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Sergio Salomone – Se
GALLERIA 291 EST prosegue il suo programma d’inaugurazioni parlando di Se, secondo appuntamento curato e ideato da Roberto D’Onorio e Vania Caruso, riservato ad artisti emergenti volti a condividere l’esperienza quale terreno eterogeneo di confronto.
Comunicato stampa
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GALLERIA 291 EST prosegue il suo programma d’inaugurazioni parlando di Se, secondo appuntamento curato e ideato da Roberto D’Onorio e Vania Caruso, riservato ad artisti emergenti volti a condividere l’esperienza quale terreno eterogeneo di confronto. L’esposizione limitata a sette giorni rappresenta uno strumento analitico aperto all'indagine antinomica dell’arte presente, dando respiro alle possibilità che nascono dallo scambio diretto tra artista e pubblico.
Se rispecchia la volontà della Galleria 291 est di avere un occhio attento alle libere espressioni tuttora distanti dal peso e dalle convinzioni dell’attuale sistema.
A tal fine gli appuntamenti programmati aderiscono all'individuazione di possibili identità in cammino verso una progressiva ricerca di metodo e forma.
Da epoche di confine, di grandi sconvolgimenti economici, politici e sociali, si immagina un nuovo modo di concepire il mondo e se stessi, tal volta stabilito con l’invenzione divina, tal volta con l’autorità umana.
Quello che ne deriva è un tempo confuso, che termina col giustificarsi per la sua capacità di porre ordine.
Nella forma primitiva di questa esperienza risiede la coscienza storica di Sergio Salomone.
L’uso della forma propria di un’epoca antica, contenuta nelle regole di una società civile, è la scelta con cui l’autore cattura l'immaginario di chi guarda.
L’opera mediante gesti di estrema sintesi si produce nel presente, creando immagini specificamente per contesti culturali in atto.
Sulla superficie installativa si dispiegano i moduli delle formelle quattrocentesche del Ghiberti, poste a suggellare la fine dell’oggetto di culto per lasciar spazio al sentimento estetico del tempo.
La forza evocativa e significante dell’immagine si risolve nell’innesto simbolico tra la più alta decorazione sacra e la più attendibile fonte delle norme: la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
In linea con l’idea di David Feedberg, sull’ineludibile confronto fra i ricordi e l’influenza di quello che viviamo, l’atto decorativo preso in prestito alla pratica devozionale, sembra qui consacrare l’immagine realizzata della proprietà e dei poteri che le sono stati destinati o successivamente attribuiti.
Il Rimando alla Basilica in quanto luogo scaro, ma anticamente politico è solo uno dei passepartout per la linguistica diacronica che l’opera dichiara.
La formella utilizzata come stampo e allontanata dal suo luogo, attraverso la riproduzione al negativo, crea uno spazio cavo al suo interno suggerendo una via di fuga, che a ben vedere non è altro che un vicolo cieco. Solo a questo punto ci accorgiamo di una mancanza, di una cancellazione di un’assenza di prospettiva perché il processo storico è ancora in atto, quello per cui si escogita un nuovo modo di concepire il mondo e se stessi, tal volta stabilito con l’invenzione divina, tal volta con l’autorità umana.
Fuori mostra.
Nel lavoro Stare #2, essere o render fermi , presentata in occasione della mostra Refuse, in occasione di Factory, alla Pelanda di Testaccio di Roma, si concretizza una ipertrofia dell’assestamento.
Un paio di comuni scarpe emergono da un ritaglio di pelle, al quale vengono aumentate le qualità fisiche legate alla stabilità fino a raggiungere uno stato di fissità che non gli appartiene.
Il dialogo in mostra lega il cammino della memoria all’impossibilità fisica, non esiste libertà senza movimento.
ROBERTO D’ONORIO
Se rispecchia la volontà della Galleria 291 est di avere un occhio attento alle libere espressioni tuttora distanti dal peso e dalle convinzioni dell’attuale sistema.
A tal fine gli appuntamenti programmati aderiscono all'individuazione di possibili identità in cammino verso una progressiva ricerca di metodo e forma.
Da epoche di confine, di grandi sconvolgimenti economici, politici e sociali, si immagina un nuovo modo di concepire il mondo e se stessi, tal volta stabilito con l’invenzione divina, tal volta con l’autorità umana.
Quello che ne deriva è un tempo confuso, che termina col giustificarsi per la sua capacità di porre ordine.
Nella forma primitiva di questa esperienza risiede la coscienza storica di Sergio Salomone.
L’uso della forma propria di un’epoca antica, contenuta nelle regole di una società civile, è la scelta con cui l’autore cattura l'immaginario di chi guarda.
L’opera mediante gesti di estrema sintesi si produce nel presente, creando immagini specificamente per contesti culturali in atto.
Sulla superficie installativa si dispiegano i moduli delle formelle quattrocentesche del Ghiberti, poste a suggellare la fine dell’oggetto di culto per lasciar spazio al sentimento estetico del tempo.
La forza evocativa e significante dell’immagine si risolve nell’innesto simbolico tra la più alta decorazione sacra e la più attendibile fonte delle norme: la Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
In linea con l’idea di David Feedberg, sull’ineludibile confronto fra i ricordi e l’influenza di quello che viviamo, l’atto decorativo preso in prestito alla pratica devozionale, sembra qui consacrare l’immagine realizzata della proprietà e dei poteri che le sono stati destinati o successivamente attribuiti.
Il Rimando alla Basilica in quanto luogo scaro, ma anticamente politico è solo uno dei passepartout per la linguistica diacronica che l’opera dichiara.
La formella utilizzata come stampo e allontanata dal suo luogo, attraverso la riproduzione al negativo, crea uno spazio cavo al suo interno suggerendo una via di fuga, che a ben vedere non è altro che un vicolo cieco. Solo a questo punto ci accorgiamo di una mancanza, di una cancellazione di un’assenza di prospettiva perché il processo storico è ancora in atto, quello per cui si escogita un nuovo modo di concepire il mondo e se stessi, tal volta stabilito con l’invenzione divina, tal volta con l’autorità umana.
Fuori mostra.
Nel lavoro Stare #2, essere o render fermi , presentata in occasione della mostra Refuse, in occasione di Factory, alla Pelanda di Testaccio di Roma, si concretizza una ipertrofia dell’assestamento.
Un paio di comuni scarpe emergono da un ritaglio di pelle, al quale vengono aumentate le qualità fisiche legate alla stabilità fino a raggiungere uno stato di fissità che non gli appartiene.
Il dialogo in mostra lega il cammino della memoria all’impossibilità fisica, non esiste libertà senza movimento.
ROBERTO D’ONORIO
24
gennaio 2014
Sergio Salomone – Se
Dal 24 al 31 gennaio 2014
arte contemporanea
Location
GALLERIA 291 EST
Roma, Viale Dello Scalo San Lorenzo, 45, (Roma)
Roma, Viale Dello Scalo San Lorenzo, 45, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a venerdì dalle 11.00 alle 19.30. sabato dalle 16.00 alle 22.00
Vernissage
24 Gennaio 2014, h 19.00
Autore
Curatore