Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
San Matteo: l’arte e il tempo
San Matteo e Salerno, un rapporto unico, indissolubile che lega il patrono alla città da secoli. Un legame che è identità, storia, appartenenza.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
San Matteo 1986: l’arte e il tempo
Il santo e la città. O meglio il santo è la città. Non c’è nessun luogo d’Italia dove l’identificazione tra il patrono, l’urbe e i suoi abitanti è così netta come a Salerno. E’ un valore unico, un radicamento profondo. Va al di là della devozione, della scenografia teatrale della festa, del bisogno, anche e forse proprio nei tempi moderni della crisi, di affidarsi a un protettore per esorcizzare la paura dell’ignoto. Per dirla con l’antropologo Paolo Apolito san Matteo è l’immagine collettiva in cui si costituisce un gruppo e si costruisce un progetto collettivo: dà volto e corpo alla città, la distingue da tutte le altre e come tale la proietta all’esterno. E la processione, nel suo eterno reiterarsi sul modello di un canovaccio antico, diventa il momento centrale della vita della città, il vero Capodanno, quello che segna l’inizio reale di un nuovo ciclo, di un’aspirazione alla modernità senza perdere lo sguardo dalla finestra di casa dove si è nati e dove si sceglie di continuare a vivere.
San Matteo, il tempo, l’arte, le stagioni della semina e della raccolta, dei timori e delle speranze, del buio e della luce, scandite dal ritmo “autunno primavera autunno e ancora primavera” in un racconto di aspirazioni e sogni, a volte infranti ma pronti a rinascere spinti dal vento del rinnovamento. Dove è il “piccolo” a costruire il nuovo, rivendicando, come osserva il giornalista Antonio Manzo, nell’evangelista, le cui spoglie riposano dal 1081 nella cripta del duomo di Salerno, il “patrono della modernità”. San Matteo ovvero l’energia in movimento. E’ una riflessione che nasce e che trova conferma nell’archivio della memoria di due intellettuali salernitani curiosi e sensibili: Corradino Pellecchia ed Enzo Rosco. Li accomuna la passione per le arti visive come “porta” sul reale e il senso di forte radicazione con la loro città. Un sodalizio sincero il loro, un’amicizia nata nel 1986, proprio documentando la festa patronale, e che è rimasta immutata per quasi trent’anni. Fotografo e filmaker uniti dalla voglia di scrivere un racconto corale: il primo con l’immancabile vecchia Canon Fpb, quasi prolungamento del suo corpo-anima-azione, il secondo con una Video Explorer Philips, telecamera all’avanguardia in quegli anni, addirittura più costosa di un’automobile ma terzo occhio di un’osservazione partecipante che scava nei contenuti dell’evento, eliminando tutto ciò che è superfluo.
Rileggiamo ora quelle immagini in bianco e nero, isole di un frammento di tempo e di spazio, riproduzioni neorealistiche dalla voluta imperfezione tecnica in cui l’angolazione storico-sociale si imbeve di poesia. E, se il primo impatto nel leggere la mostra su questa processione datata 1986 è il sentimento che scaturisce dall’evocazione – non a caso Susan Sontag dice che “l’emozione fotografica per eccellenza è la nostalgia” – immediata è la percezione di una visione emblematica e rappresentativa di una trasformazione in atto, del dinamismo del presente. Già. L’anno scelto da Pellecchia e Rosco è sì quello del loro primo incontro professionale, ma, in un’analisi storicistica locale, è soprattutto la cerniera tra l’ieri sopito e l’oggi sollecitato da istanze di rinnovamento, è la data icona della vigilia del nuovo corso della città delle idee e del fare. Ecco, dunque, sfilare, nei dodici scatti di Pellecchia e nei 15 minuti di video di Rosco, la festa di popolo, l’apparato celebrativo con il corteo dei santi ed il tributo ufficiale di clero e politici, la folla, i portatori con i colori e l’orgoglio granata della squadra del cuore che proprio, nel giorno del patrono, gioca la prima partita del campionato C1, dopo essere sfuggita, “miracolosamente” alla tempesta del calcio scommesse: lo spettacolo, insomma, con i suoi attori a far da spalla all’interprete principale Matteo, il sindaco Michele Scozia, ultimo, inconsapevole rappresentante della Dc al governo cittadino, e monsignor Guerino Grimaldi, l’arcivescovo colto che incitava i giovani al dialogo costruttivo ed alla partecipazione. Sullo sfondo i rifiuti che, malgrado la festa, occhieggiano tra le impalcature di un centro storico ancora cantiere a sei anni dal terremoto. Nell’aria, però, il respiro fremente di una molteplicità di libere voci in fermento: la telecamera di Rosco si sofferma a lungo sul manifesto del Capitol che indica la rassegna omaggio a Luchino Visconti, dieci anni dopo la scomparsa, realizzata dal circolo Luigi Cacciatore, tra i protagonisti, insieme al New Panda, Lab 2029, Botteghelle, Centro storico, Bottega San Lazzaro, Amici villa comunale, del dibattito democratico, politico e culturale che portò nel 1987 alla svolta laica con Giordano sindaco. La palestra del pensiero, la primavera dell’invenzione benedetta dal santo, fissata e idealmente trasposta dal documento visivo. Ma l’autunno è già dietro la soglia con l’ingegneria mediatica delle grandi opere, l’applausometro di chi occupa le poltrone e il san Matteo garante del potere. Ed ecco l’altra faccia del santo, quella poetica di Pellecchia: lo sguardo, ricco di penetrazione umana, va oltre la descrizione, indaga il senso nascosto della festa, quello in cui convivono modernità e tradizione, individuo e comunità, sacro e profano, gusto estetico e sensibilità. Testimoni del ciò che è sempre, del dato reale e dell’immaginifico, le fotografie diventano voce. I volti non sono più fantasmi ma custodi dello spirito vero della festa, profeti della nuova primavera che verrà oltre l’orizzonte cupo di una identità, nel segno del patrono, apparentemente risucchiata, delegata, depotenziata ma pronta a risorgere nel gesto e nella parola.
Erminia Pellecchia
Il santo e la città. O meglio il santo è la città. Non c’è nessun luogo d’Italia dove l’identificazione tra il patrono, l’urbe e i suoi abitanti è così netta come a Salerno. E’ un valore unico, un radicamento profondo. Va al di là della devozione, della scenografia teatrale della festa, del bisogno, anche e forse proprio nei tempi moderni della crisi, di affidarsi a un protettore per esorcizzare la paura dell’ignoto. Per dirla con l’antropologo Paolo Apolito san Matteo è l’immagine collettiva in cui si costituisce un gruppo e si costruisce un progetto collettivo: dà volto e corpo alla città, la distingue da tutte le altre e come tale la proietta all’esterno. E la processione, nel suo eterno reiterarsi sul modello di un canovaccio antico, diventa il momento centrale della vita della città, il vero Capodanno, quello che segna l’inizio reale di un nuovo ciclo, di un’aspirazione alla modernità senza perdere lo sguardo dalla finestra di casa dove si è nati e dove si sceglie di continuare a vivere.
San Matteo, il tempo, l’arte, le stagioni della semina e della raccolta, dei timori e delle speranze, del buio e della luce, scandite dal ritmo “autunno primavera autunno e ancora primavera” in un racconto di aspirazioni e sogni, a volte infranti ma pronti a rinascere spinti dal vento del rinnovamento. Dove è il “piccolo” a costruire il nuovo, rivendicando, come osserva il giornalista Antonio Manzo, nell’evangelista, le cui spoglie riposano dal 1081 nella cripta del duomo di Salerno, il “patrono della modernità”. San Matteo ovvero l’energia in movimento. E’ una riflessione che nasce e che trova conferma nell’archivio della memoria di due intellettuali salernitani curiosi e sensibili: Corradino Pellecchia ed Enzo Rosco. Li accomuna la passione per le arti visive come “porta” sul reale e il senso di forte radicazione con la loro città. Un sodalizio sincero il loro, un’amicizia nata nel 1986, proprio documentando la festa patronale, e che è rimasta immutata per quasi trent’anni. Fotografo e filmaker uniti dalla voglia di scrivere un racconto corale: il primo con l’immancabile vecchia Canon Fpb, quasi prolungamento del suo corpo-anima-azione, il secondo con una Video Explorer Philips, telecamera all’avanguardia in quegli anni, addirittura più costosa di un’automobile ma terzo occhio di un’osservazione partecipante che scava nei contenuti dell’evento, eliminando tutto ciò che è superfluo.
Rileggiamo ora quelle immagini in bianco e nero, isole di un frammento di tempo e di spazio, riproduzioni neorealistiche dalla voluta imperfezione tecnica in cui l’angolazione storico-sociale si imbeve di poesia. E, se il primo impatto nel leggere la mostra su questa processione datata 1986 è il sentimento che scaturisce dall’evocazione – non a caso Susan Sontag dice che “l’emozione fotografica per eccellenza è la nostalgia” – immediata è la percezione di una visione emblematica e rappresentativa di una trasformazione in atto, del dinamismo del presente. Già. L’anno scelto da Pellecchia e Rosco è sì quello del loro primo incontro professionale, ma, in un’analisi storicistica locale, è soprattutto la cerniera tra l’ieri sopito e l’oggi sollecitato da istanze di rinnovamento, è la data icona della vigilia del nuovo corso della città delle idee e del fare. Ecco, dunque, sfilare, nei dodici scatti di Pellecchia e nei 15 minuti di video di Rosco, la festa di popolo, l’apparato celebrativo con il corteo dei santi ed il tributo ufficiale di clero e politici, la folla, i portatori con i colori e l’orgoglio granata della squadra del cuore che proprio, nel giorno del patrono, gioca la prima partita del campionato C1, dopo essere sfuggita, “miracolosamente” alla tempesta del calcio scommesse: lo spettacolo, insomma, con i suoi attori a far da spalla all’interprete principale Matteo, il sindaco Michele Scozia, ultimo, inconsapevole rappresentante della Dc al governo cittadino, e monsignor Guerino Grimaldi, l’arcivescovo colto che incitava i giovani al dialogo costruttivo ed alla partecipazione. Sullo sfondo i rifiuti che, malgrado la festa, occhieggiano tra le impalcature di un centro storico ancora cantiere a sei anni dal terremoto. Nell’aria, però, il respiro fremente di una molteplicità di libere voci in fermento: la telecamera di Rosco si sofferma a lungo sul manifesto del Capitol che indica la rassegna omaggio a Luchino Visconti, dieci anni dopo la scomparsa, realizzata dal circolo Luigi Cacciatore, tra i protagonisti, insieme al New Panda, Lab 2029, Botteghelle, Centro storico, Bottega San Lazzaro, Amici villa comunale, del dibattito democratico, politico e culturale che portò nel 1987 alla svolta laica con Giordano sindaco. La palestra del pensiero, la primavera dell’invenzione benedetta dal santo, fissata e idealmente trasposta dal documento visivo. Ma l’autunno è già dietro la soglia con l’ingegneria mediatica delle grandi opere, l’applausometro di chi occupa le poltrone e il san Matteo garante del potere. Ed ecco l’altra faccia del santo, quella poetica di Pellecchia: lo sguardo, ricco di penetrazione umana, va oltre la descrizione, indaga il senso nascosto della festa, quello in cui convivono modernità e tradizione, individuo e comunità, sacro e profano, gusto estetico e sensibilità. Testimoni del ciò che è sempre, del dato reale e dell’immaginifico, le fotografie diventano voce. I volti non sono più fantasmi ma custodi dello spirito vero della festa, profeti della nuova primavera che verrà oltre l’orizzonte cupo di una identità, nel segno del patrono, apparentemente risucchiata, delegata, depotenziata ma pronta a risorgere nel gesto e nella parola.
Erminia Pellecchia
06
dicembre 2013
San Matteo: l’arte e il tempo
Dal 06 all'undici dicembre 2013
performance - happening
Location
ART.TRE
Salerno, Via San Bonosio, (Salerno)
Salerno, Via San Bonosio, (Salerno)
Orario di apertura
da venerdì 6 dicembre
ore 20.00
Vernissage
6 Dicembre 2013, ore 20.00
Autore