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26
gennaio 2010
fino al 30.I.2010 Stephen Mueller / James Brown Milano, Otto Zoo
milano
Due accostamenti per buoni osservatori. Scultura e pittura prima impressionano e poi definiscono. Tra la realtà indistinta del bronzo e la verità astratta dei colori su tela...
di Ginevra Bria
Astrazioni mistiche e impressioni rituali.
Sembrano due concetti, due formule relativamente vuote, e letterarie, create
per chiedere attenzione, ma alla Otto Zoo, da qualche mese, entrambe le
pratiche – a parole, forse, vagamente indefinibili – sono diventate due codici
di lettura ben determinati. In galleria, infatti, anche se per pochi giorni, è
ancora possibile prendere alcune lezioni di prospettiva da curiosi intarsi
sintattici, innescati fra scultura e pittura.
Ovali, cerchi, ellissi, sfumature di cromie
indefinibili, forme vuote e linee piene sono state disposte con metodo e
rigore, dando vita a un nuovo metro ottico; sottolineando cioè un nuovo punto
essenziale
della comparizione. Sculture in bronzo e tele de-soggettivanti puntano, infatti
a rendere manifesta una forte presenza astratta che guida millimetricamente
questa doppia personale (dal titolo Presumed Reality).
Attraverso l’uso calibrato di elementi
geometrici, i lavori ad acrilico di Stephen Mueller (Norfolk,
Virginia, 1947; vive a New York) e le forme tridimensionali di James Brown (Los Angeles, 1951; vive a New York, Parigi e
Oaxaca) dialogano senza quasi mostrare interruzioni.
La frizione tra i supporti bidimensionali e i loro corrispettivi corpi
tridimensionali è energia che attiva connessioni. Il risultato è un’inevitabile
riduzione del linguaggio formale inteso come presenza stilistica ricorsiva. Chi
decidesse di visitare questa doppia personale è pregato, inoltre, di prestare
attenzione al percorso espositivo dei lavori, e di domandarsi quale dei due
artisti funga da guida visuale. La risposta non sarà così immediata.
Il pittore della Virginia, infatti, riflette e colora le ombre del
californiano Brown, che, a sua volta, trasforma gli oggetti di cui ne fa
ritratto in ombre senza fissa dimora. Al contrario, lo scultore, in apparenza
più intuitivo, rispetta le forme sfumate e coloratissime del pennello di
Mueller, assorbendole. Forme cortesemente vertiginose e riflessi quasi
perfettamente sovrapponibili suggeriranno a chi guarda citazioni e ritorni
costanti, ipnotizzando con grazia.
Sebbene la mostra punti molto alla ricreazione di una
dimensione artistica che faccia emergere, da entrambe le tipologie di supporto
(pittura e scultura), un universo ascetico-esoterico, quel che ne risulta è,
prima di tutto, la strutturazione un habitat geometrico. In Presumed Reality, infatti,
la forte spinta all’astrazione delimita un perimetro che non sempre fa
riferimento diretto a “un
approccio che appare simile a quello dell’arte tantrica, il ramo occulto dell’induismo,
che utilizza il simbolismo più intimo dell’individuo per conseguire potere e
conoscenza”.
Benché sia innegabile che tanto Mueller quanto Brown si
astengano da una pratica artistica apertamente comunicativa e relazionale,
preferendo una ricerca più solitaria e meditativa del loro studio, bisogna
ricercare con comprensione i meccanismi del rito che compensa e completa i due
progetti formali. Accomunandoli sul finale.
Sembrano due concetti, due formule relativamente vuote, e letterarie, create
per chiedere attenzione, ma alla Otto Zoo, da qualche mese, entrambe le
pratiche – a parole, forse, vagamente indefinibili – sono diventate due codici
di lettura ben determinati. In galleria, infatti, anche se per pochi giorni, è
ancora possibile prendere alcune lezioni di prospettiva da curiosi intarsi
sintattici, innescati fra scultura e pittura.
Ovali, cerchi, ellissi, sfumature di cromie
indefinibili, forme vuote e linee piene sono state disposte con metodo e
rigore, dando vita a un nuovo metro ottico; sottolineando cioè un nuovo punto
essenziale
della comparizione. Sculture in bronzo e tele de-soggettivanti puntano, infatti
a rendere manifesta una forte presenza astratta che guida millimetricamente
questa doppia personale (dal titolo Presumed Reality).
Attraverso l’uso calibrato di elementi
geometrici, i lavori ad acrilico di Stephen Mueller (Norfolk,
Virginia, 1947; vive a New York) e le forme tridimensionali di James Brown (Los Angeles, 1951; vive a New York, Parigi e
Oaxaca) dialogano senza quasi mostrare interruzioni.
La frizione tra i supporti bidimensionali e i loro corrispettivi corpi
tridimensionali è energia che attiva connessioni. Il risultato è un’inevitabile
riduzione del linguaggio formale inteso come presenza stilistica ricorsiva. Chi
decidesse di visitare questa doppia personale è pregato, inoltre, di prestare
attenzione al percorso espositivo dei lavori, e di domandarsi quale dei due
artisti funga da guida visuale. La risposta non sarà così immediata.
Il pittore della Virginia, infatti, riflette e colora le ombre del
californiano Brown, che, a sua volta, trasforma gli oggetti di cui ne fa
ritratto in ombre senza fissa dimora. Al contrario, lo scultore, in apparenza
più intuitivo, rispetta le forme sfumate e coloratissime del pennello di
Mueller, assorbendole. Forme cortesemente vertiginose e riflessi quasi
perfettamente sovrapponibili suggeriranno a chi guarda citazioni e ritorni
costanti, ipnotizzando con grazia.
Sebbene la mostra punti molto alla ricreazione di una
dimensione artistica che faccia emergere, da entrambe le tipologie di supporto
(pittura e scultura), un universo ascetico-esoterico, quel che ne risulta è,
prima di tutto, la strutturazione un habitat geometrico. In Presumed Reality, infatti,
la forte spinta all’astrazione delimita un perimetro che non sempre fa
riferimento diretto a “un
approccio che appare simile a quello dell’arte tantrica, il ramo occulto dell’induismo,
che utilizza il simbolismo più intimo dell’individuo per conseguire potere e
conoscenza”.
Benché sia innegabile che tanto Mueller quanto Brown si
astengano da una pratica artistica apertamente comunicativa e relazionale,
preferendo una ricerca più solitaria e meditativa del loro studio, bisogna
ricercare con comprensione i meccanismi del rito che compensa e completa i due
progetti formali. Accomunandoli sul finale.
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a cura di Peter Nagy
Otto Zoo
Via Vigevano 8, (zona Porta Genova) – 20144 Milano
Orario: da martedì a sabato ore 14.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0236535196; fax +39 0236535479; info@ottozoo.com;
www.ottozoom.com
[exibart]