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Louise Caico Hamilton – Sicilian ways and days
Nelle foto di Louise HAMILTON in CAICO, eclettica irlandese sposa di un siciliano di Montedoro, la Sicilia e il Continente in 37 immagini; un “Grand Tour” intimo e famigliare con gli occhi e la curiosità di una donna cosmopolita, colta e raffinata, fotografa per passione e antropologa per destino.
Comunicato stampa
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La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
con la riscoperta della singolare e straordinaria figura di una donna, fotografa per passione e antropologa per destino – l’irlandese Louise HAMILTON, di cultura eclettica e cosmopolita che nel 1880 sposa un siciliano di Montedoro, il borgo del Vallone nisseno dove si trasferisce nel 1897 –, avvia un ciclo di mostre, brani di un testo ben più ampio – la Rassegna Fotografica Luce dal Sud_Lungo la soglia dell’Occidente – scritto a doppie mani, tra Milano e Caltagirone, da Giovanni CHIARAMONTE e dalla stessa GHIRRI.
L’approdo di questo ridotto, quanto eterogeneo corpus di foto della CAICO-HAMILTON per questa preziosa mostra in Galleria ha del serendipico: dal suo fortunoso salvataggio ad opera di una sensibile signora estranea al mondo della fotografia – dalla soffitta dimenticata di un rudere destinato alla demolizione –, all’oblio ultradecennale prima della traduzione italiana di Sicilian Ways And Days – il bel volume illustrato, edito, in origine nel 1910, per i tipi di John Long a Londra e di D. Appleton and Company a New York –, alla riscoperta e al progressivo interesse, più vernacolare che scientifico, degli abitanti di Montedoro – l’Arcadia primordiale dove Louise trascorse ben sedici anni prima di approdare a Palermo nel 1913 – per giungere, senza compiersi, all’attenzione e agli studi appassionati – e tuttora in progress – dei fratelli MESSANA, Calogero e Federico, creatori della Raccolta civica di Casa Messana a Montedoro.
Ma, al di là dell’indiscutibile rilevanza documentaria (per gli aspetti etno-antropologici, colti fotograficamente da Louise che li registra con una scrittura assai prossima ai diari del Grand Tour europeo) in questa sede preme sottolineare quanto l’opera della CAICO sia ancora in larga parte misconosciuta, non essendo stata scientificamente indagata come, in realtà, meriterebbe. La sua stessa narrazione peraltro, sia pur poco incline all’accettazione di questa Sicilia arcaica, maschilista e così agli antipodi del suo background d'origine, e certamente intrisa di quel sottile e arguto humor anglosassone, immancabilmente tradisce l’interesse e la curiosità per gli usi, i costumi, gli abitanti e, sopra ogni cosa, per quei cieli illuminati da una luce abbacinante che da sola riesce a riscattare, agli occhi della stessa fotografa, questo cuore arido e sulfureo di Sicilia.
Da tempo ormai, gli impulsi elettrici del digitale hanno soppiantato le sostanze fotosensibili che la stessa Louise manipolava empiricamente, approntando il laboratorio fotografico nella stanza della frutta di casa CAICO, e tuttavia, oggi come allora, uno sguardo continua a osservare e traguardare ancora il paesaggio e le vicende umane attraverso l’occhio di un mirino fotografico mentre la luce al Sud rimane abbacinante e la Sicilia intorno – sempre sintesi e paradigma della civiltà Occidentale – continua a offrire nuove occasioni per chi, nella fotografia, cerca riscatto o trova diletto.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, febbraio 2014
Louise Caico Hamilton: una storia proto-femminista
Ề un biglietto per le stelle
quello lì davanti a te,
cambierai la pelle,
ma resta speciale,
non ti buttare via.
In questo inferno
di ombre piatte,
in questo vecchio luna park,
resta ribelle, non ti buttare via.
NEGRITA, La tua canzone, 2013
Gruppo musicale rock, italiano
Curioso effetto aggirarsi fra questa selezione di fotografie di Louise HAMILTON CAICO.
Mi pervade un sentimento familiare, quello di sfogliare un vecchio album dimenticato in soffitta, le mie nonne che incollavano immagini in rigoroso bianco e nero su pagine grigie di album con la copertina in pelle decorata, eterogenea mescolanza di anniversari, panorami vacanzieri, cugini americani e antenati nel giorno delle nozze: momenti e ricordi preziosi solo per il valore della memoria ad esse legati.
Ề solo l’apparente eterogeneità degli scatti di Louise HAMILTON proposti qui in Galleria Luigi GHIRRI evocativa di questa suggestione da vecchio album in soffitta: ad una analisi più attenta non sfugge il talento della fotografa nel tagliare le inquadrature, il suo occhio raffinato nell’individuare soggetti e panorami, in cui affiorano gli anni di formazione artistica e umanistica, di cui la giovane HAMILTON poté fruire nel suo apprendistato giovanile.
Da donna che “legge” le fotografie di un’altra donna, la tentazione è quella di indugiare sulla sua biografia il cui ricordo mi accompagna nel percorso ideale fra queste immagini: diverte e stupisce pensarla sul dorso di un quadrupede, scortata da un campiere, a zonzo per l’assolata campagna siciliana in caccia di emozioni visive. Eppoi immaginarla alle prese con acidi e reagenti per sviluppare le sue immagini, indifferente allo stridente contrasto con l’ingessato mondo siciliano femminile che le stava attorno, amica di poeti e letterati, ribelle, indomita, contro-corrente sempre.
La mina vagante se n'è andata. Così mi chiamavate, pensando che non vi sentissi.
Ma le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti
dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare piani.
Ferzan ÖZPETEK, Mine vaganti, 2010
Regista e sceneggiatore turco naturalizzato italiano (1959 – vivente)
Louise HAMILTON entra a pieno titolo nel novero delle molte che con coraggio elevarono la condizione femminile, combattendo in un mondo di esclusione: Virginia WOOLF, Simon de BEAUVOIR, Sibilla ALERAMO, Marina CVETAEVA, tanti nomi noti e meno che lottarono per sconfiggere pregiudizi e chiusure, costruendo una società meno oppressiva per le donne di oggi. Mi piace ricordare il passo che chiude il Discorso sulla felicità di Madame du CHÂTELET, epigrafe che dedico a Louise con la convinzione che lo avrebbe apprezzato.
Cerchiamo di star bene in salute, di non avere pregiudizi, di provare delle passioni e di ricavarne felicità, di sostituire le passioni con le inclinazioni. Di conservare le nostre illusioni, di essere virtuosi, e di non pentirci mai, di allontanare le idee tristi e di non permettere mai al nostro cuore di conservare una sola scintilla di piacere per qualcuno il cui piacere diminuisce e che ha smesso di amarci. Dovremo pur lasciarlo, un giorno, questo amore, anche se non saremo già vecchi, e questo giorno sia quello in cui esso cessa di renderci felici. Coltiviamo seriamente l’amore per lo studio, amore dal quale traiamo per noi stessi la felicità. Non lasciamo che l’ambizione ci seduca, ma sforziamoci di saper bene quello che vogliamo essere: decidiamo la strada che vogliamo seguire per trascorrere la nostra vita, e cerchiamo di cospargerla di fiori.
Madame Émilie du CHÂTELET, Discorso sulla felicità, 1779
Matematica, fisica e scrittrice francese (1706 – 1749)
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, febbraio 2014
Da Montedoro a Caltagirone passando per il Castelluccio.
Appunti per un viaggio futuro.
A Racalmuto i fotografi, la grande fotografia, sono stati sempre di casa, ve li trainava SCIASCIA con la sua forza e il suo carisma. Ma con la scomparsa degli uomini, si sa, a volte si dileguano anche le strade da loro additate. E può accadere che casualmente, o miracolosamente, si possano riprendere antichi percorsi virtuosi. Ề accaduto con la riscoperta delle foto di Louise HAMILTON CAICO, questa “inglesina” di lingua e di cultura che tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, al seguito del marito Eugenio CAICO, piomba da Bordighera a Montedoro, minuscolo paesino dell’entroterra siciliano popolato o per meglio dire animato come un presepio da poveri e poverissimi minatori, contadini, artigiani.
Louise HAMILTON (1861 – 1927), di madre francese e padre irlandese imparentato con i regnanti inglesi, nata a Nizza e trasferitasi a Bordighera dopo avere studiato in Inghilterra, nel contrasto di “civiltà”, reagisce in qualche modo per non soccombere: non scappa come la signora snob, di cui parla VERGA in Fanta-sticheria, ma resta incantata dal mondo “primitivo”, “esotico”, in cui viene a trovarsi e che osserva con grande curiosità. Con sapiente umorismo, anche se, come scrive Federico MESSANA, riassumendo la singolare vicenda biografica e intellettuale di questa femminista ante litteram: “Resta esterrefatta dalle abitudini da medio evo dei paesani”. I compaesani la reputano “strana”, ma da questa stranezza, da questa diversità, scaturirà un frutto che possiamo assaporare ancora oggi. “Il contesto siciliano di Montedoro, - scrive MESSANA, - in cui "precipita" la nizzarda Louise, e l'impatto dirompente che ne consegue, generano la sua più bella opera Sicilian Ways And Days, (Londra 1910, John Long) e tradotta in Vicende e costumi siciliani (Palermo 1983, l’Epos)."
Dopo il rifiuto sciasciano, la prefazione è stata scritta dal professore universitario di Storia moderna Massimo GANCI per il quale il libro “è una fausta riscoperta letteraria. […] Un libro che cerca di difendere, in chiave moderata, intenzionalmente femminista e sostanzialmente antifemminista, i diritti della donna in un’epoca in cui lo stesso suffragismo, antesignano del femminismo vero e proprio, era appena agli inizi.” L’allegato corredo fotografico ha il valore di una poetica oltre che di una testimonianza: mentre Giovanni VERGA in sintonia con il Naturalismo francese documentava usi e costumi della povera gente di mare della Sicilia orientale, Louise HAMILTON CAICO, di tutt’altra formazione, produceva analogamente una corrispettiva documentazione fotografica degli usi e costumi della povera gente dei feudi e delle miniere della Sicilia occidentale.
Eravamo fermi alla conoscenza di questo singolare libro, degna integrazione delle ricerche del PITRÉ e del Salomone MARINO, quando da Milano Federico MESSANA segnala, sul finire del 2012, la mostra di fotografie di Louise HAMILTON a Montedoro, curata amorevolmente dal fratello Calogero. Alcune delle foto esposte, con soggetti esclusivamente siciliani, erano state già pubblicate nel libro citato seppure in piccole dimensioni (cm 7,5 x 9,5), ma la stampa ed esposizione recente di altre foto, provenienti da un baule che ne contiene oltre 600 e gelosamente custodito dalla signorina Giuseppina RICOTTA, era una notizia nella notizia. La mostra, tenutasi a Montedoro durante le festività natalizie del 2012, ospitata in una casa privata di proprietà dello stesso curatore della mostra Calogero MESSANA, risulta una sorpresa, un ritorno alle origini, una scoperta, un incanto: l’incanto del tempo fermato a un secolo fa. Come direbbe BUFALINO, “il tempo in posa”. Grazie ad una delle prime Kodak armeggiata dalla lady inglese con sguardo da etnoantropologa.
La curiosità di questa fotografa mitteleuropea, che nelle campagne siciliane viaggiava a cavallo scortata da due campieri, ha fissato tra le altre alcune immagini di Racalmuto e dell’ambiente del Castelluccio: e proprio qui, in questo palazzo fortezza del XIII secolo e dalla cui sommità si possono ammirare ben quaranta paesi a giro d’orizzonte, negli stessi luoghi fotografati un secolo prima, è trasferita la mostra nel giugno del 2013, nell’ambito di un pomeriggio culturale organizzato con Angelo CUTAIA.
Ma il viaggio delle foto della HAMILTON, che ha preso l’abbrivo da Montedoro, ormai sembra destinato a proseguire ancor più dopo l’importante tappa caltagironese voluta da Attilio GERBINO e Sebastiano FAVITTA, collocata, vogliamo credere, non soltanto per ragioni cronologiche, all’inizio della Rassegna Fotografica denominata significativamente Luce dal Sud_Lungo la soglia dell’Occidente.
Diciamo che questo viaggio fotografico da Montedoro a Caltagirone, passando per il Castelluccio di Racalmuto, sia scaturito da se stesso ovvero dalla fotografia, da un ritratto realizzato da Arturo PATTEN e inserito, nelle dimensioni poco più grandi di un francobollo, nel risvolto di copertina di un mio libro: scopertolo autonomamente in libreria, fu per Attilio un indizio sufficiente a stabilire un’intesa.
Ero, in quel frangente assessore alla cultura del mio paese. Ci incontrammo, ci intendemmo: nel comune riconoscimento della necessità del fare, al di là di cariche e ruoli assolutamente accidentali e transeunti. Una necessità etica, ancor prima che estetica, per un voler essere siciliani che vogliono vivere il loro tempo, nel milieu ovvero nell’ambiente e nelle circostanze che sappiamo, non esimendosi dal dare il proprio fattivo contributo. Le mostre alla Galleria GHIRRI, dei ritratti siciliani di Arturo PATTEN e delle foto appartenenti alla Fondazione SCIASCIA di Racalmuto, ne saranno un naturale corollario, impreziosito, cammin facendo, dalla collaborazione del fotografo Angelo PITRONE.
Questa mostra pertanto, voluta e realizzata con ogni tenacia dai due raffinati fotografi militanti Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO, anche per i tempi di crisi prossima in cui viviamo e di atavica difficoltà di praticabilità dell’arte in Sicilia, assume, credo, il valore di una testimonianza. Ma, al di là delle valenze contingenti, per la fotografa Louise HAMILTON CAICO, questa mostra segna o, valga come auspicio, potrebbe segnare l’inizio di un viaggio che la porterà lontano, financo ad arrivare a quei paesi e a quella dimensione europea dai quali, un secolo fa, è scesa in Sicilia.
Un buon viatico, dunque.
Piero CARBONE
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Palermo, febbraio 2014
Louise Caico etnografa
Per cogliere le peculiarità della cultura di una comunità bisogna esserne estranei o estraniati.
Louise HAMILTON, si trova a Montedoro a cavallo del Novecento, per aver sposato un CAICO, esponente della famiglia principale del paese. Qui vive immersa in una civiltà ben differente da quella dell’Italia settentrionale, dove aveva vissuto col marito o di quella inglese d’origine. Per questo inizia a studiare il modo di vivere e le peculiarità antropologiche del posto ove l’onda del destino l’aveva depositata. Per documentare, per comunicare gli aspetti che lei reputava più caratteristici si fa scrittrice, si fa fotografa. Segue dunque il filone dei ricercatori etnografici del tempo. Con il suo stile epistolare, sembra infatti che scriva alle amiche inglesi, annota quel che pochi montedoresi di allora potevano cogliere: la vita di un popolo saldamente legato alle proprie tradizioni; un microcosmo compiuto in sé e, allora, ritenuto immutabile.
Più che la scrittura, l’immagine istantanea trasmette informazioni oggettive, immortalando per sempre un attimo del divenire infinito. Ed ecco allora che ella fotografa, cristallizza, sezioni temporali della vita di persone, di animali, di luoghi, di un paese dell’entroterra siciliano ai primi del XX secolo. Ogni sfaccettatura della realtà viene registrata, annotata, commentata, archiviata a futura memoria. Il tutto trasfigurato dalla personale visione poetica.
Louise fu tra le prime intellettuali ad interessarsi sociologicamente della cultura delle classi subalterne. Nelle foto dei contadini e zolfatai traspare il messaggio che non solo dai ceti elevati proviene la cultura, e la storia, di un popolo. Popolo studiato fin nei minimi dettagli con attenzione etnografica e apertura sentimentale di donna colta. Probabilmente è stata la prima ad immortalare le capre girgentane dalle eleganti corna elicoidali; e particolarmente efficace è la foto del vivace gregge che incontrò a Racalmuto; fondamentale documento storico, tanto più che oggi esse sono sparite da anni e le pecore stanno seguendo il loro triste destino. Diede volto, e con gli scritti parola, a chi non aveva mai avuto volto e parola: artigiani, servitori, villani, zolfatai, borgesi, campieri e le loro donne: casalinghe, tessitrici, ricamatrici, cameriere, lavandaie, ecc., compresi i bambini dalle bellissime fallette unisex.
Non si accontenta di conoscere l’ambiente urbano; compie escursioni nei paesi limitrofi, alle masserie, alle zolfare, scortata sempre da due fidi campieri di famiglia. Un giorno viene a Racalmuto. Qui, come riportato nel suo libro Sicilian Ways And Days, intervista sulla storia del paese un “anziano prete molto pittoresco”, che scopre poi essere stato in gioventù “intimo amico e compagno di briganti”. Qui, involontariamente, la nostra scrittrice ci tratteggia la figura di un prete che ha partecipato alla resistenza antisavoiarda – liquidata come brigantaggio – dopo l’annessione della Sicilia al Piemonte, spacciata per Unificazione italiana.
Ci lascia dunque documenti etnografici unici. Chi conoscerebbe la conformazione a schiena d’asino del ponte del Catalano, oggi crollato e di cui non si trovano neanche i resti? Chi la forma tronco piramidale delle balate di zolfo? La foto del prospetto della cappella del Castelluccio, a distanza di un secolo, è stata utile per progettarne il restauro. E le fontane? E la vita che vi si svolgeva? Ed altro ancora.
Tutta l’atmosfera dell’epoca si ammira nelle oltre seicento fotografie che Calogero MESSANA ha raccolto con certosina pazienza e dedizione mettendole gratuitamente a disposizione degli studiosi, degli appassio-nati di fotografia, dei curiosi, in un suo locale a Montedoro. Nel giugno 2013 una sua selezione di foto è stata mostrata al Castelluccio (Gibillina) di Racalmuto.
Oggi, con sicuro intuito di artisti, Attilio GERBINO e Sebastiano FAVITTA, affettuosamente sostenuti dal pigmalione Piero CARBONE, ne curano la mostra a Caltagirone alla Galleria Fotografica Luigi GHIRRI, nella sede prestigiosa della Corte Capitaniale, nell’ambito della Rassegna fotografica 2014 Luce del Sud_Lungo la soglia dell’Occidente. Sicuramente questo evento prelude, per la qualificata attività di promozione della fotografia siciliana dei nostri due artisti fotografi GERBINO e FAVITTA, per la indefessa ricerca di Calogero MESSANA e per la sagacia organizzatrice di Piero CARBONE, ad una maggiore diffusione e valorizzazione dell’opera della CAICO, che, anche per loro merito, a distanza di un secolo viene riconosciuta nei suoi valori scientifici ed artistici e conquista la ribalta nazionale, e domani, ne sono certo, internazionale. A partire da questa mostra, la documentazione fotografica della CAICO non è più patrimonio culturale esclusivo di Montedoro, ma entra finalmente a pieno titolo in quello della Sicilia.
Angelo CUTAIA
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Racalmuto, febbraio 2014
Le foto di Luisa Caico.
La famiglia Caico è stata una delle più facoltose di Montedoro. Proprietari terrieri e appaltatori di Feudi e Miniere fin dal Settecento. Nel ‘Novecento le cose incominciano ad andare male al punto da dovere svendere le tante proprietà ed essere costretti a trasferirsi a Palermo e vivere di espedienti: Luisa scriveva per i giornale e faceva traduzioni, la figlia Lina insegnava saltuariamente lingua Inglese nei Licei, Federico si dice facesse la guida turistica e Letizia, suonatrice di violino, continuava a gestire la piccola proprietà rimasta in paese.
Si dice che nella casa di famiglia vi fossero 500 casse di documenti: subito dopo l’ultima guerra le carte di famiglia venivano vendute a “peso” ai commercianti insieme alle casse che le contenevano. Per strane vicende alcune di esse sono arrivate persino in Svizzera. In queste casse pare che siano state ritrovate molte fotografie della Luisa che finite in tante mani sono ormai disperse.
Nell’ultima abitazione di Letizia, assieme alle poche suppellettili, per fortuna, sono rimasti un certo numero di album con le raccolte di circa seicento scatti.
Per caso nel 1968, Giuseppina Ricotta, la nuova proprietaria dell’immobile, ha avuto lo spirito di salvarle dalla spazzatura in cui erano stati abbandonati dai venditori, gente che ne era venuta in possesso, ma estranea alla famiglia Caico. Molte foto erano state rovinate dallo stato di abbandono in mezzo a scarti vari, e alcune bruciacchiate per incuria, e infatti si racconta che Letizia leggeva e studiava a lume di candela.
Dopo il ritrovamento sono rimaste, fino allo scorso anno (2012), conservate gelosamente dalla nuova proprietaria finché non l’ho convinta che era importante farle conoscere.
Adesso abbiamo la fortuna di ammirarle, anche se solo in parte, poiché da una mia stima ritengo dovessero essere tre volte tante.
Calogero MESSANA
Montedoro, 2013
con la riscoperta della singolare e straordinaria figura di una donna, fotografa per passione e antropologa per destino – l’irlandese Louise HAMILTON, di cultura eclettica e cosmopolita che nel 1880 sposa un siciliano di Montedoro, il borgo del Vallone nisseno dove si trasferisce nel 1897 –, avvia un ciclo di mostre, brani di un testo ben più ampio – la Rassegna Fotografica Luce dal Sud_Lungo la soglia dell’Occidente – scritto a doppie mani, tra Milano e Caltagirone, da Giovanni CHIARAMONTE e dalla stessa GHIRRI.
L’approdo di questo ridotto, quanto eterogeneo corpus di foto della CAICO-HAMILTON per questa preziosa mostra in Galleria ha del serendipico: dal suo fortunoso salvataggio ad opera di una sensibile signora estranea al mondo della fotografia – dalla soffitta dimenticata di un rudere destinato alla demolizione –, all’oblio ultradecennale prima della traduzione italiana di Sicilian Ways And Days – il bel volume illustrato, edito, in origine nel 1910, per i tipi di John Long a Londra e di D. Appleton and Company a New York –, alla riscoperta e al progressivo interesse, più vernacolare che scientifico, degli abitanti di Montedoro – l’Arcadia primordiale dove Louise trascorse ben sedici anni prima di approdare a Palermo nel 1913 – per giungere, senza compiersi, all’attenzione e agli studi appassionati – e tuttora in progress – dei fratelli MESSANA, Calogero e Federico, creatori della Raccolta civica di Casa Messana a Montedoro.
Ma, al di là dell’indiscutibile rilevanza documentaria (per gli aspetti etno-antropologici, colti fotograficamente da Louise che li registra con una scrittura assai prossima ai diari del Grand Tour europeo) in questa sede preme sottolineare quanto l’opera della CAICO sia ancora in larga parte misconosciuta, non essendo stata scientificamente indagata come, in realtà, meriterebbe. La sua stessa narrazione peraltro, sia pur poco incline all’accettazione di questa Sicilia arcaica, maschilista e così agli antipodi del suo background d'origine, e certamente intrisa di quel sottile e arguto humor anglosassone, immancabilmente tradisce l’interesse e la curiosità per gli usi, i costumi, gli abitanti e, sopra ogni cosa, per quei cieli illuminati da una luce abbacinante che da sola riesce a riscattare, agli occhi della stessa fotografa, questo cuore arido e sulfureo di Sicilia.
Da tempo ormai, gli impulsi elettrici del digitale hanno soppiantato le sostanze fotosensibili che la stessa Louise manipolava empiricamente, approntando il laboratorio fotografico nella stanza della frutta di casa CAICO, e tuttavia, oggi come allora, uno sguardo continua a osservare e traguardare ancora il paesaggio e le vicende umane attraverso l’occhio di un mirino fotografico mentre la luce al Sud rimane abbacinante e la Sicilia intorno – sempre sintesi e paradigma della civiltà Occidentale – continua a offrire nuove occasioni per chi, nella fotografia, cerca riscatto o trova diletto.
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, febbraio 2014
Louise Caico Hamilton: una storia proto-femminista
Ề un biglietto per le stelle
quello lì davanti a te,
cambierai la pelle,
ma resta speciale,
non ti buttare via.
In questo inferno
di ombre piatte,
in questo vecchio luna park,
resta ribelle, non ti buttare via.
NEGRITA, La tua canzone, 2013
Gruppo musicale rock, italiano
Curioso effetto aggirarsi fra questa selezione di fotografie di Louise HAMILTON CAICO.
Mi pervade un sentimento familiare, quello di sfogliare un vecchio album dimenticato in soffitta, le mie nonne che incollavano immagini in rigoroso bianco e nero su pagine grigie di album con la copertina in pelle decorata, eterogenea mescolanza di anniversari, panorami vacanzieri, cugini americani e antenati nel giorno delle nozze: momenti e ricordi preziosi solo per il valore della memoria ad esse legati.
Ề solo l’apparente eterogeneità degli scatti di Louise HAMILTON proposti qui in Galleria Luigi GHIRRI evocativa di questa suggestione da vecchio album in soffitta: ad una analisi più attenta non sfugge il talento della fotografa nel tagliare le inquadrature, il suo occhio raffinato nell’individuare soggetti e panorami, in cui affiorano gli anni di formazione artistica e umanistica, di cui la giovane HAMILTON poté fruire nel suo apprendistato giovanile.
Da donna che “legge” le fotografie di un’altra donna, la tentazione è quella di indugiare sulla sua biografia il cui ricordo mi accompagna nel percorso ideale fra queste immagini: diverte e stupisce pensarla sul dorso di un quadrupede, scortata da un campiere, a zonzo per l’assolata campagna siciliana in caccia di emozioni visive. Eppoi immaginarla alle prese con acidi e reagenti per sviluppare le sue immagini, indifferente allo stridente contrasto con l’ingessato mondo siciliano femminile che le stava attorno, amica di poeti e letterati, ribelle, indomita, contro-corrente sempre.
La mina vagante se n'è andata. Così mi chiamavate, pensando che non vi sentissi.
Ma le mine vaganti servono a portare il disordine, a prendere le cose e a metterle in posti
dove nessuno voleva farcele stare, a scombinare tutto, a cambiare piani.
Ferzan ÖZPETEK, Mine vaganti, 2010
Regista e sceneggiatore turco naturalizzato italiano (1959 – vivente)
Louise HAMILTON entra a pieno titolo nel novero delle molte che con coraggio elevarono la condizione femminile, combattendo in un mondo di esclusione: Virginia WOOLF, Simon de BEAUVOIR, Sibilla ALERAMO, Marina CVETAEVA, tanti nomi noti e meno che lottarono per sconfiggere pregiudizi e chiusure, costruendo una società meno oppressiva per le donne di oggi. Mi piace ricordare il passo che chiude il Discorso sulla felicità di Madame du CHÂTELET, epigrafe che dedico a Louise con la convinzione che lo avrebbe apprezzato.
Cerchiamo di star bene in salute, di non avere pregiudizi, di provare delle passioni e di ricavarne felicità, di sostituire le passioni con le inclinazioni. Di conservare le nostre illusioni, di essere virtuosi, e di non pentirci mai, di allontanare le idee tristi e di non permettere mai al nostro cuore di conservare una sola scintilla di piacere per qualcuno il cui piacere diminuisce e che ha smesso di amarci. Dovremo pur lasciarlo, un giorno, questo amore, anche se non saremo già vecchi, e questo giorno sia quello in cui esso cessa di renderci felici. Coltiviamo seriamente l’amore per lo studio, amore dal quale traiamo per noi stessi la felicità. Non lasciamo che l’ambizione ci seduca, ma sforziamoci di saper bene quello che vogliamo essere: decidiamo la strada che vogliamo seguire per trascorrere la nostra vita, e cerchiamo di cospargerla di fiori.
Madame Émilie du CHÂTELET, Discorso sulla felicità, 1779
Matematica, fisica e scrittrice francese (1706 – 1749)
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, febbraio 2014
Da Montedoro a Caltagirone passando per il Castelluccio.
Appunti per un viaggio futuro.
A Racalmuto i fotografi, la grande fotografia, sono stati sempre di casa, ve li trainava SCIASCIA con la sua forza e il suo carisma. Ma con la scomparsa degli uomini, si sa, a volte si dileguano anche le strade da loro additate. E può accadere che casualmente, o miracolosamente, si possano riprendere antichi percorsi virtuosi. Ề accaduto con la riscoperta delle foto di Louise HAMILTON CAICO, questa “inglesina” di lingua e di cultura che tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, al seguito del marito Eugenio CAICO, piomba da Bordighera a Montedoro, minuscolo paesino dell’entroterra siciliano popolato o per meglio dire animato come un presepio da poveri e poverissimi minatori, contadini, artigiani.
Louise HAMILTON (1861 – 1927), di madre francese e padre irlandese imparentato con i regnanti inglesi, nata a Nizza e trasferitasi a Bordighera dopo avere studiato in Inghilterra, nel contrasto di “civiltà”, reagisce in qualche modo per non soccombere: non scappa come la signora snob, di cui parla VERGA in Fanta-sticheria, ma resta incantata dal mondo “primitivo”, “esotico”, in cui viene a trovarsi e che osserva con grande curiosità. Con sapiente umorismo, anche se, come scrive Federico MESSANA, riassumendo la singolare vicenda biografica e intellettuale di questa femminista ante litteram: “Resta esterrefatta dalle abitudini da medio evo dei paesani”. I compaesani la reputano “strana”, ma da questa stranezza, da questa diversità, scaturirà un frutto che possiamo assaporare ancora oggi. “Il contesto siciliano di Montedoro, - scrive MESSANA, - in cui "precipita" la nizzarda Louise, e l'impatto dirompente che ne consegue, generano la sua più bella opera Sicilian Ways And Days, (Londra 1910, John Long) e tradotta in Vicende e costumi siciliani (Palermo 1983, l’Epos)."
Dopo il rifiuto sciasciano, la prefazione è stata scritta dal professore universitario di Storia moderna Massimo GANCI per il quale il libro “è una fausta riscoperta letteraria. […] Un libro che cerca di difendere, in chiave moderata, intenzionalmente femminista e sostanzialmente antifemminista, i diritti della donna in un’epoca in cui lo stesso suffragismo, antesignano del femminismo vero e proprio, era appena agli inizi.” L’allegato corredo fotografico ha il valore di una poetica oltre che di una testimonianza: mentre Giovanni VERGA in sintonia con il Naturalismo francese documentava usi e costumi della povera gente di mare della Sicilia orientale, Louise HAMILTON CAICO, di tutt’altra formazione, produceva analogamente una corrispettiva documentazione fotografica degli usi e costumi della povera gente dei feudi e delle miniere della Sicilia occidentale.
Eravamo fermi alla conoscenza di questo singolare libro, degna integrazione delle ricerche del PITRÉ e del Salomone MARINO, quando da Milano Federico MESSANA segnala, sul finire del 2012, la mostra di fotografie di Louise HAMILTON a Montedoro, curata amorevolmente dal fratello Calogero. Alcune delle foto esposte, con soggetti esclusivamente siciliani, erano state già pubblicate nel libro citato seppure in piccole dimensioni (cm 7,5 x 9,5), ma la stampa ed esposizione recente di altre foto, provenienti da un baule che ne contiene oltre 600 e gelosamente custodito dalla signorina Giuseppina RICOTTA, era una notizia nella notizia. La mostra, tenutasi a Montedoro durante le festività natalizie del 2012, ospitata in una casa privata di proprietà dello stesso curatore della mostra Calogero MESSANA, risulta una sorpresa, un ritorno alle origini, una scoperta, un incanto: l’incanto del tempo fermato a un secolo fa. Come direbbe BUFALINO, “il tempo in posa”. Grazie ad una delle prime Kodak armeggiata dalla lady inglese con sguardo da etnoantropologa.
La curiosità di questa fotografa mitteleuropea, che nelle campagne siciliane viaggiava a cavallo scortata da due campieri, ha fissato tra le altre alcune immagini di Racalmuto e dell’ambiente del Castelluccio: e proprio qui, in questo palazzo fortezza del XIII secolo e dalla cui sommità si possono ammirare ben quaranta paesi a giro d’orizzonte, negli stessi luoghi fotografati un secolo prima, è trasferita la mostra nel giugno del 2013, nell’ambito di un pomeriggio culturale organizzato con Angelo CUTAIA.
Ma il viaggio delle foto della HAMILTON, che ha preso l’abbrivo da Montedoro, ormai sembra destinato a proseguire ancor più dopo l’importante tappa caltagironese voluta da Attilio GERBINO e Sebastiano FAVITTA, collocata, vogliamo credere, non soltanto per ragioni cronologiche, all’inizio della Rassegna Fotografica denominata significativamente Luce dal Sud_Lungo la soglia dell’Occidente.
Diciamo che questo viaggio fotografico da Montedoro a Caltagirone, passando per il Castelluccio di Racalmuto, sia scaturito da se stesso ovvero dalla fotografia, da un ritratto realizzato da Arturo PATTEN e inserito, nelle dimensioni poco più grandi di un francobollo, nel risvolto di copertina di un mio libro: scopertolo autonomamente in libreria, fu per Attilio un indizio sufficiente a stabilire un’intesa.
Ero, in quel frangente assessore alla cultura del mio paese. Ci incontrammo, ci intendemmo: nel comune riconoscimento della necessità del fare, al di là di cariche e ruoli assolutamente accidentali e transeunti. Una necessità etica, ancor prima che estetica, per un voler essere siciliani che vogliono vivere il loro tempo, nel milieu ovvero nell’ambiente e nelle circostanze che sappiamo, non esimendosi dal dare il proprio fattivo contributo. Le mostre alla Galleria GHIRRI, dei ritratti siciliani di Arturo PATTEN e delle foto appartenenti alla Fondazione SCIASCIA di Racalmuto, ne saranno un naturale corollario, impreziosito, cammin facendo, dalla collaborazione del fotografo Angelo PITRONE.
Questa mostra pertanto, voluta e realizzata con ogni tenacia dai due raffinati fotografi militanti Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO, anche per i tempi di crisi prossima in cui viviamo e di atavica difficoltà di praticabilità dell’arte in Sicilia, assume, credo, il valore di una testimonianza. Ma, al di là delle valenze contingenti, per la fotografa Louise HAMILTON CAICO, questa mostra segna o, valga come auspicio, potrebbe segnare l’inizio di un viaggio che la porterà lontano, financo ad arrivare a quei paesi e a quella dimensione europea dai quali, un secolo fa, è scesa in Sicilia.
Un buon viatico, dunque.
Piero CARBONE
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Palermo, febbraio 2014
Louise Caico etnografa
Per cogliere le peculiarità della cultura di una comunità bisogna esserne estranei o estraniati.
Louise HAMILTON, si trova a Montedoro a cavallo del Novecento, per aver sposato un CAICO, esponente della famiglia principale del paese. Qui vive immersa in una civiltà ben differente da quella dell’Italia settentrionale, dove aveva vissuto col marito o di quella inglese d’origine. Per questo inizia a studiare il modo di vivere e le peculiarità antropologiche del posto ove l’onda del destino l’aveva depositata. Per documentare, per comunicare gli aspetti che lei reputava più caratteristici si fa scrittrice, si fa fotografa. Segue dunque il filone dei ricercatori etnografici del tempo. Con il suo stile epistolare, sembra infatti che scriva alle amiche inglesi, annota quel che pochi montedoresi di allora potevano cogliere: la vita di un popolo saldamente legato alle proprie tradizioni; un microcosmo compiuto in sé e, allora, ritenuto immutabile.
Più che la scrittura, l’immagine istantanea trasmette informazioni oggettive, immortalando per sempre un attimo del divenire infinito. Ed ecco allora che ella fotografa, cristallizza, sezioni temporali della vita di persone, di animali, di luoghi, di un paese dell’entroterra siciliano ai primi del XX secolo. Ogni sfaccettatura della realtà viene registrata, annotata, commentata, archiviata a futura memoria. Il tutto trasfigurato dalla personale visione poetica.
Louise fu tra le prime intellettuali ad interessarsi sociologicamente della cultura delle classi subalterne. Nelle foto dei contadini e zolfatai traspare il messaggio che non solo dai ceti elevati proviene la cultura, e la storia, di un popolo. Popolo studiato fin nei minimi dettagli con attenzione etnografica e apertura sentimentale di donna colta. Probabilmente è stata la prima ad immortalare le capre girgentane dalle eleganti corna elicoidali; e particolarmente efficace è la foto del vivace gregge che incontrò a Racalmuto; fondamentale documento storico, tanto più che oggi esse sono sparite da anni e le pecore stanno seguendo il loro triste destino. Diede volto, e con gli scritti parola, a chi non aveva mai avuto volto e parola: artigiani, servitori, villani, zolfatai, borgesi, campieri e le loro donne: casalinghe, tessitrici, ricamatrici, cameriere, lavandaie, ecc., compresi i bambini dalle bellissime fallette unisex.
Non si accontenta di conoscere l’ambiente urbano; compie escursioni nei paesi limitrofi, alle masserie, alle zolfare, scortata sempre da due fidi campieri di famiglia. Un giorno viene a Racalmuto. Qui, come riportato nel suo libro Sicilian Ways And Days, intervista sulla storia del paese un “anziano prete molto pittoresco”, che scopre poi essere stato in gioventù “intimo amico e compagno di briganti”. Qui, involontariamente, la nostra scrittrice ci tratteggia la figura di un prete che ha partecipato alla resistenza antisavoiarda – liquidata come brigantaggio – dopo l’annessione della Sicilia al Piemonte, spacciata per Unificazione italiana.
Ci lascia dunque documenti etnografici unici. Chi conoscerebbe la conformazione a schiena d’asino del ponte del Catalano, oggi crollato e di cui non si trovano neanche i resti? Chi la forma tronco piramidale delle balate di zolfo? La foto del prospetto della cappella del Castelluccio, a distanza di un secolo, è stata utile per progettarne il restauro. E le fontane? E la vita che vi si svolgeva? Ed altro ancora.
Tutta l’atmosfera dell’epoca si ammira nelle oltre seicento fotografie che Calogero MESSANA ha raccolto con certosina pazienza e dedizione mettendole gratuitamente a disposizione degli studiosi, degli appassio-nati di fotografia, dei curiosi, in un suo locale a Montedoro. Nel giugno 2013 una sua selezione di foto è stata mostrata al Castelluccio (Gibillina) di Racalmuto.
Oggi, con sicuro intuito di artisti, Attilio GERBINO e Sebastiano FAVITTA, affettuosamente sostenuti dal pigmalione Piero CARBONE, ne curano la mostra a Caltagirone alla Galleria Fotografica Luigi GHIRRI, nella sede prestigiosa della Corte Capitaniale, nell’ambito della Rassegna fotografica 2014 Luce del Sud_Lungo la soglia dell’Occidente. Sicuramente questo evento prelude, per la qualificata attività di promozione della fotografia siciliana dei nostri due artisti fotografi GERBINO e FAVITTA, per la indefessa ricerca di Calogero MESSANA e per la sagacia organizzatrice di Piero CARBONE, ad una maggiore diffusione e valorizzazione dell’opera della CAICO, che, anche per loro merito, a distanza di un secolo viene riconosciuta nei suoi valori scientifici ed artistici e conquista la ribalta nazionale, e domani, ne sono certo, internazionale. A partire da questa mostra, la documentazione fotografica della CAICO non è più patrimonio culturale esclusivo di Montedoro, ma entra finalmente a pieno titolo in quello della Sicilia.
Angelo CUTAIA
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Racalmuto, febbraio 2014
Le foto di Luisa Caico.
La famiglia Caico è stata una delle più facoltose di Montedoro. Proprietari terrieri e appaltatori di Feudi e Miniere fin dal Settecento. Nel ‘Novecento le cose incominciano ad andare male al punto da dovere svendere le tante proprietà ed essere costretti a trasferirsi a Palermo e vivere di espedienti: Luisa scriveva per i giornale e faceva traduzioni, la figlia Lina insegnava saltuariamente lingua Inglese nei Licei, Federico si dice facesse la guida turistica e Letizia, suonatrice di violino, continuava a gestire la piccola proprietà rimasta in paese.
Si dice che nella casa di famiglia vi fossero 500 casse di documenti: subito dopo l’ultima guerra le carte di famiglia venivano vendute a “peso” ai commercianti insieme alle casse che le contenevano. Per strane vicende alcune di esse sono arrivate persino in Svizzera. In queste casse pare che siano state ritrovate molte fotografie della Luisa che finite in tante mani sono ormai disperse.
Nell’ultima abitazione di Letizia, assieme alle poche suppellettili, per fortuna, sono rimasti un certo numero di album con le raccolte di circa seicento scatti.
Per caso nel 1968, Giuseppina Ricotta, la nuova proprietaria dell’immobile, ha avuto lo spirito di salvarle dalla spazzatura in cui erano stati abbandonati dai venditori, gente che ne era venuta in possesso, ma estranea alla famiglia Caico. Molte foto erano state rovinate dallo stato di abbandono in mezzo a scarti vari, e alcune bruciacchiate per incuria, e infatti si racconta che Letizia leggeva e studiava a lume di candela.
Dopo il ritrovamento sono rimaste, fino allo scorso anno (2012), conservate gelosamente dalla nuova proprietaria finché non l’ho convinta che era importante farle conoscere.
Adesso abbiamo la fortuna di ammirarle, anche se solo in parte, poiché da una mia stima ritengo dovessero essere tre volte tante.
Calogero MESSANA
Montedoro, 2013
22
febbraio 2014
Louise Caico Hamilton – Sicilian ways and days
Dal 22 febbraio al 23 marzo 2014
fotografia
Location
GALLERIA FOTOGRAFICA LUIGI GHIRRI
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Orario di apertura
lun./dom. 9.00 -12.30, 16.00 -19.00
Vernissage
22 Febbraio 2014, h 18.30
Autore
Curatore