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David Rickard – ALL VERTICAL LINES INTERSECT
Lavoro sviluppato attraverso le dinamiche che animano opera e spazio,sperimentando le varie modalità di espressione di tale relazione.Il percorso espositivo mette in luce le più recenti ricerche dell’artista,che raggiunge un nuovo livello di maturità, esprimendo il suo interesse per lo spazio.
Comunicato stampa
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La Galleria Michela Rizzo è lieta di annunciare All Vertical Lines Intersect, il progetto appositamente pensato da David Rickard (Nuova Zelanda, 1975) per gli spazi dell’Ex Birreria Giudecca – nuova suggestiva sede espositiva della Galleria Michela Rizzo in quello che fu l'atelier dell'artista Lawrence Carroll curato da Elena Forin in collaborazione con LaRete Art Projects, il collettivo internazionale di curatori fondato nel 2003 da Julia Draganović e Claudia Löffelholz.
Parte del ricco programma espositivo promosso e organizzato dalla Galleria Michela Rizzo in concomitanza con la 55° Biennale di Venezia, la mostra, anche attraverso opere completamente inedite, offre uno sguardo sulle più recenti fasi della ricerca dell’artista, giunto a un ulteriore e straordinario momento di maturità.
Interessato alle dinamiche che legano opera e spazio, Rickard sperimenta con ogni suo lavoro le diverse modalità che possono dar voce a tale relazione.
La prima opera che accoglie gli spettatori è Outer Reaches, una campana di bronzo che scende dal soffitto fino al centro della sala, e che rimane in posizione statica. Le prove di un suo precedente movimento sono però visibili nelle pareti della stanza, che riportano i segni - delle vere e proprie ferite che aprono l’intonaco - di un evento passato di cui si odono ancora i rumori, diffusi attraverso delle casse. L’artista infatti, nei giorni precedenti l’inaugurazione, fa oscillare la campana fino a farle colpire i muri circostanti, che risultano scalfiti in ogni punto di impatto. Ogni minimo rumore prodotto da questa azione viene inoltre registrato e amplificato nella sala quando la mostra viene aperta al pubblico, e i visitatori sono invitati a ricostruire ciò che si è verificato in quel contesto prima del loro arrivo.
Nella seconda sala, tramite un intervento specifico realizzato su una delle pareti, e con un’installazione di più elementi disposti a pavimento, Rickard apre l’analisi spaziale a ulteriori possibilità. Utilizzando una pratica espansa nel tempo che presuppone pazienza, rigore e meticolosità, l’artista interviene sulla “pelle” dell’opera e sulla superficie del muro, mettendo profondamente in discussione, in ciascuno dei due interventi, il limite tra lo spazio ambientale e quello del lavoro, i cui confini risultano integrati.
Questo limite trova un ulteriore sviluppo nell’ultima sala, profondamente differente dalle altre sia per le dimensioni - molto più allungate - sia per la presenza del Walldrawing di David Tremlett, anch’egli esposto in questo grande spazio della Giudecca in una mostra personale curata da Rachele Ferrario.
Rickard si relaziona con l’imponente Walldrawing che il maestro inglese ha concepito per grandi fasce orizzontali, ragionando sulla verticalità che connota la stanza: le linee create dai fili a piombo sospesi dal soffitto di 36 Lines Describing a Truncated Cone creano, dice l’artista, “parte di un cono che è tale sia in apparenza sia in realtà. Prima di tutto perché la prospettiva ci farà sempre percepire una convergenza delle linee verticali verso un punto di fuga che crea un cono virtuale. In secondo luogo, se partiamo dal presupposto che la forza di gravità calamita a terra i fili a piombo in direzioni differenti a seconda della loro posizione sul globo terrestre, e se accettiamo che le differenze di direzione si ridurranno in maniera proporzionale alla vicinanza tra i piombini, potremo concludere che per quanto gli elementi siano vicini tra loro, ci sarà sempre una piccola differenza nella loro direzione. In termini semplici, tutte le linee verticali si intersecano”.
David Rickard è nato in Nuova Zelanda nel 1975, e vive a Londra. Ha studiato architettura ad Auckland, Nuova Zelanda, e, successivamente, arti visive a Milano e Londra.
La sua pratica si nutre di entrambe queste aree di studio, che vengono affrontate nei loro reciproci legami e attraverso investigazioni interne alla realtà che ci circonda.
Il lavoro di Rickard indaga fenomeni come la gravità, l’alchimia, e le possibilità legate alla scultura, al disegno e all’installazione intesi come realtà di sperimentazione fisica e dello spazio. Muovendosi costantemente lungo una linea sottile tra scultura e performance, arte e fisica, il lavoro di Rickard coinvolge i concetti di percezione spaziale e oggettuale. (tradotto da me: per l’inglese si veda lo statement pubblicato sul sito dell’artista). Tra le principali mostre personali si rammentano la recentissimaVanishing Point (Sumarria Lunn, Londra);Displacements (Galleria Michela Rizzo, Palazzo Venezia, 2011),Testing the Limits (The Nunnery, Bow Arts Trust, Londra, 2011);Time + Trace (Sumarria Lunn, Londra, 2011),Test Flights (The Economist Plaza, Londra, 2009-2010), edExhaust 19-06-08 (Goethe-Institut, 50 Princes Gate, Exhibition Road, Londra, 2009).
Parte del ricco programma espositivo promosso e organizzato dalla Galleria Michela Rizzo in concomitanza con la 55° Biennale di Venezia, la mostra, anche attraverso opere completamente inedite, offre uno sguardo sulle più recenti fasi della ricerca dell’artista, giunto a un ulteriore e straordinario momento di maturità.
Interessato alle dinamiche che legano opera e spazio, Rickard sperimenta con ogni suo lavoro le diverse modalità che possono dar voce a tale relazione.
La prima opera che accoglie gli spettatori è Outer Reaches, una campana di bronzo che scende dal soffitto fino al centro della sala, e che rimane in posizione statica. Le prove di un suo precedente movimento sono però visibili nelle pareti della stanza, che riportano i segni - delle vere e proprie ferite che aprono l’intonaco - di un evento passato di cui si odono ancora i rumori, diffusi attraverso delle casse. L’artista infatti, nei giorni precedenti l’inaugurazione, fa oscillare la campana fino a farle colpire i muri circostanti, che risultano scalfiti in ogni punto di impatto. Ogni minimo rumore prodotto da questa azione viene inoltre registrato e amplificato nella sala quando la mostra viene aperta al pubblico, e i visitatori sono invitati a ricostruire ciò che si è verificato in quel contesto prima del loro arrivo.
Nella seconda sala, tramite un intervento specifico realizzato su una delle pareti, e con un’installazione di più elementi disposti a pavimento, Rickard apre l’analisi spaziale a ulteriori possibilità. Utilizzando una pratica espansa nel tempo che presuppone pazienza, rigore e meticolosità, l’artista interviene sulla “pelle” dell’opera e sulla superficie del muro, mettendo profondamente in discussione, in ciascuno dei due interventi, il limite tra lo spazio ambientale e quello del lavoro, i cui confini risultano integrati.
Questo limite trova un ulteriore sviluppo nell’ultima sala, profondamente differente dalle altre sia per le dimensioni - molto più allungate - sia per la presenza del Walldrawing di David Tremlett, anch’egli esposto in questo grande spazio della Giudecca in una mostra personale curata da Rachele Ferrario.
Rickard si relaziona con l’imponente Walldrawing che il maestro inglese ha concepito per grandi fasce orizzontali, ragionando sulla verticalità che connota la stanza: le linee create dai fili a piombo sospesi dal soffitto di 36 Lines Describing a Truncated Cone creano, dice l’artista, “parte di un cono che è tale sia in apparenza sia in realtà. Prima di tutto perché la prospettiva ci farà sempre percepire una convergenza delle linee verticali verso un punto di fuga che crea un cono virtuale. In secondo luogo, se partiamo dal presupposto che la forza di gravità calamita a terra i fili a piombo in direzioni differenti a seconda della loro posizione sul globo terrestre, e se accettiamo che le differenze di direzione si ridurranno in maniera proporzionale alla vicinanza tra i piombini, potremo concludere che per quanto gli elementi siano vicini tra loro, ci sarà sempre una piccola differenza nella loro direzione. In termini semplici, tutte le linee verticali si intersecano”.
David Rickard è nato in Nuova Zelanda nel 1975, e vive a Londra. Ha studiato architettura ad Auckland, Nuova Zelanda, e, successivamente, arti visive a Milano e Londra.
La sua pratica si nutre di entrambe queste aree di studio, che vengono affrontate nei loro reciproci legami e attraverso investigazioni interne alla realtà che ci circonda.
Il lavoro di Rickard indaga fenomeni come la gravità, l’alchimia, e le possibilità legate alla scultura, al disegno e all’installazione intesi come realtà di sperimentazione fisica e dello spazio. Muovendosi costantemente lungo una linea sottile tra scultura e performance, arte e fisica, il lavoro di Rickard coinvolge i concetti di percezione spaziale e oggettuale. (tradotto da me: per l’inglese si veda lo statement pubblicato sul sito dell’artista). Tra le principali mostre personali si rammentano la recentissimaVanishing Point (Sumarria Lunn, Londra);Displacements (Galleria Michela Rizzo, Palazzo Venezia, 2011),Testing the Limits (The Nunnery, Bow Arts Trust, Londra, 2011);Time + Trace (Sumarria Lunn, Londra, 2011),Test Flights (The Economist Plaza, Londra, 2009-2010), edExhaust 19-06-08 (Goethe-Institut, 50 Princes Gate, Exhibition Road, Londra, 2009).
30
maggio 2013
David Rickard – ALL VERTICAL LINES INTERSECT
Dal 30 maggio al 31 agosto 2013
arte contemporanea
Location
GALLERIA MICHELA RIZZO – PALAZZO PALUMBO FOSSATI
Venezia, San Marco, 2597, (Venezia)
Venezia, San Marco, 2597, (Venezia)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 11:00-18:00 e su appuntamento
Ex Birreria Giudecca, 800Q, 30133 Venezia
Vernissage
30 Maggio 2013, dalle ore 12:00 alle 16:00
Ex Birreria Giudecca, 800Q, 30133 Venezia
Autore
Curatore