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Francesco Verdelli – Il teatro inconsapevole dell’uomo
Verdelli si lascia condurre e sopraffare in un teatro luttuoso e angoscioso. La sua è una rotta in circostanze e contingenze dell’esistenza umana insabbiata ed immobilizzata, in una condizione di smarrimento, dovuta agli agenti censori di morale sociale e educazione
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Gli strati dello specchio
di Sara Bastianini
…quegli strati oscuri della coscienza,
che più di ogni altra cosa ci preoccupano
nello spirito, tutto ciò lo vogliamo
vedere irradiare e trionfare sulla scena,
pronti a perdere noi stessi e
a esporci al ridicolo di un colossale fallimento.
Antonin Artaud
Verdelli si lascia condurre e sopraffare in un teatro luttuoso e
angoscioso. La sua è una rotta in circostanze e contingenze dell’esistenza
umana insabbiata ed immobilizzata, in una condizione di smarrimento,
dovuta agli agenti censori di morale sociale e educazione.
Lo scultore affronta e dissipa i concetti freudiani dell’inconscio e della
coscienza: dalla pulsione come stimolo a creare o distruggere (omologo di
Libido/Destrudo), alla rappresentazione capitale di Hypnos, intesa come
sonno senza risveglio, fulcro diafano dell’essere “uomo”, inconsapevole
per quanto innocente.
Verdelli ribalta queste idee dentro se stesso, per cercare di redimersi
ed uscirne svincolato e destrutturato; affronta l’uomo così come tratta
le proprie opere, l’uomo come essere composito di molteplici strati,
patine, superfici, volti rivestiti come maschere addossate, recondite e
superficiali, educate e dis-educate.
In un’ottica psicanalitica, alla quale Verdelli guarda con attenzione,
primo e più profondo strato è la voce insita nella natura dell’animo
umano, l’Es; nel secondo, l’Io, intessuto da fibre di conscio ed
inconscio, è l’orditura psichica stabile e organizzata dell’uomo;
infine, considerata come incombente, devastante e avvolgente
stratificazione della morale sociale e, della sua imposizione prodotta
dall’educazione che avvilisce l’uomo, il Super-Io. Nel lavoro
dell’artista, queste componenti, intese come colature sovrapposte di
pigmentazioni colorate e materiche, si sommano, contrapponendosi si
scontrano e fondono tra loro, senza che l’uomo ne sia l’autore volontario
e edotto, ma segretamente composto.
“L’uomo nasce innocente”, non possiede Super-Io, o quantomeno soltanto in
quella, ancora piccola parte, dovuta all’attuale educazione impartitagli;
gode però delineatamente del proprio Es, il primo strato, libero e
incontrollato, che tracima aprendosi come talamo addobbato, in attesa
1
impaziente degli altri due strati, che andranno formandosi con la
crescita, in cui, acquisendo il contatto con la realtà, l’innocente
si avvicinerà progressivamente, prima a Io e successivamente a Super-
Io, in una sorta d’incarcerazione progressiva e inconsapevole. Ecco,
Verdelli avverte una nevrosi. Il conflitto interiore della collettività,
dell’umanità devastata da questo totem, al quale si sente legata ma al
contempo soffocata: le forze ignote e incontrollabili da cui noi veniamo
vissuti, come avrebbe forse detto Georg Groddeck.
A questo punto potremmo chiederci chi sia concretamente l’uomo.
È forse un domato mascherato da domatore? Una marionetta, un fantoccio di
sabbia, un artefatto domatore individuale soggiogato dall’ingente domatore
collettivo?
L’uomo inadeguato, l’uomo “alienato”, perché incapace di percepirsi
capace, per opporsi all’annichilimento, diventa lo schiavo di se stesso,
debole e restio all’uscire da questo dentro automatico, regredisce
progressivamente, irrughendosi, solcandosi, arrugginendosi, increspandosi,
strato su strato, anno su anno, colore su colore. Per Francesco Verdelli,
soltanto una presa di coscienza e consapevolezza, può trasformare
questa regressione progressiva in un’altrettanta crescente liberazione,
avvalendosi della creatività come redenzione: il risveglio dall’ipnotico
sonno dell’esistenza attraverso il grande viaggio creativo, attraverso
l’arte. Soltanto così può avere inizio la ri-costruzione del “se stesso” e
la ri-creazione del mondo. Il destrutturarsi per strutturarsi nuovamente,
spogliarsi per ri-vestirsi: le logore maschere sono lui, questi vestiti
lisi di scena l’uno sull’altro con autori-attori, entro e oltre.
Verdelli, immerso nel proprio espressionismo di matrice tragica e
drammatica, si libera tramite l’esplosione del colore, passa sotto il
processo plastico e cromatico da cui si ri-crea nel rassemblement delle
macerie dei colori esplosi, che emergono dalla superficie di base, dalla
carta. L’emersione vuole liberarsi dall’intelaiatura, fletterla fino
a spaccarla, per uscirne, per arrivare all’annullamento dell’attività
censoria della ragione di realtà, anche attraverso l’attività onirica.
Condotti da Hypnos, scultura esposta per la prima volta in questa mostra,
veniamo scortati verso la biforcazione della scelta, ci consegna il
proprio potere, le chiavi di uscita o di entrata nella vita. Adesso
dobbiamo decidere, se riavvolgere l’imposta dell’oscurità ed affacciarci
in una nuova e successiva scena più soleggiata, oppure restare immoti.
Raffigurato mitologicamente con le ali sulla testa, Hypnos, viene proposto
da Verdelli privo di braccia, senza dubbio come provocazione o come
intima lettura di una società nata lambita, una comunità dormiente,
anestetizzata, narcotizzata, ipnotizzata appunto. Una diffusa “demenza
globale” che egli denuncia implorando per un risveglio unanime. Colui che
insorge contro l’imposizione totemica la rinnega e reagisce: per questo è
considerato diverso, anomalo. Tuttavia si tras-forma, plasmandosi ex novo,
svegliando-si, dicendo “Sì”: ecco, egli riesce a specchiarsi, a vedere
tra sé/Es, la realtà nei suoi strati e quell’oltre ancora sconosciuto.
L’incapacità di reazione, invece, porta all’Atto mancato come errore
d’azione e la volontà non cosciente agisce a nostra insaputa.
2
A questo ambito di ricerca appartengono i cicli di disegni e di alcune
piccole sculture, nei quali Verdelli, esperisce l’inconsapevole necessità
di esaurire un argomento, di scarnificarlo, spolparlo, in contrapposizione
con l’atto non attuato, come a voler esasperare su carta, tramite
potenti ed evidenti stratificazioni cromatiche e materiche, ciò che non
è possibile fare sulla strada dell’esistenza: appare così la ripetizione
ossessiva del soggetto del volto, attraverso gesti anch’essi ormai
sistematici.
Negli altri cicli di opere su carta, Arreso all’evidenza, False speranze
e Propositi, come fossero carte da gioco, i personaggi sono raffigurati
nei loro molteplici profili. L’arreso è colui che rifugge da sé e dalla
realtà, colui che in prossimità dello spavento si nasconde, si rinnega,
muore; questa inamovibilità, prendendo corpo dalla paura, pare uscire
dalla carta e, insinuandosi e incanalandosi, si dirama.
Spetta a noi adesso osservarci.
Domandare a noi stessi in quale palco, cornice, scenografia e quadro si
stia attuando il copione; quale sia la recitazione che abita in noi e dove
perdersi per trovare riconciliazione con il nostro desiderio di vivere
autentico.
Appartiene a noi questo desiderio come diritto da raggiungere.
Addentriamo noi stessi dentro i nostri strati di uomo, addentriamoci nel
nostro sdoppiamento.
L’oltre del nostro specchio sarà un nuovo teatro, il nostro nuovo teatro.
La Ri-Nascita.
La Creazione. Attraverso l’Arte?
19C Spazio Arte | via Vezzala 19C | Carrara (MS)
3
sara_bastianini@libero.it
tel.
329.8843842
di Sara Bastianini
…quegli strati oscuri della coscienza,
che più di ogni altra cosa ci preoccupano
nello spirito, tutto ciò lo vogliamo
vedere irradiare e trionfare sulla scena,
pronti a perdere noi stessi e
a esporci al ridicolo di un colossale fallimento.
Antonin Artaud
Verdelli si lascia condurre e sopraffare in un teatro luttuoso e
angoscioso. La sua è una rotta in circostanze e contingenze dell’esistenza
umana insabbiata ed immobilizzata, in una condizione di smarrimento,
dovuta agli agenti censori di morale sociale e educazione.
Lo scultore affronta e dissipa i concetti freudiani dell’inconscio e della
coscienza: dalla pulsione come stimolo a creare o distruggere (omologo di
Libido/Destrudo), alla rappresentazione capitale di Hypnos, intesa come
sonno senza risveglio, fulcro diafano dell’essere “uomo”, inconsapevole
per quanto innocente.
Verdelli ribalta queste idee dentro se stesso, per cercare di redimersi
ed uscirne svincolato e destrutturato; affronta l’uomo così come tratta
le proprie opere, l’uomo come essere composito di molteplici strati,
patine, superfici, volti rivestiti come maschere addossate, recondite e
superficiali, educate e dis-educate.
In un’ottica psicanalitica, alla quale Verdelli guarda con attenzione,
primo e più profondo strato è la voce insita nella natura dell’animo
umano, l’Es; nel secondo, l’Io, intessuto da fibre di conscio ed
inconscio, è l’orditura psichica stabile e organizzata dell’uomo;
infine, considerata come incombente, devastante e avvolgente
stratificazione della morale sociale e, della sua imposizione prodotta
dall’educazione che avvilisce l’uomo, il Super-Io. Nel lavoro
dell’artista, queste componenti, intese come colature sovrapposte di
pigmentazioni colorate e materiche, si sommano, contrapponendosi si
scontrano e fondono tra loro, senza che l’uomo ne sia l’autore volontario
e edotto, ma segretamente composto.
“L’uomo nasce innocente”, non possiede Super-Io, o quantomeno soltanto in
quella, ancora piccola parte, dovuta all’attuale educazione impartitagli;
gode però delineatamente del proprio Es, il primo strato, libero e
incontrollato, che tracima aprendosi come talamo addobbato, in attesa
1
impaziente degli altri due strati, che andranno formandosi con la
crescita, in cui, acquisendo il contatto con la realtà, l’innocente
si avvicinerà progressivamente, prima a Io e successivamente a Super-
Io, in una sorta d’incarcerazione progressiva e inconsapevole. Ecco,
Verdelli avverte una nevrosi. Il conflitto interiore della collettività,
dell’umanità devastata da questo totem, al quale si sente legata ma al
contempo soffocata: le forze ignote e incontrollabili da cui noi veniamo
vissuti, come avrebbe forse detto Georg Groddeck.
A questo punto potremmo chiederci chi sia concretamente l’uomo.
È forse un domato mascherato da domatore? Una marionetta, un fantoccio di
sabbia, un artefatto domatore individuale soggiogato dall’ingente domatore
collettivo?
L’uomo inadeguato, l’uomo “alienato”, perché incapace di percepirsi
capace, per opporsi all’annichilimento, diventa lo schiavo di se stesso,
debole e restio all’uscire da questo dentro automatico, regredisce
progressivamente, irrughendosi, solcandosi, arrugginendosi, increspandosi,
strato su strato, anno su anno, colore su colore. Per Francesco Verdelli,
soltanto una presa di coscienza e consapevolezza, può trasformare
questa regressione progressiva in un’altrettanta crescente liberazione,
avvalendosi della creatività come redenzione: il risveglio dall’ipnotico
sonno dell’esistenza attraverso il grande viaggio creativo, attraverso
l’arte. Soltanto così può avere inizio la ri-costruzione del “se stesso” e
la ri-creazione del mondo. Il destrutturarsi per strutturarsi nuovamente,
spogliarsi per ri-vestirsi: le logore maschere sono lui, questi vestiti
lisi di scena l’uno sull’altro con autori-attori, entro e oltre.
Verdelli, immerso nel proprio espressionismo di matrice tragica e
drammatica, si libera tramite l’esplosione del colore, passa sotto il
processo plastico e cromatico da cui si ri-crea nel rassemblement delle
macerie dei colori esplosi, che emergono dalla superficie di base, dalla
carta. L’emersione vuole liberarsi dall’intelaiatura, fletterla fino
a spaccarla, per uscirne, per arrivare all’annullamento dell’attività
censoria della ragione di realtà, anche attraverso l’attività onirica.
Condotti da Hypnos, scultura esposta per la prima volta in questa mostra,
veniamo scortati verso la biforcazione della scelta, ci consegna il
proprio potere, le chiavi di uscita o di entrata nella vita. Adesso
dobbiamo decidere, se riavvolgere l’imposta dell’oscurità ed affacciarci
in una nuova e successiva scena più soleggiata, oppure restare immoti.
Raffigurato mitologicamente con le ali sulla testa, Hypnos, viene proposto
da Verdelli privo di braccia, senza dubbio come provocazione o come
intima lettura di una società nata lambita, una comunità dormiente,
anestetizzata, narcotizzata, ipnotizzata appunto. Una diffusa “demenza
globale” che egli denuncia implorando per un risveglio unanime. Colui che
insorge contro l’imposizione totemica la rinnega e reagisce: per questo è
considerato diverso, anomalo. Tuttavia si tras-forma, plasmandosi ex novo,
svegliando-si, dicendo “Sì”: ecco, egli riesce a specchiarsi, a vedere
tra sé/Es, la realtà nei suoi strati e quell’oltre ancora sconosciuto.
L’incapacità di reazione, invece, porta all’Atto mancato come errore
d’azione e la volontà non cosciente agisce a nostra insaputa.
2
A questo ambito di ricerca appartengono i cicli di disegni e di alcune
piccole sculture, nei quali Verdelli, esperisce l’inconsapevole necessità
di esaurire un argomento, di scarnificarlo, spolparlo, in contrapposizione
con l’atto non attuato, come a voler esasperare su carta, tramite
potenti ed evidenti stratificazioni cromatiche e materiche, ciò che non
è possibile fare sulla strada dell’esistenza: appare così la ripetizione
ossessiva del soggetto del volto, attraverso gesti anch’essi ormai
sistematici.
Negli altri cicli di opere su carta, Arreso all’evidenza, False speranze
e Propositi, come fossero carte da gioco, i personaggi sono raffigurati
nei loro molteplici profili. L’arreso è colui che rifugge da sé e dalla
realtà, colui che in prossimità dello spavento si nasconde, si rinnega,
muore; questa inamovibilità, prendendo corpo dalla paura, pare uscire
dalla carta e, insinuandosi e incanalandosi, si dirama.
Spetta a noi adesso osservarci.
Domandare a noi stessi in quale palco, cornice, scenografia e quadro si
stia attuando il copione; quale sia la recitazione che abita in noi e dove
perdersi per trovare riconciliazione con il nostro desiderio di vivere
autentico.
Appartiene a noi questo desiderio come diritto da raggiungere.
Addentriamo noi stessi dentro i nostri strati di uomo, addentriamoci nel
nostro sdoppiamento.
L’oltre del nostro specchio sarà un nuovo teatro, il nostro nuovo teatro.
La Ri-Nascita.
La Creazione. Attraverso l’Arte?
19C Spazio Arte | via Vezzala 19C | Carrara (MS)
3
sara_bastianini@libero.it
tel.
329.8843842
03
dicembre 2011
Francesco Verdelli – Il teatro inconsapevole dell’uomo
Dal 03 al 18 dicembre 2011
arte contemporanea
Location
19C SPAZIO ARTE
Carrara, Via Vezzala, 19c, (Massa-carrara)
Carrara, Via Vezzala, 19c, (Massa-carrara)
Orario di apertura
venerdì 16.30-19.30, sabato 11-13 e 15-19.30, gli altri su appuntamento
Vernissage
3 Dicembre 2011, ore 18
Autore
Curatore