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21
aprile 2010
fino al 3.X.2010 Alessandro Mendini Catanzaro, Marca
altrecittà
Mendini il designer, ma anche il demiurgo e il semiologo. Il Marca di Catanzaro gli dedica una personale con settanta opere. Per presentare la sua personale visione del design...
di Stefano Riba
Ettore Sottsass una volta disse: “Quando
Charles Eames disegna la sua sedia, non disegna soltanto una sedia. Disegna un
modo di stare seduti”.
È una frase più da semiologo che da designer, e ricorda come un oggetto senza
funzionalità non valga nulla. Prendete Philippe Starck: avete mai provato a fare un’aranciata
con lo spremiagrumi di Alessi che porta la sua firma? Se sì, allora avrete
capito l’esempio.
Alessandro
Mendini (Milano,
1931) riprende la frase di Sottsass e va oltre. Tra i suoi lavori in mostra in Alchimie, la grande personale curata da
Alberto Fiz, ce n’è uno racchiude tutta l’ironia e l’intelligenza di questo
pilastro del design italiano: storico direttore di Casabella e Domus, di cui da aprile di quest’anno è
di nuovo al vertice, designer di fama internazionale tanto da aver ricevuto il
prestigioso Compasso d’Oro e svariati altri premi.
Il
lavoro in questione è Scivolavo. Vi chiederete che senso ha una sedia con la seduta
inclinata che scarica a terra chiunque ci posi sopra le terga? Nessuno, appunto. Non a caso Scivolavo è nella sezione dedicata al
“Controdesign”, il movimento nato nel 1973 quando Mendini fondò i Global Tools. Un gruppo che si opponeva alla tradizione e proponeva tematiche nuove come il
corpo, la nuova edilizia, la comunicazione sociale e individuale. Erano quelli
gli anni in cui gli oggetti iniziarono a perdere il loro significato,
fagocitato dalla banalità del quotidiano. Una perdita che influenzò fortemente
la nascita della Pop Art. E anche il discorso di Mendini, che infatti non è poi
così lontano da quello di Warhol od Oldenburg. Sia quelle Pop sia quelle del designer milanese sono
riflessioni semiotiche sui segni e sugli oggetti.
Attraverso
i suoi lavori, Mendini ci fa capire come una sedia col piano inclinato non solo
faccia scivolare la persona che vi ci siede sopra, ma separi anche il
significante della sedia (ossia la parola che la indica) dal suo significato
(ovvero la funzione). Lo stesso vale per altri lavori in mostra, come Lassù, una sedia irraggiungibilmente
alta che fu bruciata in una performance del 1974, Redesign: Sedia Thonet N.
14 e Redesign:
Sedia Zig Zag di Rietveld del 1978, in cui ridisegna sedute storiche, o Sedia Proust, che mischia una decorazione
puntinista a intagli rococò al nome del celebre scrittore.
“Gli
oggetti di Mendini sono oggetti mentali alla ricerca della propria identità e spesso
trascendono dalla loro funzione”, spiega Alberto Fiz che, oltre che curatore della
mostra, è anche il direttore del Marca. “Allo stesso tempo sono riletture che perdono
ogni aspetto demiurgico in un cocktail di citazioni che libera i segni dal loro
significato”.
La sedia Scivolavo, messa in apertura di mostra,
rappresenta una catarsi che coinvolge (o sconvolge) tutti i settanta lavori
esposti nelle quattro sezioni della mostra. Dopo questa purificazione iniziale,
vedrete tutto in modo diverso, e inizieranno a frullarvi in mente sillogismi
come: uno spremiagrumi fa le spremute, un oggetto che non spreme non è uno
spremiagrumi, di conseguenza quello di Stark non è uno spremiagrumi. Se l’avete
in casa, quindi, buttatelo o dite che è la scultura di una navicella spaziale
intergalattica.
Charles Eames disegna la sua sedia, non disegna soltanto una sedia. Disegna un
modo di stare seduti”.
È una frase più da semiologo che da designer, e ricorda come un oggetto senza
funzionalità non valga nulla. Prendete Philippe Starck: avete mai provato a fare un’aranciata
con lo spremiagrumi di Alessi che porta la sua firma? Se sì, allora avrete
capito l’esempio.
Alessandro
Mendini (Milano,
1931) riprende la frase di Sottsass e va oltre. Tra i suoi lavori in mostra in Alchimie, la grande personale curata da
Alberto Fiz, ce n’è uno racchiude tutta l’ironia e l’intelligenza di questo
pilastro del design italiano: storico direttore di Casabella e Domus, di cui da aprile di quest’anno è
di nuovo al vertice, designer di fama internazionale tanto da aver ricevuto il
prestigioso Compasso d’Oro e svariati altri premi.
Il
lavoro in questione è Scivolavo. Vi chiederete che senso ha una sedia con la seduta
inclinata che scarica a terra chiunque ci posi sopra le terga? Nessuno, appunto. Non a caso Scivolavo è nella sezione dedicata al
“Controdesign”, il movimento nato nel 1973 quando Mendini fondò i Global Tools. Un gruppo che si opponeva alla tradizione e proponeva tematiche nuove come il
corpo, la nuova edilizia, la comunicazione sociale e individuale. Erano quelli
gli anni in cui gli oggetti iniziarono a perdere il loro significato,
fagocitato dalla banalità del quotidiano. Una perdita che influenzò fortemente
la nascita della Pop Art. E anche il discorso di Mendini, che infatti non è poi
così lontano da quello di Warhol od Oldenburg. Sia quelle Pop sia quelle del designer milanese sono
riflessioni semiotiche sui segni e sugli oggetti.
Attraverso
i suoi lavori, Mendini ci fa capire come una sedia col piano inclinato non solo
faccia scivolare la persona che vi ci siede sopra, ma separi anche il
significante della sedia (ossia la parola che la indica) dal suo significato
(ovvero la funzione). Lo stesso vale per altri lavori in mostra, come Lassù, una sedia irraggiungibilmente
alta che fu bruciata in una performance del 1974, Redesign: Sedia Thonet N.
14 e Redesign:
Sedia Zig Zag di Rietveld del 1978, in cui ridisegna sedute storiche, o Sedia Proust, che mischia una decorazione
puntinista a intagli rococò al nome del celebre scrittore.
“Gli
oggetti di Mendini sono oggetti mentali alla ricerca della propria identità e spesso
trascendono dalla loro funzione”, spiega Alberto Fiz che, oltre che curatore della
mostra, è anche il direttore del Marca. “Allo stesso tempo sono riletture che perdono
ogni aspetto demiurgico in un cocktail di citazioni che libera i segni dal loro
significato”.
La sedia Scivolavo, messa in apertura di mostra,
rappresenta una catarsi che coinvolge (o sconvolge) tutti i settanta lavori
esposti nelle quattro sezioni della mostra. Dopo questa purificazione iniziale,
vedrete tutto in modo diverso, e inizieranno a frullarvi in mente sillogismi
come: uno spremiagrumi fa le spremute, un oggetto che non spreme non è uno
spremiagrumi, di conseguenza quello di Stark non è uno spremiagrumi. Se l’avete
in casa, quindi, buttatelo o dite che è la scultura di una navicella spaziale
intergalattica.
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mostra visitata il
10 aprile 2010
dal
10 aprile al 3 ottobre 2010
Alessandro
Mendini – Alchimie. Dal Controdesign alle Nuove Utopie
a cura
di Alberto Fiz
MArCa
– Museo delle Arti Catanzaro
Via Alessandro Turco, 63 – 88100 Catanzaro
Orario: da martedì a domenica ore 9.30-13 e 16-20.30
Ingresso: € 3
Catalogo Electa
Info: tel. +39 0961746797; info@museomarca.com;
www.museomarca.com
[exibart]