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Pádraig Timoney – A lu tiempo de…
Questa retrospettiva di metà carriera – che comprende oltre cinquanta opere
realizzate nell’arco degli ultimi venti anni – rappresenta anche un ritorno
simbolico per l’artista a Napoli, città che Timoney ha eletto a suo luogo di
residenza e produzione dal 2004 al 2011, prima di trasferirsi a New York.
A Napoli l’artista rende omaggio sin dal titolo stesso della mostra, che cita
l’incipit di ‘O Cunto ‘E Masaniello, una canzone pubblicata nel 1974
dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
ll Madre presenta dal 07 febbraio al 12 maggio 2014 la prima e più ampia
mostra personale mai dedicata da un’istituzione pubblica, non solo italiana,
al lavoro dell’artista irlandese Pádraig Timoney (Derry, 1968) che vive e
lavora a New York.
Questa retrospettiva di metà carriera – che comprende oltre cinquanta opere
realizzate nell’arco degli ultimi venti anni – rappresenta anche un ritorno
simbolico per l’artista a Napoli, città che Timoney ha eletto a suo luogo di
residenza e produzione dal 2004 al 2011, prima di trasferirsi a New York.
A Napoli l’artista rende omaggio sin dal titolo stesso della mostra, che cita
l’incipit di ‘O Cunto ‘E Masaniello, una canzone pubblicata nel 1974
dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Il lavoro di Pádraig Timoney è un’esplorazione profonda e personale di tutti
i linguaggi della pittura e della natura delle immagini, realizzata attraverso
l’uso di mezzi espressivi differenti: accanto al medium principale della
pittura, infatti, l’artista fa uso di fotografia, scultura e installazione, creando
un universo visivo improntato a un radicale eclettismo. Davanti a una serie
di opere di Timoney si può avere l’impressione di trovarsi all’interno di una
mostra collettiva, tanto diversi sono gli stili, le tecniche e le atmosfere che
definiscono i suoi lavori: l’astrazione convive con il più fedele foto-realismo,
la gestualità si accompagna a un’estetica quasi meditativa, mentre una
erudita relazione con la storia dell’arte si fonde con la comprensione degli
aspetti più contemporanei, finanche banali, della nostra cultura globalizzata
e digitale.
L’apparente incongruenza delle forme e dei linguaggi che contraddistingue
il lavoro di Pádraig Timoney corrisponde, in realtà, a una strategia artistica
rigorosa e assolutamente consapevole, al centro della quale troviamo tanto
una critica della nozione di “stile” quanto il desiderio di esplorare l’arte
in tutte le sue potenzialità estetiche e concettuali. Il concetto di stile come
fattore unitario e identificabile è un pilastro su cui si fonda la storia dell’arte,
un assunto che Timoney mette in discussione giustapponendo tra loro codici
e stati d’animo apparentemente opposti e inconciliabili, rendendo così
giustizia alla molteplicità delle forme con cui la realtà si presenta ai nostri
fondazione donnaregina
per le arti contemporanee
madre · museo d’arte
contemporanea
donnaregina
Pádraig Timoney
occhi, al modo di percepirla e comprenderla, e alla complessità dei modi con
cui ci relazioniamo alle immagini, ai loro significati e alle loro storie.
L’apparente eclettismo di Pádraig Timoney affonda le radici in un’ampia
serie di esperienze artistiche più o meno recenti, rivelando in questo modo
una pratica colta, ma all’interno della quale lo spettatore è lasciato libero
di cercare il proprio orizzonte di significati. L’ambiguità che Timoney
persegue tra immagine, supporto e linguaggio, tra l’informazione visiva e la
sua realtà materiale, evoca la pittura di tradizione surrealista, dai paradossi
visivi e linguistici di René Magritte alla qualità enigmatica dei materiali e
delle forme di Max Ernst. Timoney fonde tra loro l’illusionismo di Étant
donnés, l’ultima opera di Marcel Duchamp – e il ricorrere di porte e finestre
nell’opera dell’artista francese – e l’interpretazione che il Rinascimento
ha dato della pittura come finestra e affaccio sulla realtà, come è evidente
in alcune opere in mostra come Sade’s Versus Lacoste (2007), Untitled -
meepmeep popup (2011) e Untitled - Starry Mantle and the Door (2007). La natura
profondamente fotografica di gran parte del lavoro di Timoney e il suo
incessante sperimentalismo dei materiali e dei supporti, inoltre, rendono
evidente la riflessione che l’artista ha maturato sull’opera di nomi come
Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Gerhard Richter e Sigmar Polke,
solo per citarne alcuni. La ricchezza di questa riflessione è esplicita non
soltanto in opere che rivelano un’immediata matrice fotografica – come
Capass (2010) e Detroit (2003) – ma anche, e soprattutto, nei molti lavori
basati su un’indagine dei meccanismi della visione e della trasmissione
delle immagini, a partire da quelli basati sul dispositivo della rifrazione –
come Diffraction Grate - Falling Grills (2008) – e sul rispecchiamento di una
silhouette, come in Stari Most (2007). La tradizione europea della pittura
Informale e quella americana della pittura Minimalista, infine, trovano
un’eco nella profonda meditazione che Timoney rivela nei confronti dei
processi e dei materiali, interpretati nella loro organicità, temporalità e
mutevolezza. Ne sono un esempio numerose opere nelle quali la colla di
coniglio – un materiale tradizionalmente usato in passato nella fase di
preparazione delle tele – è mescolato ai pigmenti e diventa esso stesso
pittura, trasformando così un processo che fa parte del DNA della pittura in
immagine.
La mostra sarà accompagnata dalla più ampia monografia mai realizzata
sul lavoro dell’artista, pubblicata da Electa e a cura di Alessandro Rabottini,
contenente oltre 140 riproduzioni a colori e saggi critici di Gavin Delahunty,
Head of Exhibitions and Displays alla Tate Liverpool, di Dominic Molon,
Curatore per l’Arte Contemporanea al Rhode Island School of Design
Museum, Providence, e del curatore della mostra.
Il lavoro di Pádraig Timoney è stato esposto presso prestigiose istituzioni
nazionali e internazionali come il MART – Museo d’Arte Moderna
e Contemporanea di Trento e Rovereto, la Tate Gallery di Liverpool, l’Henry
Moore Institute di Leeds, il Frances Young Tang Teaching Museum and Art
Gallery di New York, Castel Sant’Elmo a Napoli, la Scottish National Gallery
of Modern Art di Edimburgo, la Biennale di Liverpool e la Transmission
Gallery di Glasgow.
mostra personale mai dedicata da un’istituzione pubblica, non solo italiana,
al lavoro dell’artista irlandese Pádraig Timoney (Derry, 1968) che vive e
lavora a New York.
Questa retrospettiva di metà carriera – che comprende oltre cinquanta opere
realizzate nell’arco degli ultimi venti anni – rappresenta anche un ritorno
simbolico per l’artista a Napoli, città che Timoney ha eletto a suo luogo di
residenza e produzione dal 2004 al 2011, prima di trasferirsi a New York.
A Napoli l’artista rende omaggio sin dal titolo stesso della mostra, che cita
l’incipit di ‘O Cunto ‘E Masaniello, una canzone pubblicata nel 1974
dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare.
Il lavoro di Pádraig Timoney è un’esplorazione profonda e personale di tutti
i linguaggi della pittura e della natura delle immagini, realizzata attraverso
l’uso di mezzi espressivi differenti: accanto al medium principale della
pittura, infatti, l’artista fa uso di fotografia, scultura e installazione, creando
un universo visivo improntato a un radicale eclettismo. Davanti a una serie
di opere di Timoney si può avere l’impressione di trovarsi all’interno di una
mostra collettiva, tanto diversi sono gli stili, le tecniche e le atmosfere che
definiscono i suoi lavori: l’astrazione convive con il più fedele foto-realismo,
la gestualità si accompagna a un’estetica quasi meditativa, mentre una
erudita relazione con la storia dell’arte si fonde con la comprensione degli
aspetti più contemporanei, finanche banali, della nostra cultura globalizzata
e digitale.
L’apparente incongruenza delle forme e dei linguaggi che contraddistingue
il lavoro di Pádraig Timoney corrisponde, in realtà, a una strategia artistica
rigorosa e assolutamente consapevole, al centro della quale troviamo tanto
una critica della nozione di “stile” quanto il desiderio di esplorare l’arte
in tutte le sue potenzialità estetiche e concettuali. Il concetto di stile come
fattore unitario e identificabile è un pilastro su cui si fonda la storia dell’arte,
un assunto che Timoney mette in discussione giustapponendo tra loro codici
e stati d’animo apparentemente opposti e inconciliabili, rendendo così
giustizia alla molteplicità delle forme con cui la realtà si presenta ai nostri
fondazione donnaregina
per le arti contemporanee
madre · museo d’arte
contemporanea
donnaregina
Pádraig Timoney
occhi, al modo di percepirla e comprenderla, e alla complessità dei modi con
cui ci relazioniamo alle immagini, ai loro significati e alle loro storie.
L’apparente eclettismo di Pádraig Timoney affonda le radici in un’ampia
serie di esperienze artistiche più o meno recenti, rivelando in questo modo
una pratica colta, ma all’interno della quale lo spettatore è lasciato libero
di cercare il proprio orizzonte di significati. L’ambiguità che Timoney
persegue tra immagine, supporto e linguaggio, tra l’informazione visiva e la
sua realtà materiale, evoca la pittura di tradizione surrealista, dai paradossi
visivi e linguistici di René Magritte alla qualità enigmatica dei materiali e
delle forme di Max Ernst. Timoney fonde tra loro l’illusionismo di Étant
donnés, l’ultima opera di Marcel Duchamp – e il ricorrere di porte e finestre
nell’opera dell’artista francese – e l’interpretazione che il Rinascimento
ha dato della pittura come finestra e affaccio sulla realtà, come è evidente
in alcune opere in mostra come Sade’s Versus Lacoste (2007), Untitled -
meepmeep popup (2011) e Untitled - Starry Mantle and the Door (2007). La natura
profondamente fotografica di gran parte del lavoro di Timoney e il suo
incessante sperimentalismo dei materiali e dei supporti, inoltre, rendono
evidente la riflessione che l’artista ha maturato sull’opera di nomi come
Robert Rauschenberg, Andy Warhol, Gerhard Richter e Sigmar Polke,
solo per citarne alcuni. La ricchezza di questa riflessione è esplicita non
soltanto in opere che rivelano un’immediata matrice fotografica – come
Capass (2010) e Detroit (2003) – ma anche, e soprattutto, nei molti lavori
basati su un’indagine dei meccanismi della visione e della trasmissione
delle immagini, a partire da quelli basati sul dispositivo della rifrazione –
come Diffraction Grate - Falling Grills (2008) – e sul rispecchiamento di una
silhouette, come in Stari Most (2007). La tradizione europea della pittura
Informale e quella americana della pittura Minimalista, infine, trovano
un’eco nella profonda meditazione che Timoney rivela nei confronti dei
processi e dei materiali, interpretati nella loro organicità, temporalità e
mutevolezza. Ne sono un esempio numerose opere nelle quali la colla di
coniglio – un materiale tradizionalmente usato in passato nella fase di
preparazione delle tele – è mescolato ai pigmenti e diventa esso stesso
pittura, trasformando così un processo che fa parte del DNA della pittura in
immagine.
La mostra sarà accompagnata dalla più ampia monografia mai realizzata
sul lavoro dell’artista, pubblicata da Electa e a cura di Alessandro Rabottini,
contenente oltre 140 riproduzioni a colori e saggi critici di Gavin Delahunty,
Head of Exhibitions and Displays alla Tate Liverpool, di Dominic Molon,
Curatore per l’Arte Contemporanea al Rhode Island School of Design
Museum, Providence, e del curatore della mostra.
Il lavoro di Pádraig Timoney è stato esposto presso prestigiose istituzioni
nazionali e internazionali come il MART – Museo d’Arte Moderna
e Contemporanea di Trento e Rovereto, la Tate Gallery di Liverpool, l’Henry
Moore Institute di Leeds, il Frances Young Tang Teaching Museum and Art
Gallery di New York, Castel Sant’Elmo a Napoli, la Scottish National Gallery
of Modern Art di Edimburgo, la Biennale di Liverpool e la Transmission
Gallery di Glasgow.
06
febbraio 2014
Pádraig Timoney – A lu tiempo de…
Dal 06 febbraio al 12 maggio 2014
arte contemporanea
Location
MADRE – MUSEO D’ARTE DONNA REGINA
Napoli, Via Luigi Settembrini, 79, (Napoli)
Napoli, Via Luigi Settembrini, 79, (Napoli)
Editore
ELECTA
Autore
Curatore