Il 9 marzo 2012 alle ore 17,30 si inagura al Museo Civico di arte contemporanea di Perugia di

Palazzo della Penna, la mostra di Evaristo Petrocchi “nell’immagine fonda”. La mostra, organizzata

con il patrocinio ed il contributo della Regione Umbria, della Provincia di Perugia e del Comune

di Perugia, è presentata da Italo Tomassoni e Bruno Corà ed interverranno l’assessore alla Cultura

della Regione Umbria, Fabrizio Bracco, l’assessore alla Provincia Ornella Bellini ed il sindaco di

Perugia Wladimiro Boccali.

Per l’occasione l’artista ha realizzato un volume (edito da effe Fabrizio Fabbri editore

Perugia. Testi critici di Italo Tomassoni e Bruno Corà) che riproduce le pagine dei cinque

libri “nell’immagine”, “nell’immagine fonda”, “nel denso”, “rimuovendo nel denso”, “nella forza”,

che verranno esposti in originale. “Nell’immagine fonda” è anche il titolo del video eseguito

dall’artista che verrà proiettato per l’occasione.

Il volume corrisponde all’esigenza di far conoscere al pubblico i cinque libri originali dell’artista

che costituiscono opera di particolare delicatezza anche se sono stati tecnicamente studiati ed

elaborati in modo tale da consentirne una visione e “lettura” per essere sfogliati come un qualsiasi

altro libro stampato: tuttavia risulterebbero assoggettati a facile usura e deterioramento se fossero

messi a disposizione del pubblico così come sono, senza precauzioni. La diretta visione al pubblico

del libri originali, che saranno poi custoditi in apposite bacheche visibili per tutta la durata della

mostra, sarà quindi consentita solo il giorno della inagurazione indossando particolari guanti

protettivi ed alla presenza di un operatore del comune di Perugia.

Oltre ai libri l’artista esporrà per l’occasione talune sue opere recenti.

Segue scheda tecnica dell’artista (italiano /inglese)

Evaristo Petrocchi

I titoli dei cinque libri “nell’immagine fonda”, “nell’immagine”, “nel denso”, “nella

forza”, “rimuovendo nel denso” non sono storie o racconti o diari ma lavori che ho realizzato

nel 2009 per concentrare e dilatare, al tempo stesso, l’opera d’arte nell’unico contesto di

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una “scultura cartacea”, un “microcosmo” fatto di materiali vari, collage di pitture, plastiche,

materiali industriali rielaborati e trattati con oro, bolo armeno, olio, bitume; e poi feltro, foglie,

fiori, oro, segmenti di immagini fotografiche rielaborate, direi anzi “drogate”, pitturate, sgraffiate

e rivissute, disegni, storie, date e luoghi di eventi immaginari passati, citazioni letterali.

In realtà si tratta di alcuni concetti chiave che ricorrono spesso nelle mie opere e nelle immagini

che uso (pezzi di foto, disegni, collage, tessuti ecc.) e che diventano così “fonde” perché

caratterizzate da alcuni elementi come il denso, il povero, il forte, il ricco, il rimosso.

Il denso è proprio di un materiale quando presenta una forte presenza di elementi culturali sino a

divenire quasi un concentrato di cultura e di memoria.

Il ricco è ciò che voglio effettivamente rappresentare e cioè che ciò che è povero nel denso è invece

assai ricco perché è la vera sostanza dell’essere e della materia. Ciò che è ricco non deve esserlo

solo per definizione né deve esprimere una mera intuizione concettuale: deve apparire realmente

per tale. Ecco allora l’uso frequente dell’oro e di pezzi preziosi platinati di color oro, come gioielli.

Il rimosso esprime lo spostamento mentale di un immagine o di un concetto chiave nell’opera

da un posto da un altro al fine di vedere che effetto produce l’operazione di inversione.

Ne sono espressione, le “strisciate” di colore, gli sgraffiamenti, da una parte all’altra. La

strisciata in questi casi tradisce l’intenzione e richiama l’evidenza sull’operazione compiuta

che è una operazione non convenzionale in quanto desta l’interesse non su quello che appare,

sull’immagine visibile, che infatti solo da un esame lenticolare appare decifrabile, ma su quello

che inaspettatamente racchiude. Può essere il semplice arrossamento chimico della fotografia

trattata con materia diluente o l’effetto abrasivo che annebbia ed invecchia le opere collocandole

in tempi lontani. Ponendo in tempi lontani (talvolta appaiono infatti luoghi e date passate) ciò è

stato rimosso sotto la superficie in realtà vuol dire proiettarlo nel futuro e nell’immortalità perché

vuol dire sottrarlo alla morte fisica come fatto naturale consequenziale.

Infine la “forza”: un materiale diviene forte quando da povero e denso viene attaccato e lavorato

per far esaltare tutto il contenuto culturale che possiede e quando, così svuotato e privo di energia

e consistenza propria, sembra esaurito, ecco allora che lo irrobustisco con nuova linfa vitale,

ipostatizzando quelle linee del pensiero che rappresenta e che sono fuoriuscite da questa ricerca di

profondità.

La copertina dei libri, come anche i contenitori sono finemente ricoperti e trattati con bolo

armeno ed oro, i dorsetti sono di foglia di tabacco che ancora profuma. Al centro delle facciate dei

contenitori sono poste immagini di teste come antiche icone simboliche del sapere mentre al centro

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della copertina di ciascun libro è collocata un immagine rielaborata di donne del primo novecento

coperta, in parte, solo da un piccolo quadrato nero, e posta in una cornice di celeste fotografico.

Le parti superiori ed inferiori dei contenitori sono anch’esse di celeste fotografico e simboleggiano

ancora una volta il cielo, l’apertura del libro all’infinito.

“Nell’immagine fonda”, da cui è tratto anche il video, come del resto le altre opere, sembra un

libro “antico” ma nella realtà testimonia l’attualità contraddittoria del divenire che assomma in

sé storie di fatti e di persone mai conosciute, talvolta abbandonate o comunque ritenute di scarso

valore culturale: un piede, una gamba, una fessura da cui si intravede una città, un volto sezionato

in due parti, capelli come graffi su una immagine fotografica, una vecchia che esce con l’ombrello

dai capelli ritoccati e sgraffiati, una foto di un elegante gentiluomo diviso in due segmenti

rielaborati e collocati in una cornice di erba pressata e pittura color oro con alcuni reperti celesti

di materiale industriale come fossero gemme preziose, dettagli preziosi di particolari insignificanti

che continuano a vivere con disegni di inchiostro sparso a punta fine, paesaggi, boschi, radure,

montagne, tratti da fotografie reali ma trasformati in luoghi misteriosi ed improbabili, petali

delicati di fiori, piccoli reperti d’oro come gioielli, ecc.

“Leggere” in tal modo significa percepire immagini che vivono nel presente e nel futuro trovando

però sostanza nella “densità” culturale dimenticata del nostro tempo.

"Nell’immagine fonda"

Video (2009)

(Durata 5.31 minuti)

Il video nasce dall’esigenza di far “vivere” i libri nel contesto che mi sembrava più naturale e cioè

quella del paesaggio e della natura che circonda i luoghi ed i materiali con i quali è stato in buona

parte realizzato. Il paesaggio della parte di Umbria dove vivo: la campagna di Assisi.

I libri possiedono infatti una vita autonoma proprio per la forte concentrazione che presentano di

elementi di “densità” culturale.

La realizzazione del video si incentra, in particolare, sul libro “nell’immagine fonda” e su quello

titolato “nell’immagine”. Ed infatti si possono notare nel video due parti che si riconoscono

dall’immagine della quercia al vento che si ripete due volte e che ne denota, per entrambe, il

rispettivo inizio. Nella prima parte del video si susseguono le pagine de “nell’immagine” da me

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fatte scorrere, una dopo l’altra. Nella seconda parte le pagine de “nell’immagine fonda” scorrono

invece da sole, agitate dal vento.

Ho infatti lasciato questo libro così delicato pericolosamente esposto al vento ed al rumore delle

foglie, degli alberi, per osservarne, - registrando il tutto nel video, le pagine una per una - come

reagiva, come si muoveva da solo, come una pagina poteva girare o non girare o sussultare e

apparire a seconda del vento stesso o della luce del momento.

La prima idea è stata quella di far sì che si sentissero i rumori della natura, lo stormir delle foglie

di una quercia e di un gelso, correnti improvvise d’aria, i sibili del vento, cinguettii di uccelli, come

un incessante intercalare di sottofondo che scansiona le pagine, mentre scorrono anche immagini

del vicino Monte Subasio e delle circostante piana di Assisi. Il risultato è stato di rendere il libro

una immagine “viva”, piena di spirito della natura, quasi animato da una forza animistica o

esoterica.

L’altra intenzione è stata però quella di far anche sentire la contaminazione della natura ad opera

della modernità e la sua inevitabile fusione con la prima. Quindi ho deciso di inserire nel video

brani di una colonna sonora di musica rock che rendesse inquieta la situazione, che facesse vedere

cioè la natura ed il libro profondamente agitato ed inquieto di fronte al divenire delle cose.

Alla fine i rumori del vento e la musica rock si sono fusi insieme ed il risultato è stato che lo

spettatore ha la sensazione di entrare dentro il libro navigando nelle varie immagini come

galleggiando sulle ali del vento della musica.

Tutto inizia con l’immagine di una quercia agitata nel vento in un cielo grigio e ventoso che crea

un’atmosfera agitata, inquieta: poi l’attenzione si accentra nell’oggetto“misterioso”, il libro,

che appare chiuso ed appoggiato su un morbido panno nero. Con le prime pagine appaiono due

fotografie, una gamba di donna con una scarpa pitturata ed semivolto sempre di una donna con un

occhio che nasconde inquietitudine. I suoi capelli sono in realtà graffi e abrasioni sulla foto posta

in un foglio grigio, macchiato di nero, di comune carta abrasiva. Scorrono, quindi, un ritratto a

pastello, verosimilmente una reinterpretazione della stessa donna, un vecchio negativo pitturato e

rielaborato, particolari di decorazioni ingentilite e proseguite con fini tracce di disegno, un viale di

campagna tra gli alberi posto su una sfoglia di plastica blu trattata, pitturata e abrasa, di fronte ad

un fiore arancione di altea secco, accompagnato da una scritta: Parigi 1718.

Appare inoltre un profilo misterioso di una sagoma di volto in una cornice di tessuto vecchio e

macchiato, mentre il suo “doppio” viene disegnato nella pagina accanto in una zona più chiara.

Infine un petalo di fiore prima di ritornare al vento ed alla quercia: inizia così la seconda parte e le

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pagine - questa volta – girano da sole.

La finale è una folata di vento più forte che agita d’un sol colpo le foglie del gelso e poi tutto tace.

L’”oro”

L’esigenza di impreziosire immagini e materiali con l’uso dell’oro si esplica fin dall’antichità con

funzioni diverse, tutte comunque preordinate a richiamare l’attenzione sul valore “superiore”

che esse recano, al di sopra degli uomini. Sacro ed oro sono spesso sinonimi e conferiscono un

significato anche visibile ed apparente ad una “sostanza” trascendente di cui si può percepire

soltanto il messaggio religioso ma che abbisogna anche di essere compresa e proposta in modo

plateale.

Se si sottraggono i significati religiosi e trascendenti, l’oro tuttavia conserva un suo

valore “spirituale” che laicamente può ricondursi alla necessità di far capire l’importanza

assoluta di qualcosa o qualcuno che altrimenti ricadrebbe nella banale ordinarietà quotidiana. Ciò

che già risulta “bello” e perciò ha un valore intrinseco in sé non abbisogna in realtà dell’oro, che

tuttavia esplica in questo caso una funzione di mero richiamo dell’estetica. Una donna “bella” si

può contornare di abiti e gioielli d’oro al solo scopo di mettere in mostra la sua bellezza.

Ma ciò che è stato dimenticato o abbandonato o non visto può essere arricchito con l’oro se si

vuole dare attenzione al “tesoro” che nasconde, se esiste un tesoro al di là dell’estetica.

L’uso dell’oro nel tempo attuale ritengo che debba essere volto a dimostrare l’importanza

di significati che tendono a sfuggire dalla dialettica dei valori sociali di cui comunemente si

discute: l’apparire, il successo, il benessere, la felicità, l’appagamento, la vita privata. Quindi un

uso “all’inverso” di quello che comunemente ci si aspetta da un materiale prezioso. Non quello

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di portare luce su ciò che già riluce ma quello di consentire di mettere in evidenza la necessità di

approfondire, schiarire, penetrare nel profondo dell’humus della realtà quotidiana.

I materiali che utilizzo sono materiali “poveri”, carta rifiuti industriali, ferocemente abrasi e poi

delicatamente ricomposti.

L’oro li avvolge, in diverse forme, ora più velate, ora più aggressive e ciò che avvolge sono talvolta

mirabili composizioni naturalistiche, come di foglie di ulivo, di nocciole, mandorle, fiori di altea,

lavande, baccelli di glicine o semi di pepe.

Ma di questo processo la traccia evidente, a cui l’oro stesso risulta finalizzato, sono immagini

fotografiche improbabili e misteriose, di eventi mai accaduti e che si ripropongono nella loro

assoluta novità ed attualità. La sostanza dell’attualità emerge così dall’ombra e riduce l’estetica

ad un fatto puramente strumentale: dimostrare la ricchezza e la densità della sostanza delle

cose. Perfino l’immagine fotografica che rappresenta l’estetica

materiale “denso” oggetto di imprevedibili esiti derivante dalla sua corrosione con liquidi e

diluenti che ne alterano le proprietà fisiche e funzionali.

per eccellenza è ridotta a

L’uso della fotografia

La dimensione reale dell’arte non può limitarsi ad una mera riproduzione dell’immagine,

anch’essa peraltro soggetta a normale invecchiamento, ed a diventare, prima o poi, un pezzo di

carta ingiallito dal tempo.

L’erosione o l’ossidazione del materiale fotografico fa parte della storia ed è riguardata come

archeologia di un evento passato, da trattare e conservare con cura come documento storico.

Questa rappresentazione banalizza in realtà il messaggio dell’ossidazione rendendolo fatto

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puramente storico ed inevitabile finalizzato a testimoniare l’ineluttabile caduta tecnologica

dell’uso di un materiale. Non a caso oggi, nella vita pratica, si preferisce far ricorso a strumenti

informatici per ordinare, catalogare, conservare per i posteri. I nostri “archivi” sono oramai

essenzialmente virtuali mentre l’originale “prezioso” in sé e per sé, viene conservato al solo scopo

di un eventuale ed ipotetica messa in discussione della sua rappresentazione informatica.

L’ossidazione naturale della fotografia fa parte della storia dell’uomo: ma se l’accelerazione oggi

impressa al divenire dello sviluppo dell’uomo induce a cambiare le regole nel momento stesso

in cui vengono formate, ritengo che si possa produrre anche una ossidazione artificiale frutto

di improvvise incursioni dentro l’immagine fotografica. In questa contingenza l’accelerazione

riprodotta in chiave artistica sulla carta fotografica spinge verso un risultato non già di sviluppo in

avanti ma di ritorno anticipato all’indietro.

Favorire questa eventualità significa l’esatto opposto rispetto ad una operazione archeologica:

non si riscopre un passato lontano, non si valorizza un reperto dimenticato, ma al contrario lo si

proietta nel futuro.

Ed infatti penetrando nel materiale cartaceo della fotografia e nei suoi vari componenti, si

scoprono colori mai visti, liberandoli dalla compressione forzata dell’aggregazione chimica nella

quale essi si trovano per forza di cose in virtù del proprio stato fisico con il quale sono stati creati.

L’operazione in realtà non è semplice, anche tecnicamente, poiché presuppone in ogni caso un

certo margine di incertezza, non potendosi sapere prima con sicurezza quale sarà il risultato

finale ed il grado di ossidazione raggiunto. Ma è un percorso imprescindibile se si vuole evitare la

banalizzazione dell’evento fotografico.

Questo procedimento se è anche possibile su materiale fotografico di recente fattura, quando è

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rivolto a riproduzioni passate, dei primi anni della fotografia, dall’800 ai primi del ‘900, mette in

risalto evidente l’anomalia di un uso meramente estetizzante della fotografia. In realtà ciò che ha

significato è quello che è dentro la foto non ciò che è fuori, ciò che appare, ciò che sembra bello.

Non potrei tuttavia mai permettermi di rovinare un originale di una fotografia di pregio, come non

potrei mai azzardare a sovrappormi e ad intervenire su un’opera d‘arte di un altro artista. Ma

posso invece arrischiare ad addentrami nella sua materia, dopo averla virtualmente riprodotta,

come p.es. un chirurgo che sperimenti una importante operazione su un manichino per garantirne

il buon esito.

Senonchè il materiale sul quale intervengo mostra pregi: non costituisce una banale fotocopia.

Deve rappresentare al meglio l’originale. Ricerco perciò ritratti e belle foto d’epoca sulle quali

intervengo creando patos e drammatizzandole, quasi cercando di mettere in apprensione, se

non in allarme talvolta, il soggetto raffigurato che spesso appare inquieto. Egli sente che è

usato per “rimestolare in pentola” nella propria sostanza e vedere cosa esce fuori, quale umore

effervescente si manifesta dal suo intimo.

L’ambiente che accoglie l’esito di tale operazione deve risultare appropriato e deve mettere in

evidenza la differenziazione tra un passato meramente archeologico ed un futuro ignoto. Quel

futuro è la nostra scommessa. Tale differenziazione emerge dal contrasto tra immagini fotografiche

vecchie e pezzi di materiale fotografico nuovo abbinati in collage nel contesto complessivo dei miei

lavori.

Il risultato finale è l’inquietitudine di immagini spiazzate nel tempo e proiettate nel futuro verso

nuovi progetti, è un messaggio a ricercare nella sostanza delle cose piuttosto che nella loro banale

apparenza.

The five books entitled “nell’immagine fonda”, “nell’immagine” "nel denso”, "nella forza"

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and "rimuovendo nel denso") are not stories or novels or diaries but works that I produced in

the year 2009 to concentrate and expand, at the same time, the artwork in the unique context

of a "paper sculpture". A "microcosm" made of various materials, collage paintings, plastics,

industrial materials reprocessed and treated with gold, Armenian bole, oil, bitumen, and also felt,

leaves, flowers, gold, segments of re-elaborated photographic images, which I would describe

as "doped", painted, scratched and re-lived, drawings, tales, dates and places of past fictitious

events, literacy citations.

Actually they are key concepts that often recur in my works and in the images that I use (pieces

of photos, drawings, collages, clothes…) and that become so “fonde” (deep) because they are

characterized by some elements such as il denso, il povero, il forte, il ricco, il rimosso.

The denso is inhere in a material when it shows such a heavy presence of cultural elements that it

almost becomes a concentrate of culture and memory.

The ricco is what I really want to represent, that is to say that what is poor in the denso is, on the

contrary, extremely rich, because it is the real substance of the being and of the matter. What is

rich neither must be rich only by definition, nor it has to express a mere conceptual intuition: it has

to appear for what it is. Here comes the frequent use of gold and of gilded precious pieces such as

jewels.

The rimosso expresses the mental movement of an image or of a key concept in the work from one

place to another. The aim is to see the effect produced by the process of inversion. It is expressed

by the “strisciate” (smudges) of color, the scratches, from one side to the other. The scratch

in this cases betrays the intention and emphasize the process. It is a non conventional process,

because it does not draw the attention to what appears, the visible image decipherable only with

a magnifying glass, but to what this image unexpectedly hides. This process can be the simple

chemical reddening of the photo, treated with a diluent substance, or the abrasive effect that clouds

and ages the works placing them in far-off times. To place in far-off times (sometimes past places

and dates appear) what has been removed under the surface actually means to project it into the

future and into the immortality, because it means to take it away from the physical death as a

natural consequential fact.

Finally the “forza” (strength): a material becomes strong when, poor and dense, it is attacked and

worked in order to enhance all its cultural content. Then, so emptied and devoid of energy and of its

own substance, it seems to be exhausted and in this very moment I strengthen it with new life blood,

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hypostasizing those lines of thought that the material represents and that have poor out from this

search of depth.

The cover of the books, as well as their “cases” are finely covered and treated with Armenian bole

and gold, ridges are made of tobacco leaf which still smell. In the centre of the “case” front there

are images of heads like ancient icons, symbols of knowledge, while in the middle of the cover of

each book there is a re-elaborated image of a women, belonging to the early twentieth century,

partly covered only by a small black square, and placed in a frame of photographic light blue

sky. The upper and lower part of the case are also light blue, symbolizing once again the sky, the

opening of the book to infinity.

The book “Nell’immagine fonda”, like the companion volumes, appears as an “old book", which

in reality bears witness to the contradictory actuality of the becoming in itself, which combines

stories and events about people never known. Stories sometimes abandoned or anyway considered

to have little cultural value: a foot, a leg, a slot from which one can see a city, a face divided into

two parts, hair like scratches on a photograph, an old woman coming out with an umbrella with

her hair touched up and scratched, a picture of an elegant gentleman divided into two segments

rearranged and placed in a frame of pressed grass and golden paint with some celestial exhibits of

industrial origin. Everything treated as precious gems, precious details of insignificant facts that

continue to live thanks to the fine ink drawings, landscapes, forests, meadows, mountains taken

from actual photographs but transformed into mysterious and unlikely places, delicate petals of

flowers, small golden exhibits such as jewellery, etc.

In such a context "reading" means to perceive images which live in the present and in the future

while finding their substance in the cultural "density" which has been forgotten in our times.

This book is a particularly delicate work, which has been technically designed and developed so

as to enable a vision and "reading" like any other printed book: hence it could be subject to wear

and tear if it were made available to the public as it is, without the due precautions.

It has, therefore, been considered appropriate that its direct vision to the public is permitted only

wearing special protective gloves and in the presence of an attendant.

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"Nell’immagine fonda"

Video (2009)

(Duration 5.31 min)

The idea of the video comes from the need of making the books as "living" objects in a context

that seems to me the most natural such as the landscape and the nature surrounding the sites and

materials with which they have been largely realized - the landscape of that part of Umbria where I

live: the countryside of Assisi.

The books possess in fact an independent life due to the high concentration that they present of

elements of cultural "density".

The realization of the video focuses mainly on the books " nell’immagine fonda " and

“nell’immagine". In fact, one can see in the video two parts that one can recognize from the image

of the oak in the wind which is repeated twice and that shows, for both, their respective beginnings.

In the first part of the video one can follow the pages of the "nell’immagine" which I turn one after

another. In the second part, the pages of "nell’immagine fonda" are instead turned by themselves,

shaken by the wind.

In fact, I have left this book so delicate dangerously exposed to the wind and to the noise of the

leaves and trees, in order to observe - recording everything in the video, page by page - how it

reacted, how it moved, how one page could or could not turn or skip or appear depending on the

wind itself or on the light of the moment.

The first idea has been to arrange things in a way that one could hear the sounds of nature, the

rustling leaves of an oak or mulberry tree, sudden currents of air, the whistling wind, chirping of

birds, as constant background sounds that scans the pages, while are also flowing images of nearby

Mount Subasio and of the surrounding plain of Assisi. The result has been to make the picture

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book "alive", full of spirit of nature, almost animated by an animistic or esoteric force.

The other intention was also to make people perceive the contamination of nature by modernity and

its inevitable merger with the former. Hence, I decided to introduce in the video soundtrack some

rock music in order to make the situation uneasy, portraying nature and the book deeply agitated

and restless in front of the becoming of things.

Eventually the sounds of wind and rock music result fused together and the outcome is that the

viewer has the feeling of entering into the book browsing the various images like floating on the

wings of the wind of music.

All begins with the image of an oak tree shaken by the wind in a windy and grey sky that creates an

atmosphere agitated, restless. Then the attention is focused on the "mysterious" object, the book,

which appears closed and placed on a soft black cloth. In the first pages two photographs appear,

a woman's leg with a painted shoe and an half face always belonging to a woman with an eye that

betrays restlessness. Her hair are actually scratches and abrasions on the photo, placed in a grey

sheet of common sandpaper, stained black. Flowing there are: a pastel portrait, seemingly a

reinterpretation of the same woman, an old photo negative painted and reworked, special

decorations softened and continued by thin traces of drawing, a countryside avenue of trees

placed on a sheet of blue plastic, treated, scraped and painted. On the opposite page appears a dry

orange flower of marshmallow, accompanied by an inscription: Paris 1718.

It also appears a mysterious profile of a face image in the frame of an old and stained fabric

while its "double" is painted on the opposite page in a lighter area. Finally, a flower leaf appears

before returning to the wind, and to the oak tree: so begins the second part of the video and the

pages this time, turn by themselves.

The end is a strong gust of wind that shakes in a single stroke the leaves of the mulberry tree and

then everything become quiet.

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The gold

The need to enhance images and materials by the use of gold is expressed since ancient times with

different functions, all aimed, however, to draw attention to the “superior” value that they bear

above the human kind. Sacred and gold are often synonymous and confer a meaning, which is also

visible and apparent to a transcendental “substance" of which one can perceive only the religious

message, but which also need to be understood and proposed in a “vulgar” fashion.

Letting alone its religious and transcendental meanings, gold retains, however, its spiritual value

which laically can be traced back to the need to understand the absolute importance of something,

or someone, which would otherwise fall into everyday ordinariness. What is already "beautiful"

and has therefore an intrinsic value does not really need gold, which nevertheless expresses in such

a case a function of mere aesthetic appeal. A "beautiful" woman may wear golden clothes and

jewellery with the only purpose to show off her beauty.

But what has been forgotten or abandoned or simply unseen can be enriched with gold if one wants

to throw light on the "treasure" it hides, provided that there is a hidden treasure beyond aesthetics.

I believe that the use of gold in present time should be aimed at demonstrating the importance of

meanings which tend to be lost in the dialectic of social values which are commonly discussed:

i.e. appearance, success, prosperity, happiness, satisfaction, private life. Hence, a opposite use of

what is commonly expected from a precious material. Not to bring light on what already shines but

rather to throw light on the need to clarifying and penetrating in depth the humus of every day

life.

The materials I use are "poor" materials, like paper and

and then gently reassembled. Gold wraps them, in different forms, now more veiled, now more

aggressive and such wraps are sometimes wonderful naturalistic compositions, like olive leaves,

nuts, almonds, flowers, hollyhock, lavender, wisteria pods and pepper seeds.

industrial waste, fiercely abraded

But in such a process, the traces of which the same use of gold makes evident, the outcome

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are photographic images improbable and mysterious, about events which have never happened

and which re-propose themselves in their absolute novelty and timelessness. The substance of

current events emerges from shadows thus reducing aesthetics to a purely instrumental fact: to

demonstrate the richness and density of the substance of things. Even the photographic image

that represents the essence of aesthetic excellence is reduced to "dense" material outcome of

unexpected results arising from corrosion through liquids and thinners which alter its physical and

functional characteristics.

The use of photography

The real dimension of art can not merely be the reproduction of an image which, however, is itself

subject to a process of natural ageing, and to become, sooner or later, a piece of paper yellowed by

time.

The erosion or oxidation of photographic material is part of history and it is generally regarded

as archaeology of a past event, to be treated and kept with care as an historical document.

This representation actually trivializes the message of oxidation making it purely a historical and

inevitable fact aimed to witness the inevitable decay in the use of photographic material. Not a

sheer coincidence that today, in practical life, we prefer to resort to technological tools in order to

sort, classify, and preserve information for posterity. Our archives are nowadays essentially virtual

and the original object “valuable”, in and for itself, is kept for the sole purpose of a possible and

hypothetical

The natural oxidation of the photographs is part of human history:

impressed nowadays to the evolution of human development induces to changing the rules as soon

as they are formulated, I believe it should be possible to produce also an artificial oxidation as a

result of sudden raids into the photographic image. In this context the acceleration reproduced

with an artistic goal on the photographic paper leads to a result not of forward development, but

but if the acceleration

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of an anticipated return backward.

Facilitating this process means the exact opposite of an archaeological operation: it is not the

discovery of a distant past, it is not the finding of forgotten values, but it is rather its projection

into the future.

And in fact penetrating into the paper material of photography and its various components, we can

find colours never seen, freeing them from the forced compression of chemical aggregation in

which they are inevitably incorporated due to the physical conditions under which they were

created.

Such an operation is not really simple, even technically, since it presupposes in any case a certain

degree of uncertainty, being impossible to know in advance and with certainty what will be the final

outcome and the degree of oxidation reached. But it is a vital process if one wants to avoid the

trivialization of a photographic event.

This process which

photographs, belonging to the years from ‘800 to the early '900, highlights the clear anomaly of a

purely aesthetic use of photography. In reality, what has significance is what is inside the picture

rather than what is outside, what appears, what seems beautiful. However, I would never spoil the

original of a precious photograph, as I would never superimpose and intervene on the artwork of

another artist. But I could venture to penetrate his work after having reproduced it virtually, just

as a surgeon would practices a delicate operation on a dummy in order to ensure its success.

is possible on recent photographic material, once it is applied to old

With a difference that the material on which I intervene presents advantages: as it is not a trivial

copy. It should represent the original at its best. I research, therefore, beautiful portraits and old

photographs on which I intervene creating pathos and drama, as if trying to create anxiety, if not

sometimes alarm, on the depicted subject that often appears restless. The subject feels that is used

for ”stirring up the pot of its own substance” in order to see what comes out, which effervescent

humour emerges from its intimacy.

The environment which incorporates the outcome of this operation must be appropriate and should

highlight the distinction between a purely archaeological past and an unknown future. That future

is our challenge. Such a distinction emerges from the contrast between old photographic images

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and pieces of new photographic materials combined in collages within the overall context of my works. The final result is the restlessness of images dislocated in different times, and projected into the future towards new projects: a message to investigate the substance of things rather than their banal ordinary appearance.