Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
La Memoria delle Cose
La mostra racconta gli spazi, le pareti, le cose come testimoni del tempo e custodi delle atmosfere e della vita degli uomini, attraverso le opere di Mario Giacomelli, Roberto Toja, Alessandro Vicario e Nicola Vinci
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Memoria delle Cose
Mario Giacomelli // Roberto Toja // Alessandro Vicario // Nicola Vinci
Mostra promossa e organizzata da
Artistocratic
in collaborazione con Alinari 24 ORE e Galleria EMMEOTTO
26 gennaio - 4 febbraio 2012 | Frassinagodiciotto, Bologna
Artistocratic, la galleria on line di fotografia d’autore, è lieta di presentare “La Memoria delle Cose”. La mostra, che si colloca come evento OFF all’interno del bacino di progetti nella città di Bologna in occasione di ArteFiera 2012, racconta gli spazi, le pareti, le cose come testimoni del tempo e custodi delle atmosfere e della vita degli uomini, attraverso le opere di Mario Giacomelli, Roberto Toja, Alessandro Vicario e Nicola Vinci. Artistocratic – www.artistocratic.com - rinnova per il terzo anno il suo legame con ArteFiera e offre ancora una volta ai collezionisti e agli amanti dell’arte, l’opportunità di misurarsi anche off line con la grande fotografia contemporanea e del ‘900.
La collettiva, a cura di Manuela Valentini e realizzata in collaborazione con Alinari 24 ORE e la galleria EMMEOTTO, apre al pubblico il 26 gennaio 2012 presso lo spazio Frassinagodiciotto di Bologna.
In un mondo in cui gli spazi cambiano rapidamente e le impronte si sovrappongono con ritmo incessante, dove la ricerca della novità costante inghiottisce il passato con voracità, spetta all’arte contemporanea fermarsi per ritrovare le orme di ciò che è stato e decifrare la mappa delle forze che agiscono sulle cose. Con “La Memoria delle Cose”, Artistocratic propone un percorso di ricerca di queste tracce, attraverso opere realizzate da una selezione di artisti che, in maniera diversa, fanno della fotografia lo strumento ideale di questo racconto.
Le opere fotografiche di Giacomelli esposte sono in gran parte inediti provenienti dall’Archivio Mario Giacomelli-Sassoferrato di cui Artistocratic è rappresentante esclusivo e sono pubblicate nel nuovo libro edito da 24 Ore Cultura “Mario Giacomelli – Sotto la pelle del reale” a cura di Katiuscia Biondi (nipote di Mario Giacomelli e direttrice dell’Archivio di Sassoferrato), Marina Itolli e Catia Zucchetti (CZ Fotografia).
Un Giacomelli inedito e visionario che, come spiega Achille Bonito Oliva nell’introduzione del libro, affronta i linguaggi dell’arte contemporanea quali la performance, la land art e l’astrattismo informale. "Sotto la pelle del reale", aggiunge Katiuscia Biondi, "è una frase di Giacomelli che sottolinea una concezione dell'arte intrinsecamente unita alla vita, una fotografia-performance che tratta il paesaggio come un corpo umano da indagare per accedere alla dimensione più intima e non stereotipata, dove ritrovare anche se stesso".
“Dopo Parigi e Milano, siamo felici di esporre anche a Bologna per ArteFiera una selezione di lavori, perlopiù vintage inediti, che rivelano un Giacomelli di straordinaria contemporaneità" spiega Tommaso Stefani, fondatore di Artistocratic. “Ed è per questa ragione che abbiamo voluto affiancarlo a fotografi contemporanei che, con qualche decennio di distanza, seppur con linguaggi e risultati differenti, effettuano un percorso analogo di indagine del reale”.
Nicola Vinci ‘scrive’ un racconto minimalista e metaforico in cui ambienti abbandonati, fatiscenti e silenziosi diventano simboli surreali di personaggi storici. Le opere di Alessandro Vicario trasportano lo spettatore all’interno delle stanze di uno storico palazzo del ‘500, in un immaginario viaggio nel tempo. Infine Roberto Toja, con il progetto Lasciti, compie un’indagine suggestiva sui ritratti fotografici ritrovati all’interno di luoghi dimenticati, perfetti testimoni del tempo e della vita di chi li ha abitati.Scheda Tecnica
Titolo:
La Memoria delle Cose
Sede:
Frassinagodiciotto
via Frassinago n.18/2 | 40123 Bologna
Periodo e orari:
da giovedì 26 gennaio a sabato 4 febbraio 2012
dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Ingresso:
libero
Promossa e organizzata da:
Artistocratic
Un grande fotografo e tre artisti contemporanei per due generazioni a confronto. Il bianco e il nero da una parte, il colore dall’altra, a sottolineare il divario tra un’arte quasi perduta e un’epoca dominata da una tecnologia che regala strumenti assai sofisticati per catturare la realtà in un semplice clic. Tuttavia, si
tratta di un confronto tra il vecchio ed il nuovo che per i giovani rappresenta uno stimolo indispensabile per creare progetti sempre più complessi. Diversi, seppur accomunati da una tematica ben precisa: la memoria
ed il ricordo, perché sebbene ogni fotografo sia libero di concepire la fotografia come crede, rimane pur sempre un uomo che sogna o che si emoziona, nel bene o nel male. Insomma, nessuno lo priva della facoltà
di pensare al passato e di ritagliarsi un momento per riflettere su sé stesso, sulle proprie origini e su ciò che ha costruito nel tempo. Non è un caso che Mario Giacomelli guardasse alla fotografia come a “una scatola che tiene dentro le cose della mia memoria” - diceva in uno scritto - da non intendere però come luogo
statico e fermo, ma da interpretare in maniera attiva, come se al suo interno si svolgesse un rituale. I suoi scatti assomigliano a dei set cinematografici che lo includono nella rappresentazione e che presuppongono
uno spazio senza vita, desolato e privo di esseri umani: gli unici abitanti del luogo sono spesso animali finti e case diroccate. Il fotografo si colloca in una dimensione magica che rende possibile l’annullamento delle distanze; tuttavia, Giacomelli non si distaccherà mai dalla componente autobiografica, poiché tutto
il suo universo si esaurisce nelle piccole cose o persone che lo circondano. Pur mantenendosi in costante contatto con artisti provenienti da tutto il mondo, Giacomelli, con il suo lavoro, è sempre rimasto aderente
ai paesaggi della sua amata terra, ai tronchi d’albero che celano visi umani dai tratti rugosi e ai muri che si fanno depositari del tempo che incede lentamente. Ed è così che il paesaggio si fa interiorizzato, umanizzato sottolineando ancora una volta il forte legame tra l’intimità e la realtà in cui è immerso.
Anche Alessandro Vicario si concentra sulla memoria, sui segni lasciati dal tempo sui muri cittadini che diventano testimoni della nostra esperienza trascorsa e quotidiana. La sua fotografia vuole mantenere in vita tracce che altrimenti sarebbero destinate a sparire attraverso un lavoro che intende opporsi
nettamente all’oblio. In tutto ciò vi è una forte tensione utopistica, poiché un domani anche i suoi stessi scatti saranno dimenticati come foglie al vento. Poi c’è un uso molto rigoroso della ripresa che risponde a un’esigenza di ordine dell’artista, laddove l’estrema semplificazione delle forme sono le migliori
alleate nella battaglia al caos della vita. Vicario è infatti alla continua ricerca dell’essenzialità suprema, di conseguenza anche l’esclusione dello spazio diventa fondamentale per alleggerire l’immagine che altrimenti risulterebbe troppo confusionaria. Insomma, l’eco di Mondrian si fa sentire con tutta la sua voce,
seppur non volutamente. La fotografia di Vicario è una traccia che a sua volta è traccia di altro, per questo è possibile parlare di ‘prelievi’ della realtà in cui la prospettiva è annullata da una ripresa spietatamente frontale, simmetrica e decontestualizzata. E’ dunque una parte dell’insieme che si vuole rappresentare. In
quanto prelievi, le opere di Vicario sono caratterizzate da una ricercata varietà dimensionale, che consente di riprodurre esattamente – in rapporto 1:1 - le porzioni di parete inquadrate. L’altra grande protagonista
delle sue opere è la superficie con le sue imperfezioni, crepe e porzioni levigate che ci rimandano involontariamente a Rothko. Sono finestre sul passato, frammenti di muri impregnati di storia che anno dopo anno registrano i sentimenti e gli umori del mondo in cui viviamo.
Nicola Vinci si limita invece a ritrarre le situazioni reali così come gli si presentano innanzi, senza allestire o ricreare set particolari. Il suo lavoro è trainato dalla curiosità nei confronti del mondo e dalla casualità che offre scenari del tutto spettacolari e ricchi di sfumature poetiche. Ma dietro a cotanta delicatezza c’è l’ombra della tragedia che rappresenta il vero filo conduttore delle opere di Vinci, generando un’antitesi
che rispecchia le innumerevoli contraddizioni della vita. Con il progetto Transfert, il fotografo rinuncia alla rappresentazione del soggetto, il quale viene solo evocato da una serie di dettagli che solo simbolicamente
ci riportano ad un personaggio che in un modo o nell’altro ha fatto storia. Gli oggetti rappresentati diventano metafore che raccontano soggetti materialmente inesistenti delineandone al tempo stesso un ritratto. Un approccio alla fotografia da parte di Vinci puramente psicologico che fa leva su proiezioni di significati, associazioni mentali e cortocircuiti che innescano quei processi mentali dai quali se ne generano via via altri. C’è un accurato lavoro di indagine sulle cause di certi processi psicologici come possono essere la solitudine o il desiderio di comunicazione a fronte di una mancanza della stessa. Non manca però la
precisione dal punto di vista tecnico, assolutamente indispensabile per entrare nella fotografia abbattendo quella quarta parete simbolica che non consentirebbe allo spettatore di diventare parte integrante della
raffigurazione. La pellicola registra ogni istante della nostra vita rendendo il reale oggettivo e tangibile.
Da non trascurare è la componente religiosa delle opere di Vinci, in quanto appassionato del mistero
che avvolge la nostra esistenza lasciandoci nel beneficio del dubbio. In breve, per lui la fotografia è uno strumento strettamente legato alla quotidianità, alla vita e alla morte proprio come teorizzavano Susan Sontag e Roland Barthes.
Invece, il progetto Lasciti nasce in Valdossola nel 2007, anno in cui Roberto Toja ritorna nei luoghi dei suoi antenati, degli avi, della memoria. Il fotografo decide di lasciare alle spalle l’aspetto paesaggistico per dedicarsi al reportage senza figure umane, realizzato usando del materiale volutamente abbandonato
all’interno di case semi-distrutte nella zona in cui Toja era solito andare in visita ai nonni. Ed ecco la sorpresa: vecchie valigie, cassetti contenenti immagini anonime, cartoline impolverate, carte da visita e lettere ingiallite. Dopo averli ambientati, Toja ha ri-fotografato i documenti strizzando un pochino l’occhio ad una sorta di proforma ed estetica per un lavoro durato quasi due anni che risponde ad una volontà di riordino dei ricordi. Così, si stabilisce una complicità tra il fotografo e ciascuna immagine che dà vita ad una
rappresentazione nuova e di conseguenza ad un nuovo ricordo.
Tutti noi possiamo identificarci nelle reminescenze altrui, perché tutti noi abbiamo alle spalle un passato carico di emozioni con il quale prima o poi ci troviamo a fare i conti. Quindi, in fondo, i ricordi di Giacomelli,
Vicario, Vinci e Toja sono anche un po’ i nostri.
Manuela Valentini
Mario Giacomelli // Roberto Toja // Alessandro Vicario // Nicola Vinci
Mostra promossa e organizzata da
Artistocratic
in collaborazione con Alinari 24 ORE e Galleria EMMEOTTO
26 gennaio - 4 febbraio 2012 | Frassinagodiciotto, Bologna
Artistocratic, la galleria on line di fotografia d’autore, è lieta di presentare “La Memoria delle Cose”. La mostra, che si colloca come evento OFF all’interno del bacino di progetti nella città di Bologna in occasione di ArteFiera 2012, racconta gli spazi, le pareti, le cose come testimoni del tempo e custodi delle atmosfere e della vita degli uomini, attraverso le opere di Mario Giacomelli, Roberto Toja, Alessandro Vicario e Nicola Vinci. Artistocratic – www.artistocratic.com - rinnova per il terzo anno il suo legame con ArteFiera e offre ancora una volta ai collezionisti e agli amanti dell’arte, l’opportunità di misurarsi anche off line con la grande fotografia contemporanea e del ‘900.
La collettiva, a cura di Manuela Valentini e realizzata in collaborazione con Alinari 24 ORE e la galleria EMMEOTTO, apre al pubblico il 26 gennaio 2012 presso lo spazio Frassinagodiciotto di Bologna.
In un mondo in cui gli spazi cambiano rapidamente e le impronte si sovrappongono con ritmo incessante, dove la ricerca della novità costante inghiottisce il passato con voracità, spetta all’arte contemporanea fermarsi per ritrovare le orme di ciò che è stato e decifrare la mappa delle forze che agiscono sulle cose. Con “La Memoria delle Cose”, Artistocratic propone un percorso di ricerca di queste tracce, attraverso opere realizzate da una selezione di artisti che, in maniera diversa, fanno della fotografia lo strumento ideale di questo racconto.
Le opere fotografiche di Giacomelli esposte sono in gran parte inediti provenienti dall’Archivio Mario Giacomelli-Sassoferrato di cui Artistocratic è rappresentante esclusivo e sono pubblicate nel nuovo libro edito da 24 Ore Cultura “Mario Giacomelli – Sotto la pelle del reale” a cura di Katiuscia Biondi (nipote di Mario Giacomelli e direttrice dell’Archivio di Sassoferrato), Marina Itolli e Catia Zucchetti (CZ Fotografia).
Un Giacomelli inedito e visionario che, come spiega Achille Bonito Oliva nell’introduzione del libro, affronta i linguaggi dell’arte contemporanea quali la performance, la land art e l’astrattismo informale. "Sotto la pelle del reale", aggiunge Katiuscia Biondi, "è una frase di Giacomelli che sottolinea una concezione dell'arte intrinsecamente unita alla vita, una fotografia-performance che tratta il paesaggio come un corpo umano da indagare per accedere alla dimensione più intima e non stereotipata, dove ritrovare anche se stesso".
“Dopo Parigi e Milano, siamo felici di esporre anche a Bologna per ArteFiera una selezione di lavori, perlopiù vintage inediti, che rivelano un Giacomelli di straordinaria contemporaneità" spiega Tommaso Stefani, fondatore di Artistocratic. “Ed è per questa ragione che abbiamo voluto affiancarlo a fotografi contemporanei che, con qualche decennio di distanza, seppur con linguaggi e risultati differenti, effettuano un percorso analogo di indagine del reale”.
Nicola Vinci ‘scrive’ un racconto minimalista e metaforico in cui ambienti abbandonati, fatiscenti e silenziosi diventano simboli surreali di personaggi storici. Le opere di Alessandro Vicario trasportano lo spettatore all’interno delle stanze di uno storico palazzo del ‘500, in un immaginario viaggio nel tempo. Infine Roberto Toja, con il progetto Lasciti, compie un’indagine suggestiva sui ritratti fotografici ritrovati all’interno di luoghi dimenticati, perfetti testimoni del tempo e della vita di chi li ha abitati.Scheda Tecnica
Titolo:
La Memoria delle Cose
Sede:
Frassinagodiciotto
via Frassinago n.18/2 | 40123 Bologna
Periodo e orari:
da giovedì 26 gennaio a sabato 4 febbraio 2012
dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Ingresso:
libero
Promossa e organizzata da:
Artistocratic
Un grande fotografo e tre artisti contemporanei per due generazioni a confronto. Il bianco e il nero da una parte, il colore dall’altra, a sottolineare il divario tra un’arte quasi perduta e un’epoca dominata da una tecnologia che regala strumenti assai sofisticati per catturare la realtà in un semplice clic. Tuttavia, si
tratta di un confronto tra il vecchio ed il nuovo che per i giovani rappresenta uno stimolo indispensabile per creare progetti sempre più complessi. Diversi, seppur accomunati da una tematica ben precisa: la memoria
ed il ricordo, perché sebbene ogni fotografo sia libero di concepire la fotografia come crede, rimane pur sempre un uomo che sogna o che si emoziona, nel bene o nel male. Insomma, nessuno lo priva della facoltà
di pensare al passato e di ritagliarsi un momento per riflettere su sé stesso, sulle proprie origini e su ciò che ha costruito nel tempo. Non è un caso che Mario Giacomelli guardasse alla fotografia come a “una scatola che tiene dentro le cose della mia memoria” - diceva in uno scritto - da non intendere però come luogo
statico e fermo, ma da interpretare in maniera attiva, come se al suo interno si svolgesse un rituale. I suoi scatti assomigliano a dei set cinematografici che lo includono nella rappresentazione e che presuppongono
uno spazio senza vita, desolato e privo di esseri umani: gli unici abitanti del luogo sono spesso animali finti e case diroccate. Il fotografo si colloca in una dimensione magica che rende possibile l’annullamento delle distanze; tuttavia, Giacomelli non si distaccherà mai dalla componente autobiografica, poiché tutto
il suo universo si esaurisce nelle piccole cose o persone che lo circondano. Pur mantenendosi in costante contatto con artisti provenienti da tutto il mondo, Giacomelli, con il suo lavoro, è sempre rimasto aderente
ai paesaggi della sua amata terra, ai tronchi d’albero che celano visi umani dai tratti rugosi e ai muri che si fanno depositari del tempo che incede lentamente. Ed è così che il paesaggio si fa interiorizzato, umanizzato sottolineando ancora una volta il forte legame tra l’intimità e la realtà in cui è immerso.
Anche Alessandro Vicario si concentra sulla memoria, sui segni lasciati dal tempo sui muri cittadini che diventano testimoni della nostra esperienza trascorsa e quotidiana. La sua fotografia vuole mantenere in vita tracce che altrimenti sarebbero destinate a sparire attraverso un lavoro che intende opporsi
nettamente all’oblio. In tutto ciò vi è una forte tensione utopistica, poiché un domani anche i suoi stessi scatti saranno dimenticati come foglie al vento. Poi c’è un uso molto rigoroso della ripresa che risponde a un’esigenza di ordine dell’artista, laddove l’estrema semplificazione delle forme sono le migliori
alleate nella battaglia al caos della vita. Vicario è infatti alla continua ricerca dell’essenzialità suprema, di conseguenza anche l’esclusione dello spazio diventa fondamentale per alleggerire l’immagine che altrimenti risulterebbe troppo confusionaria. Insomma, l’eco di Mondrian si fa sentire con tutta la sua voce,
seppur non volutamente. La fotografia di Vicario è una traccia che a sua volta è traccia di altro, per questo è possibile parlare di ‘prelievi’ della realtà in cui la prospettiva è annullata da una ripresa spietatamente frontale, simmetrica e decontestualizzata. E’ dunque una parte dell’insieme che si vuole rappresentare. In
quanto prelievi, le opere di Vicario sono caratterizzate da una ricercata varietà dimensionale, che consente di riprodurre esattamente – in rapporto 1:1 - le porzioni di parete inquadrate. L’altra grande protagonista
delle sue opere è la superficie con le sue imperfezioni, crepe e porzioni levigate che ci rimandano involontariamente a Rothko. Sono finestre sul passato, frammenti di muri impregnati di storia che anno dopo anno registrano i sentimenti e gli umori del mondo in cui viviamo.
Nicola Vinci si limita invece a ritrarre le situazioni reali così come gli si presentano innanzi, senza allestire o ricreare set particolari. Il suo lavoro è trainato dalla curiosità nei confronti del mondo e dalla casualità che offre scenari del tutto spettacolari e ricchi di sfumature poetiche. Ma dietro a cotanta delicatezza c’è l’ombra della tragedia che rappresenta il vero filo conduttore delle opere di Vinci, generando un’antitesi
che rispecchia le innumerevoli contraddizioni della vita. Con il progetto Transfert, il fotografo rinuncia alla rappresentazione del soggetto, il quale viene solo evocato da una serie di dettagli che solo simbolicamente
ci riportano ad un personaggio che in un modo o nell’altro ha fatto storia. Gli oggetti rappresentati diventano metafore che raccontano soggetti materialmente inesistenti delineandone al tempo stesso un ritratto. Un approccio alla fotografia da parte di Vinci puramente psicologico che fa leva su proiezioni di significati, associazioni mentali e cortocircuiti che innescano quei processi mentali dai quali se ne generano via via altri. C’è un accurato lavoro di indagine sulle cause di certi processi psicologici come possono essere la solitudine o il desiderio di comunicazione a fronte di una mancanza della stessa. Non manca però la
precisione dal punto di vista tecnico, assolutamente indispensabile per entrare nella fotografia abbattendo quella quarta parete simbolica che non consentirebbe allo spettatore di diventare parte integrante della
raffigurazione. La pellicola registra ogni istante della nostra vita rendendo il reale oggettivo e tangibile.
Da non trascurare è la componente religiosa delle opere di Vinci, in quanto appassionato del mistero
che avvolge la nostra esistenza lasciandoci nel beneficio del dubbio. In breve, per lui la fotografia è uno strumento strettamente legato alla quotidianità, alla vita e alla morte proprio come teorizzavano Susan Sontag e Roland Barthes.
Invece, il progetto Lasciti nasce in Valdossola nel 2007, anno in cui Roberto Toja ritorna nei luoghi dei suoi antenati, degli avi, della memoria. Il fotografo decide di lasciare alle spalle l’aspetto paesaggistico per dedicarsi al reportage senza figure umane, realizzato usando del materiale volutamente abbandonato
all’interno di case semi-distrutte nella zona in cui Toja era solito andare in visita ai nonni. Ed ecco la sorpresa: vecchie valigie, cassetti contenenti immagini anonime, cartoline impolverate, carte da visita e lettere ingiallite. Dopo averli ambientati, Toja ha ri-fotografato i documenti strizzando un pochino l’occhio ad una sorta di proforma ed estetica per un lavoro durato quasi due anni che risponde ad una volontà di riordino dei ricordi. Così, si stabilisce una complicità tra il fotografo e ciascuna immagine che dà vita ad una
rappresentazione nuova e di conseguenza ad un nuovo ricordo.
Tutti noi possiamo identificarci nelle reminescenze altrui, perché tutti noi abbiamo alle spalle un passato carico di emozioni con il quale prima o poi ci troviamo a fare i conti. Quindi, in fondo, i ricordi di Giacomelli,
Vicario, Vinci e Toja sono anche un po’ i nostri.
Manuela Valentini
26
gennaio 2012
La Memoria delle Cose
Dal 26 gennaio al 04 febbraio 2012
fotografia
Location
FRASSINAGODICIOTTO
Bologna, Via Frassinago, 18, (Bologna)
Bologna, Via Frassinago, 18, (Bologna)
Orario di apertura
dalle ore 10.00 alle ore 19.00
Sito web
www.artistocratic.com
Ufficio stampa
STUDIO PESCI
Autore
Curatore