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21
gennaio 2010
design_mostre Che fare Paris, Galerie Alain Gutharc
Design
Una riflessione sotto forma di mostra, allestita a quattro mani da due grandi designer che, da ottiche generazionali opposte, analizzano la situazione odierna del design. E si pongono la stessa domanda. Forse senza risposta...
Che fare esprime la potenza di una locuzione che, anche senza punto di domanda,
non perde il suo carattere interrogativo. Che fare è anche l’esortazione che
ciascuno mormora tra sé e sé, a denti stretti, quando non sa come andare avanti
e presuppone un “e ora?”. Che fare è lo sprone che si sono dati due designer, interrogandosi sulle sorti
della loro professione.
I due progettisti che mettono in discussione lo stato
attuale del design, e che inorridiscono per il manierismo sempre più presente
in alcuni progetti e per il degrado delle scuole professionali, sono Enzo
Mari e Gabriele
Pezzini. Sembra
strano che due professionisti di generazioni diverse abbiano lo stesso
interrogativo, invece è lampante se si conoscono i loro oggetti e la loro
incessante ricerca, volta alla giustezza del prodotto. Le loro riflessioni sono
fortunatamente accessibili al pubblico e raccolte in una mostra, a Parigi,
presso la Galerie Alain Gutharc, per far riflettere tutte le persone che si occupano
di design.
Si inizia a pensare già dal titolo, che non è solo una
domanda a cui manca il punto interrogativo, ma anche uno stimolo, un invito
all’azione, affinché le sorti del design cambino. Afferma Gabriele Pezzini: “Sono
ormai più di quattro anni che discutiamo sulla situazione del progetto e su
cosa si può fare per cambiare le cose, sulla difficoltà di tutte le generazioni
di confrontarsi a questa professione-passione, del degrado delle scuole ecc.,
questo dibattito andava raccontato e un evento poteva essere l’occasione”.
Il recente allontanamento del design dai principi che lo
avevano generato è dato dalla proliferazione di scuole professionali che
abilitano sempre più giovani designer, non ancora formati, e la scomparsa della
figura dell’imprenditore-mecenate che collabora a stretto contatto con il
progettista.
Per spiegare questa sorta di deviazione che ha preso il
design, Mari e Pezzini hanno deciso di esporre l’esatto opposto del bug,
oggetti che indichino come proseguire: “È stata una reciproca selezione di
oggetti che meglio possono rappresentare lo standard, l’oggetto di riferimento”, afferma Gabriele.
Ecco oggetti semplici ed eleganti, funzionali ed
essenziali, oggetti senza età, destinati a durare nel tempo e a diventare dei
classici del design; oggetti inconfondibili ma, allo stesso tempo, assimilabili
per forma e qualità. Pezzini afferma: “Spero che un giorno i miei progetti
siano al suo livello”,
e quel giorno non
è poi così lontano se, già ora, i loro oggetti sono in mostra gli uni affianco
agli altri. La comparazione tra i progetti porta a cercare il minimo comune
denominatore: lo standard, un minimalismo ottenuto per processi di sintesi, la
funzionalità cuore essenziale del design e un unico interrogativo: che fare.
L’obiettivo dei due designer non era comunque dare
risposte assolute, ma istigare il dubbio, portare il problema all’attenzione di
tutti, diffondere l’interrogativo, di modo che anche il visitatore, una volta a
casa, si ponesse la stessa domanda. Mari e Pezzini hanno voluto così
condividere i dilemmi della progettazione
Lo stesso Gabriele, a mostra conclusa, non ha risolto il
suo quesito: “La notte dopo l’inaugurazione non ho dormito, la domanda non
domanda si riproponeva: adesso cosa faccio veramente”.
non perde il suo carattere interrogativo. Che fare è anche l’esortazione che
ciascuno mormora tra sé e sé, a denti stretti, quando non sa come andare avanti
e presuppone un “e ora?”. Che fare è lo sprone che si sono dati due designer, interrogandosi sulle sorti
della loro professione.
I due progettisti che mettono in discussione lo stato
attuale del design, e che inorridiscono per il manierismo sempre più presente
in alcuni progetti e per il degrado delle scuole professionali, sono Enzo
Mari e Gabriele
Pezzini. Sembra
strano che due professionisti di generazioni diverse abbiano lo stesso
interrogativo, invece è lampante se si conoscono i loro oggetti e la loro
incessante ricerca, volta alla giustezza del prodotto. Le loro riflessioni sono
fortunatamente accessibili al pubblico e raccolte in una mostra, a Parigi,
presso la Galerie Alain Gutharc, per far riflettere tutte le persone che si occupano
di design.
Si inizia a pensare già dal titolo, che non è solo una
domanda a cui manca il punto interrogativo, ma anche uno stimolo, un invito
all’azione, affinché le sorti del design cambino. Afferma Gabriele Pezzini: “Sono
ormai più di quattro anni che discutiamo sulla situazione del progetto e su
cosa si può fare per cambiare le cose, sulla difficoltà di tutte le generazioni
di confrontarsi a questa professione-passione, del degrado delle scuole ecc.,
questo dibattito andava raccontato e un evento poteva essere l’occasione”.
Il recente allontanamento del design dai principi che lo
avevano generato è dato dalla proliferazione di scuole professionali che
abilitano sempre più giovani designer, non ancora formati, e la scomparsa della
figura dell’imprenditore-mecenate che collabora a stretto contatto con il
progettista.
Per spiegare questa sorta di deviazione che ha preso il
design, Mari e Pezzini hanno deciso di esporre l’esatto opposto del bug,
oggetti che indichino come proseguire: “È stata una reciproca selezione di
oggetti che meglio possono rappresentare lo standard, l’oggetto di riferimento”, afferma Gabriele.
Ecco oggetti semplici ed eleganti, funzionali ed
essenziali, oggetti senza età, destinati a durare nel tempo e a diventare dei
classici del design; oggetti inconfondibili ma, allo stesso tempo, assimilabili
per forma e qualità. Pezzini afferma: “Spero che un giorno i miei progetti
siano al suo livello”,
e quel giorno non
è poi così lontano se, già ora, i loro oggetti sono in mostra gli uni affianco
agli altri. La comparazione tra i progetti porta a cercare il minimo comune
denominatore: lo standard, un minimalismo ottenuto per processi di sintesi, la
funzionalità cuore essenziale del design e un unico interrogativo: che fare.
L’obiettivo dei due designer non era comunque dare
risposte assolute, ma istigare il dubbio, portare il problema all’attenzione di
tutti, diffondere l’interrogativo, di modo che anche il visitatore, una volta a
casa, si ponesse la stessa domanda. Mari e Pezzini hanno voluto così
condividere i dilemmi della progettazione
Lo stesso Gabriele, a mostra conclusa, non ha risolto il
suo quesito: “La notte dopo l’inaugurazione non ho dormito, la domanda non
domanda si riproponeva: adesso cosa faccio veramente”.
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/ Gabriele Pezzini – Che fare
Galerie
Alain Gutharc
7, rue
Saint-Claude – 75003 Parigi
Info: www.alaingutharc.com
[exibart]