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Unopuntosette, Paesaggio subìto
Una mostra per sei fotografi – riuniti nel Collettivo UNOPUNTOSETTE – e un fine esercizio della visione per proporre un’idea di paesaggio filtrato da un approccio intellettuale e, al tempo stesso, affettivo. Foto on the road che volgono lo sguardo alla quotidiana poesia del paesaggio intorno a noi.
Comunicato stampa
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Perché un uomo virtuoso si delizia per i paesaggi?
Perché il frastuono del mondo polveroso e della clausura delle abitazioni umane sono quello
che la natura abitualmente aborre; mentre, al contrario, la foschia, l’opacità, e gli spiriti ossessivi delle montagne
sono ciò che cerca la natura umana, e che tuttavia raramente riesce a trovare.
Zhu XI, Filosofo cinese (1130 – 1200)
Perché un uomo virtuoso si delizia per i paesaggi?
Perché il frastuono del mondo polveroso e della clausura delle abitazioni umane sono quello
che la natura abitualmente aborre; mentre, al contrario, la foschia, l’opacità, e gli spiriti ossessivi delle montagne
sono ciò che cerca la natura umana, e che tuttavia raramente riesce a trovare.
Zhu XI, Filosofo cinese (1130 – 1200)
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
declina intellettualmente questo 2013, trascolorando lo sconfortante grigiore di tanto presente nella poetica, raffinata e quasi ascetica ricerca di questo implume Collettivo della fotografia chiamato UNOPUNTOSETTE.
Il gruppo che, come dichiarano i componenti Licia CASTORO, Franco FERRO, Alfio GAROZZO, Antonio TUDISCO, Mario VALENTI e Angelo ZZAVEN si interroga “… sul valore concettuale delle immagini analiz-zando lo spazio, l’intervallo tra l’idea della fotografia e il suo realizzarsi, senza venir meno al rispetto delle potenzialità dello sguardo”, propone all’attenzione del mondo della fotografia – e di tutti coloro che in essa trovano appagamento – una sequenza di immagini per tradurre i luoghi e il paesaggio del vivere umano in visioni silenti (sorta di cinematografici fotogrammi in slow-motion) nelle quali il rallentamento del ritmo e la conseguente consapevolezza di quanto si fa paesaggio intorno a noi prendono il sopravvento.
UNOPUNTOSETTE guarda e traguarda un paesaggio sempre profondamente e inevitabilmente umano: gli autori non fotografano visioni idilliache, nature bucoliche, panorami stereotipi per viaggiatori bulimici e distratti. Con loro il paesaggio – solitamente sfondo al nostro ordinario vivere, nell’istante infinito della piena presa di coscienza di cosa si sta guardando – improvvisamente incombe ribaltando la gerarchia tra chi vede e cosa è visto e si fa prepotentemente presenza e figura e ancora meraviglia … e scanto.
Caltagirone, la città che ospita questa collettiva – e che da oltre quattordici anni, con la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI, è sinonimo di fotografia – è stata e, sopra ogni cosa, resta terra di calanchi e crete che per millenni, e infiniti presenti, si fanno terracotta e ceramica. Le sue svariate fogge plasmate nei secoli, le sue architetture e le decorazioni che le rivestono concorrono a sedimentare un paesaggio del vivere che, mentre l’anno volge al termine, come ogni anno si fa presepe ed epifania, un paesaggio dove la vita tra anfratti, costruzioni improbabili, cieli stellati e muschi disegna sul volto dei pastori la meraviglia dell’evento. E la meraviglia per antonomasia, tra le figurine del presepe, è nel volto congelato, nello sguardo trafelato del giovane che, dinanzi alla natività, paralizzato dallo stupore si ferma a guardare: “u scantatu”.
Se nulla accade per caso forse, in questi giorni particolari nella città della fotografia e del presepe, gli sguardi “scantati” di un gruppo di fotografi – che appassionatamente condividono una meraviglia della visione da primo giorno della creazione – arrivano per sedimentare il loro e il nostro paesaggio interiore, sempre pronto ad accogliere un rinnovamento – e una epifania – che pare … tardi ad arrivare.
Intanto, Luigi GHIRRI sornionamente …
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, dicembre 2013
Io: un paesaggio che m'è venuto a noia.
Gesualdo BUFALINO, Il malpensante, 1987
scrittore, poeta e aforista italiano (1920 – 1996)
Siamo uomini e donne, fotografi, che intendono ricostruire il senso di una appartenenza comune con il territorio che abitiamo, ricercando un linguaggio idoneo per confrontare e condividere emozioni che, altrimenti, andrebbero perdute tra quelle vaganti costellazioni di sensi e di significati che hanno fatto del paesaggio della nostra esistenza un baratro di non visibilità e, ancor peggio, di paura.
Citando l’amato GHIRRI, intendiamo tracciare con la fotografia un percorso soffice come i sassi di Pollicino per tornare alle radici delle nostre emozioni e capirne le rappresentazioni; pertanto, ci costringiamo a pensare per immagini per sfuggire alle tentazioni delle polemiche pretestuose ed alla ghettizzazione del nostro sforzo artistico.
Vogliamo essere “guardati” attraverso la nostra opera che ormai è testimone della nostra età e della nostra esperienza.
Rivolgiamo l’attenzione al paesaggio della nostra esistenza poiché in esso rinveniamo le tracce della memoria e le cicatrici delle cose scomparse; e rivolgiamo ad esso il nostro sguardo perche con la fotografia intendiamo liberarlo dalle strettoie in cui lo hanno racchiuso politici, ecologisti, geologi, ambientalisti, urbanisti e scienziati tutti che ne hanno carpito la capacità unica e specifica di saper coniugare l’infinito nel finito della visione, sottraendolo ai soli che l’abbiano saputo coniugare e costruire ovvero i poeti ed i contadini.
Sono loro i nostri evidenti compagni di lavoro e di viaggio; sono loro che costantemente ci indicano la rotta per poter fornire alle istituzioni l’iconografia del paesaggio e dei sentimenti che ad esso sottende: non lavoriamo per una rilevazione di tipo documentativo ma spendiamo le nostre agnizioni e le nostre scoperte per l’individuazione di un riconoscimento.
Siamo convinti che il paesaggio non possa essere racchiuso nell’atto di una visione fisiologica o mappale e, meno che mai, risolversi nell’individuazione dei suoi elementi ritenuti costitutivi; guardiamo piuttosto alla sua storia, alla sua secolare evoluzione, alle sue drammatiche ed urgenti necessità perché in esso riconosciamo il nostro volto medesimo, le nostre stesse preoccupazioni, le nostre aspirazioni.
Cerchiamo la collaborazione delle istituzioni politiche ed amministrative, e quelle scolastiche, non solo per supportare la doverosa ricerca di quella tutela che impone la nostra Carta Costituzionale, ma anche individuare i nuovi canoni estetici che stanno modificando la realtà del nostro paese senza che ci sia stato un momento di consapevolezza sulla natura e sulle proporzioni di tale trasformazione.
Siamo consapevoli che tale ricerca, oltre che rivolgersi ai luoghi dove abitano le emozioni, passa, quasi in simbiosi, per lo sguardo che rivolgiamo a noi stessi, ai nostri corpi, ed al nostro vissuto, e, pertanto, inevitabilmente la filigrana delle nostre immagini rivela l’individualità delle nostre esistenze che desideriamo mettere in comune con chi vuol seguire la linea del nostro sentimento.
Privilegiamo in questo ragionare le risorse della tecnica e dell’arte della fotografia, considerando che la sua storia ed i suoi risultati sono, a nostro avviso, dei capisaldi del pensiero intorno all’indagine sulla natura del paesaggio e sui suoi fondamenti estetici e filosofici. Ci ricolleghiamo, in tal senso, all’azione intellettuale e politicamente propositiva di chi, nel recente passato, è stato capace di incidere e modificare una visione meramente monumentale o naturalistica, riconducendo la visione del nostro ambiente a matrici culturali, più intime e collegate a memorie comprensibili e condivisibili. L’esperienza del Nuovo Paesaggio Italiano, del LandScape Americano, dei New Topographic, sono nel nostro DNA culturale avvertendone come urgenti i segnali da loro lanciati sulla necessità di far presto.
Abbiamo, infatti, poco tempo per poter prendere cognizione delle trasformazioni visive delle forme del nostro pianeta (come del pianeta uomo) e - mentre i grandi protagonisti della fotografia eroicamente si cimentano nell’impresa di cogliere nel nostro tempo quei segnali che possono riportarci all’alba dl mondo - noi rivolgiamo l’attenzione alla nascita o, ahimè, alla soppressione, degli angoli della nostra Terra dove ancora l’ombra non viene sfrattata, dove l’eco di una fontana è percepita come tale, dove la linea dell’orizzonte diviene il luogo della contemplazione, dove il dinamismo interno all’immagine è avvertito come il ritmo del nostro desiderio di vivere.
Abbiamo occhi e cervello rivolti al futuro e, pertanto, “siamo in ascolto” di coloro che camminano sulla nostra strada, così come siamo vicini a coloro che, sacerdoti della memoria o meno, ne custodiscono il simbolo e la sacralità e, quindi, ne hanno cura.
Pippo PAPPALARDO
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Catania, Novembre 2013
Perché il frastuono del mondo polveroso e della clausura delle abitazioni umane sono quello
che la natura abitualmente aborre; mentre, al contrario, la foschia, l’opacità, e gli spiriti ossessivi delle montagne
sono ciò che cerca la natura umana, e che tuttavia raramente riesce a trovare.
Zhu XI, Filosofo cinese (1130 – 1200)
Perché un uomo virtuoso si delizia per i paesaggi?
Perché il frastuono del mondo polveroso e della clausura delle abitazioni umane sono quello
che la natura abitualmente aborre; mentre, al contrario, la foschia, l’opacità, e gli spiriti ossessivi delle montagne
sono ciò che cerca la natura umana, e che tuttavia raramente riesce a trovare.
Zhu XI, Filosofo cinese (1130 – 1200)
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
declina intellettualmente questo 2013, trascolorando lo sconfortante grigiore di tanto presente nella poetica, raffinata e quasi ascetica ricerca di questo implume Collettivo della fotografia chiamato UNOPUNTOSETTE.
Il gruppo che, come dichiarano i componenti Licia CASTORO, Franco FERRO, Alfio GAROZZO, Antonio TUDISCO, Mario VALENTI e Angelo ZZAVEN si interroga “… sul valore concettuale delle immagini analiz-zando lo spazio, l’intervallo tra l’idea della fotografia e il suo realizzarsi, senza venir meno al rispetto delle potenzialità dello sguardo”, propone all’attenzione del mondo della fotografia – e di tutti coloro che in essa trovano appagamento – una sequenza di immagini per tradurre i luoghi e il paesaggio del vivere umano in visioni silenti (sorta di cinematografici fotogrammi in slow-motion) nelle quali il rallentamento del ritmo e la conseguente consapevolezza di quanto si fa paesaggio intorno a noi prendono il sopravvento.
UNOPUNTOSETTE guarda e traguarda un paesaggio sempre profondamente e inevitabilmente umano: gli autori non fotografano visioni idilliache, nature bucoliche, panorami stereotipi per viaggiatori bulimici e distratti. Con loro il paesaggio – solitamente sfondo al nostro ordinario vivere, nell’istante infinito della piena presa di coscienza di cosa si sta guardando – improvvisamente incombe ribaltando la gerarchia tra chi vede e cosa è visto e si fa prepotentemente presenza e figura e ancora meraviglia … e scanto.
Caltagirone, la città che ospita questa collettiva – e che da oltre quattordici anni, con la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI, è sinonimo di fotografia – è stata e, sopra ogni cosa, resta terra di calanchi e crete che per millenni, e infiniti presenti, si fanno terracotta e ceramica. Le sue svariate fogge plasmate nei secoli, le sue architetture e le decorazioni che le rivestono concorrono a sedimentare un paesaggio del vivere che, mentre l’anno volge al termine, come ogni anno si fa presepe ed epifania, un paesaggio dove la vita tra anfratti, costruzioni improbabili, cieli stellati e muschi disegna sul volto dei pastori la meraviglia dell’evento. E la meraviglia per antonomasia, tra le figurine del presepe, è nel volto congelato, nello sguardo trafelato del giovane che, dinanzi alla natività, paralizzato dallo stupore si ferma a guardare: “u scantatu”.
Se nulla accade per caso forse, in questi giorni particolari nella città della fotografia e del presepe, gli sguardi “scantati” di un gruppo di fotografi – che appassionatamente condividono una meraviglia della visione da primo giorno della creazione – arrivano per sedimentare il loro e il nostro paesaggio interiore, sempre pronto ad accogliere un rinnovamento – e una epifania – che pare … tardi ad arrivare.
Intanto, Luigi GHIRRI sornionamente …
Sebastiano FAVITTA e Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, dicembre 2013
Io: un paesaggio che m'è venuto a noia.
Gesualdo BUFALINO, Il malpensante, 1987
scrittore, poeta e aforista italiano (1920 – 1996)
Siamo uomini e donne, fotografi, che intendono ricostruire il senso di una appartenenza comune con il territorio che abitiamo, ricercando un linguaggio idoneo per confrontare e condividere emozioni che, altrimenti, andrebbero perdute tra quelle vaganti costellazioni di sensi e di significati che hanno fatto del paesaggio della nostra esistenza un baratro di non visibilità e, ancor peggio, di paura.
Citando l’amato GHIRRI, intendiamo tracciare con la fotografia un percorso soffice come i sassi di Pollicino per tornare alle radici delle nostre emozioni e capirne le rappresentazioni; pertanto, ci costringiamo a pensare per immagini per sfuggire alle tentazioni delle polemiche pretestuose ed alla ghettizzazione del nostro sforzo artistico.
Vogliamo essere “guardati” attraverso la nostra opera che ormai è testimone della nostra età e della nostra esperienza.
Rivolgiamo l’attenzione al paesaggio della nostra esistenza poiché in esso rinveniamo le tracce della memoria e le cicatrici delle cose scomparse; e rivolgiamo ad esso il nostro sguardo perche con la fotografia intendiamo liberarlo dalle strettoie in cui lo hanno racchiuso politici, ecologisti, geologi, ambientalisti, urbanisti e scienziati tutti che ne hanno carpito la capacità unica e specifica di saper coniugare l’infinito nel finito della visione, sottraendolo ai soli che l’abbiano saputo coniugare e costruire ovvero i poeti ed i contadini.
Sono loro i nostri evidenti compagni di lavoro e di viaggio; sono loro che costantemente ci indicano la rotta per poter fornire alle istituzioni l’iconografia del paesaggio e dei sentimenti che ad esso sottende: non lavoriamo per una rilevazione di tipo documentativo ma spendiamo le nostre agnizioni e le nostre scoperte per l’individuazione di un riconoscimento.
Siamo convinti che il paesaggio non possa essere racchiuso nell’atto di una visione fisiologica o mappale e, meno che mai, risolversi nell’individuazione dei suoi elementi ritenuti costitutivi; guardiamo piuttosto alla sua storia, alla sua secolare evoluzione, alle sue drammatiche ed urgenti necessità perché in esso riconosciamo il nostro volto medesimo, le nostre stesse preoccupazioni, le nostre aspirazioni.
Cerchiamo la collaborazione delle istituzioni politiche ed amministrative, e quelle scolastiche, non solo per supportare la doverosa ricerca di quella tutela che impone la nostra Carta Costituzionale, ma anche individuare i nuovi canoni estetici che stanno modificando la realtà del nostro paese senza che ci sia stato un momento di consapevolezza sulla natura e sulle proporzioni di tale trasformazione.
Siamo consapevoli che tale ricerca, oltre che rivolgersi ai luoghi dove abitano le emozioni, passa, quasi in simbiosi, per lo sguardo che rivolgiamo a noi stessi, ai nostri corpi, ed al nostro vissuto, e, pertanto, inevitabilmente la filigrana delle nostre immagini rivela l’individualità delle nostre esistenze che desideriamo mettere in comune con chi vuol seguire la linea del nostro sentimento.
Privilegiamo in questo ragionare le risorse della tecnica e dell’arte della fotografia, considerando che la sua storia ed i suoi risultati sono, a nostro avviso, dei capisaldi del pensiero intorno all’indagine sulla natura del paesaggio e sui suoi fondamenti estetici e filosofici. Ci ricolleghiamo, in tal senso, all’azione intellettuale e politicamente propositiva di chi, nel recente passato, è stato capace di incidere e modificare una visione meramente monumentale o naturalistica, riconducendo la visione del nostro ambiente a matrici culturali, più intime e collegate a memorie comprensibili e condivisibili. L’esperienza del Nuovo Paesaggio Italiano, del LandScape Americano, dei New Topographic, sono nel nostro DNA culturale avvertendone come urgenti i segnali da loro lanciati sulla necessità di far presto.
Abbiamo, infatti, poco tempo per poter prendere cognizione delle trasformazioni visive delle forme del nostro pianeta (come del pianeta uomo) e - mentre i grandi protagonisti della fotografia eroicamente si cimentano nell’impresa di cogliere nel nostro tempo quei segnali che possono riportarci all’alba dl mondo - noi rivolgiamo l’attenzione alla nascita o, ahimè, alla soppressione, degli angoli della nostra Terra dove ancora l’ombra non viene sfrattata, dove l’eco di una fontana è percepita come tale, dove la linea dell’orizzonte diviene il luogo della contemplazione, dove il dinamismo interno all’immagine è avvertito come il ritmo del nostro desiderio di vivere.
Abbiamo occhi e cervello rivolti al futuro e, pertanto, “siamo in ascolto” di coloro che camminano sulla nostra strada, così come siamo vicini a coloro che, sacerdoti della memoria o meno, ne custodiscono il simbolo e la sacralità e, quindi, ne hanno cura.
Pippo PAPPALARDO
per la Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Catania, Novembre 2013
14
dicembre 2013
Unopuntosette, Paesaggio subìto
Dal 14 dicembre 2013 al 12 gennaio 2014
fotografia
Location
GALLERIA FOTOGRAFICA LUIGI GHIRRI
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Orario di apertura
Da lun. a dom. 9.00 -12.30, 16.00 -19.00
Vernissage
14 Dicembre 2013, 18.30
Autore
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