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Politikaction. Il sistema è la crisi
Il 6 maggio del 2012 presso lo spazio Di.st.urb. di Scafati trenta soggetti tra artisti e collettivi – tutti differenti dai protagonisti della mostra del 1972, tutti di una fascia d’età grosso modo analoga a quella cui questi ultimi appartenevano allora, ma questa volta, in conformità con le enormi trasformazioni nel frattempo avvenute nella sfera delle comunicazioni, naturalmente in grado di rappresentare un’area geografica più ampia – sono chiamati a riprendere il discorso di allora in rapporto alla specificità dell’attuale momento storico.
Comunicato stampa
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Il 26 febbraio del 1972 presso il Centro Sud-Arte di Scafati si inaugura la “mostra-manifestazione” Politikaction, a cura della Cellula Grafica “J. Heartfield”, coordinata da Franco Cipriano, insieme ad Adriano Mele, Ciro Esposito e Gaetano Gravina, tutti artisti provenienti dalle fila delle iniziative aggregatorie che Luca (Luigi Castellano) ha animato durante gli anni immediatamente precedenti. L'evento, coinvolgendo trenta soggetti tra singoli artisti e collettivi, prelude alla fondazione della Prop-Art, formazione in cui lo sforzo di identificazione-fusione tra pratica artistica e militanza politica raggiunge, nella parabola luchiana, il suo acme.
La spinta propulsiva del Sessantotto si avverte ancora viva ed operante, eppure il clima lentamente sta cambiando. Se l’escalation del terrorismo si muoverà di pari passo con quella della repressione, l’esaurirsi del paradigma fordista, sbilancerà repentinamente il conflitto tra capitale e lavoro a favore del primo. Parallelamente si infrangerà non solo il sogno di un’arte come sovversione, ma persino la realtà di un’arte come proiezione verso una mai esausta sperimentazione. Eppure le pratiche estetiche di alternativa non scompariranno mai del tutto, ma continueranno, benché relegate in una posizione marginale, procedendo quasi alla stregua della “vecchia talpa” marxiana, pronta a riemergere al momento opportuno.
Il 6 maggio del 2012 presso lo spazio Di.st.urb. di Scafati trenta soggetti tra artisti e collettivi – tutti differenti dai protagonisti della mostra del 1972, tutti di una fascia d’età grosso modo analoga a quella cui questi ultimi appartenevano allora, ma questa volta, in conformità con le enormi trasformazioni nel frattempo avvenute nella sfera delle comunicazioni, naturalmente in grado di rappresentare un’area geografica più ampia - sono chiamati a riprendere il discorso di allora in rapporto alla specificità dell’attuale momento storico. Nel mezzo tutta una molteplicità di vicende storico-artistiche attraverso le quali si dipana, non senza smottamenti e discontinuità, la “lunga linea rossa”, per adoperare un’espressione cara a Luca, dell’arte politica internazionale – da Beuys alla critica istituzionale di Haacke e Broodthaers; dai collettivi attivisti americani degli anni ottanta a Jaar o Hammons, dall’arte attivista Post-Seattle alle recentissime operazioni originatesi nel contesto dei nuovi movimenti di contestazione.
Il paradigma neoliberista conosce ormai, in seguito alla grave recessione in cui è sprofondata l’economia mondiale a partire dal biennio 2006–2008, un grave declino di credibilità. Se la finanziarizzazione – e ad essa potrebbero aggiungersi le delocalizzazioni, la compressione dei salari, i tagli ai servizi pubblici… - ha funzionato alla stregua di un farmaco in grado di conservare in vita un capitalismo altrimenti destinato ad una lenta agonia, quello della metà degli anni settanta, cosa succede nel momento in cui gli effetti collaterali divengono insostenibili? E quanto, d’altra parte, il ritorno ad un capitalismo “in buona salute” sarebbe auspicabile in sé, anche tirando in ballo le tutt’altro che secondarie implicazioni di sostenibilità ambientale? Nessuno oggi in coscienza è davvero in grado di fornire una risposta, eppure pian piano si vanno diffondendo fermenti ed istanze che rappresentano forse l’unica autentica speranza. Essa s’incarna nei movimenti Occupy che, a partire dal 15 maggio dello scorso anno a Madrid, si sono andati diffondendo praticamente in tutto il mondo; nelle loro rivendicazioni di libertà dal giogo della finanza e nelle loro istanze di riqualificazione dello spazio del politico; nel percorso della riappropriazione e della difesa dei beni comuni, al di là dello sfruttamento intensivo del capitale e del dirigismo burocratico e per una gestione partecipata, tendendo, secondo il celebre slogan zapatista, verso «un mondo in cui molti mondi siano possibili». Una sorta di metafora di tale paradigma è individuabile nel display stesso della mostra, ove ogni artista è appunto chiamato a fornire un suo contributo personale, ma anche a ricondurlo entro un ambito di significazione più ampio, realizzando in tal modo un opera che è individuale e collettiva insieme o forse, semplicemente, comune.
Nel contesto della mostra mercoledì 16 maggio, dalle ore 19, si terrà il convegno L’azione politica dell’arte, cui parteciperanno Franco Cipriano, artista visivo, promotore di Politikaction nel 1972; Patrizio Esposito, artista visivo, già coordinatore del “Gruppo Rosso 2”; Francesca Guerisoli, curatrice e storica dell’arte, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Riccardo Fadda, artista visivo, membro del collettivo “Az.Namusn.Art”; Ciro Vitale, artista visivo, mentre lunedì 28 maggio, sempre dalle ore 19, L’arte del sistema. Per una critica politica, cui parteciperanno Marco Baravalle, curatore e attivista, cofondatore del S.A.L.E., Venezia; Emiliano Brancaccio Economista, Università del Sannio, Benevento; Maddalena Fragnito, artista visiva, cofondatrice del collettivo “I lavoratori dell’arte”; Salvatore Manzi, artista visivo; Maurizio Zanardi, filosofo,cofondatore delle edizioni Cronopio.
Di.st.urb. (Distretto di studi e relazioni urbane/in tempo di crisi), spazio dedicato alle arti visive annesso al circolo culturale Ferro3, si pone l’obbiettivo di attirare ed aggregare un ampio e diversificato gruppo, costantemente in fieri, di artisti, di critici e curatori, nonché di intellettuali afferenti ad altri ambiti e discipline interessati al confronto con i linguaggi dell’arte, adottando una prospettiva globale, ma prestando la massima attenzione anche al territorio. Prima ancora che area espositiva, funzione che pure gli è assolutamente propria, esso va dunque inteso come un cantiere in cui soggettività differenti per formazione e vocazione concorrono nell’articolazione di un discorso sempre suscettibile di nuovi apporti e sconfinamenti, ma anche costantemente fedele a due linee-guida ben definite. Esse sono sintetizzabili nei termini di un’arte come esercizio di strenua messa in questione della sua stessa natura, nonché come pratica votata al continuo confronto con la dimensione socio-politica, il che, allo stato attuale, si traduce inevitabilmente nell’intreccio con i nodi costituiti dai molteplici volti - economico, ecologico, politico, sociale – della crisi mondiale in corso, che è in definitiva crisi irreversibile dei paradigmi sui quali da oltre due secoli si fonda la civiltà occidentale.
La spinta propulsiva del Sessantotto si avverte ancora viva ed operante, eppure il clima lentamente sta cambiando. Se l’escalation del terrorismo si muoverà di pari passo con quella della repressione, l’esaurirsi del paradigma fordista, sbilancerà repentinamente il conflitto tra capitale e lavoro a favore del primo. Parallelamente si infrangerà non solo il sogno di un’arte come sovversione, ma persino la realtà di un’arte come proiezione verso una mai esausta sperimentazione. Eppure le pratiche estetiche di alternativa non scompariranno mai del tutto, ma continueranno, benché relegate in una posizione marginale, procedendo quasi alla stregua della “vecchia talpa” marxiana, pronta a riemergere al momento opportuno.
Il 6 maggio del 2012 presso lo spazio Di.st.urb. di Scafati trenta soggetti tra artisti e collettivi – tutti differenti dai protagonisti della mostra del 1972, tutti di una fascia d’età grosso modo analoga a quella cui questi ultimi appartenevano allora, ma questa volta, in conformità con le enormi trasformazioni nel frattempo avvenute nella sfera delle comunicazioni, naturalmente in grado di rappresentare un’area geografica più ampia - sono chiamati a riprendere il discorso di allora in rapporto alla specificità dell’attuale momento storico. Nel mezzo tutta una molteplicità di vicende storico-artistiche attraverso le quali si dipana, non senza smottamenti e discontinuità, la “lunga linea rossa”, per adoperare un’espressione cara a Luca, dell’arte politica internazionale – da Beuys alla critica istituzionale di Haacke e Broodthaers; dai collettivi attivisti americani degli anni ottanta a Jaar o Hammons, dall’arte attivista Post-Seattle alle recentissime operazioni originatesi nel contesto dei nuovi movimenti di contestazione.
Il paradigma neoliberista conosce ormai, in seguito alla grave recessione in cui è sprofondata l’economia mondiale a partire dal biennio 2006–2008, un grave declino di credibilità. Se la finanziarizzazione – e ad essa potrebbero aggiungersi le delocalizzazioni, la compressione dei salari, i tagli ai servizi pubblici… - ha funzionato alla stregua di un farmaco in grado di conservare in vita un capitalismo altrimenti destinato ad una lenta agonia, quello della metà degli anni settanta, cosa succede nel momento in cui gli effetti collaterali divengono insostenibili? E quanto, d’altra parte, il ritorno ad un capitalismo “in buona salute” sarebbe auspicabile in sé, anche tirando in ballo le tutt’altro che secondarie implicazioni di sostenibilità ambientale? Nessuno oggi in coscienza è davvero in grado di fornire una risposta, eppure pian piano si vanno diffondendo fermenti ed istanze che rappresentano forse l’unica autentica speranza. Essa s’incarna nei movimenti Occupy che, a partire dal 15 maggio dello scorso anno a Madrid, si sono andati diffondendo praticamente in tutto il mondo; nelle loro rivendicazioni di libertà dal giogo della finanza e nelle loro istanze di riqualificazione dello spazio del politico; nel percorso della riappropriazione e della difesa dei beni comuni, al di là dello sfruttamento intensivo del capitale e del dirigismo burocratico e per una gestione partecipata, tendendo, secondo il celebre slogan zapatista, verso «un mondo in cui molti mondi siano possibili». Una sorta di metafora di tale paradigma è individuabile nel display stesso della mostra, ove ogni artista è appunto chiamato a fornire un suo contributo personale, ma anche a ricondurlo entro un ambito di significazione più ampio, realizzando in tal modo un opera che è individuale e collettiva insieme o forse, semplicemente, comune.
Nel contesto della mostra mercoledì 16 maggio, dalle ore 19, si terrà il convegno L’azione politica dell’arte, cui parteciperanno Franco Cipriano, artista visivo, promotore di Politikaction nel 1972; Patrizio Esposito, artista visivo, già coordinatore del “Gruppo Rosso 2”; Francesca Guerisoli, curatrice e storica dell’arte, Università degli Studi di Milano-Bicocca; Riccardo Fadda, artista visivo, membro del collettivo “Az.Namusn.Art”; Ciro Vitale, artista visivo, mentre lunedì 28 maggio, sempre dalle ore 19, L’arte del sistema. Per una critica politica, cui parteciperanno Marco Baravalle, curatore e attivista, cofondatore del S.A.L.E., Venezia; Emiliano Brancaccio Economista, Università del Sannio, Benevento; Maddalena Fragnito, artista visiva, cofondatrice del collettivo “I lavoratori dell’arte”; Salvatore Manzi, artista visivo; Maurizio Zanardi, filosofo,cofondatore delle edizioni Cronopio.
Di.st.urb. (Distretto di studi e relazioni urbane/in tempo di crisi), spazio dedicato alle arti visive annesso al circolo culturale Ferro3, si pone l’obbiettivo di attirare ed aggregare un ampio e diversificato gruppo, costantemente in fieri, di artisti, di critici e curatori, nonché di intellettuali afferenti ad altri ambiti e discipline interessati al confronto con i linguaggi dell’arte, adottando una prospettiva globale, ma prestando la massima attenzione anche al territorio. Prima ancora che area espositiva, funzione che pure gli è assolutamente propria, esso va dunque inteso come un cantiere in cui soggettività differenti per formazione e vocazione concorrono nell’articolazione di un discorso sempre suscettibile di nuovi apporti e sconfinamenti, ma anche costantemente fedele a due linee-guida ben definite. Esse sono sintetizzabili nei termini di un’arte come esercizio di strenua messa in questione della sua stessa natura, nonché come pratica votata al continuo confronto con la dimensione socio-politica, il che, allo stato attuale, si traduce inevitabilmente nell’intreccio con i nodi costituiti dai molteplici volti - economico, ecologico, politico, sociale – della crisi mondiale in corso, che è in definitiva crisi irreversibile dei paradigmi sui quali da oltre due secoli si fonda la civiltà occidentale.
06
maggio 2012
Politikaction. Il sistema è la crisi
Dal 06 al 28 maggio 2012
arte contemporanea
Location
DI.ST.URB – CIRCOLO FERRO3
Scafati, Via Nazionale, 131, (Salerno)
Scafati, Via Nazionale, 131, (Salerno)
Orario di apertura
11.30-13 e 18.22, lunedì chiuso
Vernissage
6 Maggio 2012, ore 19.00
Autore
Curatore