Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Giorgio Celon – Solo Bianco
Mostra personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Dove può portare, per un artista di oggi, l'osservazione, l'assimilazione e la rappresentazione della realtà? La lettura
stereotipa della contemporaneità - stereotipa ma non priva di fondamento - ci vede immersi in un mondo (ri)fatto di immagini,
riportati dall'ideale condizione di fruitori attivi, a cui le più recenti avanguardie hanno voluto condurci, a quella effettiva di
spettatori, passivi e pertanto manipolabili, governabili da quell'aura della presenza mediale che condiziona le nostre scelte,
dalla politica alla moda, dallo stile di vita all’arte. Forse l'esasperata pluralità che caratterizza le manifestazioni artistiche
contemporanee è da ricondurre proprio a questa condizione, e ai diversi gradi di relazione che gli artisti hanno sviluppato
con essa, dall'acritica accettazione (o addirittura celebrazione) all'altrettanto acritico rifiuto.
Giorgio Celon si colloca ben lontano da entrambi questi estremi, ugualmente pericolosi. Parte dall'immagine, e da
un'immagine fotografica rispondente a un genere consolidato come la veduta urbana. La tecnica pittorica con cui la
elabora, basata sull'uso esclusivo dell'acrilico bianco e della tela (o altri tipi di supporto) a vista, mantiene i suoi lavori in
un'area opportunamente distante sia dalla retorica del “sublime di periferia” che dal vuoto compiacimento virtuosistico, ma
anche dalla logica dello stile come "marchio" personale feticizzato. Punto su questo aspetto perché, al di là dell'indubbia
suggestione delle tele di Celon, del poetico senso di straniamento che suscitano, della constatazione ammirata della perizia
manuale necessaria a realizzarle, c'è un discorso tecnico che va oltre, portando l'attenzione sul mezzo e sulle sue possibilità
linguistiche: in Celon il "segno" del pittore è capovolto, ossia è il supporto, con il suo colore neutro, a costituire la figura,
mentre il colore, il bianco, ha il compito di allontanare il "fondo", progressivamente, attraverso le sue diverse gradazioni.
Celon toglie ciò che non è segno attraverso il bianco, agisce per sottrazione, e così facendo rovescia la gerarchia più
classica del medium pittorico, quella tra una parte neutra, vuota (il fondo) e un traccia attivata (la figura). Pur mantenendo
il "positivo" dell'immagine (i rapporti tra luce ed ombra sono invariati), l'artista attua un'inversione tra segno e non-segno.
Che rapporto possiamo stabilire, dunque, con queste immagini? O meglio, che rapporto stabiliscono esse con noi? La loro
rigorosa monocromia - che non è mai acromia, poiché se c'è un artista per cui il bianco è un colore, questo è proprio Celon -
ci allontana dal soggetto rappresentato, impedendoci un'adesione ad esso, raffreddando la familiarità con questi luoghi che
riconosciamo o crediamo do riconoscere. Al tempo stesso la ricostruzione ottica della tecnica e del processo esecutivo ci
riavvicinano alla superficie dell'opera, ci fanno riacquisire la familiarità perduta attraverso il tempo che dedichiamo alla sua
lettura. Se l'immagine di Celon ci appare come un fantasma, è però un fantasma estremamente nitido; non una riduzione del
reale, ma la costruzione di una visione, che parte dal supporto e lo scava in profondità attraverso la poesia del bianco.
Kevin McManus
stereotipa della contemporaneità - stereotipa ma non priva di fondamento - ci vede immersi in un mondo (ri)fatto di immagini,
riportati dall'ideale condizione di fruitori attivi, a cui le più recenti avanguardie hanno voluto condurci, a quella effettiva di
spettatori, passivi e pertanto manipolabili, governabili da quell'aura della presenza mediale che condiziona le nostre scelte,
dalla politica alla moda, dallo stile di vita all’arte. Forse l'esasperata pluralità che caratterizza le manifestazioni artistiche
contemporanee è da ricondurre proprio a questa condizione, e ai diversi gradi di relazione che gli artisti hanno sviluppato
con essa, dall'acritica accettazione (o addirittura celebrazione) all'altrettanto acritico rifiuto.
Giorgio Celon si colloca ben lontano da entrambi questi estremi, ugualmente pericolosi. Parte dall'immagine, e da
un'immagine fotografica rispondente a un genere consolidato come la veduta urbana. La tecnica pittorica con cui la
elabora, basata sull'uso esclusivo dell'acrilico bianco e della tela (o altri tipi di supporto) a vista, mantiene i suoi lavori in
un'area opportunamente distante sia dalla retorica del “sublime di periferia” che dal vuoto compiacimento virtuosistico, ma
anche dalla logica dello stile come "marchio" personale feticizzato. Punto su questo aspetto perché, al di là dell'indubbia
suggestione delle tele di Celon, del poetico senso di straniamento che suscitano, della constatazione ammirata della perizia
manuale necessaria a realizzarle, c'è un discorso tecnico che va oltre, portando l'attenzione sul mezzo e sulle sue possibilità
linguistiche: in Celon il "segno" del pittore è capovolto, ossia è il supporto, con il suo colore neutro, a costituire la figura,
mentre il colore, il bianco, ha il compito di allontanare il "fondo", progressivamente, attraverso le sue diverse gradazioni.
Celon toglie ciò che non è segno attraverso il bianco, agisce per sottrazione, e così facendo rovescia la gerarchia più
classica del medium pittorico, quella tra una parte neutra, vuota (il fondo) e un traccia attivata (la figura). Pur mantenendo
il "positivo" dell'immagine (i rapporti tra luce ed ombra sono invariati), l'artista attua un'inversione tra segno e non-segno.
Che rapporto possiamo stabilire, dunque, con queste immagini? O meglio, che rapporto stabiliscono esse con noi? La loro
rigorosa monocromia - che non è mai acromia, poiché se c'è un artista per cui il bianco è un colore, questo è proprio Celon -
ci allontana dal soggetto rappresentato, impedendoci un'adesione ad esso, raffreddando la familiarità con questi luoghi che
riconosciamo o crediamo do riconoscere. Al tempo stesso la ricostruzione ottica della tecnica e del processo esecutivo ci
riavvicinano alla superficie dell'opera, ci fanno riacquisire la familiarità perduta attraverso il tempo che dedichiamo alla sua
lettura. Se l'immagine di Celon ci appare come un fantasma, è però un fantasma estremamente nitido; non una riduzione del
reale, ma la costruzione di una visione, che parte dal supporto e lo scava in profondità attraverso la poesia del bianco.
Kevin McManus
07
marzo 2013
Giorgio Celon – Solo Bianco
Dal 07 al 28 marzo 2013
arte contemporanea
Location
STUDIO RIGHINI
Milano, Via Giovanni Battista Pergolesi, 22, (Milano)
Milano, Via Giovanni Battista Pergolesi, 22, (Milano)
Vernissage
7 Marzo 2013, ore 18
Autore
Curatore