’AMSA, nel quale Tufano ha invitato altri artisti a bruciare le loro stesse opere.
Fin da questa prima fase della ricerca artistica il fuoco e l’azione del bruciare assumono un ruolo
centrale: la distruzione non è intesa come nichilista rifiuto del reale, ma come predisposizione
alla creazione, richiamando l’idea cabalistica dello tzium tzum, ossia della parziale abdicazione
divina nella creazione, come ha scritto Roberto Borghi1 nelle parole dedicate all’artista. Questa
azione-distruzione dà il via a STUDIOVENTICIQUE: nel 1991 l’artista ha aperto uno spazio a
Milano, sua città di adozione, prima in via Vigevano e poi in viale Col di Lana, con l’intento di
creare un luogo di scambio, un crocevia di artisti, critici e curiosi d’arte. “Lo STUDIOVENTICIQUE
non è una galleria, ma lo studio-abitazione di un artista, Tufano. È un luogo anomalo rispetto
a quelli che compiono un’attività espositiva all’interno del sistema dell’arte in quanto non
possiede alcuna velleità galleristica, ma solo l’intenzione di proseguire un lavoro”2. Le parole di
Borghi restituiscono bene il “non essere” di STUDIOVENTICIQUE e la connessione diretta con
l’Inceneritore Tufano. Qui ha inizio Gli arti naturali di Tufano, un progetto in otto preludi
nel quale l’azione del bruciare, compiuta da quattro artisti, equivale alla mitologica azione del “fare
e disfare” nell’arco di una giornata. La presenza di Tufano è mediata attraverso il corpo di una
modella nuda che si aggira nello spazio indossando una maschera, ottenuta dal calco
1 R. Borghi, Creare lasciando creare, in Tufanostudioventicinque. Creare lasciando creare, ed.
Studioventicinque, Milano 2003, p. 7. 2 Ibidem.
del volto di Tufano stesso. L’attività di STUDIOVENTICIQUE continua con la Discussione,
intrapresa dall’artista con Klaman, Kiefer e Shefferski, poi riversata nel ciclo denominato Il
mio contributo all’evoluzione della specie, una serie di mostre nate dall’iniziativa di
critici e curatori invitati dall’artista. L’avvicendarsi di mostre, incontri, iniziative han fatto sì che lo
STUDIOVENTICIQUE diventasse un laboratorio creativo, luogo di sperimentazioni e di scambio.
Qui, Tufano, oltre a vivere, ha assistito a quel che accadeva, come spettatore e non come
promotore: questo osservare è equivalso al diniego all’autorialità intesa come “creazione
individuale”, che, in questa seconda fase creativa è stata delegata ad altri. Tufano “crea lasciando
creare”.
Il punto a cui questo percorso ha condotto è una nuova opera: TufanoResidency. L’inutilità
dell’utile. Un capanno, ispirato al dammuso, tipica architettura di Pantelleria, è qui realizzato con
sacchi della spazzatura e materiali riciclati. La struttura, mobile e attraversabile, si impone nello
spazio occupandone una buona parte, interrompendo, forse solo apparentemente, il “pigro” – per
citare l’azzeccata aggettivazione scelta da Gabi Scardi3 - modus operandi dell’artista.
Dopo la lunga osservazione dello spazio, ora Tufano agisce su di esso costruendo e la scelta dei
materiali di scarto, ossia di ciò che la collettività considera consumato e inutile, conduce a una
riflessione sulla contemporaneità. Fra le suggestioni teoriche che coinvolgono l’artista, infatti,
compare il saggio di Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile4, dal quale Tufano parafrasa il titolo
dell’opera. Qui lo studioso mostra come l’ossessione del possesso e il culto dell’utilità finiscano per
inaridire lo spirito, mettendo in pericolo i valori fondamentali del vivere, fra cui l’arte e la creatività.
Così Tufano, sottoscrivendo la separazione fra il concetto di utilità e di profitto, rilegge queste
riflessioni, convertendo simbolicamente l’inutilità dei rifiuti in un’utilità costruttiva.
Le “pareti” del capanno, inoltre, ospitano le testimonianze, rigorosamente fotocopiate, del
percorso che ha condotto a questo risultato: dalle immagini di Milano Poesia 1990 negli spazi
dell’Ansaldo alle tracce della performance avvenuta alla Fondazione Mudima nel 1996, fino a
disegni progettuali dell’architettura.
3 G. Scardi, Elogio del non fare, in Tufanostudioventicinque. Creare lasciando creare, cit., pp. 14-18. 4 N. Ordine,
L’utilità dell’inutile. Manifesto, Bompiani, Milano 2013.
Con TufanoResidency. L’inutilità dell’utile si inaugura una nuova fase creativa di
Tufano, il quale trasforma lo STUDIOVENTICIQUE in una matrioska creativa, moltiplicando
la potenzialità spaziale del luogo e, di conseguenza, delle idee. Come è avvenuto negli anni
precedenti, l’artista si propone come ospite dello spazio, accogliendo altri artisti e le loro opere; ma
ora arricchisce questa accoglienza del proprio contributo attraverso la condivisione. Tufano avvia
un dialogo con i suoi ospiti, rinnovando la propria modalità operativa: la sua “pigrizia creativa”
permane, non solo come “non fare” o “lasciar fare agli altri”, ma come “potenzialità del fare
insieme”.
Anche in questa nuova fase sperimentale l’artista ribadisce la propria idea di artisticità, in bilico
fra la romantica aspirazione all’opera d’arte totale e la negazione di qualsivoglia definizione, a
favore di un’artisticità fluida e in continuo divenire. Questo terzo momento creativo non si conclude
con la realizzazione di questo “luogo nel luogo”, ma, a livello simbolico, si propone come “luogo
potenziale”: Tufano intende avviare un programma di residenza per giovani scultori nella propria
casa a Pantelleria. Qui, gli artisti saranno invitati a realizzare sculture con la famosa pietra
Pantelerite, unica al mondo e presente solo nell’isola siciliana. Le premesse e il percorso che
hanno condotto a questa fase lasciano immaginare che non si possa trattare di una iniziativa
riconducibile alla moda degli “artists in residence”, ora imperante; ma a una sperimentazione
collettiva, di sapore Fluxus, riferimento costante nella ricerca di Tufano.
Il progetto dell’artista, ancora in nuce, richiede un impegno, anche questa volta collettivo,
necessariamente vincolato da condizioni diverse rispetto alla logica del “non profit” e dello “zero
budget” che ha guidato lo STUDIOVENTICINQUE in questi anni; ma non è estranea a un certo
fascino: pur con le dovute differenze, in fondo anche George Maciunas tentò di vivere in un’isola e
di farla diventare il quartier generale di Fluxus. In quel caso erano le Virgin Islands.
di Federica Boragina
A distanza di venticinque anni dal “rogo” delle sue opere, Tufano torna a costruire. Era il 1989
quando l’artista ha bruciato tutto il suo lavoro precedente, motivato da ragioni di carattere
ideologico, politico e culturale e, nell’anno seguente, in occasione di Milano Poesia 1990, ha
presentato l’Inceneritore di Tufano, ossia un camion per la raccolta dei rifiuti urbani, messo
a disposizione dall’AMSA, nel quale Tufano ha invitato altri artisti a bruciare le loro stesse opere.
Fin da questa prima fase della ricerca artistica il fuoco e l’azione del bruciare assumono un ruolo
centrale: la distruzione non è intesa come nichilista rifiuto del reale, ma come predisposizione
alla creazione, richiamando l’idea cabalistica dello tzium tzum, ossia della parziale abdicazione
divina nella creazione, come ha scritto Roberto Borghi1 nelle parole dedicate all’artista. Questa
azione-distruzione dà il via a STUDIOVENTICIQUE: nel 1991 l’artista ha aperto uno spazio a
Milano, sua città di adozione, prima in via Vigevano e poi in viale Col di Lana, con l’intento di
creare un luogo di scambio, un crocevia di artisti, critici e curiosi d’arte. “Lo STUDIOVENTICIQUE
non è una galleria, ma lo studio-abitazione di un artista, Tufano. È un luogo anomalo rispetto
a quelli che compiono un’attività espositiva all’interno del sistema dell’arte in quanto non
possiede alcuna velleità galleristica, ma solo l’intenzione di proseguire un lavoro”2. Le parole di
Borghi restituiscono bene il “non essere” di STUDIOVENTICIQUE e la connessione diretta con
l’Inceneritore Tufano. Qui ha inizio Gli arti naturali di Tufano, un progetto in otto preludi
nel quale l’azione del bruciare, compiuta da quattro artisti, equivale alla mitologica azione del “fare
e disfare” nell’arco di una giornata. La presenza di Tufano è mediata attraverso il corpo di una
modella nuda che si aggira nello spazio indossando una maschera, ottenuta dal calco
1 R. Borghi, Creare lasciando creare, in Tufanostudioventicinque. Creare lasciando creare, ed.
Studioventicinque, Milano 2003, p. 7. 2 Ibidem.
del volto di Tufano stesso. L’attività di STUDIOVENTICIQUE continua con la Discussione,
intrapresa dall’artista con Klaman, Kiefer e Shefferski, poi riversata nel ciclo denominato Il
mio contributo all’evoluzione della specie, una serie di mostre nate dall’iniziativa di
critici e curatori invitati dall’artista. L’avvicendarsi di mostre, incontri, iniziative han fatto sì che lo
STUDIOVENTICIQUE diventasse un laboratorio creativo, luogo di sperimentazioni e di scambio.
Qui, Tufano, oltre a vivere, ha assistito a quel che accadeva, come spettatore e non come
promotore: questo osservare è equivalso al diniego all’autorialità intesa come “creazione
individuale”, che, in questa seconda fase creativa è stata delegata ad altri. Tufano “crea lasciando
creare”.
Il punto a cui questo percorso ha condotto è una nuova opera: TufanoResidency. L’inutilità
dell’utile. Un capanno, ispirato al dammuso, tipica architettura di Pantelleria, è qui realizzato con
sacchi della spazzatura e materiali riciclati. La struttura, mobile e attraversabile, si impone nello
spazio occupandone una buona parte, interrompendo, forse solo apparentemente, il “pigro” – per
citare l’azzeccata aggettivazione scelta da Gabi Scardi3 - modus operandi dell’artista.
Dopo la lunga osservazione dello spazio, ora Tufano agisce su di esso costruendo e la scelta dei
materiali di scarto, ossia di ciò che la collettività considera consumato e inutile, conduce a una
riflessione sulla contemporaneità. Fra le suggestioni teoriche che coinvolgono l’artista, infatti,
compare il saggio di Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile4, dal quale Tufano parafrasa il titolo
dell’opera. Qui lo studioso mostra come l’ossessione del possesso e il culto dell’utilità finiscano per
inaridire lo spirito, mettendo in pericolo i valori fondamentali del vivere, fra cui l’arte e la creatività.
Così Tufano, sottoscrivendo la separazione fra il concetto di utilità e di profitto, rilegge queste
riflessioni, convertendo simbolicamente l’inutilità dei rifiuti in un’utilità costruttiva.
Le “pareti” del capanno, inoltre, ospitano le testimonianze, rigorosamente fotocopiate, del
percorso che ha condotto a questo risultato: dalle immagini di Milano Poesia 1990 negli spazi
dell’Ansaldo alle tracce della performance avvenuta alla Fondazione Mudima nel 1996, fino a
disegni progettuali dell’architettura.
3 G. Scardi, Elogio del non fare, in Tufanostudioventicinque. Creare lasciando creare, cit., pp. 14-18. 4 N. Ordine,
L’utilità dell’inutile. Manifesto, Bompiani, Milano 2013.
Con TufanoResidency. L’inutilità dell’utile si inaugura una nuova fase creativa di
Tufano, il quale trasforma lo STUDIOVENTICIQUE in una matrioska creativa, moltiplicando
la potenzialità spaziale del luogo e, di conseguenza, delle idee. Come è avvenuto negli anni
precedenti, l’artista si propone come ospite dello spazio, accogliendo altri artisti e le loro opere; ma
ora arricchisce questa accoglienza del proprio contributo attraverso la condivisione. Tufano avvia
un dialogo con i suoi ospiti, rinnovando la propria modalità operativa: la sua “pigrizia creativa”
permane, non solo come “non fare” o “lasciar fare agli altri”, ma come “potenzialità del fare
insieme”.
Anche in questa nuova fase sperimentale l’artista ribadisce la propria idea di artisticità, in bilico
fra la romantica aspirazione all’opera d’arte totale e la negazione di qualsivoglia definizione, a
favore di un’artisticità fluida e in continuo divenire. Questo terzo momento creativo non si conclude
con la realizzazione di questo “luogo nel luogo”, ma, a livello simbolico, si propone come “luogo
potenziale”: Tufano intende avviare un programma di residenza per giovani scultori nella propria
casa a Pantelleria. Qui, gli artisti saranno invitati a realizzare sculture con la famosa pietra
Pantelerite, unica al mondo e presente solo nell’isola siciliana. Le premesse e il percorso che
hanno condotto a questa fase lasciano immaginare che non si possa trattare di una iniziativa
riconducibile alla moda degli “artists in residence”, ora imperante; ma a una sperimentazione
collettiva, di sapore Fluxus, riferimento costante nella ricerca di Tufano.
Il progetto dell’artista, ancora in nuce, richiede un impegno, anche questa volta collettivo,
necessariamente vincolato da condizioni diverse rispetto alla logica del “non profit” e dello “zero
budget” che ha guidato lo STUDIOVENTICINQUE in questi anni; ma non è estranea a un certo
fascino: pur con le dovute differenze, in fondo anche George Maciunas tentò di vivere in un’isola e
di farla diventare il quartier generale di Fluxus. In quel caso erano le Virgin Islands.
29
maggio 2014
Tufano – TufanoResidency “L’inutilità dell’utile”
Dal 29 maggio al 30 giugno 2014
arte contemporanea
Location
STUDIO VENTICINQUE
Milano, Viale Col Di Lana, 14, (Milano)
Milano, Viale Col Di Lana, 14, (Milano)
Orario di apertura
su appuntamento
Vernissage
29 Maggio 2014, ore 18.30
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