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Vincenzo Balena / Alberto Biasi – Dalla 54a Biennale di Venezia
Valmore studio d’arte ripropone 2 artisti che segue da molti anni con interesse e attenzione. Molto diversi fra loro, ma accomunati da grande talento e profonda sensibilità, entrambi sono stati invitati ad esporre alla 54a Biennale di Venezia al Padiglione Italia presso le Corderie dell’Arsenale.
Comunicato stampa
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Il poeta Maurizio Cucchi ha scelto Vincenzo Balena con questa motivazione: “Artista di grande raffinatezza e qualità, non ancora noto come il suo valore meriterebbe, Vincenzo Balena risalta per la capacità di essere al tempo stesso densissimo e lieve. Nelle sue sculture dimostra infatti una sensibilità acuta, che gli consente di realizzare sognanti forme aeree pur prelevando dalla fisica opacità della materia.”
Scrivono di lui:
Il cotto, la cera, il bronzo, l'alluminio, il legno [...] Balena crea le sue immagini come se esistessero già, come se fossero nascoste tutt'intorno a lui e si trattasse soltanto di scoprirle, di trarle alla luce [...] e questo, si capisce, non è affatto vero. [...] Niente nelle sculture di Balena è mai “trovato” [...] tutto [...] è prodotto dalla sua mente e dal suo inconscio, è la conseguenza, il riflesso, la materializzazione di un suo progetto o sogno formale. Ma non meno di questa precisazione vale quella, apparentemente opposta, che per lui nessun progetto, nessun sogno si libera – si “scatena” – se non a contatto con la materia anzi con una materia, così come per un poeta che sia davvero tale non c'è immagine o metafora che possa organizzarsi e consistere all'infuori dell'evento sonoro che la tiene a battesimo. (Giovanni Raboni, 1996)
Queste immagini, questi frammenti di visione hanno una grande drammaticità, una grande capacità di testimonianza dell'orrore contemporaneo [...] sono sicuramente reperti di un mondo tragico; ma nello stesso tempo hanno anche una straordinaria carica di vitalità e oserei dire di gioia. (Giovanni Raboni, 1994)
Balena trova i suoi soggetti nel mondo organico naturale; sceglie di presentarli nel loro stato di decadenza, disfacimento, dolore. La sua scultura è un urlo nell'aria. Si solleva da terra e cerca una situazione ideale nello spazio. (Lea Vergine, 1990)
C'è in Balena, il segno sicuro di una sovrana, solitaria, risolta autonomia e, soprattutto, c'è la traccia splendida di una forte, rigorosa, palpitante concentrazione poetica: la fiamma gentile di una vera poesia dello sguardo. (Giorgio Seveso, 1990)
Certi gruppi di grandi dimensioni, le cui figure sembrano afferrate da un vento irrefrenabile, è come se mostrassero, nella spirale che insieme disegnano, i vari stadi di una metamorfosi in atto. (Roberto Sanesi, 1996)
Balena è artista di inquieta sensibilità e a sua volta stimola tensioni interiori e riflessioni intellettuali in chi ne avvicina l'opera [...] Una domanda che si è posto sovente chi ha guardato l'opera di Balena con attenta partecipazione è se l'artista intenda testimoniare il logorio e il disfacimento della materia, quindi l'effimero come emblema assoluto dell'essere; o se invece egli ci proponga di dimostrare che non si dà evento o traccia, naturale o storica, che non meriti d'essere conservata e sacralizzata. Se egli voglia insomma rappresentare il labile o il duraturo. (Rossana Bossaglia, 1997)
Vere e proprie riflessioni sui nostri destini: mentre anche il metallo di recupero diventa “pagina”, ostensione formale, oppure si rimodella nella straordinaria sequenza dei “volti”.
Così Balena ridice, attraverso resti destinati alla morte, la nostra continua resistenza nella vita. (Giancarlo Pauletto, 2011)
Alberto Biasi è stato scelto dal Premio Nobel per la Fisica 1976 Samuel C. C. Ting che afferma: “In Biasi avverto il nesso non frequente fra arte e scienza. Per questo m'interessa il suo rigore”.
Riallacciandoci alle motivazioni che hanno portato alla scelta di Alberto Biasi da parte del fisico premio Nobel Samuel C. C. Ting, citiamo l'illuminante affermazione del filosofo Nelson Goodman: "... le arti devono essere prese in considerazione non meno seriamente delle scienze in quanto modalità di scoperta, di creazione, di ampliamento della conoscenza, nel senso largo di progresso nel comprendere, e quindi la filosofia dell'arte dovrebbe essere concepita come una parte integrante della metafisica e dell'epistemologia.”
Scrive di lui Monica Bonollo:
Il movimento virtuale, il passaggio dallo stato del possibile a quello dell'esistere secondo alcune condizioni predeterminate, le infinite configurazioni della realtà visiva sono solo alcuni spunti tra le innumerevoli suggestioni della complessa poetica dell'artista. [...] Eco, istallazione progettata nel 1974, anticipa di vent'anni le opere interattive degli anni '90: la presenza fisica dello spettatore è già elemento figurativo stesso e condizione imprescindibile di un'opera concepita come processo all'interno di un campo di accadimento. Ma i Rilievi ottico-dinamici, i Politipi e le numerossissime immagini cinetiche, che costellano l'attività artistica di Biasi dagli anni '60 ad oggi, sono solo apparentemente più lontane, ne rappresentano invece l'imprescindibile premessa. [...] “l'occhio innocente" è un mito senza alcun riscontro nella realtà. [...] Se non esiste un occhio innocente non può esistere il dato assoluto, il dato riprodotto al di là di qualsiasi mediazione. La visione è condizionata dalle nostre ipotesi, dalle nostre attese poichè l'occhio non opera autonomamente ma è parte di un organismo complesso: percezione, rappresentazione e conoscenza interagiscono fra loro. Il processo visivo seleziona, discrimina, isola e raggruppa, elimina e completa, trasforma e costruisce.
Ma se l'occhio non è più un passivo spettatore ed è incapace di valutare le cose senza partire da pre-giudizi e pre-congetture, non è più possibile dire cosa sia il mondo "oggettivo". Non esiste un mondo libero da qualsiasi vincolo e complicità con l'occhio e con il cervello. Ma se la percezione stessa è costruzione, rappresentare non significa riflettere un mondo già dato, ma costruire un mondo in un processo interattivo.
Ecco allora che lo spettatore si confonde con l'opera, si fondono i confini fra l'immagine e il suo osservatore, l'uno non può esistere senza l'altro. Il processo artistico non può esistere senza l'attivarsi di questa complicità.
Diventa quindi impossibile non accorgersi che le opere di Alberto Biasi, con la loro leggerezza e l'apparente semplicità di un gioco, ci mostrano che in ogni rapporto che intratteniamo con il mondo, in ogni istante di percezione, in ogni atto di conoscenza, ci assumiamo la responsabilità di creare il mondo che ci circonda e noi in lui.
Scrivono di lui:
Il cotto, la cera, il bronzo, l'alluminio, il legno [...] Balena crea le sue immagini come se esistessero già, come se fossero nascoste tutt'intorno a lui e si trattasse soltanto di scoprirle, di trarle alla luce [...] e questo, si capisce, non è affatto vero. [...] Niente nelle sculture di Balena è mai “trovato” [...] tutto [...] è prodotto dalla sua mente e dal suo inconscio, è la conseguenza, il riflesso, la materializzazione di un suo progetto o sogno formale. Ma non meno di questa precisazione vale quella, apparentemente opposta, che per lui nessun progetto, nessun sogno si libera – si “scatena” – se non a contatto con la materia anzi con una materia, così come per un poeta che sia davvero tale non c'è immagine o metafora che possa organizzarsi e consistere all'infuori dell'evento sonoro che la tiene a battesimo. (Giovanni Raboni, 1996)
Queste immagini, questi frammenti di visione hanno una grande drammaticità, una grande capacità di testimonianza dell'orrore contemporaneo [...] sono sicuramente reperti di un mondo tragico; ma nello stesso tempo hanno anche una straordinaria carica di vitalità e oserei dire di gioia. (Giovanni Raboni, 1994)
Balena trova i suoi soggetti nel mondo organico naturale; sceglie di presentarli nel loro stato di decadenza, disfacimento, dolore. La sua scultura è un urlo nell'aria. Si solleva da terra e cerca una situazione ideale nello spazio. (Lea Vergine, 1990)
C'è in Balena, il segno sicuro di una sovrana, solitaria, risolta autonomia e, soprattutto, c'è la traccia splendida di una forte, rigorosa, palpitante concentrazione poetica: la fiamma gentile di una vera poesia dello sguardo. (Giorgio Seveso, 1990)
Certi gruppi di grandi dimensioni, le cui figure sembrano afferrate da un vento irrefrenabile, è come se mostrassero, nella spirale che insieme disegnano, i vari stadi di una metamorfosi in atto. (Roberto Sanesi, 1996)
Balena è artista di inquieta sensibilità e a sua volta stimola tensioni interiori e riflessioni intellettuali in chi ne avvicina l'opera [...] Una domanda che si è posto sovente chi ha guardato l'opera di Balena con attenta partecipazione è se l'artista intenda testimoniare il logorio e il disfacimento della materia, quindi l'effimero come emblema assoluto dell'essere; o se invece egli ci proponga di dimostrare che non si dà evento o traccia, naturale o storica, che non meriti d'essere conservata e sacralizzata. Se egli voglia insomma rappresentare il labile o il duraturo. (Rossana Bossaglia, 1997)
Vere e proprie riflessioni sui nostri destini: mentre anche il metallo di recupero diventa “pagina”, ostensione formale, oppure si rimodella nella straordinaria sequenza dei “volti”.
Così Balena ridice, attraverso resti destinati alla morte, la nostra continua resistenza nella vita. (Giancarlo Pauletto, 2011)
Alberto Biasi è stato scelto dal Premio Nobel per la Fisica 1976 Samuel C. C. Ting che afferma: “In Biasi avverto il nesso non frequente fra arte e scienza. Per questo m'interessa il suo rigore”.
Riallacciandoci alle motivazioni che hanno portato alla scelta di Alberto Biasi da parte del fisico premio Nobel Samuel C. C. Ting, citiamo l'illuminante affermazione del filosofo Nelson Goodman: "... le arti devono essere prese in considerazione non meno seriamente delle scienze in quanto modalità di scoperta, di creazione, di ampliamento della conoscenza, nel senso largo di progresso nel comprendere, e quindi la filosofia dell'arte dovrebbe essere concepita come una parte integrante della metafisica e dell'epistemologia.”
Scrive di lui Monica Bonollo:
Il movimento virtuale, il passaggio dallo stato del possibile a quello dell'esistere secondo alcune condizioni predeterminate, le infinite configurazioni della realtà visiva sono solo alcuni spunti tra le innumerevoli suggestioni della complessa poetica dell'artista. [...] Eco, istallazione progettata nel 1974, anticipa di vent'anni le opere interattive degli anni '90: la presenza fisica dello spettatore è già elemento figurativo stesso e condizione imprescindibile di un'opera concepita come processo all'interno di un campo di accadimento. Ma i Rilievi ottico-dinamici, i Politipi e le numerossissime immagini cinetiche, che costellano l'attività artistica di Biasi dagli anni '60 ad oggi, sono solo apparentemente più lontane, ne rappresentano invece l'imprescindibile premessa. [...] “l'occhio innocente" è un mito senza alcun riscontro nella realtà. [...] Se non esiste un occhio innocente non può esistere il dato assoluto, il dato riprodotto al di là di qualsiasi mediazione. La visione è condizionata dalle nostre ipotesi, dalle nostre attese poichè l'occhio non opera autonomamente ma è parte di un organismo complesso: percezione, rappresentazione e conoscenza interagiscono fra loro. Il processo visivo seleziona, discrimina, isola e raggruppa, elimina e completa, trasforma e costruisce.
Ma se l'occhio non è più un passivo spettatore ed è incapace di valutare le cose senza partire da pre-giudizi e pre-congetture, non è più possibile dire cosa sia il mondo "oggettivo". Non esiste un mondo libero da qualsiasi vincolo e complicità con l'occhio e con il cervello. Ma se la percezione stessa è costruzione, rappresentare non significa riflettere un mondo già dato, ma costruire un mondo in un processo interattivo.
Ecco allora che lo spettatore si confonde con l'opera, si fondono i confini fra l'immagine e il suo osservatore, l'uno non può esistere senza l'altro. Il processo artistico non può esistere senza l'attivarsi di questa complicità.
Diventa quindi impossibile non accorgersi che le opere di Alberto Biasi, con la loro leggerezza e l'apparente semplicità di un gioco, ci mostrano che in ogni rapporto che intratteniamo con il mondo, in ogni istante di percezione, in ogni atto di conoscenza, ci assumiamo la responsabilità di creare il mondo che ci circonda e noi in lui.
03
febbraio 2012
Vincenzo Balena / Alberto Biasi – Dalla 54a Biennale di Venezia
Dal 03 febbraio al 23 marzo 2012
arte contemporanea
Location
VALMORE STUDIO D’ARTE
Vicenza, Contrà Porta Santa Croce, 14, (Vicenza)
Vicenza, Contrà Porta Santa Croce, 14, (Vicenza)
Orario di apertura
lunedì ore 13-17
da martedì a venerdì ore 10.30-13 e 15-18.30
altri orari e altri giorni su appuntamento
Vernissage
3 Febbraio 2012, ore 18
Autore
Curatore