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TI 11852. La Spezia-Livorno, andata e ritorno
Il gemellaggio artistico tra Livorno e La Spezia continua con l’esposizione nelle sale dello Studio d’Arte MeS3 della città labronica di 5 artisti spezini. In virtù di tale collaborazione, gli artisti del Gruppo SEDNA saranno accolti per tutto il mese dallo Studio di “Via Tommaseo 32” di La Spezia.
Comunicato stampa
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Il gemellaggio artistico tra Livorno e La Spezia continua con l’esposizione nelle sale dello Studio d’Arte MeS3 della città labronica di 5 artisti spezini, Antonio Barrani, Maria Capellini, Alberto Barli, Rosy Scapparone, Mauro Maraschin.
Alberto Barli - Quella di Barli è un’arte concettuale, all’interno della quale il pittore si muove particolarmente a suo agio nell'interpretare in ordinati dipinti il linguaggio astratto-geometrico che si materializza in forme elementari ma ben definite.
“Il percorso pittorico di Barli è sostenuto da un solido processo analitico che investe la linea, il colore e lo spazio, luogo deputato ad accogliere un progetto mentale e manuale, realizzato compiutamente nella diligente combinazione di linee verticali, orizzontali, diagonali (mai curvilinee), che genera quadrati, rettangoli e triangoli di diversa misura. Le opere del filosofo-pittore, come chiarisce Lucia Pascarella , "nascono sia per "addizione" di elementi aventi una loro autonomia, sia per "divisione", attraverso una frammentazione ed una articolazione di parti che si sviluppa insieme al quadro". Inevitabilmente la presenza della geometria nella pittura richiama le acute teorizzazioni di Mondrian, autore di originalissimi opere dove, asseriva l'artista olandese,"ogni parte riceve il suo valore visuale dal tutto, e il tutto lo riceve dalle parti". Non diversamente accade per i lavori di Alberto Barli, partecipi di una visione unitaria, generata dall'integrazione di sottili relazioni reciproche con precedenti composizioni, sempre mirate a dare forza all'idea della perfezione dell'opera d'arte, sintesi di ragione e sentimento" (Valerio Cremolini).
Antonio Barrani - I dipinti di Barrani sono il racconto calligrafico di un mondo in perpetua navigazione sulle carte nautiche del passato. Lo sguardo è lirico, la voce emozionale, l’affabulazione naviga o vola per luoghi trasfigurati da un temperamento garbato e incantato, ma tutt’altro che immune da un’inclinazione allo sconforto e all’inquietudine. Sono tracce di ricordi, sentimenti, desideri che riemergono dal profondo della coscienza, intessuti in immagini sospese, anticonvenzionali e parlano di mondi acquatici, in cui scorrono piccole barche dalle scocche realizzate con spartiti musicali; mondi che dondolano nell’universo, come palloni in cerca di un punto fermo su cui rimbalzare, lampioni che illuminano voli di farfalle e casette alla Grimm, sui cui tetti fumano grigie ciminiere. E tanti, tanti richiami nostalgici a ciò che era, che è stato e che non esiste più.
Su tutto, tuttavia, s’impone la costante, esterna presenza del mare e delle onde, su cui si staglia la prua di una grande nave, a indicare la possibilità di un viaggio per riappropriarsi di ciò che è andato perduto. Non piccoli palcoscenici, quindi, su cui rappresentare una storia forse scontata, ma una vicenda esistenziale narrata a varie riprese: un racconto pittorico intriso di creatività, di icone cariche di valori metaforici, che rendono sempre possibile la grande trasformazione di un paesaggio dove però tutto è apparente. Anche lo svagato e sognante atteggiamento da giramondo del pittore, che si ostina mirabilmente a comunicare una grande riflessione critica sul mondo, con il linguaggio ludico e infantile di un’infanzia magica mai dimenticata.
Maria Capellini - Artista dalla creatività eterogenea e suggestiva, coniugata con una sensibilità tutta al femminile, capace di utilizzare il rifiuto e, astraendolo, consegnarlo metaforicamente a una diversa materia produttiva e a una nuova valenza culturale: linguaggio analogico di un’espressione creativa messa a disposizione dello sviluppo sensibile e dell’educazione anche dei più giovani fruitori dell’arte.
Talora sono oggetti o luoghi riscattati dal degrado dell’abbandono, fatti emergere per raccontare, per farci sognare ed emozionare, declinando l’ecoarte come nuova categoria del bello. Altre volte, come nelle opere esposte, sono le presenze insistenti della spirale e la sua analogia con il turbine a generare con interventi minimali nuove e culturali presenze significanti. Ne sono esempio le tele della serie “I sette vizi capitali” (alcune delle quali figurano in questa mostra), dove l’andamento tortuoso e l’espansione ellittica della spirale connotano metaforicamente il racconto del vizio di un inevitabile sprofondamento in un buco nero, dal quale pare non esserci alcuna possibilità di ritorno. Ne risulta una sequenza di oggetti ed immagini profondamente carichi di simboli e di forti energie, capaci a loro volta di creare un diverso incontro, unico ed emozionale, riproponendosi come strumenti di una funzione liberatoria dell’arte.
Mauro zo Maraschin - Racconta di sé il pittore: ”Ho sempre ricordato molti sogni. Li raccontavo, nell’infanzia, ai miei gatti e a qualche sporadico compagno di giochi. Poi nel crescere nessuno li ascoltava più, così li ho scritti per non perderli. Dagli anni ’70 li ho messi in un cassetto”. Qualcuno li lesse e lo definì “surrealista immaginifico”. Iniziò così a leggere i surrealisti e a ritroso i romantici. Come i surrealisti non ama i premi culturali. Recentemente ha partecipato a qualche mostra collettiva (“Successi” nel 2008 presso la Galleria Artré di Bruna Solinas a Genova, “Un mare di oggetti senza tempo”nel 2009 al Museo Navale di Genova Pegli, “Lontanamente qui” in occasione della Notte della Poesia nel 2012 a Genova) e performance. Ha fatto esperimenti musicali ed elabora foto a cui introduce testi (Immagine e poesia). Si occupa di ricerche di materiali antichi (olio di canapa), che in alcune sue opere utilizza sapientemente insieme a tecniche moderne di elaborazione fotografica, e di pittura su vetro. E' anima dell'Associazione RiEvoluzione Poetica Soffoco (www.soffoco.org). “Mauro Maraschin è nato sotto miasmi inquinanti delle raffinerie nell'entroterra genovese iniziando a sognare una nuova vita, sin dalla nascita: il 1958. E' poeta, saggista, restauratore, personaggio eclettico difficile da definire. Così lo definisce Arturo Schwarz, una delle voci più autorevoli delle critica d'arte del Novecento, parlando in occasione di una serata in cui Mauro ha presentato un suo video “Diario Psichedelico”: “Mauro Zo Maraschin, un artista che mi piace e che presenta un suo nuovo lavoro. Sono poesie e immagini molto belle” (Claudio Pozzani,quotidiano “La Stampa-Corriere Mercantile” 1° settembre 2012.)
Rosy Scapparone - Su caldi fondi rossi o superfici grigie, Rosy Scapparone, traccia corpi, volti, spesso con pochi magistrali tratti di grande forza segnica,che danno alla figurazione una eleganza di sapore arcaico, addirittura primordiale.
Il rosso ha avuto in passato per Rosy un preciso valore simbolico, richiamava l’idea del sangue che scorre nelle vene e quindi, metaforicamente, la vita stessa, così come per gli artisti che costituirono il gruppo “Der Blaue Reiter” all’inizio del secolo scorso, l’azzurro era associabile all’incorporeo, alla vicinanza al cielo.
Oggi è invece il grigio il colore di base del nuovo ciclo pittorico della Scapparone. Anche qui il tratto rimane essenziale, incisivo, peraltro mai duro o frettoloso, di carattere “primitivista”, e sembra esprimere l’esigenza di risalire alle origini per ritrovare un contatto con la Madre-Terra, in una dimensione spirituale non lontana da una religiosità pagana.
Nelle opere dell’artista ligure non c’è il gioioso vitalismo dei pittori fauves del primo decennio del XX secolo ma neanche il malessere, il disagio, le pulsioni aggressive degli espressionisti tedeschi dello stesso periodo. Le figure non assumono i profili taglienti, le triangolazioni gotiche dei volti di Kirchner, né le cromie sono violente o dissonanti. Manca ogni impeto gestuale e la composizione appare armonica e sempre di straordinaria intensità, a volte enigmatica, mai inquietante. Pertanto, pur pagando talvolta il proprio debito all’Espressionismo e a maestri quali Brancusi, la miscela è originale e avvincente, e fa di Rosy Scapparone una sicura rivelazione nel panorama artistico italiano (G. Riccardo Guerrieri).
Alberto Barli - Quella di Barli è un’arte concettuale, all’interno della quale il pittore si muove particolarmente a suo agio nell'interpretare in ordinati dipinti il linguaggio astratto-geometrico che si materializza in forme elementari ma ben definite.
“Il percorso pittorico di Barli è sostenuto da un solido processo analitico che investe la linea, il colore e lo spazio, luogo deputato ad accogliere un progetto mentale e manuale, realizzato compiutamente nella diligente combinazione di linee verticali, orizzontali, diagonali (mai curvilinee), che genera quadrati, rettangoli e triangoli di diversa misura. Le opere del filosofo-pittore, come chiarisce Lucia Pascarella , "nascono sia per "addizione" di elementi aventi una loro autonomia, sia per "divisione", attraverso una frammentazione ed una articolazione di parti che si sviluppa insieme al quadro". Inevitabilmente la presenza della geometria nella pittura richiama le acute teorizzazioni di Mondrian, autore di originalissimi opere dove, asseriva l'artista olandese,"ogni parte riceve il suo valore visuale dal tutto, e il tutto lo riceve dalle parti". Non diversamente accade per i lavori di Alberto Barli, partecipi di una visione unitaria, generata dall'integrazione di sottili relazioni reciproche con precedenti composizioni, sempre mirate a dare forza all'idea della perfezione dell'opera d'arte, sintesi di ragione e sentimento" (Valerio Cremolini).
Antonio Barrani - I dipinti di Barrani sono il racconto calligrafico di un mondo in perpetua navigazione sulle carte nautiche del passato. Lo sguardo è lirico, la voce emozionale, l’affabulazione naviga o vola per luoghi trasfigurati da un temperamento garbato e incantato, ma tutt’altro che immune da un’inclinazione allo sconforto e all’inquietudine. Sono tracce di ricordi, sentimenti, desideri che riemergono dal profondo della coscienza, intessuti in immagini sospese, anticonvenzionali e parlano di mondi acquatici, in cui scorrono piccole barche dalle scocche realizzate con spartiti musicali; mondi che dondolano nell’universo, come palloni in cerca di un punto fermo su cui rimbalzare, lampioni che illuminano voli di farfalle e casette alla Grimm, sui cui tetti fumano grigie ciminiere. E tanti, tanti richiami nostalgici a ciò che era, che è stato e che non esiste più.
Su tutto, tuttavia, s’impone la costante, esterna presenza del mare e delle onde, su cui si staglia la prua di una grande nave, a indicare la possibilità di un viaggio per riappropriarsi di ciò che è andato perduto. Non piccoli palcoscenici, quindi, su cui rappresentare una storia forse scontata, ma una vicenda esistenziale narrata a varie riprese: un racconto pittorico intriso di creatività, di icone cariche di valori metaforici, che rendono sempre possibile la grande trasformazione di un paesaggio dove però tutto è apparente. Anche lo svagato e sognante atteggiamento da giramondo del pittore, che si ostina mirabilmente a comunicare una grande riflessione critica sul mondo, con il linguaggio ludico e infantile di un’infanzia magica mai dimenticata.
Maria Capellini - Artista dalla creatività eterogenea e suggestiva, coniugata con una sensibilità tutta al femminile, capace di utilizzare il rifiuto e, astraendolo, consegnarlo metaforicamente a una diversa materia produttiva e a una nuova valenza culturale: linguaggio analogico di un’espressione creativa messa a disposizione dello sviluppo sensibile e dell’educazione anche dei più giovani fruitori dell’arte.
Talora sono oggetti o luoghi riscattati dal degrado dell’abbandono, fatti emergere per raccontare, per farci sognare ed emozionare, declinando l’ecoarte come nuova categoria del bello. Altre volte, come nelle opere esposte, sono le presenze insistenti della spirale e la sua analogia con il turbine a generare con interventi minimali nuove e culturali presenze significanti. Ne sono esempio le tele della serie “I sette vizi capitali” (alcune delle quali figurano in questa mostra), dove l’andamento tortuoso e l’espansione ellittica della spirale connotano metaforicamente il racconto del vizio di un inevitabile sprofondamento in un buco nero, dal quale pare non esserci alcuna possibilità di ritorno. Ne risulta una sequenza di oggetti ed immagini profondamente carichi di simboli e di forti energie, capaci a loro volta di creare un diverso incontro, unico ed emozionale, riproponendosi come strumenti di una funzione liberatoria dell’arte.
Mauro zo Maraschin - Racconta di sé il pittore: ”Ho sempre ricordato molti sogni. Li raccontavo, nell’infanzia, ai miei gatti e a qualche sporadico compagno di giochi. Poi nel crescere nessuno li ascoltava più, così li ho scritti per non perderli. Dagli anni ’70 li ho messi in un cassetto”. Qualcuno li lesse e lo definì “surrealista immaginifico”. Iniziò così a leggere i surrealisti e a ritroso i romantici. Come i surrealisti non ama i premi culturali. Recentemente ha partecipato a qualche mostra collettiva (“Successi” nel 2008 presso la Galleria Artré di Bruna Solinas a Genova, “Un mare di oggetti senza tempo”nel 2009 al Museo Navale di Genova Pegli, “Lontanamente qui” in occasione della Notte della Poesia nel 2012 a Genova) e performance. Ha fatto esperimenti musicali ed elabora foto a cui introduce testi (Immagine e poesia). Si occupa di ricerche di materiali antichi (olio di canapa), che in alcune sue opere utilizza sapientemente insieme a tecniche moderne di elaborazione fotografica, e di pittura su vetro. E' anima dell'Associazione RiEvoluzione Poetica Soffoco (www.soffoco.org). “Mauro Maraschin è nato sotto miasmi inquinanti delle raffinerie nell'entroterra genovese iniziando a sognare una nuova vita, sin dalla nascita: il 1958. E' poeta, saggista, restauratore, personaggio eclettico difficile da definire. Così lo definisce Arturo Schwarz, una delle voci più autorevoli delle critica d'arte del Novecento, parlando in occasione di una serata in cui Mauro ha presentato un suo video “Diario Psichedelico”: “Mauro Zo Maraschin, un artista che mi piace e che presenta un suo nuovo lavoro. Sono poesie e immagini molto belle” (Claudio Pozzani,quotidiano “La Stampa-Corriere Mercantile” 1° settembre 2012.)
Rosy Scapparone - Su caldi fondi rossi o superfici grigie, Rosy Scapparone, traccia corpi, volti, spesso con pochi magistrali tratti di grande forza segnica,che danno alla figurazione una eleganza di sapore arcaico, addirittura primordiale.
Il rosso ha avuto in passato per Rosy un preciso valore simbolico, richiamava l’idea del sangue che scorre nelle vene e quindi, metaforicamente, la vita stessa, così come per gli artisti che costituirono il gruppo “Der Blaue Reiter” all’inizio del secolo scorso, l’azzurro era associabile all’incorporeo, alla vicinanza al cielo.
Oggi è invece il grigio il colore di base del nuovo ciclo pittorico della Scapparone. Anche qui il tratto rimane essenziale, incisivo, peraltro mai duro o frettoloso, di carattere “primitivista”, e sembra esprimere l’esigenza di risalire alle origini per ritrovare un contatto con la Madre-Terra, in una dimensione spirituale non lontana da una religiosità pagana.
Nelle opere dell’artista ligure non c’è il gioioso vitalismo dei pittori fauves del primo decennio del XX secolo ma neanche il malessere, il disagio, le pulsioni aggressive degli espressionisti tedeschi dello stesso periodo. Le figure non assumono i profili taglienti, le triangolazioni gotiche dei volti di Kirchner, né le cromie sono violente o dissonanti. Manca ogni impeto gestuale e la composizione appare armonica e sempre di straordinaria intensità, a volte enigmatica, mai inquietante. Pertanto, pur pagando talvolta il proprio debito all’Espressionismo e a maestri quali Brancusi, la miscela è originale e avvincente, e fa di Rosy Scapparone una sicura rivelazione nel panorama artistico italiano (G. Riccardo Guerrieri).
09
febbraio 2013
TI 11852. La Spezia-Livorno, andata e ritorno
Dal 09 al 28 febbraio 2013
arte contemporanea
Location
STUDIO D’ARTE MES3
Livorno, Via Giuseppe Verdi, 40, (Livorno)
Livorno, Via Giuseppe Verdi, 40, (Livorno)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10-12.30 e 16-19.30
Vernissage
9 Febbraio 2013, ore 18.00
Autore
Curatore