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27
gennaio 2010
fino al 27.II.2010 David Cerny Roma, Galleria CO2
roma
Gattonare sul pavimento, con la lente d’ingrandimento in mano. È l’unica possibilità per osservare le microscopiche sculture in bronzo su piedistallo di marmo. Minuziose nei dettagli...
Nell’installazione
Smallness (1991) se ne contano 196
di microscopiche sculture, in fila come tanti soldatini sulle mattonelle rosse
della CO2 Contemporary Art. C’è anche la versione ridotta di Quo Vadis (1990), in cui la Trabant – celebre utilitaria
dell’era comunista – è innalzata su quattro zampe lunghe. “L’ho esposta
nella piazza vecchia di Praga il primo giorno dopo la riunificazione della
Germania”, spiega David Cerny (Praga, 1967). “Il fatto che l’avessi intitolata
‘Quo Vadis’ era una domanda sul futuro del paese”.
Quanto
agli altri lavori in mostra da CO2, in occasione della prima personale italiana
dell’artista ceco, hanno misure decisamente maggiori. Giocattoli per adulti, le
tre serie di Kits: c’è
l’artista, la rockstar e anche Gesù Cristo. Set di pezzi in fiberglass che,
ricomposti, danno vita a modellini a grandezza naturale. Anche qui la minuzia
dei dettagli (anche se non tutti gli osservatori lo hanno colto) ha portato
l’autore a includere fra le parti del kit Jesus Christ una serie di attributi: dalla corona di spine all’…
insomma, attributi appunto.
Ad
attrarre l’attenzione del passante, anche quello più distratto, è tuttavia la
teca posta davanti all’ingresso. Sembra un acquario in cui “naviga” un uomo
immerso nella formaldeide. Il personaggio ritratto – in mutande, con le mani
legate dietro la schiena – non è certo anonimo: è Saddam Hussein in persona, e non
a caso il titolo dell’opera è Shark
(2005). Spietato e cinico, il linguaggio di Cerny gioca sulla citazione
dell’opera The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living di Damien Hirst che, peraltro, lo scultore ceco afferma di non
stimare affatto.
L’idea
della mostra in una galleria privata (abbastanza insolita per un autore come
Cerny, abituato a lavorare su grande scala e per luoghi pubblici) è nata circa
sei mesi fa, dall’incontro con Giorgio Galotti: “Mi piace l’approccio ludico
del suo lavoro, che non risulta pesante, anche se fortemente politicizzato”, spiega il gallerista.
Cerny
non si diverte particolarmente quando è al lavoro, prendendo ben sul serio
quello che fa: usa l’ironia come strumento di provocazione. Gli esempi non
mancano, dalla statua equestre di San Venceslao (1999), in cui la posizione del cavallo è
ribaltata di 180 gradi, a Piss
(2004), una fontana in cui due uomini nudi si fronteggiano, ognuno nell’atto
funzionale di fare pipì. Ma, sicuramente, l’esempio più clamoroso di questa
poetica (che esordì nel ’91 con The pink tank) è Entropa (2008), la contestata scultura per la hall del Parlamento Europeo a
Bruxelles, commissionatagli durante la presidenza della Repubblica Ceca.
Cerny
ha creato un finto gruppo di 27 artisti (con tanto di website e curriculum),
ufficialmente incaricati di rappresentare ognuno il proprio paese. Il risultato
è un puzzle che gioca su stereotipi tratteggiati con esasperato cinismo:
l’Italia è un campo di calcio in cui i giocatori si masturbano con il pallone,
la Germania è un incrocio di autostrade che compongono una svastica, la
Bulgaria un bagno alla turca ecc. Grande scandalo, poi, quando si è svelato
l’“inganno”.
“Il premio era di 350mila euro”, afferma Galotti. “Lui li ha rifiutati e ne ha presi
50 solo per ripagare la produzione dell’opera. Il resto è scomparso
misteriosamente…”.
Smallness (1991) se ne contano 196
di microscopiche sculture, in fila come tanti soldatini sulle mattonelle rosse
della CO2 Contemporary Art. C’è anche la versione ridotta di Quo Vadis (1990), in cui la Trabant – celebre utilitaria
dell’era comunista – è innalzata su quattro zampe lunghe. “L’ho esposta
nella piazza vecchia di Praga il primo giorno dopo la riunificazione della
Germania”, spiega David Cerny (Praga, 1967). “Il fatto che l’avessi intitolata
‘Quo Vadis’ era una domanda sul futuro del paese”.
Quanto
agli altri lavori in mostra da CO2, in occasione della prima personale italiana
dell’artista ceco, hanno misure decisamente maggiori. Giocattoli per adulti, le
tre serie di Kits: c’è
l’artista, la rockstar e anche Gesù Cristo. Set di pezzi in fiberglass che,
ricomposti, danno vita a modellini a grandezza naturale. Anche qui la minuzia
dei dettagli (anche se non tutti gli osservatori lo hanno colto) ha portato
l’autore a includere fra le parti del kit Jesus Christ una serie di attributi: dalla corona di spine all’…
insomma, attributi appunto.
Ad
attrarre l’attenzione del passante, anche quello più distratto, è tuttavia la
teca posta davanti all’ingresso. Sembra un acquario in cui “naviga” un uomo
immerso nella formaldeide. Il personaggio ritratto – in mutande, con le mani
legate dietro la schiena – non è certo anonimo: è Saddam Hussein in persona, e non
a caso il titolo dell’opera è Shark
(2005). Spietato e cinico, il linguaggio di Cerny gioca sulla citazione
dell’opera The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living di Damien Hirst che, peraltro, lo scultore ceco afferma di non
stimare affatto.
L’idea
della mostra in una galleria privata (abbastanza insolita per un autore come
Cerny, abituato a lavorare su grande scala e per luoghi pubblici) è nata circa
sei mesi fa, dall’incontro con Giorgio Galotti: “Mi piace l’approccio ludico
del suo lavoro, che non risulta pesante, anche se fortemente politicizzato”, spiega il gallerista.
Cerny
non si diverte particolarmente quando è al lavoro, prendendo ben sul serio
quello che fa: usa l’ironia come strumento di provocazione. Gli esempi non
mancano, dalla statua equestre di San Venceslao (1999), in cui la posizione del cavallo è
ribaltata di 180 gradi, a Piss
(2004), una fontana in cui due uomini nudi si fronteggiano, ognuno nell’atto
funzionale di fare pipì. Ma, sicuramente, l’esempio più clamoroso di questa
poetica (che esordì nel ’91 con The pink tank) è Entropa (2008), la contestata scultura per la hall del Parlamento Europeo a
Bruxelles, commissionatagli durante la presidenza della Repubblica Ceca.
Cerny
ha creato un finto gruppo di 27 artisti (con tanto di website e curriculum),
ufficialmente incaricati di rappresentare ognuno il proprio paese. Il risultato
è un puzzle che gioca su stereotipi tratteggiati con esasperato cinismo:
l’Italia è un campo di calcio in cui i giocatori si masturbano con il pallone,
la Germania è un incrocio di autostrade che compongono una svastica, la
Bulgaria un bagno alla turca ecc. Grande scandalo, poi, quando si è svelato
l’“inganno”.
“Il premio era di 350mila euro”, afferma Galotti. “Lui li ha rifiutati e ne ha presi
50 solo per ripagare la produzione dell’opera. Il resto è scomparso
misteriosamente…”.
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europea
manuela
de leonardis
mostra
visitata il 30 novembre 2009
dal 21 novembre 2009 al 27 febbraio 2010
David Cerny – The Solo
Show
a cura di Maria Letizia Bixio
Co2
Contemporary Art
Borgo Vittorio, 9b (Borgo Pio) – 00193
Roma
Orario: da lunedì a venerdì ore
11-19.30; sabato ore 15.30-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0645471209; fax +39
0645473415; info@co2gallery.com; www.co2gallery.com
[exibart]
Visitata e consigliata, una delle più belle iniziative a Roma da sempre.
Ma lui è lo stesso dell’installazione Entropa al Parlamento Europeo? I kit giocattolo sembrano gli stessi.
Mi sembra comunque di grande effetto.