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Francesco Balsamo – Non copiare dagli occhi
La mostra, a cura di Guillaume Von Holden e corredata dai testi di Guido Giuffrè e Renata Morresi, comprende un ciclo di 40 frammenti a grafite e carboncino, fogli segnati da ‘un’ordinaria irredimibile follia’.
Comunicato stampa
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La domenica mattina del 19 febbraio s’inaugura ‘Non copiare dagli occhi’, mostra personale di Francesco Balsamo (Catania, 1969), autore che fin dai suoi esordi oscilla fra la scrittura in versi, il disegno e la pittura. La mostra, a cura di Guillaume Von Holden e corredata dai testi di Guido Giuffrè e Renata Morresi, comprende un ciclo di 40 frammenti a grafite e carboncino, fogli segnati da ‘un’ordinaria irredimibile follia’.
La mostra sarà ospitata in anteprima a Catania presso l’Accademia Abadir, sabato 11 febbraio, in occasione di ‘Art Market Today’ workshop dedicato al mercato dell’arte.
Al progetto si affianca un libro edito da Incerti Editori che raccoglie l’intera sequenza di disegni.
*
[…] Per esempio ogni volta che torno a casa dei miei. Passo dal cortile sul retro, dalla stanza che chiamavamo magazzino, dove stavano i panni ad asciugare, gli stivali per l'orto, le scatole di cibo per il cane pastore morto da dodici anni – so tutto, non devo accendere la luce, faccio ancora un arco alto con la gamba, lungo, per non calpestarlo. Il cane che è stato, il cane che è. Stato.
Così la memoria incontra i disegni, come fossero miei. E se i tratti del viso sono rimossi ancor più coincidono le loro sagome ai miei, ricordi, stati. Tra sei giorni forse leggendo questo testo non saprò chi ero, in questo gennaio, in questo anno di tutti. Forse solo il mio profilo combacerà. O la prima grezza imprimitura. O la pressione data alle lettere sulla pagina, le ti, le elle, lo slancio delle o, la spinta sulle enne, l'assetto del bianco tra i confini di parole – ma no, la forza con cui calco sui caratteri andrà persa nella trascrizione elettronica, nella stampa tipografica. […]
[…] Decido che questo fa il disegno di Balsamo: raccogliere l'intensità dei viventi rinunciandoli, la traccia inafferrabile di chi è già andato via. (Solo i vivi possono andar via, solo i morti rimangono).
A Père Lachaise sulla tomba di Chopin ho letto bigliettini scritti in molte lingue, dicevano: “perché dovevi morire?”, “io ti amo, se tu fossi qui con me”. Chopin era molto malato, morì di tisi nel 1849. Dopo la morte presero il calco del volto, fecero anche il calco della mano. Una bella mano di bronzo, quella dei Preludi, dei Notturni. Affinché “tu fossi qui con me”. Il cuore invece lo portarono a Varsavia, anche oggi è in una chiesa di lassù. Si dice che Fryderyk lo chiese espressamente perché aveva paura di essere sepolto vivo. Tolto il cuore era sicuro. Si dice che fosse perché amava due città, e in entrambe voleva restare. Non si può stare in due posti nello stesso momento, neanche se non è un momento ma l'eternità.
A Zara invece, il paese di mia madre, vicino la chiesa di San Donato, visitai il museo delle reliquie: trecce di capelli, scampoli di tunica, denti, falangi, chiodi, mani, crani, schegge imbellettate, avvolte in argenti sbalzati, agghindate di pietre dure, gingilli. Eppure. Dei feticci sappiamo la forza evocativa, e pure l'illusione. La brama di rintracciare la tumida vita in quella proiezione. L'oggetto è un buon appiglio, dopotutto, anche se non assorbe l'affetto. Tuttavia, in qualche modo, fosse anche solo per errore, per miraggio, lo riflette.
L'altra strategia è la ripetizione: suonare di nuovo Chopin, come fa Rubinstein, come fa Horowitz, o Leonardo, un ragazzo che ho visto su YouTube, di diciassette anni. Non è come il caldo della mano, questa è una copia che non copia, ma rifà. Ha un'anima in comune, un'anima che segue. E realizza qualcos'altro, quando la riproduci. (Curioso che in un CD il brano è detto 'traccia').
Si può pensare al passato come a un archivio di inerti, di morti, di tra-passati. Ma pure, nel passato che è una lingua, come a una promessa. Quelli a venire devono provare a mantenerla. Risuonandola. Rinnovarla. […]
[…] Dei disegni di Balsamo mi hanno impressionato quei balzi, quelle leve, le torsioni, la spinta propulsiva delle gambe, come appostamenti. Ho ripensato a certe storie di mio padre da ragazzo, i tuffi pazzi in mutande dal moletto. In carica i muscoli tibiale flessore sartorio gracile mediale adduttore quadricipite tensore traverso dell'addome.
Per esempio tu, figura diciotto, che tendi, spingi, che stai per saltare, figura di trazione, aperta a scatto, finta, falso lancio. Ti vedrò sempre e non ti vedrò mai, starò piegata, la schiena strana, il collo incordato dal protendere, accavallata, in contrazione, cercando il momento giusto per agire. Non ci vedremo che su questo fianco scosceso, passeremo tutto il tempo appostati, in regime di caccia, nervi pronti, inchiodati i neuroni a specchio una davanti all'altro, ma ombre da altri piani, allungati su buchi neri, sul confine che inclina. Per consolarci finiremo per sventrare la matita, sviscerare la sua anima di mina, polverizzare il nostro esserci in grafite. “Disegnare è scegliere”. Come dire questa nostra connessione. […].
[…] I disegni disposti uno per pagina. La sequenza conta. Piccole figure, piccoline, figurine come d'album, come collezione o diario, un fotoromanzo al contrario, poesia solarizzata. Andare a capo è andare al negativo, al puro gesto, al profilo nebuloso. Il fumetto con le parole è sostituito dall'emozione del tocco, carezza involontaria. Stiamo passando, siamo legati in questo sfioramento.
Che cosa si stanno dicendo le figure? Insieme in un cerchio, uno chinato sull'altro, di fianco. Che cosa sussurrano ancora? Di cosa chiedono perdono, di cosa vogliono avvisare. Quali parole per dirlo, quale catarsi miracolosa. Sugli a venire (su noi a guardare) pesa il fardello di discorsi interrotti, dei fallimenti – la colpa è anche nostra – come pure la risorsa delle frasi d'amore, del trovarsi. Il disegno restituisce qualcosa, 'rende' questa verità.
Metà lepre che è stata. Metà lepre che è qui […]
Renata Morresi
La mostra sarà ospitata in anteprima a Catania presso l’Accademia Abadir, sabato 11 febbraio, in occasione di ‘Art Market Today’ workshop dedicato al mercato dell’arte.
Al progetto si affianca un libro edito da Incerti Editori che raccoglie l’intera sequenza di disegni.
*
[…] Per esempio ogni volta che torno a casa dei miei. Passo dal cortile sul retro, dalla stanza che chiamavamo magazzino, dove stavano i panni ad asciugare, gli stivali per l'orto, le scatole di cibo per il cane pastore morto da dodici anni – so tutto, non devo accendere la luce, faccio ancora un arco alto con la gamba, lungo, per non calpestarlo. Il cane che è stato, il cane che è. Stato.
Così la memoria incontra i disegni, come fossero miei. E se i tratti del viso sono rimossi ancor più coincidono le loro sagome ai miei, ricordi, stati. Tra sei giorni forse leggendo questo testo non saprò chi ero, in questo gennaio, in questo anno di tutti. Forse solo il mio profilo combacerà. O la prima grezza imprimitura. O la pressione data alle lettere sulla pagina, le ti, le elle, lo slancio delle o, la spinta sulle enne, l'assetto del bianco tra i confini di parole – ma no, la forza con cui calco sui caratteri andrà persa nella trascrizione elettronica, nella stampa tipografica. […]
[…] Decido che questo fa il disegno di Balsamo: raccogliere l'intensità dei viventi rinunciandoli, la traccia inafferrabile di chi è già andato via. (Solo i vivi possono andar via, solo i morti rimangono).
A Père Lachaise sulla tomba di Chopin ho letto bigliettini scritti in molte lingue, dicevano: “perché dovevi morire?”, “io ti amo, se tu fossi qui con me”. Chopin era molto malato, morì di tisi nel 1849. Dopo la morte presero il calco del volto, fecero anche il calco della mano. Una bella mano di bronzo, quella dei Preludi, dei Notturni. Affinché “tu fossi qui con me”. Il cuore invece lo portarono a Varsavia, anche oggi è in una chiesa di lassù. Si dice che Fryderyk lo chiese espressamente perché aveva paura di essere sepolto vivo. Tolto il cuore era sicuro. Si dice che fosse perché amava due città, e in entrambe voleva restare. Non si può stare in due posti nello stesso momento, neanche se non è un momento ma l'eternità.
A Zara invece, il paese di mia madre, vicino la chiesa di San Donato, visitai il museo delle reliquie: trecce di capelli, scampoli di tunica, denti, falangi, chiodi, mani, crani, schegge imbellettate, avvolte in argenti sbalzati, agghindate di pietre dure, gingilli. Eppure. Dei feticci sappiamo la forza evocativa, e pure l'illusione. La brama di rintracciare la tumida vita in quella proiezione. L'oggetto è un buon appiglio, dopotutto, anche se non assorbe l'affetto. Tuttavia, in qualche modo, fosse anche solo per errore, per miraggio, lo riflette.
L'altra strategia è la ripetizione: suonare di nuovo Chopin, come fa Rubinstein, come fa Horowitz, o Leonardo, un ragazzo che ho visto su YouTube, di diciassette anni. Non è come il caldo della mano, questa è una copia che non copia, ma rifà. Ha un'anima in comune, un'anima che segue. E realizza qualcos'altro, quando la riproduci. (Curioso che in un CD il brano è detto 'traccia').
Si può pensare al passato come a un archivio di inerti, di morti, di tra-passati. Ma pure, nel passato che è una lingua, come a una promessa. Quelli a venire devono provare a mantenerla. Risuonandola. Rinnovarla. […]
[…] Dei disegni di Balsamo mi hanno impressionato quei balzi, quelle leve, le torsioni, la spinta propulsiva delle gambe, come appostamenti. Ho ripensato a certe storie di mio padre da ragazzo, i tuffi pazzi in mutande dal moletto. In carica i muscoli tibiale flessore sartorio gracile mediale adduttore quadricipite tensore traverso dell'addome.
Per esempio tu, figura diciotto, che tendi, spingi, che stai per saltare, figura di trazione, aperta a scatto, finta, falso lancio. Ti vedrò sempre e non ti vedrò mai, starò piegata, la schiena strana, il collo incordato dal protendere, accavallata, in contrazione, cercando il momento giusto per agire. Non ci vedremo che su questo fianco scosceso, passeremo tutto il tempo appostati, in regime di caccia, nervi pronti, inchiodati i neuroni a specchio una davanti all'altro, ma ombre da altri piani, allungati su buchi neri, sul confine che inclina. Per consolarci finiremo per sventrare la matita, sviscerare la sua anima di mina, polverizzare il nostro esserci in grafite. “Disegnare è scegliere”. Come dire questa nostra connessione. […].
[…] I disegni disposti uno per pagina. La sequenza conta. Piccole figure, piccoline, figurine come d'album, come collezione o diario, un fotoromanzo al contrario, poesia solarizzata. Andare a capo è andare al negativo, al puro gesto, al profilo nebuloso. Il fumetto con le parole è sostituito dall'emozione del tocco, carezza involontaria. Stiamo passando, siamo legati in questo sfioramento.
Che cosa si stanno dicendo le figure? Insieme in un cerchio, uno chinato sull'altro, di fianco. Che cosa sussurrano ancora? Di cosa chiedono perdono, di cosa vogliono avvisare. Quali parole per dirlo, quale catarsi miracolosa. Sugli a venire (su noi a guardare) pesa il fardello di discorsi interrotti, dei fallimenti – la colpa è anche nostra – come pure la risorsa delle frasi d'amore, del trovarsi. Il disegno restituisce qualcosa, 'rende' questa verità.
Metà lepre che è stata. Metà lepre che è qui […]
Renata Morresi
19
febbraio 2012
Francesco Balsamo – Non copiare dagli occhi
Dal 19 febbraio al 19 marzo 2012
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
ZELLE ARTE CONTEMPORANEA
Palermo, Via Matteo Bonello, 19, (Palermo)
Palermo, Via Matteo Bonello, 19, (Palermo)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 17-20
Vernissage
19 Febbraio 2012, ore 11.00
Autore
Curatore