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Giuseppe Abate – Il giudizio universale delle scimmiette
Un’installazione che si articola come fosse una storia di vita, i tre stati evolutivi messi a nudo nella complessa emotività che li caratterizza. Dall’infanzia, passando per la pubertà fino all’età adulta, un alternarsi di elementi a tratti privi di logica e carichi di significati altri.
Comunicato stampa
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Il Giudizio universale delle scimmiette è la nuova installazione di Giuseppe Abate presso la galleria LeMuse Factory di Adelfia.
Un lavoro site-specific progettato per il nuovo spazio e per celebrare i due anni di attività della galleria.
“Nell’installazione per me lo spazio dev’essere completamente stravolto. Questo progetto - come afferma l’artista - non è nato tutto insieme ma stanza per stanza, con la necessità di staccare il cervello dalla mano come diceva Picasso.”
E di questa necessità di cui parla il genio spagnolo, Abate ne ha fatto virtù, poiché per 20 giorni ha lavorato incessantemente all’installazione, staccando il cervello e dando spazio alla rappresentazione di un vissuto onirico con un risultato che trasporta lo spettatore in un’atmosfera di rêverie che precede lo stato di coscienza.
I tre ambienti della galleria sono stati trasformati in spazi della memoria e del sogno, in stadi dell’esistenza che segnano il passaggio dall’infanzia (la stanza del cavallo) a quella dell’età adulta che riproduce l’interno di una casa.
Al centro, la stanza delle scimmiette, ispirata da un racconto di Philip K Dick di cui l’artista è accanito lettore. Molta della produzione artistica di Abate ha un punto di partenza preso dal racconto letterario che è poi rappresentato e trasfigurato nell’opera visiva con un risultato che spesso crea strani incroci ibridi tra elementi umani, animali e oggetti.
Ne Il giudizio universale delle scimmiette simbolicamente la razza dei primati, antica progenie di quella umana, si ritrova a giudicare quello che è il destino inesorabile delle cose: La fine di ogni cosa.
Così come la fine di molte delle opere esposte, prima fra tutte il cavallo che sarà distrutto all’interno della galleria con un processo paragonabile a quello industriale dell’obsolescenza programmata dei prodotti.
Simbolo di questa distruzione è una scatola di fagioli esplosa (non a caso collocata nella stanza dell’età adulta) feticcio post pop in cui la serialità e l’alienazione denunciate dal movimento pop sono sostituite dalla critica del declino di un sistema industriale che trova nella distruzione delle cose, programmata, quel elemento che lo tiene in vita e allo stesso tempo ne decreta la fine, mostrandone tutta la fragilità.
La scatola di fagioli, in una trasfigurazione metafisica e grottesca allo stesso tempo, è la rappresentazione dello stato impermanente della vita stessa, il memento mori - il noto motto latino: Ricordati che devi morire – che incarna tutta l’essenza della mostra che è costruita su un paradosso di base, ovvero la sua ineluttabile distruzione.
Mariapaola Spinelli
Un lavoro site-specific progettato per il nuovo spazio e per celebrare i due anni di attività della galleria.
“Nell’installazione per me lo spazio dev’essere completamente stravolto. Questo progetto - come afferma l’artista - non è nato tutto insieme ma stanza per stanza, con la necessità di staccare il cervello dalla mano come diceva Picasso.”
E di questa necessità di cui parla il genio spagnolo, Abate ne ha fatto virtù, poiché per 20 giorni ha lavorato incessantemente all’installazione, staccando il cervello e dando spazio alla rappresentazione di un vissuto onirico con un risultato che trasporta lo spettatore in un’atmosfera di rêverie che precede lo stato di coscienza.
I tre ambienti della galleria sono stati trasformati in spazi della memoria e del sogno, in stadi dell’esistenza che segnano il passaggio dall’infanzia (la stanza del cavallo) a quella dell’età adulta che riproduce l’interno di una casa.
Al centro, la stanza delle scimmiette, ispirata da un racconto di Philip K Dick di cui l’artista è accanito lettore. Molta della produzione artistica di Abate ha un punto di partenza preso dal racconto letterario che è poi rappresentato e trasfigurato nell’opera visiva con un risultato che spesso crea strani incroci ibridi tra elementi umani, animali e oggetti.
Ne Il giudizio universale delle scimmiette simbolicamente la razza dei primati, antica progenie di quella umana, si ritrova a giudicare quello che è il destino inesorabile delle cose: La fine di ogni cosa.
Così come la fine di molte delle opere esposte, prima fra tutte il cavallo che sarà distrutto all’interno della galleria con un processo paragonabile a quello industriale dell’obsolescenza programmata dei prodotti.
Simbolo di questa distruzione è una scatola di fagioli esplosa (non a caso collocata nella stanza dell’età adulta) feticcio post pop in cui la serialità e l’alienazione denunciate dal movimento pop sono sostituite dalla critica del declino di un sistema industriale che trova nella distruzione delle cose, programmata, quel elemento che lo tiene in vita e allo stesso tempo ne decreta la fine, mostrandone tutta la fragilità.
La scatola di fagioli, in una trasfigurazione metafisica e grottesca allo stesso tempo, è la rappresentazione dello stato impermanente della vita stessa, il memento mori - il noto motto latino: Ricordati che devi morire – che incarna tutta l’essenza della mostra che è costruita su un paradosso di base, ovvero la sua ineluttabile distruzione.
Mariapaola Spinelli
03
novembre 2013
Giuseppe Abate – Il giudizio universale delle scimmiette
Dal 03 novembre all'otto dicembre 2013
arte contemporanea
Location
LE MUSE FACTORY
Adelfia, Via Vittorio Emanuele, 3, (Bari)
Adelfia, Via Vittorio Emanuele, 3, (Bari)
Orario di apertura
da Lunedì al Sabato: 9:30/13:00-18:00/21:00
Giovedì chiuso
Vernissage
3 Novembre 2013, h 20:30
Autore
Curatore