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Dino Castelvecchi – Eruzioni di Vita
In mostra le opere di Dino Castelvecchi
Comunicato stampa
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E’ sempre un’emozione speciale quando incontri un artista che ti racconta la sua arte e devo dire che più è grande il suo pudore nel raccontare il suo lavoro più è ricco e profondo quello che poi si scopre.
La prima domanda che mi viene da porre a Dino Castelvecchi, dopo aver osservato lungamente le sue opere, è:
“Ci sono le steli, tele dedicate allo scorrere del tempo, tele che raccontano la nascita e che “racchiudono” un uovo simbolo di vita, ci sono i vulcani… come nascono questi filoni?”
Dino risponde con semplicità: “tutto è iniziato negli anni Settanta, passeggiando nelle campagne del Chianti. Insieme ai miei bambini, trovavamo conchiglie fossili , da lì è nata tutta la mia ricerca.”
Dunque inizia allora la sua attività creativa?
“No, il mio approccio con l’arte è avvenuto molti anni prima quando ero solo un bambino. Si deve andare molto indietro nel tempo, durante la guerra. Io abitavo in un paesino della Garfagnana e una famiglia di Sesto fiorentino era “sfollata” nella casa vicino alla mia per sfuggire ai bombardamenti. Avevo 7 anni e trascorrevo il tempo guardando affascinato questo anziano signore che era diventato il mio vicino di casa e che passava il tempo dipingendo. Lavorava come decoratore alla Richard Ginori di Sesto e mi regalò i miei primi colori; io iniziai subito a dipingere la natura che vedevo intorno a me, uccellini, fiori, gatti.
La guerra è stata un’esperienza che ha segnato profondamente la mia vita e quella della mia famiglia, trasformandola per sempre.
Dopo il conflitto ci siamo trasferiti a Firenze, la nostra situazione economica era precipitata e noi ragazzi dovevamo guadagnarci da vivere. Mio fratello iniziò a lavorare in una fabbrica di bambole che allora si facevano di cartapesta, è lì che ho iniziato a modellare, a lavorare con la
terza dimensione che poi è ritornata nelle mie opere tanti anni dopo.”
A questo punto Dino mi guarda e quasi sottovoce si confessa ”l’arte per me è una “malattia”, almeno dagli anni Sessanta” Non riuscirei a vivere senza, è un bisogno, è tutta la mia vita.
Arrivato a Firenze è avvenuto il mio incontro con l’arte dei musei fiorentini e con l’arte dei contemporanei, ho guardato molto Picasso che mi ha “scombussolato” per sempre.
Iniziai dunque a lavorare con i fossili e le conchiglie ma la mia estrema timidezza non mi permetteva di diventare un venditore di me stesso. Creavo forme servendomi di inchiostro e pennino e Marcello Innocenti, scopritore di talenti, mi chiese di mostrarglieli e mi organizzò una mostra negli anni ottanta.
Frequentavo la Galleria A per A in via Cavour e in quegli anni mi rinnovavo completamente, avvennero in quel periodo i primi tentativi di estroflessione, volevo uscire dalla tela, la seconda dimensione non mi bastava più, cercavo la volumetria. Andrea del Guercio fu il primo a parlare di questa pittura che definì “aggettante”. Iniziò in quegli anni anche la collaborazione con il gruppo A.R.F. insieme agli artisti Morelli e Vitali.”
Oltre a Picasso a quali altri artisti ha guardato con interesse?
Fontana e Burri mi hanno sempre impressionato. Vidi una mostra di Burri a Firenze, vidi le sue tele nere, quel nero incredibile di Burri, io nel nero mi perderei. Nelle mie opere userei sempre il nero, devo trattenermi per non farlo, in fondo l’idea della morte c’è sempre stata dentro di me. Tutte le mie opere riconducono al concetto della morte: le steli simboleggiano il tempo che scorre ineluttabile. Le opere con l’uovo nascono proprio riflettendo sul ciclo vita/morte, poi l’uovo l’ho infilato ovunque, prima era solo in oro perché la vita è preziosa, poi è diventato in rilievo. , la nascita , l’uovo il rinnovamento della vita sempre presente nella natura. Non sempre la morte è solo morte ma genera vita! “
E i vulcani? Come nasce la tematica dei vulcani?
“Andai sul Vesuvio, in gita con mia moglie e i bambini. Osservai che alla base del vulcano c’è una vegetazione estremamente rigogliosa, un Eden, di nuovo la lava che sembra bruciare tutto porta nuova vita.
In seguito ho voluto vedere anche l’Etna. Queste visite mi hanno sconvolto, mi sono documentato sulle eruzioni, sono fenomeni estremamente affascinanti. La nostra terra è ancora tutta in evoluzione!”
Come sceglie i materiali per realizzare le sue opere?
Le opere nascono in funzione dei materiali che ho a disposizione , in base a quello che trovo creo la forma, è il materiale che mi conduce alla forma.
Ambra Tuci ha intervistato Dino Castelvecchi nel suo studio di Firenze.
La prima domanda che mi viene da porre a Dino Castelvecchi, dopo aver osservato lungamente le sue opere, è:
“Ci sono le steli, tele dedicate allo scorrere del tempo, tele che raccontano la nascita e che “racchiudono” un uovo simbolo di vita, ci sono i vulcani… come nascono questi filoni?”
Dino risponde con semplicità: “tutto è iniziato negli anni Settanta, passeggiando nelle campagne del Chianti. Insieme ai miei bambini, trovavamo conchiglie fossili , da lì è nata tutta la mia ricerca.”
Dunque inizia allora la sua attività creativa?
“No, il mio approccio con l’arte è avvenuto molti anni prima quando ero solo un bambino. Si deve andare molto indietro nel tempo, durante la guerra. Io abitavo in un paesino della Garfagnana e una famiglia di Sesto fiorentino era “sfollata” nella casa vicino alla mia per sfuggire ai bombardamenti. Avevo 7 anni e trascorrevo il tempo guardando affascinato questo anziano signore che era diventato il mio vicino di casa e che passava il tempo dipingendo. Lavorava come decoratore alla Richard Ginori di Sesto e mi regalò i miei primi colori; io iniziai subito a dipingere la natura che vedevo intorno a me, uccellini, fiori, gatti.
La guerra è stata un’esperienza che ha segnato profondamente la mia vita e quella della mia famiglia, trasformandola per sempre.
Dopo il conflitto ci siamo trasferiti a Firenze, la nostra situazione economica era precipitata e noi ragazzi dovevamo guadagnarci da vivere. Mio fratello iniziò a lavorare in una fabbrica di bambole che allora si facevano di cartapesta, è lì che ho iniziato a modellare, a lavorare con la
terza dimensione che poi è ritornata nelle mie opere tanti anni dopo.”
A questo punto Dino mi guarda e quasi sottovoce si confessa ”l’arte per me è una “malattia”, almeno dagli anni Sessanta” Non riuscirei a vivere senza, è un bisogno, è tutta la mia vita.
Arrivato a Firenze è avvenuto il mio incontro con l’arte dei musei fiorentini e con l’arte dei contemporanei, ho guardato molto Picasso che mi ha “scombussolato” per sempre.
Iniziai dunque a lavorare con i fossili e le conchiglie ma la mia estrema timidezza non mi permetteva di diventare un venditore di me stesso. Creavo forme servendomi di inchiostro e pennino e Marcello Innocenti, scopritore di talenti, mi chiese di mostrarglieli e mi organizzò una mostra negli anni ottanta.
Frequentavo la Galleria A per A in via Cavour e in quegli anni mi rinnovavo completamente, avvennero in quel periodo i primi tentativi di estroflessione, volevo uscire dalla tela, la seconda dimensione non mi bastava più, cercavo la volumetria. Andrea del Guercio fu il primo a parlare di questa pittura che definì “aggettante”. Iniziò in quegli anni anche la collaborazione con il gruppo A.R.F. insieme agli artisti Morelli e Vitali.”
Oltre a Picasso a quali altri artisti ha guardato con interesse?
Fontana e Burri mi hanno sempre impressionato. Vidi una mostra di Burri a Firenze, vidi le sue tele nere, quel nero incredibile di Burri, io nel nero mi perderei. Nelle mie opere userei sempre il nero, devo trattenermi per non farlo, in fondo l’idea della morte c’è sempre stata dentro di me. Tutte le mie opere riconducono al concetto della morte: le steli simboleggiano il tempo che scorre ineluttabile. Le opere con l’uovo nascono proprio riflettendo sul ciclo vita/morte, poi l’uovo l’ho infilato ovunque, prima era solo in oro perché la vita è preziosa, poi è diventato in rilievo. , la nascita , l’uovo il rinnovamento della vita sempre presente nella natura. Non sempre la morte è solo morte ma genera vita! “
E i vulcani? Come nasce la tematica dei vulcani?
“Andai sul Vesuvio, in gita con mia moglie e i bambini. Osservai che alla base del vulcano c’è una vegetazione estremamente rigogliosa, un Eden, di nuovo la lava che sembra bruciare tutto porta nuova vita.
In seguito ho voluto vedere anche l’Etna. Queste visite mi hanno sconvolto, mi sono documentato sulle eruzioni, sono fenomeni estremamente affascinanti. La nostra terra è ancora tutta in evoluzione!”
Come sceglie i materiali per realizzare le sue opere?
Le opere nascono in funzione dei materiali che ho a disposizione , in base a quello che trovo creo la forma, è il materiale che mi conduce alla forma.
Ambra Tuci ha intervistato Dino Castelvecchi nel suo studio di Firenze.
13
aprile 2013
Dino Castelvecchi – Eruzioni di Vita
Dal 13 aprile al primo giugno 2013
arte moderna e contemporanea
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE MARINO MARINI
Pistoia, Corso Silvano Fedi, 30, (Pistoia)
Pistoia, Corso Silvano Fedi, 30, (Pistoia)
Orario di apertura
h 10-18
Vernissage
13 Aprile 2013, 17.30
Autore
Curatore