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29
gennaio 2010
fino al 7.II.2010 Così vicina. Così lontana Genova, Villa Croce
genova
Una linea di demarcazione segna la produzione artistica albanese prima e dopo il 1990. A cinque anni dalla morte di Hoxha, primo segretario del Partito comunista albanese e primo ministro della Repubblica Popolare di Albania. L’arte del Paese delle Aquile al cospetto di se stessa. Tra oscurantismo e Occidente...
Il rapporto fra arte e potere
politico emerge palesemente nella produzione artistica dell’Albania precedente
al 1990. I dettami del Realismo socialista sovietico sono chiari, con caratteri
stilistici e tematiche che si rintracciano anche nell’arte ufficiale degli
altri regimi del secolo. Una retorica celebrativa, ottenuta attraverso la
mitizzazione di persone e situazioni, descritte con un linguaggio capace di
parlare a tutto il popolo e finalizzata alla persuasione.
La mostra a Villa Croce descrive
la rottura avvenuta nell’arte albanese in seguito al crollo della dittatura, e
lo fa in modo chiaro, volutamente didascalico: è una mostra prima di tutto
storico-documentaria, il cui fulcro sta nell’accostamento di un’arte
illustrativa, moralmente edificante, controllata dal regime, e di un’arte che
dimostra di aver acquisito libertà espressiva, capace di rappresentare la vera
quotidianità, le paure, le ansie dell’attuale società, da un lato sempre più
globalizzata e dall’altro alla ricerca di una propria identità.
Alla donna operaia, ritratta come
fiera costruttrice della propria vita e del proprio paese da Xhemal Lufta in Construction Worker (1969), si contrappone la donna
fashion-victim di Oriana Kamberi in Fashion Never Stands Still. And you? (2008); alle coppie modello, dallo
sguardo serio e consapevole, riprese sul posto di lavoro da Çlirim Ceka in We Work and Study (1969), fanno eco le coppie di
oggi, fotografate sorridenti e spensierate in contesti eterogenei da Elsa
Martini in Vote
your Preferred Couple (s.d.).
Stride l’eccitazione delle due
bambine nel video di Alban Hajdinaj (Alisa and Sarah, 2006), riprese con una videocamera davanti a un
album di figurine di campioni di wrestling, con la bambina dipinta da Myrteza
Fushekati in Lea’s
Drawing (1983),
che mostra con orgoglio il soldato-eroe che ha disegnato, santo protettore di
felicità e prosperità socialiste. E proprio nel suo essere “testimone
innocente”, Sandra Solimano (curatrice della mostra con Matteo Fochessati e
Rubens Shima) acutamente la accosta alla bimba con in braccio un gattino della
pubblicità della pasta Barilla, che andava in onda in Italia in quegli stessi
anni.
Molta pittura, ma anche video,
fotografia e scultura, attraverso cui gli artisti che rappresentano l’attuale
Albania – nati tra gli anni ’70 e ’80 -, abbandonati gli slogan visivi imposti
dal regime, riflettono nei loro lavori l’ambiente sociale e politico del paese.
All’arte dogmatica, alle certezze e all’ottimismo collettivo della società
socialista sono subentrati i dubbi del singolo individuo. E l’Albania sembra
essere sempre più vicina.
politico emerge palesemente nella produzione artistica dell’Albania precedente
al 1990. I dettami del Realismo socialista sovietico sono chiari, con caratteri
stilistici e tematiche che si rintracciano anche nell’arte ufficiale degli
altri regimi del secolo. Una retorica celebrativa, ottenuta attraverso la
mitizzazione di persone e situazioni, descritte con un linguaggio capace di
parlare a tutto il popolo e finalizzata alla persuasione.
La mostra a Villa Croce descrive
la rottura avvenuta nell’arte albanese in seguito al crollo della dittatura, e
lo fa in modo chiaro, volutamente didascalico: è una mostra prima di tutto
storico-documentaria, il cui fulcro sta nell’accostamento di un’arte
illustrativa, moralmente edificante, controllata dal regime, e di un’arte che
dimostra di aver acquisito libertà espressiva, capace di rappresentare la vera
quotidianità, le paure, le ansie dell’attuale società, da un lato sempre più
globalizzata e dall’altro alla ricerca di una propria identità.
Alla donna operaia, ritratta come
fiera costruttrice della propria vita e del proprio paese da Xhemal Lufta in Construction Worker (1969), si contrappone la donna
fashion-victim di Oriana Kamberi in Fashion Never Stands Still. And you? (2008); alle coppie modello, dallo
sguardo serio e consapevole, riprese sul posto di lavoro da Çlirim Ceka in We Work and Study (1969), fanno eco le coppie di
oggi, fotografate sorridenti e spensierate in contesti eterogenei da Elsa
Martini in Vote
your Preferred Couple (s.d.).
Stride l’eccitazione delle due
bambine nel video di Alban Hajdinaj (Alisa and Sarah, 2006), riprese con una videocamera davanti a un
album di figurine di campioni di wrestling, con la bambina dipinta da Myrteza
Fushekati in Lea’s
Drawing (1983),
che mostra con orgoglio il soldato-eroe che ha disegnato, santo protettore di
felicità e prosperità socialiste. E proprio nel suo essere “testimone
innocente”, Sandra Solimano (curatrice della mostra con Matteo Fochessati e
Rubens Shima) acutamente la accosta alla bimba con in braccio un gattino della
pubblicità della pasta Barilla, che andava in onda in Italia in quegli stessi
anni.
Molta pittura, ma anche video,
fotografia e scultura, attraverso cui gli artisti che rappresentano l’attuale
Albania – nati tra gli anni ’70 e ’80 -, abbandonati gli slogan visivi imposti
dal regime, riflettono nei loro lavori l’ambiente sociale e politico del paese.
All’arte dogmatica, alle certezze e all’ottimismo collettivo della società
socialista sono subentrati i dubbi del singolo individuo. E l’Albania sembra
essere sempre più vicina.
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dal 12 novembre 2009 al 7
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Così vicina. Così lontana. Arte in Albania prima e dopo
il 1990
a cura di Matteo Fochessati,
Rubens Shima, Sandra Solimano
Museo d’Arte Contemporanea –
Villa Croce
Via Ruffini, 3 – 16128 Genova
Orario: da martedì a venerdì ore 9-19; sabato e domenica ore 10-19
Ingresso: intero € 4; ridotto € 2,80
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 010580069; fax +39 010532482; museocroce@comune.genova.it; www.museovillacroce.it
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