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15
ottobre 2009
fino al 24.X.2009 Nanni Valentini Pesaro, Galleria G+G
marcheabruzzi
Quando l’espressione dell’arte passa attraverso la filosofia. Quando il pensiero diviene materia. In scena un grande ceramista e scultore. Le opere d’un maestro del Novecento esposte nella sua terra d’origine...
di Cecilia Ci
Torna ancora una volta a casa, Nanni Valentini (Sant’Angelo in Vado, Pesaro,
1932 – Vimercate, Milano 1985), il poeta della terra che a Pesaro trascorse
diversi anni, dove collaborò con Bruno Baratti e creò le prime terrecotte graffiate,
prima di trasferirsi a Milano.
Dopo una lunga ricerca scoprirà i luoghi dell’Informale,
lui, campione del segno e della tecnica dell’arte figurativa. Un approdo nato
da un percorso evolutivo sostenuto da una visione colta, sensibile, profonda; verso
una poetica che è un tutt’uno col suo lavoro. È l’attaccamento alla materia,
alla Madre Terra, alle forme primigenie; è l’elemento puro a raccontare questa
poetica. A svelare il senso della forza inclusa nella potenza stessa, ancor prima di farsi atto.
È la via, che percorre quando si trasferisce a Milano e
conosce Lucio Fontana, a parlare di lui e del suo lavoro. È il percorso dell’essere e del
divenire, come quando in una delle opere esposte, quasi tutte provenienti
dall’Archivio Valentini, il segno torna su se stesso, come uno scarabocchio
primordiale, e di nuovo vi abitano tracce di materia. Segni forti che rimandano
alla fecondità, a un volto che nasce dalla terra.
Eppoi le tracce, ora materiche come argilla, ora nate dal
colore come acqua, le circonvoluzioni come un grande soffio che genera la vita.
E lassù, in alto, il segno restituisce una casa, un porto sicuro, quasi un
tabernacolo che racchiude in sé vita e mistero. Altrove, una sagoma di volto
come il flutto di acqua benefica che sgorga dalla terra, i segni graffiati su
una tavola nera come sentieri da percorrere, come possibilità dell’esistenza.
C’è qualcosa, nell’opera di quest’artista, capace di vivere
e lavorare a lungo in solitudine, come quando fu invitato ad Altopascio per
collaborare con le Manifatture Mancioli; qualcosa che rimanda al panta rei, al tutto scorre di eraclitea
memoria. E, di fronte alle sue sculture, si resta in attesa di una
trasformazione, di una nascita.
Dell’autore – che partecipò a partire dal 1956 a tutti i
concorsi della ceramica di Faenza, dove più volte fu premiato – c’è un disegno
che ha un tratto deciso e veloce, dominato dal colore blu, con scorie di materia
a delineare una sagoma femminile fatta di acqua, di cielo, di terra e di vento.
Laddove la genesi del figurativo s’incontra con l’evoluzione dell’Informale, le
forme di questa donna racchiudono sensualità e vita.
Chiamato alla Biennale di Venezia nel 1982 e nel 1984, il
celebre Cratere
rivela come il suo percorso sia il frutto di un cammino dialettico che dà
origine a una sintesi pura. I suoi brandelli di terra sono “parola scavata
nella vita come un abisso”. Sono racconto, significazione, rivelazione. Indicano l’appartenenza
a quella religione che sposa, quand’è lui stesso a dire: “Ho scelto la materia”.
1932 – Vimercate, Milano 1985), il poeta della terra che a Pesaro trascorse
diversi anni, dove collaborò con Bruno Baratti e creò le prime terrecotte graffiate,
prima di trasferirsi a Milano.
Dopo una lunga ricerca scoprirà i luoghi dell’Informale,
lui, campione del segno e della tecnica dell’arte figurativa. Un approdo nato
da un percorso evolutivo sostenuto da una visione colta, sensibile, profonda; verso
una poetica che è un tutt’uno col suo lavoro. È l’attaccamento alla materia,
alla Madre Terra, alle forme primigenie; è l’elemento puro a raccontare questa
poetica. A svelare il senso della forza inclusa nella potenza stessa, ancor prima di farsi atto.
È la via, che percorre quando si trasferisce a Milano e
conosce Lucio Fontana, a parlare di lui e del suo lavoro. È il percorso dell’essere e del
divenire, come quando in una delle opere esposte, quasi tutte provenienti
dall’Archivio Valentini, il segno torna su se stesso, come uno scarabocchio
primordiale, e di nuovo vi abitano tracce di materia. Segni forti che rimandano
alla fecondità, a un volto che nasce dalla terra.
Eppoi le tracce, ora materiche come argilla, ora nate dal
colore come acqua, le circonvoluzioni come un grande soffio che genera la vita.
E lassù, in alto, il segno restituisce una casa, un porto sicuro, quasi un
tabernacolo che racchiude in sé vita e mistero. Altrove, una sagoma di volto
come il flutto di acqua benefica che sgorga dalla terra, i segni graffiati su
una tavola nera come sentieri da percorrere, come possibilità dell’esistenza.
C’è qualcosa, nell’opera di quest’artista, capace di vivere
e lavorare a lungo in solitudine, come quando fu invitato ad Altopascio per
collaborare con le Manifatture Mancioli; qualcosa che rimanda al panta rei, al tutto scorre di eraclitea
memoria. E, di fronte alle sue sculture, si resta in attesa di una
trasformazione, di una nascita.
Dell’autore – che partecipò a partire dal 1956 a tutti i
concorsi della ceramica di Faenza, dove più volte fu premiato – c’è un disegno
che ha un tratto deciso e veloce, dominato dal colore blu, con scorie di materia
a delineare una sagoma femminile fatta di acqua, di cielo, di terra e di vento.
Laddove la genesi del figurativo s’incontra con l’evoluzione dell’Informale, le
forme di questa donna racchiudono sensualità e vita.
Chiamato alla Biennale di Venezia nel 1982 e nel 1984, il
celebre Cratere
rivela come il suo percorso sia il frutto di un cammino dialettico che dà
origine a una sintesi pura. I suoi brandelli di terra sono “parola scavata
nella vita come un abisso”. Sono racconto, significazione, rivelazione. Indicano l’appartenenza
a quella religione che sposa, quand’è lui stesso a dire: “Ho scelto la materia”.
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Valentini – Sculture
Galleria d’Arte G+G
Via Barignani, 58 – 61100 Pesaro
Orario: da lunedì a sabato ore 10.30-12.30 e 17-20.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0721371636; info@gpiug.it; www.gpiug.it
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