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27
gennaio 2010
fino al 30.I.2010 Chiara Camoni Pistoia, SpazioA
toscana
Una lunga gestazione e poi, in una volta, la presentazione complessiva. Pregi e difetti di una personale unitaria ma a tratti affollata. Il giudizio complessivo: una buona prova, nonostante tutto...
La mostra di Chiara Camoni (Piacenza, 1974; vive a Lucca e Milano) trae il titolo, La buona vicinanza, dal criterio con cui le
opere sono nate e quindi collocate nello spazio della galleria; un criterio
ispirato a naturali affinità, estetica, emotiva, logica, a seconda dei casi. La
lunga gestazione dei lavori ha indotto l’artista a presentarli nel loro
insieme, senza emendamenti o lacune, quasi fossero un testo scritto o una
partitura, connotata da una concatenazione tra le parti e una precisa ritmica.
La scelta ha avuto, com’è logico, conseguenze positive e
negative. Tra le prime vi è quella di restituire nello spazio un processo
unitario concettuale e artigianale dell’artista, il dipanarsi per tappe progressive,
che rinviano l’una all’altra, passando da interventi minimi a installazioni di
vocazione monumentale. Nello stesso tempo, tale prassi finisce però per
togliere qualcosa alle opere singole, quasi costrette a sperimentare il
principio dei vasi comunicanti per stabilire un equilibrio complessivo nello
spazio, decisamente troppo affollato.
A riscattare questa piccola debolezza nell’allestimento
sta però l’impianto concettuale della mostra, che combina riferimenti ai
quattro elementi della natura con riflessioni e recuperi di carattere
culturale, della tradizione colta, popolare o religiosa.
Così, ad esempio, aste di legno tengono sospesi racemi di
terracotta refrattaria nera suggerendo ancestrali forme rituali o di attività
rurali (Scultura #07); analogamente, Scultura #8 è una corona di fiori di terracotta che però,
giacendo sul pavimento, assume i connotati di luogo antropologico (Augé), i cui
caratteri identitario, relazionale e storico ne fanno l’ideale alter ego del
non luogo di postmoderna memoria.
Nel video Dalmare, narrazione lunga è documentata la progressiva
stratificazione, operata dall’uomo in un’isola del Nord Europa, di quanto il
mare ha dapprima strappato e poi restituito ai pescatori: galleggianti
colorati, cime e funi, aste e fasciami.
Scultura #12 è un vecchio confessionale in legno che l’artista ha
dapprima smontato e poi riassemblato in forma compatta, accartocciandolo e
ripiegandolo su se stesso, come a dar forma all’intimo atto di contrizione spirituale
(dal latino ‘conterere’: logorare, consumare, fare a pezzi).
Temperature diverse si fronteggiano: quella calda della
forma barocca di stagno fuso (Fusione #3) e quella fredda del monocromo notturno di
grafite, il quale però, alla luce artificiale, restituisce lo stesso grado
cromatico argenteo e opalescente.
Una delle caratteristiche più interessanti delle opere di
Chiara Camoni sta forse in una sorta di referenzialità dinamica, nel loro
sembrare senza essere mai fino in fondo, in una capacità evocativa in perenne
transito rispetto alla storia e alla memoria.
opere sono nate e quindi collocate nello spazio della galleria; un criterio
ispirato a naturali affinità, estetica, emotiva, logica, a seconda dei casi. La
lunga gestazione dei lavori ha indotto l’artista a presentarli nel loro
insieme, senza emendamenti o lacune, quasi fossero un testo scritto o una
partitura, connotata da una concatenazione tra le parti e una precisa ritmica.
La scelta ha avuto, com’è logico, conseguenze positive e
negative. Tra le prime vi è quella di restituire nello spazio un processo
unitario concettuale e artigianale dell’artista, il dipanarsi per tappe progressive,
che rinviano l’una all’altra, passando da interventi minimi a installazioni di
vocazione monumentale. Nello stesso tempo, tale prassi finisce però per
togliere qualcosa alle opere singole, quasi costrette a sperimentare il
principio dei vasi comunicanti per stabilire un equilibrio complessivo nello
spazio, decisamente troppo affollato.
A riscattare questa piccola debolezza nell’allestimento
sta però l’impianto concettuale della mostra, che combina riferimenti ai
quattro elementi della natura con riflessioni e recuperi di carattere
culturale, della tradizione colta, popolare o religiosa.
Così, ad esempio, aste di legno tengono sospesi racemi di
terracotta refrattaria nera suggerendo ancestrali forme rituali o di attività
rurali (Scultura #07); analogamente, Scultura #8 è una corona di fiori di terracotta che però,
giacendo sul pavimento, assume i connotati di luogo antropologico (Augé), i cui
caratteri identitario, relazionale e storico ne fanno l’ideale alter ego del
non luogo di postmoderna memoria.
Nel video Dalmare, narrazione lunga è documentata la progressiva
stratificazione, operata dall’uomo in un’isola del Nord Europa, di quanto il
mare ha dapprima strappato e poi restituito ai pescatori: galleggianti
colorati, cime e funi, aste e fasciami.
Scultura #12 è un vecchio confessionale in legno che l’artista ha
dapprima smontato e poi riassemblato in forma compatta, accartocciandolo e
ripiegandolo su se stesso, come a dar forma all’intimo atto di contrizione spirituale
(dal latino ‘conterere’: logorare, consumare, fare a pezzi).
Temperature diverse si fronteggiano: quella calda della
forma barocca di stagno fuso (Fusione #3) e quella fredda del monocromo notturno di
grafite, il quale però, alla luce artificiale, restituisce lo stesso grado
cromatico argenteo e opalescente.
Una delle caratteristiche più interessanti delle opere di
Chiara Camoni sta forse in una sorta di referenzialità dinamica, nel loro
sembrare senza essere mai fino in fondo, in una capacità evocativa in perenne
transito rispetto alla storia e alla memoria.
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SpazioA ContemporaneArte
Via Amati, 13 (centro storico) – 51100 Pistoia
Orario: da martedi a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0573977354; info@spazioa.it;
www.spazioa.it
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