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Quartetto d’estate
Quattro voci si muovono in contrappunto e soffiano nell’aria brividi, rimandi sottili della psiche, scosse della mente, anche a insaputa l’una dell’altra.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Quattro voci si muovono in contrappunto e soffiano nell’aria brividi, rimandi sottili della psiche, scosse della
mente, anche a insaputa l’una dell’altra.
Certo, anche qui, all’enigma della bellezza non è estraneo il senso del dolore, quel male di vivere che strappa
noi a noi. E mentre strappa: sospinge. All’orizzonte, ecco l’idea della frontiera, visibile o invisibile. Sempre
siamo di fronte a noi.
E questi che vediamo sono luoghi di frontiera. Penso alle “giungle” di Revillard, dove a fronteggiarsi sono i
destini stessi degli uomini. Ma penso anche alle atmosfere più scavate dall’interno, quelle proposte dagli
altri componenti il QUARTETTO D’ESTATE.
Ognuno di loro richiama a suo modo un luogo interiore di frontiera. Là, dove tutti noi siamo stati, siamo già
stati, anche se non sappiamo precisamente dire dove.
Evidente, tutto ciò, in Romieu, dove si avverte un prima e un dopo, una memoria di sé lacerata, dolente,
scheggiata.
Frontiera assoluta, severa, è quella che innerva i lavori di Kusterle e di Mingozzi. Entrambi, in modo diverso,
muovono da una sensibilità che diffida del valore delle percezioni e delle apparenze. Entrambi speculativi.
Volti e corpi ricostruiti per essere nuovamente velati e dissolti. Un movimento di oscurità, come quando
si cambia la scena e la maschera a teatro.
Il grigio ostinato diventa male dell’anima, segno di frontiera tra l’io e l’altro. Mentre l’altro, inatteso, sembra
sprofondare in una sua fissità silenziosa, a salvaguardia del segreto di ogni volto.
Tutte queste presenze ci avvertono che niente è come appare, che Dèi obliqui si annidano ovunque. Alla
fine, comunque, ricorda T. S. Eliot nei suoi Four Quartets
arriveremo dove eravamo partiti
conosceremo il posto per la prima volta.
DARIO CAPELLO
mente, anche a insaputa l’una dell’altra.
Certo, anche qui, all’enigma della bellezza non è estraneo il senso del dolore, quel male di vivere che strappa
noi a noi. E mentre strappa: sospinge. All’orizzonte, ecco l’idea della frontiera, visibile o invisibile. Sempre
siamo di fronte a noi.
E questi che vediamo sono luoghi di frontiera. Penso alle “giungle” di Revillard, dove a fronteggiarsi sono i
destini stessi degli uomini. Ma penso anche alle atmosfere più scavate dall’interno, quelle proposte dagli
altri componenti il QUARTETTO D’ESTATE.
Ognuno di loro richiama a suo modo un luogo interiore di frontiera. Là, dove tutti noi siamo stati, siamo già
stati, anche se non sappiamo precisamente dire dove.
Evidente, tutto ciò, in Romieu, dove si avverte un prima e un dopo, una memoria di sé lacerata, dolente,
scheggiata.
Frontiera assoluta, severa, è quella che innerva i lavori di Kusterle e di Mingozzi. Entrambi, in modo diverso,
muovono da una sensibilità che diffida del valore delle percezioni e delle apparenze. Entrambi speculativi.
Volti e corpi ricostruiti per essere nuovamente velati e dissolti. Un movimento di oscurità, come quando
si cambia la scena e la maschera a teatro.
Il grigio ostinato diventa male dell’anima, segno di frontiera tra l’io e l’altro. Mentre l’altro, inatteso, sembra
sprofondare in una sua fissità silenziosa, a salvaguardia del segreto di ogni volto.
Tutte queste presenze ci avvertono che niente è come appare, che Dèi obliqui si annidano ovunque. Alla
fine, comunque, ricorda T. S. Eliot nei suoi Four Quartets
arriveremo dove eravamo partiti
conosceremo il posto per la prima volta.
DARIO CAPELLO
02
luglio 2013
Quartetto d’estate
Dal 02 luglio al 21 settembre 2013
arte contemporanea
Location
WEBER & WEBER ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA
Torino, Via San Tommaso, 7, (Torino)
Torino, Via San Tommaso, 7, (Torino)
Orario di apertura
da martedi a sabato ore 15.30-19.30
Vernissage
2 Luglio 2013, ore 18.00
Autore
Curatore