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01
aprile 2010
fino al 6.VI.2010 Federico Barocci Perugia, Palazzo Baldeschi
altrecittà
La monumentale Deposizione rientra a casa dopo il restauro e la mostra senese. L’occasione è quella di vederla a un palmo dal naso e non, come sempre, a una distanza di 3 metri. Ma il marchigiano non pare aver smosso (e commosso) i perugini...
Peccato
perdersi quest’occasione. Perché il capolavoro giovanile di Federico Barocci (Urbino, 1535-1616) esce dalla semibuia cappella di
San Bernardino nella Cattedrale e
scende alla nostra portata dopo un ottimo restauro che restituisce l’opera in
tutto il suo originale splendore.
In
questa visione ravvicinata si fa protagonista assoluto il cangiante cromatismo
della composizione, la “luce di teatro” e quei tocchi da maestro che rendono il
Barocci tanto riconoscibile (come le raffinate e veloci pennellate delle varie
tonalità di rosso che impreziosiscono le mani delle Marie che accorrono dalla
Vergine svenuta, le cui labbra e palpebre sono rese livide da sottili
rifiniture violacee). Questa sapiente orchestrazione del colore e lo “sfaldamento
della forma organica e rinascimentale a tutto vantaggio di una forma emotiva e
dinamica” (Emiliani) è stata
paragonata all’accordo musicale. Stando infatti al Bellori, l’artista “chiamava
la pittura musica, ed interrogato una volta dal duca Guidobaldo [Della Rovere] che cosa ei facesse [rispose]: Sto accordando questa musica,
accennando al quadro che dipingeva”.
In
mostra si possono osservare anche la fortunata Madonna della Gatta del 1605, conservata agli Uffizi (sullo sfondo della
quale vi è una delle più belle istantanee del Palazzo Ducale di Urbino
raffigurato innumerevoli volte dall’artista) e ben tre suoi autoritratti.
Con
il Barocci ci troviamo di fronte a uno di quegli innumerevoli casi di
“passaggio” tra due culture figurative, in questo caso fra il tardo Manierismo
e i primi bagliori del Barocco. Si tratta infatti di un pittore che vive
appieno il suo tempo e pone le basi per quello che verrà, nonostante la vita
relegata nella provinciale e amata Urbino, in cui si rifugia dopo due
importanti viaggi nella Capitale a causa di una salute cagionevole e un “umore
saturnino”. Quest’ultima
particolarità sarà motivo di interesse da parte dei coniugi Wittkower, autori
del fortunato Nati sotto Saturno
(1963), che indaga l’affascinante connessione tra genio, pazzia e malinconia.
Attorno
al Barocci sono esposte anche numerose opere di allievi, imitatori o
semplicemente contemporanei locali. Un esempio per tutte e tre le categorie:
l’Annunciazione di Ventura
Mazza su disegno e abbozzo del
maestro; la Deposizione dalla Croce di
proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia di Ippolito
Borghese e una Pietà con l’Eterno,
S. Crispino e S. Ubaldo di Giovan
Battista Michelini.
Merita
un quarto d’ora del vostro tempo il bel documentario di Fausto dell’Olio (1989)
nonché il video all’inizio del percorso, con le immagini del recente restauro
che ha interessato la Deposizione.
perdersi quest’occasione. Perché il capolavoro giovanile di Federico Barocci (Urbino, 1535-1616) esce dalla semibuia cappella di
San Bernardino nella Cattedrale e
scende alla nostra portata dopo un ottimo restauro che restituisce l’opera in
tutto il suo originale splendore.
In
questa visione ravvicinata si fa protagonista assoluto il cangiante cromatismo
della composizione, la “luce di teatro” e quei tocchi da maestro che rendono il
Barocci tanto riconoscibile (come le raffinate e veloci pennellate delle varie
tonalità di rosso che impreziosiscono le mani delle Marie che accorrono dalla
Vergine svenuta, le cui labbra e palpebre sono rese livide da sottili
rifiniture violacee). Questa sapiente orchestrazione del colore e lo “sfaldamento
della forma organica e rinascimentale a tutto vantaggio di una forma emotiva e
dinamica” (Emiliani) è stata
paragonata all’accordo musicale. Stando infatti al Bellori, l’artista “chiamava
la pittura musica, ed interrogato una volta dal duca Guidobaldo [Della Rovere] che cosa ei facesse [rispose]: Sto accordando questa musica,
accennando al quadro che dipingeva”.
In
mostra si possono osservare anche la fortunata Madonna della Gatta del 1605, conservata agli Uffizi (sullo sfondo della
quale vi è una delle più belle istantanee del Palazzo Ducale di Urbino
raffigurato innumerevoli volte dall’artista) e ben tre suoi autoritratti.
Con
il Barocci ci troviamo di fronte a uno di quegli innumerevoli casi di
“passaggio” tra due culture figurative, in questo caso fra il tardo Manierismo
e i primi bagliori del Barocco. Si tratta infatti di un pittore che vive
appieno il suo tempo e pone le basi per quello che verrà, nonostante la vita
relegata nella provinciale e amata Urbino, in cui si rifugia dopo due
importanti viaggi nella Capitale a causa di una salute cagionevole e un “umore
saturnino”. Quest’ultima
particolarità sarà motivo di interesse da parte dei coniugi Wittkower, autori
del fortunato Nati sotto Saturno
(1963), che indaga l’affascinante connessione tra genio, pazzia e malinconia.
Attorno
al Barocci sono esposte anche numerose opere di allievi, imitatori o
semplicemente contemporanei locali. Un esempio per tutte e tre le categorie:
l’Annunciazione di Ventura
Mazza su disegno e abbozzo del
maestro; la Deposizione dalla Croce di
proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia di Ippolito
Borghese e una Pietà con l’Eterno,
S. Crispino e S. Ubaldo di Giovan
Battista Michelini.
Merita
un quarto d’ora del vostro tempo il bel documentario di Fausto dell’Olio (1989)
nonché il video all’inizio del percorso, con le immagini del recente restauro
che ha interessato la Deposizione.
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visitata il 27 febbraio 2010
dal 26 febbraio al 6 giugno 2010
Federico Barocci e la pittura della maniera in Umbria
Palazzo Baldeschi al Corso
Corso Vannucci – 06121 Perugia
Orario: da martedì a domenica ore 10-19
Ingresso: intero € 5; ridotto € 3
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. 199151123; servizi@civita.it;
www.fondazionecrpg.it
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