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MAD@Teatro Spaziozeronove ARTE: Massimiliano Frumenti TEATRO: “Gli ebrei sono matti”
Venerdì 13 aprile si svolgerà il sesto appuntamento di MAD@TeatroSpaziozeronove, iniziativa di MAD Rassegna d’Arte Contemporanea di Fabio D’Achille in collaborazione con il Teatro Spaziozeronove di Fabio Ramiccia.
Comunicato stampa
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Venerdì 13 aprile si svolgerà il sesto appuntamento di MAD@TeatroSpaziozeronove, iniziativa di MAD Rassegna d’Arte Contemporanea di Fabio D’Achille in collaborazione con il Teatro Spaziozeronove di Fabio Ramiccia. Nel foyer del Teatro di Cisterna saranno esposti alcuni dipinti e un’installazione di Massimiliano Frumenti in concomitanza con la rappresentazione teatrale “Gli ebrei sono matti”. La mostra sarà inaugurata alle ore 20,00, mentre lo spettacolo inizierà alle 21,00.
Massimiliano Frumenti nasce a Roma nel 1966. Figlio d’arte, non ha frequentato l’Accademia, ma ha trascorso molto tempo nello studio del padre, pittore della prima scuola romana, prendendo però le distanze da quella cifra stilistica. Nel 1987 si svolge la sua prima personale intitolata “L’amore è un gran selvaggio”, allestita nella “Galleria Interno 3” in Piazza S. Ignazio di Loyola e presentata da Dario Bellezza. Ha collaborato con il Teatrodanza di Roma nell’allestimento delle scenografie, si è dedicato alla scultura in argilla, che definisce “materia viva”, esponendo a Madrid e in Francia. Ha realizzato installazioni di scena site specific per la “Compagnia Balletto” di Spoleto e per il “Teatro Sala 1” di Roma. Ha lavorato con i registi Mario Mattutini, Riccardo De Torrebuona, Sharou Keradman, Hossein Taheri, Antonio Billo Cannella. Da segnalare la collaborazione con Pina Bausch nella produzione dello spettacolo “Oh Dido” per il Teatro Argentina di Roma. Le sue opere sono esposte in diverse gallerie internazionali: a Milano nella “Now here Gallery” di Orio Verengani; a Roma nella “Galleria Mucciaccia”; a Parigi nella “Galleria Idee des Artistes”; a Madrid nella “Galleria Arte y Naturaleza”. I suoi lavori sono presenti anche in diverse collezioni private: presso la collezione “Massimo Lacchei” di Roma; nella collezione romana “Catherin d’Oleac”; a Parigi presso la collezione “Kerardman”. Hanno scritto di lui: Elio Mercuri, Luca Nicolai, Alessandro Pierotti e Antonio Veneziani. Quest’ultimo lo ha intervistato per la collana “Colloqui d’Arte” edita da Antonio La Porta. E’ tra i fondatori della Biennale d’Arte Contemporanea di Porto Ercole che si svolge nel “Forte Stella”, storica e prestigiosa location disegnata da Michelangelo Buonarroti. Marco Curato ha curato una sua intervista a Radio Rai Internetional. Attualmente vive e lavora tra Roma e Latina.
Sulla sua poetica artistica riportiamo l’interpretazione critica di Laura Cianfarani:
“La componente irrazionale e istintiva dei dipinti di Massimiliano Frumenti nasce paradossalmente da un attento studio dei musei e dell’arte del ‘900. Così l’artista approda a una sintesi e ad una rielaborazione sia concettuale che tecnica di vari passaggi della pittura novecentesca, attraverso l’uso del colore e del gesto.
Nelle sue opere sono presenti spunti delle maggiori correnti artistiche del secolo scorso, dal Divisionismo all’Espressionismo tedesco, da Munch a Gauguin, dai movimenti primitivisti ai Fauve. Questo gli consente di raggiungere una cifra stilistica particolarissima ed estremamente personale che è impossibile da definire e da etichettare. Lo strumento principale con cui si misura è il colore, a volte steso con campiture nette, altre con pennellate vorticose e spatolate, altre ancora con le dita o con pennelli piccolissimi attraverso cui delinea particolari come le foglie degli alberi. Per questo motivo la sua arte non può rientrare in alcuna categoria, dalle sue opere emergono letture stratificate, il mondo dell’artista e quello del fruitore interagiscono in una sorta di empatia dettata dalla gestualità materica. Viene a stabilirsi una comunicazione che è aperta per antonomasia, e l’apertura è generata dal desiderio di entrare in relazione con l’osservatore e garantirgli libertà d’interpretazione. La libertà è accentuata dagli spazi sottili come fessure, non coperti dal colore, aperture che chi osserva i suoi quadri è chiamato a colmare sulla base delle sensazioni e delle emozioni che prova. Molte caratteristiche dei suoi dipinti, come la componente esotica, sono puramente istintivi: Massimiliano non lavora sulla base di un progetto prestabilito, ma secondo una modalità di espressione inconscia che lo conduce alla sorprendente scoperta di una parte di sé che non era consapevole di possedere. L’artista è solo il tramite, lo strumento del prodotto pittorico, della superficie bianca che si animerà e assumerà una forma. La sua arte è materica, concepisce la materia come qualcosa di vivo e palpitante e desidera cimentarsi con vari supporti. In particolare le opere presenti in questa mostra sono realizzate su carta da parati, un materiale di uso comune, la cui natura originaria è stravolta dall’artista che ne propone un utilizzo diverso che implica una ricerca su ciò che è effimero, deperibile, soggetto a decadenza e deterioramento. Così da una superficie leggera, sottile e poco consistente il segno grafico della puntasecca e la matericità del colore emergono con maggior forza, creando nello spettatore una sensazione di conturbante stupore pari a quello ravvisabile nelle figure dagli occhi e dalle bocche enormi.
Rispetto a questi dipinti l’installazione realizzata con un materiale pesante come l’alluminio si pone quasi in antitesi, ma è un’antinomia solo apparente: la struttura poggia pesantemente a terra ma è alleggerita dalle ali della figura dipinta, creando così un doppio livello di lettura.
La poliedricità formale implica il piacere della sperimentazione ma anche il desiderio di fusione di elementi diversi per generare qualcosa di nuovo, unico e irripetibile. A questo proposito non parrà azzardato il paragone con la musica: come l’adagio o il forte della musica classica presi singolarmente sono entità separate, isolate, “finite”, messe insieme creano una sinfonia e un’armonia, armonia di forma e colore, di conscio e inconscio che viaggiano insieme, di figure immerse in paesaggi ora scabri, ora verdi e lussureggianti”.
La pièce teatrale “Gli ebrei sono matti”, ideata e diretta da Dario Aggioli, con Angelo Tantillo e Dario Aggioli, nel 2010 ha avuto la menzione speciale del Premio teatrale “Dante Cappelletti” e nel 2011 ha vinto il Premio “Giovani realtà del Teatro”. Parla di un ebreo che per sfuggire alla persecuzione fascista si rifugia in un manicomio dove imita un autentico fascista. Un matto vero fascista e un matto falso ebreo racconteranno la tragedia delle leggi razziali, attraverso la comicità della situazione.
Lo spettacolo si ispira ad un evento veramente accaduto: nella casa di cura per malattie mentali “Villa Turina Amione”, l’allora direttore, il professor Carlo Angela, padre del noto presentatore televisivo, offrì rifugio a numerosi antifascisti ed ebrei, confondendoli con i degenti.
Massimiliano Frumenti nasce a Roma nel 1966. Figlio d’arte, non ha frequentato l’Accademia, ma ha trascorso molto tempo nello studio del padre, pittore della prima scuola romana, prendendo però le distanze da quella cifra stilistica. Nel 1987 si svolge la sua prima personale intitolata “L’amore è un gran selvaggio”, allestita nella “Galleria Interno 3” in Piazza S. Ignazio di Loyola e presentata da Dario Bellezza. Ha collaborato con il Teatrodanza di Roma nell’allestimento delle scenografie, si è dedicato alla scultura in argilla, che definisce “materia viva”, esponendo a Madrid e in Francia. Ha realizzato installazioni di scena site specific per la “Compagnia Balletto” di Spoleto e per il “Teatro Sala 1” di Roma. Ha lavorato con i registi Mario Mattutini, Riccardo De Torrebuona, Sharou Keradman, Hossein Taheri, Antonio Billo Cannella. Da segnalare la collaborazione con Pina Bausch nella produzione dello spettacolo “Oh Dido” per il Teatro Argentina di Roma. Le sue opere sono esposte in diverse gallerie internazionali: a Milano nella “Now here Gallery” di Orio Verengani; a Roma nella “Galleria Mucciaccia”; a Parigi nella “Galleria Idee des Artistes”; a Madrid nella “Galleria Arte y Naturaleza”. I suoi lavori sono presenti anche in diverse collezioni private: presso la collezione “Massimo Lacchei” di Roma; nella collezione romana “Catherin d’Oleac”; a Parigi presso la collezione “Kerardman”. Hanno scritto di lui: Elio Mercuri, Luca Nicolai, Alessandro Pierotti e Antonio Veneziani. Quest’ultimo lo ha intervistato per la collana “Colloqui d’Arte” edita da Antonio La Porta. E’ tra i fondatori della Biennale d’Arte Contemporanea di Porto Ercole che si svolge nel “Forte Stella”, storica e prestigiosa location disegnata da Michelangelo Buonarroti. Marco Curato ha curato una sua intervista a Radio Rai Internetional. Attualmente vive e lavora tra Roma e Latina.
Sulla sua poetica artistica riportiamo l’interpretazione critica di Laura Cianfarani:
“La componente irrazionale e istintiva dei dipinti di Massimiliano Frumenti nasce paradossalmente da un attento studio dei musei e dell’arte del ‘900. Così l’artista approda a una sintesi e ad una rielaborazione sia concettuale che tecnica di vari passaggi della pittura novecentesca, attraverso l’uso del colore e del gesto.
Nelle sue opere sono presenti spunti delle maggiori correnti artistiche del secolo scorso, dal Divisionismo all’Espressionismo tedesco, da Munch a Gauguin, dai movimenti primitivisti ai Fauve. Questo gli consente di raggiungere una cifra stilistica particolarissima ed estremamente personale che è impossibile da definire e da etichettare. Lo strumento principale con cui si misura è il colore, a volte steso con campiture nette, altre con pennellate vorticose e spatolate, altre ancora con le dita o con pennelli piccolissimi attraverso cui delinea particolari come le foglie degli alberi. Per questo motivo la sua arte non può rientrare in alcuna categoria, dalle sue opere emergono letture stratificate, il mondo dell’artista e quello del fruitore interagiscono in una sorta di empatia dettata dalla gestualità materica. Viene a stabilirsi una comunicazione che è aperta per antonomasia, e l’apertura è generata dal desiderio di entrare in relazione con l’osservatore e garantirgli libertà d’interpretazione. La libertà è accentuata dagli spazi sottili come fessure, non coperti dal colore, aperture che chi osserva i suoi quadri è chiamato a colmare sulla base delle sensazioni e delle emozioni che prova. Molte caratteristiche dei suoi dipinti, come la componente esotica, sono puramente istintivi: Massimiliano non lavora sulla base di un progetto prestabilito, ma secondo una modalità di espressione inconscia che lo conduce alla sorprendente scoperta di una parte di sé che non era consapevole di possedere. L’artista è solo il tramite, lo strumento del prodotto pittorico, della superficie bianca che si animerà e assumerà una forma. La sua arte è materica, concepisce la materia come qualcosa di vivo e palpitante e desidera cimentarsi con vari supporti. In particolare le opere presenti in questa mostra sono realizzate su carta da parati, un materiale di uso comune, la cui natura originaria è stravolta dall’artista che ne propone un utilizzo diverso che implica una ricerca su ciò che è effimero, deperibile, soggetto a decadenza e deterioramento. Così da una superficie leggera, sottile e poco consistente il segno grafico della puntasecca e la matericità del colore emergono con maggior forza, creando nello spettatore una sensazione di conturbante stupore pari a quello ravvisabile nelle figure dagli occhi e dalle bocche enormi.
Rispetto a questi dipinti l’installazione realizzata con un materiale pesante come l’alluminio si pone quasi in antitesi, ma è un’antinomia solo apparente: la struttura poggia pesantemente a terra ma è alleggerita dalle ali della figura dipinta, creando così un doppio livello di lettura.
La poliedricità formale implica il piacere della sperimentazione ma anche il desiderio di fusione di elementi diversi per generare qualcosa di nuovo, unico e irripetibile. A questo proposito non parrà azzardato il paragone con la musica: come l’adagio o il forte della musica classica presi singolarmente sono entità separate, isolate, “finite”, messe insieme creano una sinfonia e un’armonia, armonia di forma e colore, di conscio e inconscio che viaggiano insieme, di figure immerse in paesaggi ora scabri, ora verdi e lussureggianti”.
La pièce teatrale “Gli ebrei sono matti”, ideata e diretta da Dario Aggioli, con Angelo Tantillo e Dario Aggioli, nel 2010 ha avuto la menzione speciale del Premio teatrale “Dante Cappelletti” e nel 2011 ha vinto il Premio “Giovani realtà del Teatro”. Parla di un ebreo che per sfuggire alla persecuzione fascista si rifugia in un manicomio dove imita un autentico fascista. Un matto vero fascista e un matto falso ebreo racconteranno la tragedia delle leggi razziali, attraverso la comicità della situazione.
Lo spettacolo si ispira ad un evento veramente accaduto: nella casa di cura per malattie mentali “Villa Turina Amione”, l’allora direttore, il professor Carlo Angela, padre del noto presentatore televisivo, offrì rifugio a numerosi antifascisti ed ebrei, confondendoli con i degenti.
13
aprile 2012
MAD@Teatro Spaziozeronove ARTE: Massimiliano Frumenti TEATRO: “Gli ebrei sono matti”
Dal 13 al 30 aprile 2012
arte contemporanea
Location
TEATRO SPAZIOZERONOVE
Cisterna Di Latina, Via Delle Regioni, 10, (Latina)
Cisterna Di Latina, Via Delle Regioni, 10, (Latina)
Biglietti
Mostra a ingresso libero.
COSTO SPETTACOLO TEATRALE: €10
Orario di apertura
dal giovedì alla domenica dalle 17,00 alle 20,00.
Vernissage
13 Aprile 2012, ore 20,00
Autore
Curatore