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Miti, corpi, luoghi. Il ‘900 nel segno della grafica
La passione per la grafica accomuna cinque grandi protagonisti dell’arte del ‘900: per nessuno di loro, infatti, la pratica dell’incisione e, in alcuni casi, della litografia, fu relegata a un ruolo accessorio o episodico rispetto alla pittura.
Comunicato stampa
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La passione per la grafica accomuna cinque grandi protagonisti dell’arte del ‘900: per nessuno di loro, infatti, la pratica dell’incisione e, in alcuni casi, della litografia, fu relegata a un ruolo accessorio o episodico rispetto alla pittura. La Galleria Ceribelli offre per l’occasione una selezione di 25 opere, cinque per ogni artista, composta da fogli che, al di là della rarità e dell’eccezionale qualità della stampa e della provenienza collezionistica spesso illustre, compongono un’affascinante storia dell’arte moderna.
Di Pablo Picasso sono esposti, in un confronto tra la prima e la tarda maturità dell’artista e sul tema del mito e dell’Eros, due esemplari dalla celebre Suite Vollard, risalente agli anni Trenta, e altrettanti di uno degli ultimi suoi tour de force in ambito incisorio, la Suite 347 del 1968. Un testamento spirituale, quest’ultima, ma anche opera densa di riferimenti autobiografici e al destino stesso dell’arte, il cui messaggio è, per intensità ed enigmaticità, paragonabile per certi versi alle “Pitture nere” di Goya. A proposito di autobiografia, una rara litografia del 1949 si presenta come un’istantanea, non priva di malinconia, circa il rapporto di Picasso con Françoise Gilot, la musa e modella protagonista del film di James Ivory “Surviving Picasso”, raffigurata al cavalletto in compagnia del figlio Claude e nuovamente gravida: Picasso desiderava infatti da lei un altro figlio, rifiutato dalla compagna, che di lì a poco si allontanerà, non senza traumi, dall’artista.
Le acqueforti di Giorgio Morandi sono focalizzate sul paesaggio, un versante di primaria importanza per il pittore emiliano (come da lui stesso dichiarato) e oggetto in questi anni di un ampio riconoscimento da parte della critica e del mercato. Si segnala in particolare la presenza di un “Paesaggio del Poggio” che alla superba qualità della stampa aggiunge una datazione al 1927, l’anno in cui, secondo Lamberto Vitali, il più accreditato conoscitore dell’opera morandiana, si apre una stagione d’oro per la produzione acquafortistica del pittore, che in quel periodo tocca i vertici assoluti del suo linguaggio incisorio.
Per alcuni aspetti, il contraltare a Morandi è Luigi Bartolini: alle ponderate stesure del primo, si oppone il furor creativo dell’incisore marchigiano, del quale è esposto un capolavoro assoluto, la “Ragazza alla finestra” del 1928, magistrale esempio di perfetto dominio del chiaroscuro e del controluce, ma anche immagine carica di intenso erotismo, come lo sono le bagnanti di una grande composizione del 1929 dedicata al fiume Chienti. Sempre sul versante paesaggistico, da non perdere uno dei fogli più preziosi della rassegna, l’assorta e melanconica veduta di un campo da tennis.
Il corpo e il ritratto sono stati i due rovelli di tutta l’attività di Lucian Freud. Tornato all’incisione nella piena maturità dopo una lunga pausa, l’artista inglese, “gemello” di un altro gigante dell’arte moderna britannica, Francis Bacon, si dedicò all’acquaforte su matrici di grande formato, in dialogo con i temi della sua pittura, il corpo nudo e il tormentato volto dei suoi modelli, con i quali, per dichiarazione dello stesso artista, intratteneva un rapporto la cui intensità, come accadeva per Picasso, era paragonabile a un traumatico transfert di emozioni e passioni. Tra i fogli in mostra, un grande ritratto del 1993 di Leigh Bowery, gigantesco e debordante performer e drag queen, il cui corpo ossessionò Freud nell’ultima fase di ricerca.
Ancora volti, questa volta autoritratti, “abitano” gli interni rappresentati da Gianfranco Ferroni: si va, per questo tema, da una rara litografia a colori del 1974 a un’acquaforte del 1979, stupefacente esempio della ricchezza tonale tipica della grafica ferroniana, in quest’ultimo caso evidente nel calibrato registro di sovrapposizioni e “velature” segniche, che conferiscono al severo linguaggio incisorio morbidezza e plasticità in tutto pittoriche. Entrambe testimoni, queste opere, dell’autoritratto inteso come scavo esistenziale e implacabile allegoria dello scorrere del tempo. Non poteva mancare l’altro soggetto quotidianamente indagato dall’artista, la natura morta nello studio, quest’ultimo inteso come spazio mentale e metafisico, come documentato in un film di Elisabetta Sgarbi, dedicato appunto all’atelier di Ferroni a Milano e Bergamo, sua città adottiva.
La mostra è affiancata da un catalogo con un saggio di Franco Fanelli e la riproduzione e la documentazione di tutte le opere esposte.
Catalogo in galleria e online.
Di Pablo Picasso sono esposti, in un confronto tra la prima e la tarda maturità dell’artista e sul tema del mito e dell’Eros, due esemplari dalla celebre Suite Vollard, risalente agli anni Trenta, e altrettanti di uno degli ultimi suoi tour de force in ambito incisorio, la Suite 347 del 1968. Un testamento spirituale, quest’ultima, ma anche opera densa di riferimenti autobiografici e al destino stesso dell’arte, il cui messaggio è, per intensità ed enigmaticità, paragonabile per certi versi alle “Pitture nere” di Goya. A proposito di autobiografia, una rara litografia del 1949 si presenta come un’istantanea, non priva di malinconia, circa il rapporto di Picasso con Françoise Gilot, la musa e modella protagonista del film di James Ivory “Surviving Picasso”, raffigurata al cavalletto in compagnia del figlio Claude e nuovamente gravida: Picasso desiderava infatti da lei un altro figlio, rifiutato dalla compagna, che di lì a poco si allontanerà, non senza traumi, dall’artista.
Le acqueforti di Giorgio Morandi sono focalizzate sul paesaggio, un versante di primaria importanza per il pittore emiliano (come da lui stesso dichiarato) e oggetto in questi anni di un ampio riconoscimento da parte della critica e del mercato. Si segnala in particolare la presenza di un “Paesaggio del Poggio” che alla superba qualità della stampa aggiunge una datazione al 1927, l’anno in cui, secondo Lamberto Vitali, il più accreditato conoscitore dell’opera morandiana, si apre una stagione d’oro per la produzione acquafortistica del pittore, che in quel periodo tocca i vertici assoluti del suo linguaggio incisorio.
Per alcuni aspetti, il contraltare a Morandi è Luigi Bartolini: alle ponderate stesure del primo, si oppone il furor creativo dell’incisore marchigiano, del quale è esposto un capolavoro assoluto, la “Ragazza alla finestra” del 1928, magistrale esempio di perfetto dominio del chiaroscuro e del controluce, ma anche immagine carica di intenso erotismo, come lo sono le bagnanti di una grande composizione del 1929 dedicata al fiume Chienti. Sempre sul versante paesaggistico, da non perdere uno dei fogli più preziosi della rassegna, l’assorta e melanconica veduta di un campo da tennis.
Il corpo e il ritratto sono stati i due rovelli di tutta l’attività di Lucian Freud. Tornato all’incisione nella piena maturità dopo una lunga pausa, l’artista inglese, “gemello” di un altro gigante dell’arte moderna britannica, Francis Bacon, si dedicò all’acquaforte su matrici di grande formato, in dialogo con i temi della sua pittura, il corpo nudo e il tormentato volto dei suoi modelli, con i quali, per dichiarazione dello stesso artista, intratteneva un rapporto la cui intensità, come accadeva per Picasso, era paragonabile a un traumatico transfert di emozioni e passioni. Tra i fogli in mostra, un grande ritratto del 1993 di Leigh Bowery, gigantesco e debordante performer e drag queen, il cui corpo ossessionò Freud nell’ultima fase di ricerca.
Ancora volti, questa volta autoritratti, “abitano” gli interni rappresentati da Gianfranco Ferroni: si va, per questo tema, da una rara litografia a colori del 1974 a un’acquaforte del 1979, stupefacente esempio della ricchezza tonale tipica della grafica ferroniana, in quest’ultimo caso evidente nel calibrato registro di sovrapposizioni e “velature” segniche, che conferiscono al severo linguaggio incisorio morbidezza e plasticità in tutto pittoriche. Entrambe testimoni, queste opere, dell’autoritratto inteso come scavo esistenziale e implacabile allegoria dello scorrere del tempo. Non poteva mancare l’altro soggetto quotidianamente indagato dall’artista, la natura morta nello studio, quest’ultimo inteso come spazio mentale e metafisico, come documentato in un film di Elisabetta Sgarbi, dedicato appunto all’atelier di Ferroni a Milano e Bergamo, sua città adottiva.
La mostra è affiancata da un catalogo con un saggio di Franco Fanelli e la riproduzione e la documentazione di tutte le opere esposte.
Catalogo in galleria e online.
26
ottobre 2013
Miti, corpi, luoghi. Il ‘900 nel segno della grafica
Dal 26 ottobre al 24 dicembre 2013
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
GALLERIA CERIBELLI
Bergamo, Via San Tomaso, 86, (Bergamo)
Bergamo, Via San Tomaso, 86, (Bergamo)
Orario di apertura
da martedì a sabato 10.00-12.30 – 16.00-19.30
Vernissage
26 Ottobre 2013, ore 18.00
Autore
Curatore