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MUTSUO HIRANO – RI-COSTRUZIONE. SAIKo
In continuità con i contenuti di Iki e Mujō, le mostre precedenti tenutesi presso la galleria Paraventi Giapponesi – Galleria Nobili, il prossimo 7 Marzo inaugura, in esclusiva e per la prima volta a Milano, la prima mostra personale dell’artista nippo-tedesco Mutsuo Hirano,intitolata Ri-costruzioni
Comunicato stampa
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La biografia di Hirano è ricca di avvenimenti che hanno influito e determinato lo sviluppo della sua ricerca artistica così variegata, eterogenea e sedimentaria.
Dopo aver aderito in gioventù alla religione Tenrikyo (culto monoteista sviluppatosi in Giappone nel XIX secolo), Hirano prende i voti diventandone predicatore come il padre fino al suo arrivo in Germania nei primi anni '70. La giovinezza trascorsa in un contesto rurale, come quello dei dintorni di Kyoto, avvalora in lui un senso di spiritualità primigenia comune alla popolazione giapponese, usa a vivere in clima di sincretismo religioso arricchito da coesistenti contaminazioni shintoiste e buddhiste. La sensibilità orientale per la natura diviene elemento originante che pervade tutta la produzione artistica di Hirano. Approda da giovane in una Berlino travolgente, dove il Neoespressionismo tedesco domina la scena culturale: decide quindi di abbandonare la predicazione e inizia a studiare Arte presso l’Università di Marburgo, dedicandosi prevalentemente al disegno e alla pittura su tela. I ritmi sereni della campagna giapponese sono stravolti ora dalla violenza espressiva e da questo momento si verifica una prima frattura col mondo pacificato di origine. L’incontro con l’artista Thomas Lange sancisce un proficuo sodalizio artistico che lo porterà a vivificare il suo registro linguistico ed espressivo. Conclusasi la lunga parentesi berlinese, negli anni '90 Hirano si trasferisce in Italia e precisamente nella campagna laziale dove ha modo di ricongiungersi nuovamente con l’elemento naturale. Il breve excursus sulla vita dell’artista vuole sottolineare, non a caso, quanto l’esperienza itinerante abbia determinato, negli esiti artistici, una certa tendenza alla frammentazione. La produzione artistica di Hirano lo dimostra nella sua ampiezza e diversificazione. La selezione di opere presentata in questa mostra comprende, infatti, tele, paraventi (prodotti per l’occasione e in linea con la tradizione della Galleria), disegni, sculture, oggetti ritrovati e manufatti, pezzi apparentemente slegati tra loro, ma fortemente coesi nella ricerca strenua di un’identità primigenia oramai dispersa. Come Tàpies ci ricorda, citando Tsudsumi (teorico dell’arte dell'inizio del XX secolo), la frammentazione è la cifra stessa dell’arte giapponese: "le forme della pittura, dell’architettura e dell’arte del giardino rispondono alla finalità di darci la sensazione che tutto passa, e più in generale ci riportano a focalizzare l’attenzione sull’idea fondamentale del buddhismo ovvero l’Impermanenza". La consapevolezza di questo, unita al fatto di sentire un’intimità e interdipendenza tra tutti gli esseri viventi, rende l’uomo e la Natura compartecipi della medesima realizzazione universale. L’atto creativo dunque partecipa alla realizzazione di questa realtà. In questo senso possiamo dire che le opere di Mutsuo Hirano ricalchino questo modo di sentire e sono cioè da intendersi come momenti di descrizione esperienziale in permanente cambiamento, che molto spesso coincidono con la vita quotidiana e con la pratica manuale e artigianale dell’artista stesso. L’arte di Hirano vive del tempo che passa e si alimenta del ricordo. Ciò è ravvisabile nel gruppo di ceramiche e suppellettili in terracotta, i Vasi della memoria, testimoni di un’indagine quasi archeologica, omaggio al passato etrusco - la terra in cui ora vive - così come nei paraventi che, seppur rivisitati, tradiscono un’aderenza evidente alla tradizione giapponese. Ricordi di tempi e consuetudini diverse sono vissuti e agiti dallo stesso spirito osservatore. La scelta formale frammentaria non sempre dichiara apertamente l’origine dell’artista, ma un minimo comun denominatore squisitamente orientale è senz’altro riconducibile a un atteggiamento wabi sabi.
Il wabi sabi 侘 寂 è una percezione estetica tipicamente giapponese che si riferisce all’aspetto fisico degli oggetti e più in particolare a quello che suscitano nello spettatore. Termine di complessa traduzione, è possibile parafrasarla come bellezza imperfetta, mutevole e incompleta. In specifico wabi oggigiorno è la bellezza rustica, applicabile sia ad oggetti artificiali che naturali. Sabi definisce invece la serenità malinconica che suscitano le cose quando il passaggio del tempo lascia la sua traccia nella patina, nell’usura e nell’inevitabile imperfezione cui tutto va incontro.
Ulteriore aspetto tipico del lavoro di Hirano, da cui il titolo della mostra, è senza dubbio la ri-composizione del frammento in un ambito nuovo, attualizzato e concretizzato nel tempo corrente. L’oggetto infatti non reca in sé la fissità vuota del manufatto antiquario - pur talvolta ricordandone l’aspetto - ma una forma nuova e viva ottenuta attraverso l’utilizzo di materiali naturali e/o di recupero, trattati con pigmenti e smalti per suggerire una nuova lettura simbolica.
L’allestimento si concentra attorno alla ri-costruzione di ambientazioni in cui la disposizione di oggetti suggerisca rapporti di interdipendenza inediti alla ricerca di una suggestione che attinge la propria forza dal passato senza esaurirsi in esso.
L’artista Mutsuo Hirano proseguirà nella promozione del suo lavoro per tutto il 2013 in tappe già fissate di cui ricordiamo:
Via Crucis, Museum am Dom, Würzburg (Germania) a cura di Wolfgang Schneider - Marzo 2013
Progetto site-specific, in occasione della mostra personale di Thomas Lange, Fondazione Mudima, Milano - Settembre 2013
Mutsuo Hirano, Museum Burg Miltemberg, Miltemberg (Germania) - Settembre 2013
Per informazioni e richiesta immagini ad esclusivo uso stampa contattare:
PARAVENTI GIAPPONESI – GALLERIA NOBILI
Via Marsala 4 Milano.Telefono +39026551681
Raffaella Nobili: +393396008358
Alessio Nobili: +393480687073
Lunedì 15.00-19.00
Martedì-Sabato 11.00-13.00 14.00-19.00
Dopo aver aderito in gioventù alla religione Tenrikyo (culto monoteista sviluppatosi in Giappone nel XIX secolo), Hirano prende i voti diventandone predicatore come il padre fino al suo arrivo in Germania nei primi anni '70. La giovinezza trascorsa in un contesto rurale, come quello dei dintorni di Kyoto, avvalora in lui un senso di spiritualità primigenia comune alla popolazione giapponese, usa a vivere in clima di sincretismo religioso arricchito da coesistenti contaminazioni shintoiste e buddhiste. La sensibilità orientale per la natura diviene elemento originante che pervade tutta la produzione artistica di Hirano. Approda da giovane in una Berlino travolgente, dove il Neoespressionismo tedesco domina la scena culturale: decide quindi di abbandonare la predicazione e inizia a studiare Arte presso l’Università di Marburgo, dedicandosi prevalentemente al disegno e alla pittura su tela. I ritmi sereni della campagna giapponese sono stravolti ora dalla violenza espressiva e da questo momento si verifica una prima frattura col mondo pacificato di origine. L’incontro con l’artista Thomas Lange sancisce un proficuo sodalizio artistico che lo porterà a vivificare il suo registro linguistico ed espressivo. Conclusasi la lunga parentesi berlinese, negli anni '90 Hirano si trasferisce in Italia e precisamente nella campagna laziale dove ha modo di ricongiungersi nuovamente con l’elemento naturale. Il breve excursus sulla vita dell’artista vuole sottolineare, non a caso, quanto l’esperienza itinerante abbia determinato, negli esiti artistici, una certa tendenza alla frammentazione. La produzione artistica di Hirano lo dimostra nella sua ampiezza e diversificazione. La selezione di opere presentata in questa mostra comprende, infatti, tele, paraventi (prodotti per l’occasione e in linea con la tradizione della Galleria), disegni, sculture, oggetti ritrovati e manufatti, pezzi apparentemente slegati tra loro, ma fortemente coesi nella ricerca strenua di un’identità primigenia oramai dispersa. Come Tàpies ci ricorda, citando Tsudsumi (teorico dell’arte dell'inizio del XX secolo), la frammentazione è la cifra stessa dell’arte giapponese: "le forme della pittura, dell’architettura e dell’arte del giardino rispondono alla finalità di darci la sensazione che tutto passa, e più in generale ci riportano a focalizzare l’attenzione sull’idea fondamentale del buddhismo ovvero l’Impermanenza". La consapevolezza di questo, unita al fatto di sentire un’intimità e interdipendenza tra tutti gli esseri viventi, rende l’uomo e la Natura compartecipi della medesima realizzazione universale. L’atto creativo dunque partecipa alla realizzazione di questa realtà. In questo senso possiamo dire che le opere di Mutsuo Hirano ricalchino questo modo di sentire e sono cioè da intendersi come momenti di descrizione esperienziale in permanente cambiamento, che molto spesso coincidono con la vita quotidiana e con la pratica manuale e artigianale dell’artista stesso. L’arte di Hirano vive del tempo che passa e si alimenta del ricordo. Ciò è ravvisabile nel gruppo di ceramiche e suppellettili in terracotta, i Vasi della memoria, testimoni di un’indagine quasi archeologica, omaggio al passato etrusco - la terra in cui ora vive - così come nei paraventi che, seppur rivisitati, tradiscono un’aderenza evidente alla tradizione giapponese. Ricordi di tempi e consuetudini diverse sono vissuti e agiti dallo stesso spirito osservatore. La scelta formale frammentaria non sempre dichiara apertamente l’origine dell’artista, ma un minimo comun denominatore squisitamente orientale è senz’altro riconducibile a un atteggiamento wabi sabi.
Il wabi sabi 侘 寂 è una percezione estetica tipicamente giapponese che si riferisce all’aspetto fisico degli oggetti e più in particolare a quello che suscitano nello spettatore. Termine di complessa traduzione, è possibile parafrasarla come bellezza imperfetta, mutevole e incompleta. In specifico wabi oggigiorno è la bellezza rustica, applicabile sia ad oggetti artificiali che naturali. Sabi definisce invece la serenità malinconica che suscitano le cose quando il passaggio del tempo lascia la sua traccia nella patina, nell’usura e nell’inevitabile imperfezione cui tutto va incontro.
Ulteriore aspetto tipico del lavoro di Hirano, da cui il titolo della mostra, è senza dubbio la ri-composizione del frammento in un ambito nuovo, attualizzato e concretizzato nel tempo corrente. L’oggetto infatti non reca in sé la fissità vuota del manufatto antiquario - pur talvolta ricordandone l’aspetto - ma una forma nuova e viva ottenuta attraverso l’utilizzo di materiali naturali e/o di recupero, trattati con pigmenti e smalti per suggerire una nuova lettura simbolica.
L’allestimento si concentra attorno alla ri-costruzione di ambientazioni in cui la disposizione di oggetti suggerisca rapporti di interdipendenza inediti alla ricerca di una suggestione che attinge la propria forza dal passato senza esaurirsi in esso.
L’artista Mutsuo Hirano proseguirà nella promozione del suo lavoro per tutto il 2013 in tappe già fissate di cui ricordiamo:
Via Crucis, Museum am Dom, Würzburg (Germania) a cura di Wolfgang Schneider - Marzo 2013
Progetto site-specific, in occasione della mostra personale di Thomas Lange, Fondazione Mudima, Milano - Settembre 2013
Mutsuo Hirano, Museum Burg Miltemberg, Miltemberg (Germania) - Settembre 2013
Per informazioni e richiesta immagini ad esclusivo uso stampa contattare:
PARAVENTI GIAPPONESI – GALLERIA NOBILI
Via Marsala 4 Milano.Telefono +39026551681
Raffaella Nobili: +393396008358
Alessio Nobili: +393480687073
Lunedì 15.00-19.00
Martedì-Sabato 11.00-13.00 14.00-19.00
07
marzo 2013
MUTSUO HIRANO – RI-COSTRUZIONE. SAIKo
Dal 07 marzo al 05 aprile 2013
Location
JAPANESE SCREENS
Milano, Via Marsala, 4, (Milano)
Milano, Via Marsala, 4, (Milano)
Orario di apertura
Lunedì 15-19
Martedì-Sabato 11.00-13.00/ 14.00-19.00
Vernissage
7 Marzo 2013, h 18.30
Autore
Curatore