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17
dicembre 2009
fino al 13.II.2010 Verso Manila Torino, Verso Arte Contemporanea
torino
Ansie di una società in bilico tra passato coloniale e redenzione, sogno e catastrofe. Sedici artisti nel nuovo spazio torinese tracciano uno spaccato del panorama culturale filippino. Verso Manila. Ma non solo...
Nuova galleria, altri orizzonti. Questa volta verso il Far
East, dove le
esperienze di tre collezionisti s’incrociano per dar vita a Torino – in
collaborazione con la Galleria The Drawing Room di Manila – a un progetto di
ricerca e ricognizione del panorama del sud-est asiatico.
Tracciare una cartografia artistica delle macro e
micro-zone di questi territori significa anzitutto chiarire come le Filippine
non siano, come si potrebbe pensare nell’immaginario stereotipato occidentale,
un paese tutto tigri e dragoni. Nazione infatti concepita alla luce della lotta
post-coloniale contro la Spagna, che vi aveva dominato per 400 anni, la storia
delle Filippine sembra svilupparsi come una Passione, nel senso cattolico di
persecuzione e redenzione. E diversi sono i contesti in cui l’arte si
manifesta, come contrastanti sono le realtà del Paese, nel dualismo tra miseria
dilagante e opulenta presenza del consumismo globalizzato.
Nelle opere in mostra, i sedici artisti paiono da un lato
voler ristabilire la propria identità indigena e, dall’altro, filtrare e
incorporare gli aspetti positivi delle influenze straniere. Ecco perché Patrick
D. Flores, nel testo in catalogo, parla di una sorta di “barocco tropicale”, cioè di un esotismo radicale –
rappresentato ad esempio a partire dalla varietà di specie botaniche presenti
nella nazione – e della sua vena barocca, eredità del cattolicesimo che
s’inserisce nel crogiolo della Controriforma, della democrazia e, non ultimo,
della cultura di massa americana.
Nel tentativo di coniugare istanze di accumulazione e
transitorietà, la coppia Alfredo
& Isabel Aquilizan recupera centinaia d’infradito
nel bacino di un fiume. Pantofole lise e più volte ricucite fino alla loro non
calzabilità, che nell’installazione costituiscono le piume delle ali di un
grande angelo salvifico (Last Flight). Anche i disegni dei tatuaggi di prigionieri, trasferiti
sulla superficie argentata di una jeep da guerra americana, diventano i temi e
gli slogan di un animato mezzo di trasporto popolare (In God We Trust).
Mentre Winner Jumalon, nel riflettere sul senso di dislocazione,
ricostruisce minuziosamente la casa/capanna di famiglia con dipinti perimetrali
a effetto trompe l’oeil, Wawi Navarozza omaggia Frida Kahlo, impersonando lei stessa l’artista messicana. La mise
en scène di un
vero e proprio set, immerso però nei tropici del sud-est asiatico, permette a
Navarozza la mimesi totale con l’eroina femminista delle arti.
Citazioni e bricolage anche nei dipinti di Kiko Escora e nelle installazioni di Lirio
Salvador, dove
l’abilità compositiva e la ricerca del dettaglio si trasformano in
iperrealismo. Infine, usciti forse da un incubo, i ritratti di Jose Legaspi rappresentano le terrificanti
esperienze emotive di un popolo in tensione fra la calma e le imprevedibili
catastrofi naturali del clima tropicale.
Caravanserraglio di un popolo, Verso Manila coglie in profondità l’urgente e
l’emergente di una società di abbondanza e rovina, gioia e fatica, male e
dolore.
East, dove le
esperienze di tre collezionisti s’incrociano per dar vita a Torino – in
collaborazione con la Galleria The Drawing Room di Manila – a un progetto di
ricerca e ricognizione del panorama del sud-est asiatico.
Tracciare una cartografia artistica delle macro e
micro-zone di questi territori significa anzitutto chiarire come le Filippine
non siano, come si potrebbe pensare nell’immaginario stereotipato occidentale,
un paese tutto tigri e dragoni. Nazione infatti concepita alla luce della lotta
post-coloniale contro la Spagna, che vi aveva dominato per 400 anni, la storia
delle Filippine sembra svilupparsi come una Passione, nel senso cattolico di
persecuzione e redenzione. E diversi sono i contesti in cui l’arte si
manifesta, come contrastanti sono le realtà del Paese, nel dualismo tra miseria
dilagante e opulenta presenza del consumismo globalizzato.
Nelle opere in mostra, i sedici artisti paiono da un lato
voler ristabilire la propria identità indigena e, dall’altro, filtrare e
incorporare gli aspetti positivi delle influenze straniere. Ecco perché Patrick
D. Flores, nel testo in catalogo, parla di una sorta di “barocco tropicale”, cioè di un esotismo radicale –
rappresentato ad esempio a partire dalla varietà di specie botaniche presenti
nella nazione – e della sua vena barocca, eredità del cattolicesimo che
s’inserisce nel crogiolo della Controriforma, della democrazia e, non ultimo,
della cultura di massa americana.
Nel tentativo di coniugare istanze di accumulazione e
transitorietà, la coppia Alfredo
& Isabel Aquilizan recupera centinaia d’infradito
nel bacino di un fiume. Pantofole lise e più volte ricucite fino alla loro non
calzabilità, che nell’installazione costituiscono le piume delle ali di un
grande angelo salvifico (Last Flight). Anche i disegni dei tatuaggi di prigionieri, trasferiti
sulla superficie argentata di una jeep da guerra americana, diventano i temi e
gli slogan di un animato mezzo di trasporto popolare (In God We Trust).
Mentre Winner Jumalon, nel riflettere sul senso di dislocazione,
ricostruisce minuziosamente la casa/capanna di famiglia con dipinti perimetrali
a effetto trompe l’oeil, Wawi Navarozza omaggia Frida Kahlo, impersonando lei stessa l’artista messicana. La mise
en scène di un
vero e proprio set, immerso però nei tropici del sud-est asiatico, permette a
Navarozza la mimesi totale con l’eroina femminista delle arti.
Citazioni e bricolage anche nei dipinti di Kiko Escora e nelle installazioni di Lirio
Salvador, dove
l’abilità compositiva e la ricerca del dettaglio si trasformano in
iperrealismo. Infine, usciti forse da un incubo, i ritratti di Jose Legaspi rappresentano le terrificanti
esperienze emotive di un popolo in tensione fra la calma e le imprevedibili
catastrofi naturali del clima tropicale.
Caravanserraglio di un popolo, Verso Manila coglie in profondità l’urgente e
l’emergente di una società di abbondanza e rovina, gioia e fatica, male e
dolore.
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Verso Artecontemporanea
Via Pesaro, 22 (zona Rondò della Forca) – 10152 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0114368593; fax +39
0114627757; info@versoartecontemporanea.com; www.versoartecontemporanea.com
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