Paolo Damiani ama il corpo, e lo ama nella sua matericità. Non ne dimentica mai la carne, le ossa, le viscere che lo compongono, non ne ricerca l'essenza, l'idealità, ma lo studia in tutta la sua presenza. L'uomo esiste nella sua corporeità, e Damiani questo lo sa, anzi ce lo ricorda anche quando sembra voler bruciare e corrodere quegli stessi corpi, per cancellarne i lineamenti, fino a renderli fantasmi di loro stessi, eppure sempre così vivi. Forse ama talmente tanto il corpo da odiarlo, da volersene distaccare come si fa con un amore troppo travolgente. Ma il corpo oramai, è diventato talmente potente fra le pennellate di Damiani, che ne bastano semplicemente degli accenni per rappresentarne tutta la potenza espressiva. Il colore stesso, corpo della pittura, viene ri-tratto nella sua fisicità, studiato come forza in divenire, concentrato di emozioni e suggestioni impresse nel dipinto.
Eppure tutta questa corporeità, non intrappola né il corpo né il colore in una trama senza possibilità di interpretazione, anzi regala a entrambi una possibilità nel fluire della loro evoluzione.
Negli ultimi lavori, i Nudi, la materia dell'uno si fonde con quella dell'altro, le tavole, le tele diventano il racconto di questo incontro, di una ricerca portata all'estremo nella speranza di svuotarli dalla loro concretezza fino a lasciare le tracce della loro tangibilità in fotogrammi di vita, sospesi in una realtà senza spazio e senza tempo. E proprio in questo non luogo, le forme divengono eterne, nonostante la loro percezione sensibile, nonostante la loro immanenza, raggiungono la trascendenza, e vi arrivano con tutta la zavorra, tutta la pesantezza dell'essere.