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MAY photography
Galleria 33 presenta MAY. Photograpy dal 9 al 31 maggio 2014 in via Garibaldi n. 33 ad Arezzo. In mostra opere di Melania del Leyva, Guen Fiore, Costanza Gianquinto e Anna Morosini.
Comunicato stampa
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Galleria 33 presenta MAY. Photograpy dal 9 al 31 maggio 2014 in via Garibaldi n. 33 ad Arezzo. La mostra, collettiva di fotografia a cura di Tiziana Tommei, propone le opere di Melania del Leyva, Guen Fiore, Costanza Gianquinto e Anna Morosini.
La liberté éclairant le monde: una figura esile, con un inconsistente abito rosa e un berretto da baseball, regge a stento, con una mano, una fiaccola quasi spenta e, con l’altra, un libro con la scritta WAR. Ubicato in cima ad un piedistallo vacuo, rappresenta ciò che resta oggi del sogno americano. Un quadro vivente, ironico e pop, parte della serie Stars & Stripes (2013), progetto di Melania de Leyva (Venezia 1988). C’è il desiderio di rappresentare una realtà che ha solo l’apparenza di un cartoon. De Leyva (pseudonimo ispirato alla Monaca di Monza, alias Marianna de Leyva) crea set fotografici e li costruisce partendo sì da una forte immaginazione, ma anche da una riflessione critica sul reale. Mette in scena una dimensione che esprime, in forma di opera illustrata, dei concetti. L’ascendenza warholiana è determinante: c’è un disincanto feroce nell’analisi dell’America posteriore all’11 settembre. Con cinismo mette alla berlina un modello che ha perso consistenza, svelando le sue contraddizioni e, al contempo, pone in essere la sua personale visione del mondo. Se gli Stati Uniti oggi non rappresentano più “l’isola che non c’è”, Melania la ricrea e permette a noi di affacciarsi ad essa attraverso la fotografia. Il background di questa artista non si ferma però alla fotografia: infatti, oltre alle personali fotografiche (tra cui si citano quella di avvio nel 2010 a Venezia intitolata I dont’t believe in happy ending e Stars & Stripes, presentata nel 2013 presso Spazio Bevacqua Panigai a Treviso), realizza anche illustrazioni e installazioni.
“La percezione sensoriale rappresenta la magia del nostro essere e il corpo è lo strumento che ci racconta, nel pieno dei suoi dettagli e delle sue forme. Siamo nuda poesia e non lo sappiamo”: Guen Fiore (Pescara 1988) spiega con queste parole il suo ultimo lavoro personale Se un giorno d’inverno un’Euridice (2014). In mostra presenta una selezione di scatti eterogenea sul piano cronologico e stilistico, ma unita nel modo di guardare e restituire quello che si può definire la libertà dell’essere, ciò che siamo. In Souls ogni ritratto femminile è un fermo-immagine, un fotogramma, che sottende una storia scorrere oltre i confini del taglio fotografico. Sono incipit di racconti nei quali i reali protagonisti non sono tanto i soggetti fotografati, quanto i sentimenti e le emozioni che passano dai gesti, dagli sguardi e dagli ambienti. Le figure umane non sono mai nitide e presentano contorni sfuocati. La ragazza con la parrucca rosa di Adorava New York City è in primo piano e guarda lo spettatore: pare la protagonista di un american action movie, immersa in una “realtà alterata…che la faceva sentire viva”, l’assorbe e la riflette “mostruosamente luminosa, frenetica e lampeggiante”. Ciascuno scatto presentato è come una finestra aperta su una traccia di vita non ancora pienamente vissuta. Guen Fiore, alias Guendalina Fiore, oggi vive e studia a Roma. Ha iniziato da giovanissima a fotografare e ha all’attivo pubblicazioni in magazines, tra cui Vogue.it.
Serie di stampe digitali da pellicola a colori 35 mm analogica: Hiver, percorso personale di Costanza Gianquinto (Venezia 1988). Open project, avviato nel 2013 e tutt’ora in corso. “Hiver è nato nel mese di novembre in un giornata di bora a Venezia. L’inizio dell’inverno, se non ricordo male, è cominciato proprio quel giorno. Ricordo di essermi svegliata, di aver guardato fuori dalla finestra e di aver visto il cielo grigio, cupo. Io quel giorno sentivo un’energia strana. Dovevo andare verso la spiaggia e affrontarla …”: la fotografa spiega così l’origine della serie Hiver, scatti in cui gli elementi naturali paiono investiti da un processo di antropomorfizzazione, arrivando a trasmettere il sentire umano. Una realtà rarefatta, restituita per sottrazione, ma che resta sempre riconoscibile e permette d’immergersi in una dimensione onirica, situata oltre il modo fisico. Una musica che suggestiona, incanta e trascende la concreta presenza fisica della figurazione. Gianquinto ha studiato presso l’Istituto Italiano della Fotografia di Milano e ha debuttato nel 2009 presso la Fondazione Bevilacqua la Masa, nella collettiva Nudisegni. Ha partecipato nel 2012 al Festival Au Gré des Arts, esponendo nella mostra Renaissance’s allestita nel chiostro di La Rochefoucauld; nel 2013 è stata selezionata da FotoFilmic’13 e coinvolta in una collettiva di giovani fotografi da tutto il mondo a Vancouver in Canada. Nello stesso anno tiene la sua prima personale Viriditas a Londra, dove oggi vive e lavora. E’ infine reduce da una mostra a cura di Kris Hatch alla Nave Gallery a Sommerville (USA, marzo 2014).
Il frame quadrato diviene da semplice formato a determinante concettuale in A-part, selezione di stampe digitali da polaroid analogica, un excursus della produzione di Anna Morosini (Foligno 1987). Indipendent photographer, Morosini ha frequentato il Master di Alta Formazione sull’Immagine Contemporanea presso la Fondazione Fotografia di Modena. E’ co-fondatrice di Fourlines, viaggio di sperimentazione emozionale in Scandinavia e progetto fotografico interamente dedicato alla polaroid. Parte degli scatti presentati in mostra sono stati realizzati nel corso di questa fondamentale esperienza e sono stati pubblicati ed esposti in diversi centri europei (Fourlines è stato presentato nel 2010 a Bologna, e in seguito a Lisbona, Milano e Digione). Tra le immagini scelte c’è anche la foto icona della prima mostra personale Be a girl (Perugia, 2010), ma anche lo scatto per il quale ha ottenuto maggiore visibilità e che rappresenta la parte inferiore di due volti che si avvicinano per baciarsi: è un ritratto in cui il confine tra immaginario e reale è avvertito come sfumato. Le coordinate spazio-temporali non sono mai date, ogni soggetto risulta come sospeso in un non luogo fuori dal tempo. Straniamento, elevazione del quotidiano e sperimentazione. Un formalismo ricercato, misurato, ponderato, ma sempre accompagnato da una cura partecipata ed emozionale rispetto all’oggetto rappresentato: “Qualsiasi cosa (o persona) io fotografi – cit. l’autrice - non posso fare a meno di trattarla come qualcosa a cui appartengo e che mi appartiene, che va protetta nel suo svelamento, nobilitata nelle sua semplicità”.
La vernice è fissata venerdì 9 maggio a partire dalle ore 19.30 presso Galleria 33. Saranno presenti le artiste.
La liberté éclairant le monde: una figura esile, con un inconsistente abito rosa e un berretto da baseball, regge a stento, con una mano, una fiaccola quasi spenta e, con l’altra, un libro con la scritta WAR. Ubicato in cima ad un piedistallo vacuo, rappresenta ciò che resta oggi del sogno americano. Un quadro vivente, ironico e pop, parte della serie Stars & Stripes (2013), progetto di Melania de Leyva (Venezia 1988). C’è il desiderio di rappresentare una realtà che ha solo l’apparenza di un cartoon. De Leyva (pseudonimo ispirato alla Monaca di Monza, alias Marianna de Leyva) crea set fotografici e li costruisce partendo sì da una forte immaginazione, ma anche da una riflessione critica sul reale. Mette in scena una dimensione che esprime, in forma di opera illustrata, dei concetti. L’ascendenza warholiana è determinante: c’è un disincanto feroce nell’analisi dell’America posteriore all’11 settembre. Con cinismo mette alla berlina un modello che ha perso consistenza, svelando le sue contraddizioni e, al contempo, pone in essere la sua personale visione del mondo. Se gli Stati Uniti oggi non rappresentano più “l’isola che non c’è”, Melania la ricrea e permette a noi di affacciarsi ad essa attraverso la fotografia. Il background di questa artista non si ferma però alla fotografia: infatti, oltre alle personali fotografiche (tra cui si citano quella di avvio nel 2010 a Venezia intitolata I dont’t believe in happy ending e Stars & Stripes, presentata nel 2013 presso Spazio Bevacqua Panigai a Treviso), realizza anche illustrazioni e installazioni.
“La percezione sensoriale rappresenta la magia del nostro essere e il corpo è lo strumento che ci racconta, nel pieno dei suoi dettagli e delle sue forme. Siamo nuda poesia e non lo sappiamo”: Guen Fiore (Pescara 1988) spiega con queste parole il suo ultimo lavoro personale Se un giorno d’inverno un’Euridice (2014). In mostra presenta una selezione di scatti eterogenea sul piano cronologico e stilistico, ma unita nel modo di guardare e restituire quello che si può definire la libertà dell’essere, ciò che siamo. In Souls ogni ritratto femminile è un fermo-immagine, un fotogramma, che sottende una storia scorrere oltre i confini del taglio fotografico. Sono incipit di racconti nei quali i reali protagonisti non sono tanto i soggetti fotografati, quanto i sentimenti e le emozioni che passano dai gesti, dagli sguardi e dagli ambienti. Le figure umane non sono mai nitide e presentano contorni sfuocati. La ragazza con la parrucca rosa di Adorava New York City è in primo piano e guarda lo spettatore: pare la protagonista di un american action movie, immersa in una “realtà alterata…che la faceva sentire viva”, l’assorbe e la riflette “mostruosamente luminosa, frenetica e lampeggiante”. Ciascuno scatto presentato è come una finestra aperta su una traccia di vita non ancora pienamente vissuta. Guen Fiore, alias Guendalina Fiore, oggi vive e studia a Roma. Ha iniziato da giovanissima a fotografare e ha all’attivo pubblicazioni in magazines, tra cui Vogue.it.
Serie di stampe digitali da pellicola a colori 35 mm analogica: Hiver, percorso personale di Costanza Gianquinto (Venezia 1988). Open project, avviato nel 2013 e tutt’ora in corso. “Hiver è nato nel mese di novembre in un giornata di bora a Venezia. L’inizio dell’inverno, se non ricordo male, è cominciato proprio quel giorno. Ricordo di essermi svegliata, di aver guardato fuori dalla finestra e di aver visto il cielo grigio, cupo. Io quel giorno sentivo un’energia strana. Dovevo andare verso la spiaggia e affrontarla …”: la fotografa spiega così l’origine della serie Hiver, scatti in cui gli elementi naturali paiono investiti da un processo di antropomorfizzazione, arrivando a trasmettere il sentire umano. Una realtà rarefatta, restituita per sottrazione, ma che resta sempre riconoscibile e permette d’immergersi in una dimensione onirica, situata oltre il modo fisico. Una musica che suggestiona, incanta e trascende la concreta presenza fisica della figurazione. Gianquinto ha studiato presso l’Istituto Italiano della Fotografia di Milano e ha debuttato nel 2009 presso la Fondazione Bevilacqua la Masa, nella collettiva Nudisegni. Ha partecipato nel 2012 al Festival Au Gré des Arts, esponendo nella mostra Renaissance’s allestita nel chiostro di La Rochefoucauld; nel 2013 è stata selezionata da FotoFilmic’13 e coinvolta in una collettiva di giovani fotografi da tutto il mondo a Vancouver in Canada. Nello stesso anno tiene la sua prima personale Viriditas a Londra, dove oggi vive e lavora. E’ infine reduce da una mostra a cura di Kris Hatch alla Nave Gallery a Sommerville (USA, marzo 2014).
Il frame quadrato diviene da semplice formato a determinante concettuale in A-part, selezione di stampe digitali da polaroid analogica, un excursus della produzione di Anna Morosini (Foligno 1987). Indipendent photographer, Morosini ha frequentato il Master di Alta Formazione sull’Immagine Contemporanea presso la Fondazione Fotografia di Modena. E’ co-fondatrice di Fourlines, viaggio di sperimentazione emozionale in Scandinavia e progetto fotografico interamente dedicato alla polaroid. Parte degli scatti presentati in mostra sono stati realizzati nel corso di questa fondamentale esperienza e sono stati pubblicati ed esposti in diversi centri europei (Fourlines è stato presentato nel 2010 a Bologna, e in seguito a Lisbona, Milano e Digione). Tra le immagini scelte c’è anche la foto icona della prima mostra personale Be a girl (Perugia, 2010), ma anche lo scatto per il quale ha ottenuto maggiore visibilità e che rappresenta la parte inferiore di due volti che si avvicinano per baciarsi: è un ritratto in cui il confine tra immaginario e reale è avvertito come sfumato. Le coordinate spazio-temporali non sono mai date, ogni soggetto risulta come sospeso in un non luogo fuori dal tempo. Straniamento, elevazione del quotidiano e sperimentazione. Un formalismo ricercato, misurato, ponderato, ma sempre accompagnato da una cura partecipata ed emozionale rispetto all’oggetto rappresentato: “Qualsiasi cosa (o persona) io fotografi – cit. l’autrice - non posso fare a meno di trattarla come qualcosa a cui appartengo e che mi appartiene, che va protetta nel suo svelamento, nobilitata nelle sua semplicità”.
La vernice è fissata venerdì 9 maggio a partire dalle ore 19.30 presso Galleria 33. Saranno presenti le artiste.
09
maggio 2014
MAY photography
Dal 09 al 31 maggio 2014
fotografia
Location
GALLERIA33
Arezzo, Via Giuseppe Garibaldi, 33, (Arezzo)
Arezzo, Via Giuseppe Garibaldi, 33, (Arezzo)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 16.30 - 19.30.
Vernissage
9 Maggio 2014, ore 19.30
Autore
Curatore