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Camillo Capolongo – Io non sono tu sei
“Io non sono tu sei” è il titolo della performance di Camillo Capolongo che fece incantare il pubblico parigino, quello del Festival Poliphonix del Centre George Pompidou di Parigi. La summa di un’esperienza quarantennale dell’artista campano, la sintesi del suo negare per essere
Comunicato stampa
Segnala l'evento
“Io non sono tu sei”, è il titolo della performance di Camillo Capolongo che fece incantare il
pubblico parigino, quello del Festival Poliphonix del Centre George Pompidou di Parigi. La summa
di un’esperienza quarantennale dell’artista campano, la sintesi del suo negare per essere.
Quale titolo migliore per un appuntamento dedicato all’autore nella prestigiosa sede dei SS.
Apostoli a Nola? La mostra, curata dal critico d’arte Pasquale Lettieri, è inserita in un più vasto
programma espositivo intitolato “L’arte, bonifica del territorio”, che giunge quest’anno alla sua
seconda edizione e che vede in prima linea nel singolare processo di “bonifica” i politici del
territorio. La mostra offre l’occasione al pubblico, di assistere alla proiezione di alcuni video inediti
di Capolongo che saranno proiettati oltre che ai SS. Apostoli, anche all’ingresso della Chiesa di
Santa Chiara. Verranno esposti numerosi disegni che compongono la rivista Match, fondata nel
1984 dall’artista. La quarantennale ricerca di Camillo Capolongo comincia, prima di mettersi alla
guida dei movimenti più spericolati della neoavanguardia, da performer e poeta multimediale, con
disegni umoristici e vignette, pubblicati su riviste come Tribuna Illustrata, Candido, La Notte,
Famiglia Cristiana, Corriere dei Piccoli; gli stessi disegni che arricchiranno i vari numeri di Match e
il catalogo 1 e 2. Disegni quelli di Capolongo fatti di guizzi incantati ed umoreschi, tratti divaganti
con cui provoca flash, evoca aneddoti, insinua punte sornione. Il segno di Capolongo è evocativo
nelle apparizioni fulminee, ricco talvolta di humour che sia esso una vignetta o un disegno
concettuale. Parole e immagini interferiscono, lettere ed elementi iconici si mescolano “pittura da
leggere e poesia da vedere”: non però in vista di complicità, di uno stadio della ibridazione, quanto
piuttosto in vista di uno scollamento tra segno e figura, di una desacralizzazione delle norme
omologate dalla comunicazione. L’immagine rileva il limite della parola, il logoramento
dell’immagine (per cui preferisco usare la locuzione di “pittura poesia” piuttosto che la classica
dicitura di poesia visiva). Con le opere di Capolongo siamo dinanzi alle infrazioni
dell’Avanguardia, ma nell’Avanguardia Storica la veste di ciascuna lettera restava invariabilmente
confinata dentro la sua veste tipografica. Qui la scrittura sempre funzionale all’impianto visuale si
libera di tutti i concetti categoriali di narrazione, di letteratura, di alfabeto in senso stretto. Citazioni
dissacratorie, poesie strutturate come fotoromanzi, il fantastico che dialoga con il quotidiano, la
contaminatio, la messa in vista dei meccanismi formativi del linguaggio tecnologico. Segni con
valori grafici e parole con valore visuale ed estetico: la “guerriglia semilogica” di Capolongo
rimuove e rovescia i significati creando delle vere e proprie catastrofi immaginative silenziose e
inspiegabili. Quasi una sorta di ricerca del linguaggio perduto, di una traccia della civiltà, l’arte
rifiutando i codici finisce per indicare il proprio carattere iniziatico, per scrivere il proprio corpo e
la propria origine. L’esperienza artistica di Capolongo si presenta in una veste molto complessa nel
senso pieno dell’arte totale (Gesamtkunstwerk). Quella di Camillo Capolongo è una posizione che
si colloca agli antipodi dell’esser “di moda” e consiste soprattutto di un tenace affollarsi di
simbologie, di immagini archetipiche, di corrose rovine culturali. Se la limpidezza di alcune opere
richiama la sospensione onirica, per le altre si tratta di mettersi contro il proprio tempo per dare alla
ricerca la possibilità di connettersi al mito e all’utopia della rispondenza tra nuova forma e nuova
società. L’opus di Capolongo consiste anche nella messa in discussione dell’esperienza dell’arte. Si
tratta di una messa in discussione vissuta patologicamente (nel senso del dolore continuo) e
autoriflessiva: è l’opera stessa che si ripiega su di sè. Le citazioni innumerevoli non significano
altro che la perdita irreversibile della fonte, depistaggi deliberati, falsificazioni, dunque false
citazioni e false fonti: il nulla dell’arte...
Camillo ha l’arte del fare, in questo è unico, come i più grandi infatti riesce a comporre tracciando
pochi segni o utilizzando gli oggetti più comuni: se raccogliamo un chiodo arrugginito quello sarà
sempre un chiodo arrugginito, ma quando Capolongo raccoglie un chiodo e vi fissa segni e parole
come sculture, allora quello è un Capolongo.
Pasquale Lettieri
pubblico parigino, quello del Festival Poliphonix del Centre George Pompidou di Parigi. La summa
di un’esperienza quarantennale dell’artista campano, la sintesi del suo negare per essere.
Quale titolo migliore per un appuntamento dedicato all’autore nella prestigiosa sede dei SS.
Apostoli a Nola? La mostra, curata dal critico d’arte Pasquale Lettieri, è inserita in un più vasto
programma espositivo intitolato “L’arte, bonifica del territorio”, che giunge quest’anno alla sua
seconda edizione e che vede in prima linea nel singolare processo di “bonifica” i politici del
territorio. La mostra offre l’occasione al pubblico, di assistere alla proiezione di alcuni video inediti
di Capolongo che saranno proiettati oltre che ai SS. Apostoli, anche all’ingresso della Chiesa di
Santa Chiara. Verranno esposti numerosi disegni che compongono la rivista Match, fondata nel
1984 dall’artista. La quarantennale ricerca di Camillo Capolongo comincia, prima di mettersi alla
guida dei movimenti più spericolati della neoavanguardia, da performer e poeta multimediale, con
disegni umoristici e vignette, pubblicati su riviste come Tribuna Illustrata, Candido, La Notte,
Famiglia Cristiana, Corriere dei Piccoli; gli stessi disegni che arricchiranno i vari numeri di Match e
il catalogo 1 e 2. Disegni quelli di Capolongo fatti di guizzi incantati ed umoreschi, tratti divaganti
con cui provoca flash, evoca aneddoti, insinua punte sornione. Il segno di Capolongo è evocativo
nelle apparizioni fulminee, ricco talvolta di humour che sia esso una vignetta o un disegno
concettuale. Parole e immagini interferiscono, lettere ed elementi iconici si mescolano “pittura da
leggere e poesia da vedere”: non però in vista di complicità, di uno stadio della ibridazione, quanto
piuttosto in vista di uno scollamento tra segno e figura, di una desacralizzazione delle norme
omologate dalla comunicazione. L’immagine rileva il limite della parola, il logoramento
dell’immagine (per cui preferisco usare la locuzione di “pittura poesia” piuttosto che la classica
dicitura di poesia visiva). Con le opere di Capolongo siamo dinanzi alle infrazioni
dell’Avanguardia, ma nell’Avanguardia Storica la veste di ciascuna lettera restava invariabilmente
confinata dentro la sua veste tipografica. Qui la scrittura sempre funzionale all’impianto visuale si
libera di tutti i concetti categoriali di narrazione, di letteratura, di alfabeto in senso stretto. Citazioni
dissacratorie, poesie strutturate come fotoromanzi, il fantastico che dialoga con il quotidiano, la
contaminatio, la messa in vista dei meccanismi formativi del linguaggio tecnologico. Segni con
valori grafici e parole con valore visuale ed estetico: la “guerriglia semilogica” di Capolongo
rimuove e rovescia i significati creando delle vere e proprie catastrofi immaginative silenziose e
inspiegabili. Quasi una sorta di ricerca del linguaggio perduto, di una traccia della civiltà, l’arte
rifiutando i codici finisce per indicare il proprio carattere iniziatico, per scrivere il proprio corpo e
la propria origine. L’esperienza artistica di Capolongo si presenta in una veste molto complessa nel
senso pieno dell’arte totale (Gesamtkunstwerk). Quella di Camillo Capolongo è una posizione che
si colloca agli antipodi dell’esser “di moda” e consiste soprattutto di un tenace affollarsi di
simbologie, di immagini archetipiche, di corrose rovine culturali. Se la limpidezza di alcune opere
richiama la sospensione onirica, per le altre si tratta di mettersi contro il proprio tempo per dare alla
ricerca la possibilità di connettersi al mito e all’utopia della rispondenza tra nuova forma e nuova
società. L’opus di Capolongo consiste anche nella messa in discussione dell’esperienza dell’arte. Si
tratta di una messa in discussione vissuta patologicamente (nel senso del dolore continuo) e
autoriflessiva: è l’opera stessa che si ripiega su di sè. Le citazioni innumerevoli non significano
altro che la perdita irreversibile della fonte, depistaggi deliberati, falsificazioni, dunque false
citazioni e false fonti: il nulla dell’arte...
Camillo ha l’arte del fare, in questo è unico, come i più grandi infatti riesce a comporre tracciando
pochi segni o utilizzando gli oggetti più comuni: se raccogliamo un chiodo arrugginito quello sarà
sempre un chiodo arrugginito, ma quando Capolongo raccoglie un chiodo e vi fissa segni e parole
come sculture, allora quello è un Capolongo.
Pasquale Lettieri
20
dicembre 2011
Camillo Capolongo – Io non sono tu sei
Dal 20 dicembre 2011 al 07 gennaio 2012
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
CHIESA SCONSACRATA SS. APOSTOLI
Nola, Via San Felice, (Napoli)
Nola, Via San Felice, (Napoli)
Autore
Curatore