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Mario Marcucci
Restio a qualsiasi inserimento nelle correnti d’arte del secolo, Mario Marcucci ha mantenuto un personale linguaggio pittorico, nutrito da un vivace scambio con poeti, letterati ed artisti. Ha svolto la sua ricerca in più direzioni nell’ambito della figurazione e della pittura tonale.
Il Comune di Pietrasanta, a due anni dal centenario della nascita, promuove una grande retrospettiva accogliendo l’invito dell’Associazione Amici di Mario Marcucci.
Un evento di elevato spessore scientifico che si svilupperà nel complesso di Sant’Agostino dal 22 marzo al 28 aprile 2013. Si tratta di una retrospettiva di oltre cento opere (anni ’30-’60), tutte provenienti da collezioni private, selezionate con il concorso di amici, critici e storici dell’arte, in particolare da Manlio Cancogni, Zeno Birolli e Sandro Parmiggiani.
Il Comune di Pietrasanta, a due anni dal centenario della nascita, promuove una grande retrospettiva accogliendo l’invito dell’Associazione Amici di Mario Marcucci.
Un evento di elevato spessore scientifico che si svilupperà nel complesso di Sant’Agostino dal 22 marzo al 28 aprile 2013. Si tratta di una retrospettiva di oltre cento opere (anni ’30-’60), tutte provenienti da collezioni private, selezionate con il concorso di amici, critici e storici dell’arte, in particolare da Manlio Cancogni, Zeno Birolli e Sandro Parmiggiani.
La terra natale, lo sguardo rivolto alla pineta, al mare, alle barche, sono il cuore segreto che muove la pittura di Marcucci, in una ricerca attenta soprattutto al colore e alla luce. Quella luce particolare che più si avvicinava al vero; un colore che fu per lui una sorta di ossessione, sperimentato in una vastissima produzione di oli e acquerelli, utilizzando supporti di ogni tipo, spesso affidati alla casualità e a ciò che si trovava accanto nel momento in cui sceglieva di dipingere: una pagina di giornale, un foglio di quaderno, il rovescio di una cartolina, un pezzo di carta da pacchi.
Marcucci coltivò la passione per il disegno e la pittura sin da bambino. Le sue prime opere risalgono alla fine degli anni Venti e all’inizio degli anni Trenta, prediligendo oli e acquerelli, soggetti tratti dalla vita domestica e familiare, che creano rispondenze con il periodo macchiaiolo di Silvestro Lega e Giovanni Fattori. Tra il 1930 e il 1932 fu chiamato svolgere il servizio di leva come furiere nel Reparto Marina a La Spezia, dove diventò amico del pittore e scrittore Luca Ghiselli, con il quale instaurò un rapporto intellettuale ed artistico che si sarebbe rivelato fondamentale per la sua formazione. Dopo il congedo militare, tornò a Viareggio, dove era solito frequentare pittori e letterati. Negli anni che seguirono ottenne numerosi premi e riconoscimenti, e grazie a Alessandro Parronchi fu introdotto nella cerchia dei letterati di Firenze, ma poco dopo il trasferimento in città, fu richiamato alle armi ed inviato in Sardegna fino al 1941. Nello stesso anno si aggiudicò il Premio Bergamo, uno dei concorsi più prestigiosi dell’epoca. Nel dopoguerra il suo stile mantenne la sua originale personalità, sottraendosi alle tendenze del tempo, spesso influenzate dal dibattito politico che segnava le stesse vicende artistiche. Nel 1948 prese parte alla V Quadriennale di Roma e fu invitato alla XXIV edizione della Biennale di Venezia, dove rimase colpito dalle opere di Picasso, come sembrano testimoniare alcune sue opere coeve d’ispirazione cubista. Con gli anni Cinquanta la sua attività espositiva divenne meno vivace e, dopo un soggiorno romano, fece ritorno a Firenze, quindi dopo la distruzione del suo atelier in seguito all’alluvione, rientrò definitivamente a Viareggio.
“Da molto tempo conosco questo giovanotto – scrive Antonio Delfini nel 1940 – il ragazzo più silenzioso e più serio che abbia mai incontrato. Mi sono occorsi degli anni per fare amicizia con lui. Era molto difficile parlargli. Andava e veniva, per il viale e per la Darsena, col suo libro dei conti del mercato del pesce. Quando tirava il libeccio lo vedevo fuggire incontro al vento. E poi mi veniva a dire che era andato a cercare Van Gogh. Mai i suoi disegni, i suoi acquarelli ecc., sono emozione sua. Viareggio con le sue piazze alberate, i suoi muri, i suoi piccoli conventi, le sue ragazze taciturne, bellissime e felici, e Marcucci sono adesso tutt’uno nelle espressioni del pittore”.
“Occupato a tempo pieno dalla sua arte – scrive di lui Manlio Cancogni in un testo scritto appositamente per il catalogo di mostra – egli non concedeva né spazio né tempo ai doveri della celebrità. Per vederlo e conoscerlo bisognava andarlo a scovare nel suo nido, dove egli regnava, fiero e scontroso. Non chiedendo nulla a nessuno. Anche i collezionisti che per primi avevano cominciato ad apprezzarlo e ad acquistarlo (e ce n’erano molti sparsi per l’Italia centrale) dovevano pagare pedaggio per soddisfare le loro richieste, con la sensazione ambigua di non sapere nemmeno, acquistandolo, se gli facevano piacere o no.
Così le sue marine, le sue pinete, le sue darsene, i suoi stupendi ritratti, uscivano dal suo povero studio, una stanza disadorna di una povera se pur dignitosa casa di marinai, tipica di Viareggio, con l’orto ed in fondo all’orto, un piccolo alloggio più simile ad un ripostiglio che ad una abitazione”.
A corredo della mostra, sarà pubblicato un catalogo con testi di Manlio Cancogni e Sandro Parmiggiani, curatore della mostra e del catalogo, in italiano e in inglese, e con un’ampia antologia dei più importanti saggi critici dedicati all’opera di Marcucci, soprattutto da parte di amici scrittori e letterati, tra i quali Alberto Moravia, Antonio Delfini, Giuseppe Raimondi, Carlo Betocchi, Mario Luzi, Carlo Cassola, Cesare Garboli e Manlio Cancogni.
Cenni biografici
Mario Marcucci nacque a Viareggio il 28 agosto 1920 da una famiglia di marinai. Cominciò a dipingere alla fine degli anni venti, esponendo per la prima volta alla galleria “Il Milione” di Milano nel 1940. Nel 1941 ottenne il Premio Bergamo dall’Accademia Carrara, nel 1946 il Premio Prato, nel 1949 il Premio Marzotto nella rassegna di pittura italiana di Venezia, nel 1951 il premio 8x10 a Roma, nel 1953 il Premio Michetti e nel 1954 “il Fiorino”.
Ha preso parte alla Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia. Amico d’infanzia del poeta viareggino Luca Ghiselli, ebbe rapporti stretti con vari letterati del suo tempo, che lo ricordarono nei loro scritti, quali Antonio Delfini, Eugenio Montale, Alberto Moravia, Mario Luzi, Aldo Palazzeschi, Mario Soldati, Vittorio Sereni, Mario Tobino, Carlo Cassola, Manlio Cancogni, Cesare Garboli,Carlo Betocchi, Alessandro Parronchi.
Mario Marcucci è morto a Viareggio il 2 maggio 1992.
Mario Marcucci
Pietrasanta, Via Sant'agostino, 1, (Lucca)