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Ah! La vita barocca pluriforme, a tradimento mi titilla piano
La mostra prodotta dalla Galleria Gasparelli è presentata presso il nuovo spazio industriale dell’azienda Orciani, 11 artisti invitati, di cui 3 in arrivo dall’Europa e 2 di loro per la prima esposizione in Italia.
Comunicato stampa
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“Mentre la Luna […] è considerata come l'astro dell'umidità e della generazione, il Sole […] è visto come l'astro della morte, che 'col suo fuoco ardente e prosciugante non solo surriscalda la terra e dissecca gli esseri che crescono e i germogli della vegetazione, ma rende anche assolutamente inabitabile la maggior parte della terra col suo calore divorante'. Mentre le opere della Luna traggono origine dalla ragione e da una elevata saggezza 'quelle del Sole, al contrario, sono colpi messi a segno dalla violenza e dalla forza'. E' a mezzogiorno che il Sole è più nocivo, perché in quel momento fa scaturire dalla melma e dal fango miasmi pestilenziali ed esalazioni venefiche”.
Contrariamente alla tradizionale trasmissione di valori simbolici connessi ai fatti di luce e ombra, Roger Caillois nel suo saggio “I demoni meridiani”, appoggiandosi a fonti storiche, citando Plutarco, ne capovolge il significato, cosicché, nell'ambito del luminoso, è su tutto l'apparato positivo che appaiono insospettabili crepe e dubbi.
Gli artisti invitati attraversano da protagonisti questi estremi simbolici.
L'opera pittorica di Angela Maltoni (Forlì 1979) è testimone esemplare dell'opposizione emergente nel pieno bagliore, quando il corpo, turgido, eludendo una più classica tradizione di effusioni armoniche con la natura, si fa involucro intollerante alle seducenti lumeggiature, che si contraggono in scaglie petrose.
L'inerzia chimica della ceramica, materiale distintivo della scultura di Giacinto Cerone (Melfi 1957, Roma 2004) sembra frenare il processo degenerativo delle forme, nella scelta consapevole dell'autore di non lasciarsi circuire dagli appetiti tattili. Restano le spoglie di esperienze vitali.
I connotati della ceramica e i suoi rimandi metaforici, sono provati anche nel lavoro dell'artista Mattia Vernocchi (Cesena 1980), non più nel caso plastico, indotto da Cerone al logorio, quanto nell'assemblaggio con materiali incongrui che scuotono la sua tradizionale inerzia (non solo chimica), tanto che essa ci appare agglomerarsi e slittare, brancolare nelle trame del filo di ferro. Resta un fondo di instabilità alla luce del sole.
Quest'ansia diurna viscosa sfuma nel pattern disegnato a grafite su tela da Federico Guerri (Cesena 1972), con la sua dominante razionale e la sua estesa mappatura, in riduzione, più che del colore del mondo, del suo sistema nervoso.
Jacques Toussaint (Parigi 1947), anch'esso privilegiando la ripetizione di un modulo spaziale, più che adottare un filtro logico come anestetico esistenziale, sembra conservare lo stupore della misurazione, tale che è perfettamente congruo al senso dell'astro notturno.
Eliane Gervasoni (Basilea), con la sua serie ad inchiostro bianco su cartone nero rappresenta la metà esatta, il centro equidistante, “è il cuore della tenebra”, “è nel sole di mezzanotte”, essa afferra la coscienza e la contraddistingue, le pone la domanda e depone la risposta. La sequenza che disegna è la stessa quadratura del cerchio, la figura piana con gli angoli smussi assume la rotazione della sfera. Siamo questo e quest'altro.
Nell'opera di Mirco Tarsi (Ostra Vetere 1974), la costante linguistica della dentatura, frana con la polisemia del risultato raggiunto. E' lo stesso esibizionismo del morfema ad escludere l'interpretazione univoca nella direzione di formule astraenti. Scelto un particolare anatomico con il suo carico simbolico come arco strutturale, pesa, nel codice assunto, anche ciò che dal simbolo è lasciato dietro, sostituito. L'intuizione devasta i sistemi convenzionali con funzioni di linguaggio. L'alfabeto deputato a dire è soffocato per queste ombre in ripiegamento.
Morena Chiodi (Jesi 1975) non sceglie di sclerotizzare l'espressione, la sua è una ricca felicità immaginativa per la quale si potrebbe parlare di buoni propositi, di istanze fertili, se non fosse che questa pienezza dissimula una estraneità: ciò che entra in circolo nella dinamica percettiva della psiche non è più il flusso di informazioni ricevute dai sensi, che vanno in congestione di dati, ma dati generati e partoriti nelle forme. Il vissuto arrovellandosi senza spuntare concetti e proprietà.
Affine è il gene creativo di Verter Turroni (Cesena 1965) con in più l'imprevedibilità accesa dell'immaginario, in continua ossigenazione del circuito chiuso della visione. Alla contestata realtà, egli concede l'uso di cose che hanno un nome, recuperabili ingredienti di formulazioni più alte.
Emissario in movimento tra gli estremi simbolici degli astri sogna che “Dioniso finisca e trovi pace ai piedi del sereno dio di Delfi”.
Di segno opposto è la poetica di Mad Meg (Parigi), interrogativa verso l'autonomia del sistema (la misura aurea che l'arte concepisce in antagonismo alla vita), i cui meccanismi autoreferenziali vengono esasperati attraverso un elaborato citazionismo, anche testuale, asfissiante e accanito nel reintegro, simultaneo e livellante, di prodotti spirituali e del materiale attorno. Alla sua indecisione su quale dio deporre: l'ingorda vita o il pallido artificio delle immagini, i commissari prendono posto e parola: “occorre essere molto per non esprimere più nulla”.
Immagine finale: immagine video di Cristiano Carloni (Fano 1963) e Stefano Franceschetti (Pesaro 1966): “balza e corre, rivolo sanguigno”, ore raminghe, alle spalle la vita, eccetto che la vita delle forme: “ siamo una momentanea coemergenza di fenomeni, nel momento in cui siamo identificati con questa esistenza individuale nasce il desiderio, nasce il movimento, con cui l'essere individuale vuole sopravvivere e nutrirsi. Nel momento in cui ci distacchiamo da questo, possiamo contemplare il mistero, ciò che viene prima di tutto questo. Ma ci dice Lao Tze, che questi due sorgono insieme. Questo viaggio che noi ci facciamo nell'esistenza individuale è parte intrinseca del processo. La ricchezza dell'essere incarnati come essere umano è, essere queste due cose nello stesso tempo, Oceano e Onda.”
Contrariamente alla tradizionale trasmissione di valori simbolici connessi ai fatti di luce e ombra, Roger Caillois nel suo saggio “I demoni meridiani”, appoggiandosi a fonti storiche, citando Plutarco, ne capovolge il significato, cosicché, nell'ambito del luminoso, è su tutto l'apparato positivo che appaiono insospettabili crepe e dubbi.
Gli artisti invitati attraversano da protagonisti questi estremi simbolici.
L'opera pittorica di Angela Maltoni (Forlì 1979) è testimone esemplare dell'opposizione emergente nel pieno bagliore, quando il corpo, turgido, eludendo una più classica tradizione di effusioni armoniche con la natura, si fa involucro intollerante alle seducenti lumeggiature, che si contraggono in scaglie petrose.
L'inerzia chimica della ceramica, materiale distintivo della scultura di Giacinto Cerone (Melfi 1957, Roma 2004) sembra frenare il processo degenerativo delle forme, nella scelta consapevole dell'autore di non lasciarsi circuire dagli appetiti tattili. Restano le spoglie di esperienze vitali.
I connotati della ceramica e i suoi rimandi metaforici, sono provati anche nel lavoro dell'artista Mattia Vernocchi (Cesena 1980), non più nel caso plastico, indotto da Cerone al logorio, quanto nell'assemblaggio con materiali incongrui che scuotono la sua tradizionale inerzia (non solo chimica), tanto che essa ci appare agglomerarsi e slittare, brancolare nelle trame del filo di ferro. Resta un fondo di instabilità alla luce del sole.
Quest'ansia diurna viscosa sfuma nel pattern disegnato a grafite su tela da Federico Guerri (Cesena 1972), con la sua dominante razionale e la sua estesa mappatura, in riduzione, più che del colore del mondo, del suo sistema nervoso.
Jacques Toussaint (Parigi 1947), anch'esso privilegiando la ripetizione di un modulo spaziale, più che adottare un filtro logico come anestetico esistenziale, sembra conservare lo stupore della misurazione, tale che è perfettamente congruo al senso dell'astro notturno.
Eliane Gervasoni (Basilea), con la sua serie ad inchiostro bianco su cartone nero rappresenta la metà esatta, il centro equidistante, “è il cuore della tenebra”, “è nel sole di mezzanotte”, essa afferra la coscienza e la contraddistingue, le pone la domanda e depone la risposta. La sequenza che disegna è la stessa quadratura del cerchio, la figura piana con gli angoli smussi assume la rotazione della sfera. Siamo questo e quest'altro.
Nell'opera di Mirco Tarsi (Ostra Vetere 1974), la costante linguistica della dentatura, frana con la polisemia del risultato raggiunto. E' lo stesso esibizionismo del morfema ad escludere l'interpretazione univoca nella direzione di formule astraenti. Scelto un particolare anatomico con il suo carico simbolico come arco strutturale, pesa, nel codice assunto, anche ciò che dal simbolo è lasciato dietro, sostituito. L'intuizione devasta i sistemi convenzionali con funzioni di linguaggio. L'alfabeto deputato a dire è soffocato per queste ombre in ripiegamento.
Morena Chiodi (Jesi 1975) non sceglie di sclerotizzare l'espressione, la sua è una ricca felicità immaginativa per la quale si potrebbe parlare di buoni propositi, di istanze fertili, se non fosse che questa pienezza dissimula una estraneità: ciò che entra in circolo nella dinamica percettiva della psiche non è più il flusso di informazioni ricevute dai sensi, che vanno in congestione di dati, ma dati generati e partoriti nelle forme. Il vissuto arrovellandosi senza spuntare concetti e proprietà.
Affine è il gene creativo di Verter Turroni (Cesena 1965) con in più l'imprevedibilità accesa dell'immaginario, in continua ossigenazione del circuito chiuso della visione. Alla contestata realtà, egli concede l'uso di cose che hanno un nome, recuperabili ingredienti di formulazioni più alte.
Emissario in movimento tra gli estremi simbolici degli astri sogna che “Dioniso finisca e trovi pace ai piedi del sereno dio di Delfi”.
Di segno opposto è la poetica di Mad Meg (Parigi), interrogativa verso l'autonomia del sistema (la misura aurea che l'arte concepisce in antagonismo alla vita), i cui meccanismi autoreferenziali vengono esasperati attraverso un elaborato citazionismo, anche testuale, asfissiante e accanito nel reintegro, simultaneo e livellante, di prodotti spirituali e del materiale attorno. Alla sua indecisione su quale dio deporre: l'ingorda vita o il pallido artificio delle immagini, i commissari prendono posto e parola: “occorre essere molto per non esprimere più nulla”.
Immagine finale: immagine video di Cristiano Carloni (Fano 1963) e Stefano Franceschetti (Pesaro 1966): “balza e corre, rivolo sanguigno”, ore raminghe, alle spalle la vita, eccetto che la vita delle forme: “ siamo una momentanea coemergenza di fenomeni, nel momento in cui siamo identificati con questa esistenza individuale nasce il desiderio, nasce il movimento, con cui l'essere individuale vuole sopravvivere e nutrirsi. Nel momento in cui ci distacchiamo da questo, possiamo contemplare il mistero, ciò che viene prima di tutto questo. Ma ci dice Lao Tze, che questi due sorgono insieme. Questo viaggio che noi ci facciamo nell'esistenza individuale è parte intrinseca del processo. La ricchezza dell'essere incarnati come essere umano è, essere queste due cose nello stesso tempo, Oceano e Onda.”
23
marzo 2013
Ah! La vita barocca pluriforme, a tradimento mi titilla piano
Dal 23 al 24 marzo 2013
arte contemporanea
Location
ORCIANI SPA
Fano, Via Dell'industria, 3, (Pesaro E Urbino)
Fano, Via Dell'industria, 3, (Pesaro E Urbino)
Orario di apertura
sabato ore 17-20 e domenica ore 11-19
Vernissage
23 Marzo 2013, ore 17
Autore