Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Luigi Spazzapan – Segni di una interiorità rivelata
Le opere, attentamente selezionate, sono datate dal 1930 al 1957. Si riesce così a delineare un ideale percorso dei diversi periodi di ricerca sviluppati da Spazzapan nel corso degli anni
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Galleria d'Arte ACCADEMIA di Torino inaugura la mostra retrospettiva dedicata a Luigi Spazzapan di cui si presentano per l'occasione una trentina di opere, alcune delle quali sono state esposte alle Biennali di Venezia e alle Quadriennali di Roma. Parte delle opere provengono dalla collezione di Jetta Donegà. Le opere, attentamente selezionate, sono datate dal 1930 al 1957. Si riesce così a delineare un ideale percorso dei diversi periodi di ricerca sviluppati da Spazzapan nel corso degli anni. La mostra sarà accompagnata da un catalogo, con testo critico di Angelo Mistrangelo, dove sono pubblicate tutte le opere in mostra.
Luigi Spazzapan, ovvero quando in cattedra sale la libertà ed il carattere del genio.
A poco più di cinquant‟anni dalla morte, avvenuta il 18 febbraio 1958, questa mostra è un doveroso
omaggio a colui che ritengo uno dei più grandi artisti ed innovatori del Novecento, quel Luigi Spazzapan capace di innovare e rompere i meccanismi consolidati del modo di Essere e fare Arte fino ad allora codificato.
Per comprendere bene la figura e la fortuna critica di Luigi Spazzapan bisogna risalire alle sue origini: il nostro era nato nei pressi di Gorizia, città di confine di sapore Mittleuropeo, irredentista e vicina geograficamente e culturalmente a quella Trieste che, nei primi decenni del „900, era uno dei poli culturali più ferventi dell‟intera Europa e che aveva visto crescere personaggi come Umberto Saba e
Italo Svevo nella letteratura, Leo Castelli, Marcello Dudovich e Pietro Marussig nel campo delle arti, tanto per fare qualche nome.
In questo clima di avversione al potere costituito, di libertà e innovazione si forma il giovane Spazzapan e questa cultura si riflette nel suo atteggiamento: nel vestire e nel suo segno grafico, come nel rapporto con i maggiorenti della città. In questi anni, Spazzapan, dopo aver tentato l‟accesso all‟Accademia delle Belle Arti di Vienna, vede nel Futurismo i segni del proprio carattere e ve ne si avvicina, pur se per un breve periodo. Il suo pensiero, il suo stesso modo di concepire e di essere artista è vicino alla nuova rinascita Italiana, celebrata nei primi anni del Fascismo nella fede dell‟estro e del genio Italico. Ma proprio questa celebrazione nazional-popolare porta al capolinea la stagione del risorgimento Goriziano: la cultura mitteleuropea e cosmopolita lascia il posto alla retorica del nazionalismo ed il giovane Spazzapan dà il
primo di una serie di tagli – decisi e vibranti come il suo segno grafico - alla sua vita. Di li a poco nel 1928, tra le ottuse critiche artistiche dell‟epoca, Spazzapan lascia e chiude per sempre con la sua amata Gorizia. Ma il suo carattere ribelle si risconosce e si specchia in Torino: ai piedi delle Alpi occidentali crea dipinti e illustrazioni destinate alla "Gazzetta del popolo" e al "Selvaggio”, dove ritrova i pensatori della
nuova cultura italiana – Longanesi in primis – ed altri grandi pittori del tempo (Maccari, Soffici, ed il “torinese” Galante).
La sua eccentricità lo faceva notare nella seriosa capitale Sabauda, ma contemporaneamente la Torino
dei Salotti, vecchia capitale d‟Italia - dove cultura e politica andavano a braccetto – finalmente gli restituiva quel clima culturale che aveva smarrito in terra nativa. A Torino Spazzapan conosce Lionello Venturi ed il gruppo dei Sei, con i quali condivideva la voglia di rinnovare la pittura e la tavolozza tipica della pittura del Nord Italia, fino ad allora tonale. Conosce
anche Felice Casorati, rispetto al quale era in completa antitesi sia nel modo di fare arte che nello stesso concepire l‟Essere Artista: Casorati aveva costituito un ordine e - di nuovo - la schiettezza del nostro personaggio, il suo essere libero, innovatore lo porta ad essere avversario in cavallereschi duelli non di fioretto, ma di pennello. Due grandi pittori si fronteggiavano in quegli anni a Torino! L‟atteggiamento
del grande Maestro verso il nostro era, in questi anni, di circospezione, portata più che altro, dal modo di Spazzapan di vivere “l‟essere artista”.
Di Spazzapan è stato detto di un modernista, ma il suo era modernismo sviluppato attraverso il segno
grafico. C‟è un distacco emotivo dal soggetto dell‟opera, ma non dalla sua realizzazione, che anzi ne è la linea guida. Questo suo estro si esprime meglio nella leggerezza del segno grafico, china o tempera che sia, piuttosto che nella pastosità dell‟olio. Dopo la guerra, al ritorno in città, esaspera le tendenze dinamiche di questa sua ricerca del nuovo con linee tese e geometriche; la sua ricerca dell‟essenziale porta all‟esperienza dell‟astratto e dell‟informale.
Da escluso che era prima, oramai Spazzapan è sempre più conosciuto ed è l‟antagonista del potere costituito di Casorati; la critica finalmente comincia ad apprezzarlo e il goriziano - oramai piemontese - diventa il riferimento dei giovani pittori; famosa è la sua amicizia con colui che diventò poi uno dei maggiori contestatori dello status della pittura e del pittore, quel Mattia Moreni che - anch‟egli - solo
oggi sta trovando il suo giusto spazio nella storia dell‟arte italiana. Ma la fortuna economica ancora non gli arride; il suo “solito” carattere lo porta a legarsi più con gli ultimi che con i grandi del momento…La sua pittura è rapida e geniale, coerente e passionale, dove il segno diventa assoluto e decontestualizzato; non affiora dalla memoria, ma ne erutta violentemente come un magma. Le sue opere sono un inno alla libertà: Spazzapan vive come gli pare e disegna come gli pare, tralascia i particolari per le forme, che considera l‟unica cosa importante, al pari dell‟immediatezza. La Biennale di Venezia gli dedica nel 1954 una sala personale con una mostra antologica. E‟ un riconoscimento tardivo: «La cultura italiana attende che Spazzapan abbia 60 anni per scoprirlo», scrive il critico Luigi Carluccio. E prosegue: «C'è un aspetto della solitudine di Spazzapan che trova giustificazione nel costante rifiuto di chiudersi in una cifra, di darsi regole e discipline esteriori, di
accettare schemi. Egli doveva d'istinto restare disponibile ai richiami dell'invenzione e della fantasia. Questo aspetto della sua solitudine si chiama anche libertà» Ed in soltudine nel 1958 se ne va, colto da un infarto. «Era un maestro e se ne sono accorti soltanto ora», titola il quotidiano torinese «La Gazzetta del Popolo» dando la notizia della scomparsa. La fortuna dalla critica gli arride maggiormente dopo la morte; oggi finalmente ci si accorge di questo piccolo Goriziano, contestatore nella Torino borghese dell‟ordine costituito degli anni ‟50, sempre fedele ai valori della libertà e dell‟apertura mitteleuropea.
Luca Barsi
Luigi Spazzapan nasce a Gradisca d’Isonzo il 18 aprile 1889. all’età di tredici anni assieme alla sua famiglia si trasferisce a Gorizia dove studia
all’Istituto Tecnico delle Scuole reali austriache. Ottenuto il diploma di
maturità, tra il 1911 e il 1913 è a Vienna per tentare, senza successo, di essere ammesso all’accademia di Belle arti. decide così di studiare privatamente pittura e architettura; a Gorizia il suo primo maestro è il pittore
sloveno Fran Tratnik. Allo scoppio della prima guerra mondiale Spazzapan è arruolato
nell’esercito austriaco: combatte sul fronte russo e quello italiano. ritorna quindi a Gorizia. Nel 1921 gli viene affidato l’incarico di insegnante
di matematica e di geometria alle scuole medie di Idria; qui conosce la cantante e musicista elena lapajne, da cui ha una figlia di nome danusa
Stefania. Nel 1923 lascia l’insegnamento e si dedica interamente all’arte. Si avvicina al gruppo futurista Giuliano diretto da Carnelich e partecipa con sculture colorate alla prima mostra futurista di padova. Stringe amicizia
con il pittore Veno pilon, il musicista Kogoj allievo di Schoemberg, gli architetti Cuzzi e Gyra, con l’ing. Brunner, il poeta futurista poccarini, i pittori del Neri e Tratnik. È presente in numerose serate al Caffè Corso di
Gorizia, dove si discute di Futurismo, espressionismo e Cubismo. Nell’aprile del 1924 espone alla prima mostra del Circolo artistico
Goriziano. Nello stesso anno espone anche a Hodonin (in Moravia), insieme ad altri artisti sloveni del Klub Mladih, e a Maribor. Nel 1925 ottiene la medaglia d’argento presentando una serie di disegni alla “éxposition Internazionale des arts décoratifs” di parigi.
Nel 1927 partecipa con sculture e disegni alla “Mostra autunnale d’arte” di Gorizia e con la scultura “ritratto di Veno pilon” alla “I^ esposizione Sindacale di Belle arti e del Circolo artistico” di Trieste.
Nel 1928 su invito dell’amico, architetto goriziano, Cuzzi, si reca a Torino per decorare il padiglione della chimica all’esposizione Internazionale; il suo lavoro non viene accettato ma decide comunque di rimanere a Torino. Qui oltre a Cuzzi ritrova Giuseppe Gyra, entrambi esponenti del gruppo torinese del Movimento Italiano per l’architettura razionale insieme a Ottorino aloisio, ettore Sottsass, Giuseppe pagano. Conosce inoltre lionello Venturi ed edoardo persico, critici che gli presentano il Gruppo
dei Sei. Quest’ultimo era formato da: Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo levi, Francesco Menzio, enrico paulucci.
Inoltre, sempre nel 1928 partecipa alla Mostra Nazionale del Tessile di roma ed i suoi disegni per stoffe gli fanno ottenere il primo premio.
Nei primi difficili anni torinesi è significativo l’incontro con eugenio Giletti che, con i suoi amici, lo aiuteranno acquistandogli delle opere e inserendolo nell’ambiente artistico. Nel 1931 espone con Francesco Menzio e Giorgio Soave alla Galleria Codebò di Torino e, l’anno successivo, lionello Venturi decide di presentarlo a parigi insieme a Gigi Chessa, Francesco
Menzio, Carlo levi, enrico paulucci alla Galleria “Jeune europe”. Nel 1932 è inoltre significativo l’incontro con Ginia che diventerà la
sua compagna. Nel 1935 ha una mostra personale all’interno della II^ Quadriennale di Roma e, nel 1936, partecipa alla XX Biennale di Venezia.
diviene illustratore a “la Gazzetta del popolo” ed alla “Illustrazione del popolo”, su invito di leo Galletto e lorenzo Gigli. Nel 1941 organizza una Mostra retrospettiva di 117 opere alla Galleria
d’arte della “Gazzetta del popolo” di Torino.
durante la Seconda Guerra Mondiale un bombardamento aereo distrugge il suo studio insieme a migliaia di opere. Viene ospitato a pinerolo, nella casa del collezionista Gianfranco Villa. Nel 1946 organizza con Mattia Moreni e Umberto Mastroianni il “premio Torino – arte Italiana Oggi” a palazzo Madama. Nel 1948 espone
assieme all’amico scultore Umberto Mastroianni alla Galleria “la Bussola” di Torino. In quell’anno muore improvvisamente Ginia. Conosce la
scultrice Jetta donegà con cui condivide gli ultimi anni della sua vita. Nel 1950 partecipa alla XXV Biennale di Venezia. Nel 1951 le sue
opere sono presenti alla VI Quadriennale d’arte Nazionale di roma. Conosce in quegli anni giovani artisti torinesi come Mario Merz e piero ruggeri.
Nel 1955 è invitato con un gruppo di disegni alla Biennale di San paolo del Brasile.
Nel 1956 insegna al liceo artistico di Torino. Muore a Torino nel 1958.
SEGNI DI UNA INTERIORITA' RIVELATA
«Ora ho i tuoi dipinti intorno a me,
li guardo e ognuno di essi rinnova
l'emozione di mille occasioni e momenti
vissuti con te, della tua irruenza che
mascherava una estrema sensibilità...».
Jetta Donegà
Il percorso del nuovo appuntamento con Luigi Spazzapan, si apre con un ricordo di Jetta Donegà, con il fluire inesausto e rapidissimo del segno che delinea un volto di ragazza, un toro con banderillero o un uomo squartato risolto con un senso di alta, dolorosa, straordinaria tensione emotiva.
Per questa occasione, Luca e Francesca Barsi propongono un nucleo di dipinti e disegni che permette di ripercorrere, in estrema sintesi, le cadenze di una stagione quanto mai complessa, vibrante, scandita nella Torino del musicologo Massimo Mila e Marziano Bernardi, di Riccardo Gualino e Mattia Moreni, di Umberto Mastroianni e Giulio Da Milano, Massimo Quaglino, del pittore e scrittore Guido Seborga e del gruppo dei «Sei» con Gigi Chessa, Francesco Menzio, Jessie Boswell, Nicola Galante, Enrico Paulucci e Carlo Levi. E proprio l'autore di «Cristo si è fermato a Eboli», sottolinea come l'artista di Gradisca «Faceva allora disegni eccellenti di cavalli e di tori, linee pure trovate attraverso decine di approssimazioni fino al geroglifico». Mentre Luigi Carluccio suggerisce che «I contatti con i Sei pittori e con Edoardo Persico sono stati un fattore rilevante nella carriera di Spazzapan. Egli non partecipa effettivamente al gruppo, ma gli è spiritualmente vicino» e, in particolare, «Spazzapan stesso avrebbe dovuto essere della partita, che come è noto si è conclusa invece con un diverso schieramento»(Angelo Dragone).
Nel capoluogo piemontese, Spazzapan era arrivato nel 1928 chiamato dall'architetto razionalista Umberto Cuzzi, per lavorare alla decorazione del Padiglione della Chimica, progettato dall'architetto Giuseppe Pagano per l'Esposizione Internazionale di quell'anno. Per la verità, scrive Mirella Bandini, «la decorazione murale non gli fu affidata, ma realizzata da Gigi Chessa...Egli però rimase a Torino». Alla costruzione dei padiglioni, collaborarono Felice Casorati e Teonesto Deabate.
L'anno successivo, i suoi disegni «Natura morta» e «Nudi» sono presenti alla Prima Esposizione Sindacale della Società Promotrice di Belle Arti, nella sala dei futuristi torinesi: da Ugo Pozzo a Nicolay Diulgheroff, Fillia e lo scultore Mino Rosso.
La sua attività si delinea, quindi, secondo una personale definizione della pittura che ha descritto nel catalogo della «Seconda Quadriennale» di Roma del 1935: «Sono risolutamente contrario ad ogni criterio prestabilito di organizzazione del quadro. Ad ogni attività sistematica, ad ogni metodo...».
E i suoi quadri esprimono perciò il senso di una disinvolta, rabdomantica, suggestiva incisività della linea che trasmette la tensione di un pensiero che guida un gesto capace di tradurre intuizioni e sensazioni, reinterpretare uno scorcio della «Costa Amalfitana» o «San Marco e il leone» o, ancora, un «Nudo sdraiato in riposo», esposto nel 2004 a Il Filatoio di Caraglio, nella mostra «Luigi Spazzapan. Tra figura e astrazione», realizzata da Mirella Bandini e Maria Teresa Roberto.
In ogni caso, Spazzapan appare profondamente legato all'ambiente culturale di Torino, dove frequenta Edoardo Persico, Lionello Venturi e Sandro Alberti, gli scultori Franco Garelli e Umberto Mastroianni, l'architetto Ettore Sottsass e gli intellettuali e scrittori Maurizio Corgnati, Piero Bargis, Oscar Navarro, Guido Hess (Seborga).
Dopo aver presieduto nel 1947 il comitato promotore della mostra «Arte italiana d'oggi. Premio Torino», viene invitato alla Biennale di Venezia (1950), alla rassegna «Pittori d'oggi Francia-Italia» a Torino(1951), presentato in catalogo da Luigi Carluccio e Jacques Lassaigne, alla «I Biennale del Museo d'arte Moderna» di San Paolo del Brasile e alla «VI Quadriennale d'arte Nazionale» di Roma, entrambe nel 1951.
Tra i giovani artisti dell'inizio anni Cinquanta entra in contatto con Mario Merz e Piero Ruggeri. Quest'ultimo ne ricorda così la figura e la personalità artistica: «è indice della grandezza di un artista il non poter separare il personale sviluppo del suo stile da quello del suo tempo, ed è proprio il caso del pittore Luigi Spazzapan; e se da una parte la sua opera e le sue teorie sono la sintesi della tradizione a cui egli apparteneva d'altra si trovano in esse motivi radicalmente innovatori che hanno ispirato generazioni d'artisti...fu capace di trasmettere quel qualcosa della propria prodigiosa energia creativa, la sua fede nel valore essenziale che ha l'arte per la cultura umana...».
Una energia creativa che si dispiega attraverso le caricature create sui tavoli dei caffè di Gorizia, la grafica pubblicitaria, le copertine per libri, le illustrazioni per la Gazzetta del Popolo e i numerosissimi disegni eseguiti sino alla morte avvenuta nel 1958. «La produzione dell'artista goriziano nei primi anni a Torino - afferma Mirella Bandini -, periodo di grande povertà e malattie, continuò ad essere prevalentemente di tipo grafico, come i bellissimi disegni a china acquerellati e dilavati (i «lavis») esposti nel '31 a Milano al Milione e nel '32 alla Jeune Europe di Parigi. Soggetti più naturalistici: cavalli, autoritratti, nudi femminili, i ritratti degli amici Persico, Velso Mucci, Eugenio Giletti, Lorenzo Gigli, si intrecciano con le tematiche espressioniste come nella serie, straordinaria , dei «Mangiatori di lische» e «Scheletri nel bosco»...».
Nelle sue immediate e sorprendenti pagine si coglie ancora il fascino delle vedute del Valentino con gli alberi d'autunno, i viali e i ponti, i pescatori sul Po, i palazzi storici avvolti dalla nebbia, la figura di Ginia, la compagna scomparsa nel 1948: «Ginia che per tanti anni mi ha fatto dolce compagnia» (da una lettera a Jetta Donegà, da Torino, Ferragosto 1957).
Nel 1931 e 1942, collabora con tavole grafiche a «Il Selvaggio» diretto da Mino Maccari: «il foglio più originale che sia stato pubblicato in Italia durante il fascismo». Maccari era in quel periodo caporedattore a La Stampa, al seguito del direttore Curzio Malaparte. Nella redazione della rivista Spazzapan conosce Velso Mucci, Eugenio Galvano, i pittori Italo Cremona e Albino Galvano, l'architetto Carlo Mollino e il poeta Alfonso Gatto.
Parlando del suo lavoro, racconta: «...intere notti senza potermi fermare. Credo che sia il massimo che abbia fatto anche perchè la mano mi si è fatta ancora più «bella» e mi ubbidisce anche nei momenti di massima frenesia...». Una mano che gli ha permesso di fissare i giocatori di una partita a scacchi nel 1947 o la china colorata «Composizione geometrica verticale», dove si avverte «l'assimilata cultura sotto il segno di Kandinsky e del gruppo «Abstraction-Crèation», che si esprime con una struttura inconsueta nel panorama della sua pittura, ma sicuramente pervasa da un rigore non privo di una sottesa musicalità. La composizione, inserita nel catalogo generale di Sandro Alberti e Angelo Dragone (Vallecchi Editore, 1981), fa anche parte delle tavole che illustrano la monografia «Luigi Spazzapan», delle Edizioni d'Arte Mario Gros&C. Torino, 1960, con un testo di Giuseppe Marchiori: «Rivedo Spazzapan, ai tempi del Premio Torino, in un caffè in piazza Castello, col grosso bastone infilato sul braccio, con la cravattina a farfalla e gli occhiali a molla, accurato nel vestire e composto, ma pronto a roteare gli occhi dietro le lenti e a infuriarsi, minaccioso, alle prime frasi di chi si azzardava a fargli dei discorsi sgraditi». E prosegue «Senza correggere niente»: sembra il motto che definisce l'arte di Spazzapan; la sua maestria nel tradurre in immagini sogni e ricordi, impressioni e emozioni...Quanti disegni ha fatto Spazzapan? La maggior parte di essi andò bruciata durante l'ultima guerra...Alcuni furono pubblicati e commentati da Lionello Venturi, che fu tra i primi a acquistare disegni di Spazzapan».
Gli studi intorno alla sua personalità confermano gli aspetti di una ricerca in cui «La sua vita - scrive Edoardo Persico nel 1932 - tutto quello che sa e immagina, è un'aspirazione incontenuta ad uscire dai limiti della provincia per accostarsi all'Europa. In questo, Spazzapan assomiglia a tutti quei pittori «deracinès» che hanno fatto negli ultimi trent'anni la rivoluzione in pittura: a Chagall e Kandinsky. Ma, forse, egli può accostarsi meglio a Pascin...».
Ritornando ai quadri in mostra, si coglie l'essenza della scansione espressiva di Spazzapan nell'acquarello informale «Notte trasfigurata», nell'olio su masonite «La palude (ardente)» (esposto alla Biennale di Venezia del 1960), nella tempera su carta intelata «Autoritratto» del 1938, in «Apparizione notturna» del 1956 e nel «Nudo tra i fiori», che fanno parte del «corpus» delle opere pubblicate nel catalogo monografico «Luigi Spazzapan. La collezione di Jetta Donegà» (edito da Allemandi, Torino), realizzato per la mostra agli Antichi Maestri Pittori del 1991. «La bella amicizia tra il pittore Luigi Spazzapan e la scultrice Jetta Donegà durò dieci anni circa, fino alla morte del maestro goriziano nel 1958». Con queste parole Pino Mantovani, introduce il lettore all'interno del mondo di Spazzapan e mette in luce che «...L'occasione della mostra è comunque preziosa, oggettivamente, per alcuni motivi che è doveroso almeno segnalare. In primo luogo la possibilità di vedere esposte al meglio un gruppo di opere di Spazzapan, raccolte in anni di frequentazione assidua e intelligente confidenza ...rispetto ad analoghe collezioni «storiche», cioè costruite vivente il pittore, un fatto risulta immediatamente evidente: che la nostra collezione è l'unica a coprire con una certa omogeneità l'intera vicenda artistica di Spazzapan...».
Una vicenda segnata da un singolare rapporto con l'ambiente artistico, come si «scopre» in un lettera alla figlia Danusa (Nusa) del 30 maggio 1956:«Il 10 giugno andrò a Venezia per l'inaugurazione della Biennale (la Mostra d'arte più grande del mondo: è internazionale e espongono 30 nazioni). Io espongo con i maestri un quadro solo. Questa mia posizione di maestro non mi piace molto. Mi rende triste. Niente più lotte! Non mi piace proprio. Ci andrò perchè mi diverte molto la polemica e il pettegolo degli artisti e dei critici. Poi si rivede tanta gente e si fanno nuove conoscenze e poi e poi Venezia è sempre bella e mi pare di essere a casa mia, di essere nato lì...».
E in queste considerazioni si definisce uno dei momenti dell'esistenza di Spazzapan, del suo essere pittore dalla sorprendente intensità, di un linguaggio che appartiene alla cultura visiva del Novecento.
Angelo Mistrangelo
Luigi Spazzapan, ovvero quando in cattedra sale la libertà ed il carattere del genio.
A poco più di cinquant‟anni dalla morte, avvenuta il 18 febbraio 1958, questa mostra è un doveroso
omaggio a colui che ritengo uno dei più grandi artisti ed innovatori del Novecento, quel Luigi Spazzapan capace di innovare e rompere i meccanismi consolidati del modo di Essere e fare Arte fino ad allora codificato.
Per comprendere bene la figura e la fortuna critica di Luigi Spazzapan bisogna risalire alle sue origini: il nostro era nato nei pressi di Gorizia, città di confine di sapore Mittleuropeo, irredentista e vicina geograficamente e culturalmente a quella Trieste che, nei primi decenni del „900, era uno dei poli culturali più ferventi dell‟intera Europa e che aveva visto crescere personaggi come Umberto Saba e
Italo Svevo nella letteratura, Leo Castelli, Marcello Dudovich e Pietro Marussig nel campo delle arti, tanto per fare qualche nome.
In questo clima di avversione al potere costituito, di libertà e innovazione si forma il giovane Spazzapan e questa cultura si riflette nel suo atteggiamento: nel vestire e nel suo segno grafico, come nel rapporto con i maggiorenti della città. In questi anni, Spazzapan, dopo aver tentato l‟accesso all‟Accademia delle Belle Arti di Vienna, vede nel Futurismo i segni del proprio carattere e ve ne si avvicina, pur se per un breve periodo. Il suo pensiero, il suo stesso modo di concepire e di essere artista è vicino alla nuova rinascita Italiana, celebrata nei primi anni del Fascismo nella fede dell‟estro e del genio Italico. Ma proprio questa celebrazione nazional-popolare porta al capolinea la stagione del risorgimento Goriziano: la cultura mitteleuropea e cosmopolita lascia il posto alla retorica del nazionalismo ed il giovane Spazzapan dà il
primo di una serie di tagli – decisi e vibranti come il suo segno grafico - alla sua vita. Di li a poco nel 1928, tra le ottuse critiche artistiche dell‟epoca, Spazzapan lascia e chiude per sempre con la sua amata Gorizia. Ma il suo carattere ribelle si risconosce e si specchia in Torino: ai piedi delle Alpi occidentali crea dipinti e illustrazioni destinate alla "Gazzetta del popolo" e al "Selvaggio”, dove ritrova i pensatori della
nuova cultura italiana – Longanesi in primis – ed altri grandi pittori del tempo (Maccari, Soffici, ed il “torinese” Galante).
La sua eccentricità lo faceva notare nella seriosa capitale Sabauda, ma contemporaneamente la Torino
dei Salotti, vecchia capitale d‟Italia - dove cultura e politica andavano a braccetto – finalmente gli restituiva quel clima culturale che aveva smarrito in terra nativa. A Torino Spazzapan conosce Lionello Venturi ed il gruppo dei Sei, con i quali condivideva la voglia di rinnovare la pittura e la tavolozza tipica della pittura del Nord Italia, fino ad allora tonale. Conosce
anche Felice Casorati, rispetto al quale era in completa antitesi sia nel modo di fare arte che nello stesso concepire l‟Essere Artista: Casorati aveva costituito un ordine e - di nuovo - la schiettezza del nostro personaggio, il suo essere libero, innovatore lo porta ad essere avversario in cavallereschi duelli non di fioretto, ma di pennello. Due grandi pittori si fronteggiavano in quegli anni a Torino! L‟atteggiamento
del grande Maestro verso il nostro era, in questi anni, di circospezione, portata più che altro, dal modo di Spazzapan di vivere “l‟essere artista”.
Di Spazzapan è stato detto di un modernista, ma il suo era modernismo sviluppato attraverso il segno
grafico. C‟è un distacco emotivo dal soggetto dell‟opera, ma non dalla sua realizzazione, che anzi ne è la linea guida. Questo suo estro si esprime meglio nella leggerezza del segno grafico, china o tempera che sia, piuttosto che nella pastosità dell‟olio. Dopo la guerra, al ritorno in città, esaspera le tendenze dinamiche di questa sua ricerca del nuovo con linee tese e geometriche; la sua ricerca dell‟essenziale porta all‟esperienza dell‟astratto e dell‟informale.
Da escluso che era prima, oramai Spazzapan è sempre più conosciuto ed è l‟antagonista del potere costituito di Casorati; la critica finalmente comincia ad apprezzarlo e il goriziano - oramai piemontese - diventa il riferimento dei giovani pittori; famosa è la sua amicizia con colui che diventò poi uno dei maggiori contestatori dello status della pittura e del pittore, quel Mattia Moreni che - anch‟egli - solo
oggi sta trovando il suo giusto spazio nella storia dell‟arte italiana. Ma la fortuna economica ancora non gli arride; il suo “solito” carattere lo porta a legarsi più con gli ultimi che con i grandi del momento…La sua pittura è rapida e geniale, coerente e passionale, dove il segno diventa assoluto e decontestualizzato; non affiora dalla memoria, ma ne erutta violentemente come un magma. Le sue opere sono un inno alla libertà: Spazzapan vive come gli pare e disegna come gli pare, tralascia i particolari per le forme, che considera l‟unica cosa importante, al pari dell‟immediatezza. La Biennale di Venezia gli dedica nel 1954 una sala personale con una mostra antologica. E‟ un riconoscimento tardivo: «La cultura italiana attende che Spazzapan abbia 60 anni per scoprirlo», scrive il critico Luigi Carluccio. E prosegue: «C'è un aspetto della solitudine di Spazzapan che trova giustificazione nel costante rifiuto di chiudersi in una cifra, di darsi regole e discipline esteriori, di
accettare schemi. Egli doveva d'istinto restare disponibile ai richiami dell'invenzione e della fantasia. Questo aspetto della sua solitudine si chiama anche libertà» Ed in soltudine nel 1958 se ne va, colto da un infarto. «Era un maestro e se ne sono accorti soltanto ora», titola il quotidiano torinese «La Gazzetta del Popolo» dando la notizia della scomparsa. La fortuna dalla critica gli arride maggiormente dopo la morte; oggi finalmente ci si accorge di questo piccolo Goriziano, contestatore nella Torino borghese dell‟ordine costituito degli anni ‟50, sempre fedele ai valori della libertà e dell‟apertura mitteleuropea.
Luca Barsi
Luigi Spazzapan nasce a Gradisca d’Isonzo il 18 aprile 1889. all’età di tredici anni assieme alla sua famiglia si trasferisce a Gorizia dove studia
all’Istituto Tecnico delle Scuole reali austriache. Ottenuto il diploma di
maturità, tra il 1911 e il 1913 è a Vienna per tentare, senza successo, di essere ammesso all’accademia di Belle arti. decide così di studiare privatamente pittura e architettura; a Gorizia il suo primo maestro è il pittore
sloveno Fran Tratnik. Allo scoppio della prima guerra mondiale Spazzapan è arruolato
nell’esercito austriaco: combatte sul fronte russo e quello italiano. ritorna quindi a Gorizia. Nel 1921 gli viene affidato l’incarico di insegnante
di matematica e di geometria alle scuole medie di Idria; qui conosce la cantante e musicista elena lapajne, da cui ha una figlia di nome danusa
Stefania. Nel 1923 lascia l’insegnamento e si dedica interamente all’arte. Si avvicina al gruppo futurista Giuliano diretto da Carnelich e partecipa con sculture colorate alla prima mostra futurista di padova. Stringe amicizia
con il pittore Veno pilon, il musicista Kogoj allievo di Schoemberg, gli architetti Cuzzi e Gyra, con l’ing. Brunner, il poeta futurista poccarini, i pittori del Neri e Tratnik. È presente in numerose serate al Caffè Corso di
Gorizia, dove si discute di Futurismo, espressionismo e Cubismo. Nell’aprile del 1924 espone alla prima mostra del Circolo artistico
Goriziano. Nello stesso anno espone anche a Hodonin (in Moravia), insieme ad altri artisti sloveni del Klub Mladih, e a Maribor. Nel 1925 ottiene la medaglia d’argento presentando una serie di disegni alla “éxposition Internazionale des arts décoratifs” di parigi.
Nel 1927 partecipa con sculture e disegni alla “Mostra autunnale d’arte” di Gorizia e con la scultura “ritratto di Veno pilon” alla “I^ esposizione Sindacale di Belle arti e del Circolo artistico” di Trieste.
Nel 1928 su invito dell’amico, architetto goriziano, Cuzzi, si reca a Torino per decorare il padiglione della chimica all’esposizione Internazionale; il suo lavoro non viene accettato ma decide comunque di rimanere a Torino. Qui oltre a Cuzzi ritrova Giuseppe Gyra, entrambi esponenti del gruppo torinese del Movimento Italiano per l’architettura razionale insieme a Ottorino aloisio, ettore Sottsass, Giuseppe pagano. Conosce inoltre lionello Venturi ed edoardo persico, critici che gli presentano il Gruppo
dei Sei. Quest’ultimo era formato da: Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo levi, Francesco Menzio, enrico paulucci.
Inoltre, sempre nel 1928 partecipa alla Mostra Nazionale del Tessile di roma ed i suoi disegni per stoffe gli fanno ottenere il primo premio.
Nei primi difficili anni torinesi è significativo l’incontro con eugenio Giletti che, con i suoi amici, lo aiuteranno acquistandogli delle opere e inserendolo nell’ambiente artistico. Nel 1931 espone con Francesco Menzio e Giorgio Soave alla Galleria Codebò di Torino e, l’anno successivo, lionello Venturi decide di presentarlo a parigi insieme a Gigi Chessa, Francesco
Menzio, Carlo levi, enrico paulucci alla Galleria “Jeune europe”. Nel 1932 è inoltre significativo l’incontro con Ginia che diventerà la
sua compagna. Nel 1935 ha una mostra personale all’interno della II^ Quadriennale di Roma e, nel 1936, partecipa alla XX Biennale di Venezia.
diviene illustratore a “la Gazzetta del popolo” ed alla “Illustrazione del popolo”, su invito di leo Galletto e lorenzo Gigli. Nel 1941 organizza una Mostra retrospettiva di 117 opere alla Galleria
d’arte della “Gazzetta del popolo” di Torino.
durante la Seconda Guerra Mondiale un bombardamento aereo distrugge il suo studio insieme a migliaia di opere. Viene ospitato a pinerolo, nella casa del collezionista Gianfranco Villa. Nel 1946 organizza con Mattia Moreni e Umberto Mastroianni il “premio Torino – arte Italiana Oggi” a palazzo Madama. Nel 1948 espone
assieme all’amico scultore Umberto Mastroianni alla Galleria “la Bussola” di Torino. In quell’anno muore improvvisamente Ginia. Conosce la
scultrice Jetta donegà con cui condivide gli ultimi anni della sua vita. Nel 1950 partecipa alla XXV Biennale di Venezia. Nel 1951 le sue
opere sono presenti alla VI Quadriennale d’arte Nazionale di roma. Conosce in quegli anni giovani artisti torinesi come Mario Merz e piero ruggeri.
Nel 1955 è invitato con un gruppo di disegni alla Biennale di San paolo del Brasile.
Nel 1956 insegna al liceo artistico di Torino. Muore a Torino nel 1958.
SEGNI DI UNA INTERIORITA' RIVELATA
«Ora ho i tuoi dipinti intorno a me,
li guardo e ognuno di essi rinnova
l'emozione di mille occasioni e momenti
vissuti con te, della tua irruenza che
mascherava una estrema sensibilità...».
Jetta Donegà
Il percorso del nuovo appuntamento con Luigi Spazzapan, si apre con un ricordo di Jetta Donegà, con il fluire inesausto e rapidissimo del segno che delinea un volto di ragazza, un toro con banderillero o un uomo squartato risolto con un senso di alta, dolorosa, straordinaria tensione emotiva.
Per questa occasione, Luca e Francesca Barsi propongono un nucleo di dipinti e disegni che permette di ripercorrere, in estrema sintesi, le cadenze di una stagione quanto mai complessa, vibrante, scandita nella Torino del musicologo Massimo Mila e Marziano Bernardi, di Riccardo Gualino e Mattia Moreni, di Umberto Mastroianni e Giulio Da Milano, Massimo Quaglino, del pittore e scrittore Guido Seborga e del gruppo dei «Sei» con Gigi Chessa, Francesco Menzio, Jessie Boswell, Nicola Galante, Enrico Paulucci e Carlo Levi. E proprio l'autore di «Cristo si è fermato a Eboli», sottolinea come l'artista di Gradisca «Faceva allora disegni eccellenti di cavalli e di tori, linee pure trovate attraverso decine di approssimazioni fino al geroglifico». Mentre Luigi Carluccio suggerisce che «I contatti con i Sei pittori e con Edoardo Persico sono stati un fattore rilevante nella carriera di Spazzapan. Egli non partecipa effettivamente al gruppo, ma gli è spiritualmente vicino» e, in particolare, «Spazzapan stesso avrebbe dovuto essere della partita, che come è noto si è conclusa invece con un diverso schieramento»(Angelo Dragone).
Nel capoluogo piemontese, Spazzapan era arrivato nel 1928 chiamato dall'architetto razionalista Umberto Cuzzi, per lavorare alla decorazione del Padiglione della Chimica, progettato dall'architetto Giuseppe Pagano per l'Esposizione Internazionale di quell'anno. Per la verità, scrive Mirella Bandini, «la decorazione murale non gli fu affidata, ma realizzata da Gigi Chessa...Egli però rimase a Torino». Alla costruzione dei padiglioni, collaborarono Felice Casorati e Teonesto Deabate.
L'anno successivo, i suoi disegni «Natura morta» e «Nudi» sono presenti alla Prima Esposizione Sindacale della Società Promotrice di Belle Arti, nella sala dei futuristi torinesi: da Ugo Pozzo a Nicolay Diulgheroff, Fillia e lo scultore Mino Rosso.
La sua attività si delinea, quindi, secondo una personale definizione della pittura che ha descritto nel catalogo della «Seconda Quadriennale» di Roma del 1935: «Sono risolutamente contrario ad ogni criterio prestabilito di organizzazione del quadro. Ad ogni attività sistematica, ad ogni metodo...».
E i suoi quadri esprimono perciò il senso di una disinvolta, rabdomantica, suggestiva incisività della linea che trasmette la tensione di un pensiero che guida un gesto capace di tradurre intuizioni e sensazioni, reinterpretare uno scorcio della «Costa Amalfitana» o «San Marco e il leone» o, ancora, un «Nudo sdraiato in riposo», esposto nel 2004 a Il Filatoio di Caraglio, nella mostra «Luigi Spazzapan. Tra figura e astrazione», realizzata da Mirella Bandini e Maria Teresa Roberto.
In ogni caso, Spazzapan appare profondamente legato all'ambiente culturale di Torino, dove frequenta Edoardo Persico, Lionello Venturi e Sandro Alberti, gli scultori Franco Garelli e Umberto Mastroianni, l'architetto Ettore Sottsass e gli intellettuali e scrittori Maurizio Corgnati, Piero Bargis, Oscar Navarro, Guido Hess (Seborga).
Dopo aver presieduto nel 1947 il comitato promotore della mostra «Arte italiana d'oggi. Premio Torino», viene invitato alla Biennale di Venezia (1950), alla rassegna «Pittori d'oggi Francia-Italia» a Torino(1951), presentato in catalogo da Luigi Carluccio e Jacques Lassaigne, alla «I Biennale del Museo d'arte Moderna» di San Paolo del Brasile e alla «VI Quadriennale d'arte Nazionale» di Roma, entrambe nel 1951.
Tra i giovani artisti dell'inizio anni Cinquanta entra in contatto con Mario Merz e Piero Ruggeri. Quest'ultimo ne ricorda così la figura e la personalità artistica: «è indice della grandezza di un artista il non poter separare il personale sviluppo del suo stile da quello del suo tempo, ed è proprio il caso del pittore Luigi Spazzapan; e se da una parte la sua opera e le sue teorie sono la sintesi della tradizione a cui egli apparteneva d'altra si trovano in esse motivi radicalmente innovatori che hanno ispirato generazioni d'artisti...fu capace di trasmettere quel qualcosa della propria prodigiosa energia creativa, la sua fede nel valore essenziale che ha l'arte per la cultura umana...».
Una energia creativa che si dispiega attraverso le caricature create sui tavoli dei caffè di Gorizia, la grafica pubblicitaria, le copertine per libri, le illustrazioni per la Gazzetta del Popolo e i numerosissimi disegni eseguiti sino alla morte avvenuta nel 1958. «La produzione dell'artista goriziano nei primi anni a Torino - afferma Mirella Bandini -, periodo di grande povertà e malattie, continuò ad essere prevalentemente di tipo grafico, come i bellissimi disegni a china acquerellati e dilavati (i «lavis») esposti nel '31 a Milano al Milione e nel '32 alla Jeune Europe di Parigi. Soggetti più naturalistici: cavalli, autoritratti, nudi femminili, i ritratti degli amici Persico, Velso Mucci, Eugenio Giletti, Lorenzo Gigli, si intrecciano con le tematiche espressioniste come nella serie, straordinaria , dei «Mangiatori di lische» e «Scheletri nel bosco»...».
Nelle sue immediate e sorprendenti pagine si coglie ancora il fascino delle vedute del Valentino con gli alberi d'autunno, i viali e i ponti, i pescatori sul Po, i palazzi storici avvolti dalla nebbia, la figura di Ginia, la compagna scomparsa nel 1948: «Ginia che per tanti anni mi ha fatto dolce compagnia» (da una lettera a Jetta Donegà, da Torino, Ferragosto 1957).
Nel 1931 e 1942, collabora con tavole grafiche a «Il Selvaggio» diretto da Mino Maccari: «il foglio più originale che sia stato pubblicato in Italia durante il fascismo». Maccari era in quel periodo caporedattore a La Stampa, al seguito del direttore Curzio Malaparte. Nella redazione della rivista Spazzapan conosce Velso Mucci, Eugenio Galvano, i pittori Italo Cremona e Albino Galvano, l'architetto Carlo Mollino e il poeta Alfonso Gatto.
Parlando del suo lavoro, racconta: «...intere notti senza potermi fermare. Credo che sia il massimo che abbia fatto anche perchè la mano mi si è fatta ancora più «bella» e mi ubbidisce anche nei momenti di massima frenesia...». Una mano che gli ha permesso di fissare i giocatori di una partita a scacchi nel 1947 o la china colorata «Composizione geometrica verticale», dove si avverte «l'assimilata cultura sotto il segno di Kandinsky e del gruppo «Abstraction-Crèation», che si esprime con una struttura inconsueta nel panorama della sua pittura, ma sicuramente pervasa da un rigore non privo di una sottesa musicalità. La composizione, inserita nel catalogo generale di Sandro Alberti e Angelo Dragone (Vallecchi Editore, 1981), fa anche parte delle tavole che illustrano la monografia «Luigi Spazzapan», delle Edizioni d'Arte Mario Gros&C. Torino, 1960, con un testo di Giuseppe Marchiori: «Rivedo Spazzapan, ai tempi del Premio Torino, in un caffè in piazza Castello, col grosso bastone infilato sul braccio, con la cravattina a farfalla e gli occhiali a molla, accurato nel vestire e composto, ma pronto a roteare gli occhi dietro le lenti e a infuriarsi, minaccioso, alle prime frasi di chi si azzardava a fargli dei discorsi sgraditi». E prosegue «Senza correggere niente»: sembra il motto che definisce l'arte di Spazzapan; la sua maestria nel tradurre in immagini sogni e ricordi, impressioni e emozioni...Quanti disegni ha fatto Spazzapan? La maggior parte di essi andò bruciata durante l'ultima guerra...Alcuni furono pubblicati e commentati da Lionello Venturi, che fu tra i primi a acquistare disegni di Spazzapan».
Gli studi intorno alla sua personalità confermano gli aspetti di una ricerca in cui «La sua vita - scrive Edoardo Persico nel 1932 - tutto quello che sa e immagina, è un'aspirazione incontenuta ad uscire dai limiti della provincia per accostarsi all'Europa. In questo, Spazzapan assomiglia a tutti quei pittori «deracinès» che hanno fatto negli ultimi trent'anni la rivoluzione in pittura: a Chagall e Kandinsky. Ma, forse, egli può accostarsi meglio a Pascin...».
Ritornando ai quadri in mostra, si coglie l'essenza della scansione espressiva di Spazzapan nell'acquarello informale «Notte trasfigurata», nell'olio su masonite «La palude (ardente)» (esposto alla Biennale di Venezia del 1960), nella tempera su carta intelata «Autoritratto» del 1938, in «Apparizione notturna» del 1956 e nel «Nudo tra i fiori», che fanno parte del «corpus» delle opere pubblicate nel catalogo monografico «Luigi Spazzapan. La collezione di Jetta Donegà» (edito da Allemandi, Torino), realizzato per la mostra agli Antichi Maestri Pittori del 1991. «La bella amicizia tra il pittore Luigi Spazzapan e la scultrice Jetta Donegà durò dieci anni circa, fino alla morte del maestro goriziano nel 1958». Con queste parole Pino Mantovani, introduce il lettore all'interno del mondo di Spazzapan e mette in luce che «...L'occasione della mostra è comunque preziosa, oggettivamente, per alcuni motivi che è doveroso almeno segnalare. In primo luogo la possibilità di vedere esposte al meglio un gruppo di opere di Spazzapan, raccolte in anni di frequentazione assidua e intelligente confidenza ...rispetto ad analoghe collezioni «storiche», cioè costruite vivente il pittore, un fatto risulta immediatamente evidente: che la nostra collezione è l'unica a coprire con una certa omogeneità l'intera vicenda artistica di Spazzapan...».
Una vicenda segnata da un singolare rapporto con l'ambiente artistico, come si «scopre» in un lettera alla figlia Danusa (Nusa) del 30 maggio 1956:«Il 10 giugno andrò a Venezia per l'inaugurazione della Biennale (la Mostra d'arte più grande del mondo: è internazionale e espongono 30 nazioni). Io espongo con i maestri un quadro solo. Questa mia posizione di maestro non mi piace molto. Mi rende triste. Niente più lotte! Non mi piace proprio. Ci andrò perchè mi diverte molto la polemica e il pettegolo degli artisti e dei critici. Poi si rivede tanta gente e si fanno nuove conoscenze e poi e poi Venezia è sempre bella e mi pare di essere a casa mia, di essere nato lì...».
E in queste considerazioni si definisce uno dei momenti dell'esistenza di Spazzapan, del suo essere pittore dalla sorprendente intensità, di un linguaggio che appartiene alla cultura visiva del Novecento.
Angelo Mistrangelo
24
maggio 2012
Luigi Spazzapan – Segni di una interiorità rivelata
Dal 24 maggio al 15 giugno 2012
arte contemporanea
Location
GALLERIA ACCADEMIA
Torino, Via Dell'accademia Albertina, 3, (Torino)
Torino, Via Dell'accademia Albertina, 3, (Torino)
Orario di apertura
DALLE 10 ALLE 12.30 E DALLE 16.30 ALLE 19.30. Lunedì e festivi chiuso
Vernissage
24 Maggio 2012, ore 18
Autore
Curatore