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10
dicembre 2009
fino al 17.I.2010 La pittura di un impero Roma, Scuderie del Quirinale
roma
Sono la testimonianza di una delle più raffinate arti dell’Impero romano. Eppure sono solo dipinti di artisti senza nome. Brandelli della storia scampati agli oltraggi del tempo...
Nel sorprendere per la superba efficacia espressiva dei
soggetti, Roma. La pittura di un impero produce in realtà nel visitatore anche un’altra e
non meno prodigiosa suggestione: il senso d’indebolimento della cesura storica
fra antico e moderno. È forse proprio questo il più ambizioso intento della
mostra, perseguito attraverso una proposta senza precedenti: circa cento opere
provenienti dai più importanti musei del mondo. Affreschi e dipinti su legno,
cera e vetro, che sembrano preconizzare già soluzioni artistiche rinascimentali
o impressionistiche, scardinando schematismi e preconcetti di una
categorizzazione storica spesso troppo rigida.
Dove avremmo collocato fino a oggi il realismo dei
ritratti del Fayyum? E dove i particolari prospettici degli affreschi di
Ercolano? O le macchie impressionistiche delle decorazioni di Pompei? Sono
elementi che non sembrano appartenere a quel mondo classico, pallido e
asettico, che ci ha artificiosamente restituito l’interpretazione neoclassica
del Winckelmann. Al pari di quella greca, la pittura romana era, invece, ricca
di tinte vivaci e ornava architetture civili, religiose e persino sculture. Il
colore pervadeva lo scenario urbano e l’uomo romano di ogni livello sociale
celebrava, con le pitture che il suo ceto gli consentiva, i fasti di un Impero
che si estendeva dall’Atlantico al Mar Caspio.
La mostra illustra l’itinerario artistico che si snoda tra
la formazione di quell’Impero, nel II secolo a.C., e la sua decadenza nel IV
secolo. In questo contesto cronologico, le contaminazioni culturali,
conseguenza della formidabile espansione coloniale, generano uno stile che si
evolve nel tempo, modificando progressivamente i propri modelli di matrice
greca, attraverso il frequente ricorso a nuove ricerche e sperimentazioni,
dando così vita a un linguaggio segnatamente romano, su cui si baseranno l’arte
tardoantica e bizantina e poi la cultura medievale.
Questa trasformazione è ben evidenziata dall’allestimento
della mostra, curato dal regista Luca Ronconi e da Margherita Palli, che al
primo piano privilegia una disposizione cronologica dei contesti decorativi,
per riorganizzare poi i soggetti, al secondo piano, secondo un’articolazione
tematica.
Fra i molteplici spunti offerti, colpisce l’illusionistica
resa prospettica dei singoli dettagli in alcune vedute scenografiche, sulla
quale, tuttavia, prevale sempre la scelta di un linguaggio focalizzato più
sugli elementi narrativi fondamentali che sulla geometria. Anche a discapito
della coerenza spaziale complessiva.
E nondimeno, si coglie spesso nelle scene mitologiche e di
vita quotidiana, nelle nature morte e nei paesaggi che popolano l’intera
esposizione, una freschezza d’interpretazione e una velocità nel tratto che
sembrano appartenere alle moderne correnti pittoriche per macchie,
preannunciando la raccolta di ritratti che suggella l’esposizione. Ed è proprio
attraverso la serie di volti enigmatici realizzati a encausto per i riti
funerari del Fayyum, che si coglie la forza del messaggio che lancia questa
esposizione.
Nell’inquietante realismo di quegli occhi si riflettono i
nostri stessi occhi, ora in grado di guardare a quell’arte con un’emozione
nuova e più intensa.
soggetti, Roma. La pittura di un impero produce in realtà nel visitatore anche un’altra e
non meno prodigiosa suggestione: il senso d’indebolimento della cesura storica
fra antico e moderno. È forse proprio questo il più ambizioso intento della
mostra, perseguito attraverso una proposta senza precedenti: circa cento opere
provenienti dai più importanti musei del mondo. Affreschi e dipinti su legno,
cera e vetro, che sembrano preconizzare già soluzioni artistiche rinascimentali
o impressionistiche, scardinando schematismi e preconcetti di una
categorizzazione storica spesso troppo rigida.
Dove avremmo collocato fino a oggi il realismo dei
ritratti del Fayyum? E dove i particolari prospettici degli affreschi di
Ercolano? O le macchie impressionistiche delle decorazioni di Pompei? Sono
elementi che non sembrano appartenere a quel mondo classico, pallido e
asettico, che ci ha artificiosamente restituito l’interpretazione neoclassica
del Winckelmann. Al pari di quella greca, la pittura romana era, invece, ricca
di tinte vivaci e ornava architetture civili, religiose e persino sculture. Il
colore pervadeva lo scenario urbano e l’uomo romano di ogni livello sociale
celebrava, con le pitture che il suo ceto gli consentiva, i fasti di un Impero
che si estendeva dall’Atlantico al Mar Caspio.
La mostra illustra l’itinerario artistico che si snoda tra
la formazione di quell’Impero, nel II secolo a.C., e la sua decadenza nel IV
secolo. In questo contesto cronologico, le contaminazioni culturali,
conseguenza della formidabile espansione coloniale, generano uno stile che si
evolve nel tempo, modificando progressivamente i propri modelli di matrice
greca, attraverso il frequente ricorso a nuove ricerche e sperimentazioni,
dando così vita a un linguaggio segnatamente romano, su cui si baseranno l’arte
tardoantica e bizantina e poi la cultura medievale.
Questa trasformazione è ben evidenziata dall’allestimento
della mostra, curato dal regista Luca Ronconi e da Margherita Palli, che al
primo piano privilegia una disposizione cronologica dei contesti decorativi,
per riorganizzare poi i soggetti, al secondo piano, secondo un’articolazione
tematica.
Fra i molteplici spunti offerti, colpisce l’illusionistica
resa prospettica dei singoli dettagli in alcune vedute scenografiche, sulla
quale, tuttavia, prevale sempre la scelta di un linguaggio focalizzato più
sugli elementi narrativi fondamentali che sulla geometria. Anche a discapito
della coerenza spaziale complessiva.
E nondimeno, si coglie spesso nelle scene mitologiche e di
vita quotidiana, nelle nature morte e nei paesaggi che popolano l’intera
esposizione, una freschezza d’interpretazione e una velocità nel tratto che
sembrano appartenere alle moderne correnti pittoriche per macchie,
preannunciando la raccolta di ritratti che suggella l’esposizione. Ed è proprio
attraverso la serie di volti enigmatici realizzati a encausto per i riti
funerari del Fayyum, che si coglie la forza del messaggio che lancia questa
esposizione.
Nell’inquietante realismo di quegli occhi si riflettono i
nostri stessi occhi, ora in grado di guardare a quell’arte con un’emozione
nuova e più intensa.
alessandro iazeolla
mostra visitata il 23 settembre
2009
dal
23 settembre 2009 al 17 gennaio 2010
Roma.
La pittura di un impero
a cura di Serena Ensoli, Eugenio La Rocca, Massimiliano
Papini e Stefano Tortorella
Scuderie del Quirinale
Via XXIV maggio, 16 (zona Via Nazionale) – 00187 Roma
Orario: da
domenica a giovedì ore 10-20; venerdì e sabato 10-22.30 (la biglietteria chiude
un’ora prima)
Ingresso: intero € 10; ridotto
€ 7,50
Catalogo Skira
Info: tel. +39
0639967500; info@scuderiequirinale.it; www.scuderiequirinale.it
[exibart]