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Stefano Roncarati – Oggetti e abbracci
TANGO,IPHONE,DESTINI INCROCIATI.La prima mostra fotografica di Stefano Roncarati si configura come una sorta di trittico. L’esposizione infatti riunisce tre distinte sezioni differenziate tra loro non solo per la tematica affrontata, ma anche per l’approccio filosofico e il tipo di strumento foto.
Comunicato stampa
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La prima parte della mostra è dedicata al mondo del tango, ambiente che Stefano Roncarati frequenta da anni, come ballerino e spettatore.Le fotografie eseguite in milonga sono scatti quasi rubati all’intimità dei ballerini immersi nel ballo, come Stefano Roncarati stesso ama definirli.
Quelle immagini sono percepite come una vera invasione di quell’unione irripetibile e rapida dei corpi immersi nella musica. Per questo motivo si tratta di fotografie discrete, volte a suggerire più che descrivere. Lo sfondo della sala è buio, ad emergere sono solo le forme del corpo, che colpite da una luce tagliente da essa ne sono ridefinite e scolpite. Per rendere l’atmosfera satura di musica, profumi e sensazioni, Stefano sceglie prevalentemente la fotografia in bianco e nero. Le sfumature del grigio, più discrete dei colori vivaci dei tangheri, amplificano l’idea di voler eternare in uno scatto un momento fuori dal tempo. Voler catturare un movimento è tuttavia, qualcosa di per sé contro le regole della natura, la danza è continua evoluzione, arte effimera e passeggera per eccellenza. L’inquadratura allora rinuncia all’insieme per concentrarsi su due mani che si fondono, sulla linea incurvata di un braccio, sull’estatica posizione di un musicista, sul profilo di un volto femminile che affonda tra le braccia del partner. Tutto è immobile ed eterno nell’immagine … ma tutto trasmette la fugacità di quel momento, destinato a dissolversi un attimo dopo, al prossimo passo di danza indotto dalla musica.
La seconda sezione invece è dedicata ai piccoli oggetti. Questa tematica è forse la più profonda e viscerale, perché esprime tutte le sollecitazioni che il fotografo riceve dal mondo esterno quotidianamente. Questa tematica racconta della capacità di saper rielaborare la realtà tramite l’apparecchio fotografico. Tra una visione obiettiva degli oggetti e la riproduzione finale dello scatto c’è la mediazione dell’inquadratura che riproduce lo sguardo selettivo che il fotografo posa su tutte le cose, alla ricerca di altro.
L’altro è quella poesia nascosta negli oggetti e che solo un animo sensibile riesce a cogliere nella frenesia del mondo moderno. Così un chiassoso supermercato pieno di prodotti omologati diventa il luogo privilegiato per sperimentare visioni insolite. La diversa colorazione di una zucca diventa i due poli antitetici del cielo sognato, la trama di una stoffa è raffigurazione di un campo arato meticolosamente da un immaginario contadino o ancora un vecchio treno è una macchina del tempo, anello di congiunzione tra passato e futuro. La spontaneità di questi scatti risiede nell’utilizzo dell’i phone, strumento privilegiato per catturare le immagini del quotidiano. Tuttavia per far emergere l’altro, la parte nascosta, che il fotografo come un visionario coglie prima di chiunque nelle cose che lo circondano, Stefano Roncarati rielabora parzialmente le immagini per far emergere le suggestioni alla base della sua ricerca artistica.
La terza parte è dedicata all’installazione di Castello di Otranto creata per commemorare le vittime albanesi morte durante i fortunosi sbarchi di qualche anno fa.
Ancora una volta le fotografie vogliono eternare l’effimero e prolungare l’esistenza di qualcosa che è destinato a dissolversi. La luce, anzi le mille luci che la compongono disegnano sullo sfondo del cielo una ragnatela che assume quasi un significato mistico.
Ad ogni luce corrisponde un’anima, ed il filo che le unisce una sorta di destino che ci intreccia a lega gli uni agli altri, all’interno di un sistema complesso di relazioni. Tra quelle luci e noi si instaura una sorta di immedesimazione, quella che Stefano Roncarati ha voluto farci sentire nelle sue fotografie.
Quelle immagini sono percepite come una vera invasione di quell’unione irripetibile e rapida dei corpi immersi nella musica. Per questo motivo si tratta di fotografie discrete, volte a suggerire più che descrivere. Lo sfondo della sala è buio, ad emergere sono solo le forme del corpo, che colpite da una luce tagliente da essa ne sono ridefinite e scolpite. Per rendere l’atmosfera satura di musica, profumi e sensazioni, Stefano sceglie prevalentemente la fotografia in bianco e nero. Le sfumature del grigio, più discrete dei colori vivaci dei tangheri, amplificano l’idea di voler eternare in uno scatto un momento fuori dal tempo. Voler catturare un movimento è tuttavia, qualcosa di per sé contro le regole della natura, la danza è continua evoluzione, arte effimera e passeggera per eccellenza. L’inquadratura allora rinuncia all’insieme per concentrarsi su due mani che si fondono, sulla linea incurvata di un braccio, sull’estatica posizione di un musicista, sul profilo di un volto femminile che affonda tra le braccia del partner. Tutto è immobile ed eterno nell’immagine … ma tutto trasmette la fugacità di quel momento, destinato a dissolversi un attimo dopo, al prossimo passo di danza indotto dalla musica.
La seconda sezione invece è dedicata ai piccoli oggetti. Questa tematica è forse la più profonda e viscerale, perché esprime tutte le sollecitazioni che il fotografo riceve dal mondo esterno quotidianamente. Questa tematica racconta della capacità di saper rielaborare la realtà tramite l’apparecchio fotografico. Tra una visione obiettiva degli oggetti e la riproduzione finale dello scatto c’è la mediazione dell’inquadratura che riproduce lo sguardo selettivo che il fotografo posa su tutte le cose, alla ricerca di altro.
L’altro è quella poesia nascosta negli oggetti e che solo un animo sensibile riesce a cogliere nella frenesia del mondo moderno. Così un chiassoso supermercato pieno di prodotti omologati diventa il luogo privilegiato per sperimentare visioni insolite. La diversa colorazione di una zucca diventa i due poli antitetici del cielo sognato, la trama di una stoffa è raffigurazione di un campo arato meticolosamente da un immaginario contadino o ancora un vecchio treno è una macchina del tempo, anello di congiunzione tra passato e futuro. La spontaneità di questi scatti risiede nell’utilizzo dell’i phone, strumento privilegiato per catturare le immagini del quotidiano. Tuttavia per far emergere l’altro, la parte nascosta, che il fotografo come un visionario coglie prima di chiunque nelle cose che lo circondano, Stefano Roncarati rielabora parzialmente le immagini per far emergere le suggestioni alla base della sua ricerca artistica.
La terza parte è dedicata all’installazione di Castello di Otranto creata per commemorare le vittime albanesi morte durante i fortunosi sbarchi di qualche anno fa.
Ancora una volta le fotografie vogliono eternare l’effimero e prolungare l’esistenza di qualcosa che è destinato a dissolversi. La luce, anzi le mille luci che la compongono disegnano sullo sfondo del cielo una ragnatela che assume quasi un significato mistico.
Ad ogni luce corrisponde un’anima, ed il filo che le unisce una sorta di destino che ci intreccia a lega gli uni agli altri, all’interno di un sistema complesso di relazioni. Tra quelle luci e noi si instaura una sorta di immedesimazione, quella che Stefano Roncarati ha voluto farci sentire nelle sue fotografie.
27
ottobre 2012
Stefano Roncarati – Oggetti e abbracci
Dal 27 ottobre al 07 novembre 2012
fotografia
Location
TEDOFRA ART GALLERY
Bologna, Via Delle Belle Arti, 50, (Bologna)
Bologna, Via Delle Belle Arti, 50, (Bologna)
Orario di apertura
dal lunedi al venerdi dalle 10 alle 13 e alla 16 alle 18. Sabato 16-19. Domenica 10.30-13.
Vernissage
27 Ottobre 2012, ore 18,00
Autore
Curatore