Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Utopia corporis. Corporeità incarnate
La mostra organizzata da Kritika esplora il tema del corpo attraverso le opere di quattro artisti di diversa formazione, accomunati dalla ricerca sul corpo declinata secondo differenti modalità.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra organizzata da Kritika esplora il tema del corpo attraverso le opere di quattro artisti di diversa formazione, accomunati dalla ricerca sul corpo declinata secondo differenti modalità.
Justyna Górowska (Cracovia, Polonia, 1988; vive e lavora a Cracovia) propone FW-JG, una serie di video-performance che reinterpretano l'immaginario di Francesca Woodman; Giacomo Vanetti(Varese, 1974; vive e lavora fra Milano e Varese) presenta cinque video che traggono spunto dalla sua ricerca fotografica dedicata all'esplorazione di corpi in tensione e inquieto movimento.Giovanni Manzoni Piazzalunga (Cochabamba, Bolivia, 1979; vive e lavora a Milano) realizzerà un disegno di dimensioni ambientali, ispirato alla sua ricerca su anatomia e corpo riascimentale, mentre Emila Sirakova (Sofia, Bulgaria, 1984; vive e lavora a Milano) presenterà una serie di disegni su base fotografica ispirati alla corporeità onirica.
Nel corso di Step09 sarà disponibile il catalogo della mostra con testi di Emanuele Beluffi e Stefano Mazzoni e interviste agli artisti.
Kritika è una pubblicazione di arte contemporanea curata da Emanuele Beluffi e Stefano Mazzoni. Contiene testi critici e interviste ma prescinde dall’evento artistico e dalla semplice recensione.
É stata fondata a Milano nel maggio 2009 da Emanuele Beluffi e Mihailo Karanovic
BORN AGAIN KRITIKA
di Emanuele Beluffi
Torna Kritika, con una veste editoriale rinnovata per l’occasione: Step09 e la prima mostra kritika, Utopia corporis. Corporeità incarnate.
Portare il corpo in mostra non è una novità, farlo con filosofia nemmeno, ma se lo fa Kritika sì. Due parole sul concept. Gli artisti coinvolti: Justyna Górowska, Giacomo Vanetti, Giovanni Manzoni Piazzalunga ed Emila Sirakova, cani sciolti senza rapporti d’esclusiva con gallerie, eccellentissimi rabdomanti della contemporaneità che con la propria ricerca ci presentano alcune declinazioni del corpo e della corporeità, ente e concetto tattili e fisicissimi contraltari di un’epoca, l’attuale, contrassegnata dall’etereo e dalla comunicazione diafana, immacolata, impalpabile. Incorporea, appunto.
Ammesso e non concesso che io stia al mio corpo solo al modo in cui il nocchiero sta alla sua nave, presentare un’indagine sul corpo attraverso il linguaggio delle arti visive rappresenta certo un rovesciamento del problema: accantoniamo l’io e i suoi molti sé, il soggetto metafisico del pensiero occidentale e riorientiamo il nostro sguardo al soggetto d’esperienza, quel corpo che mi rende parte costitutiva dell’arredo del mondo e oggetto di relazione con esso. Il “vestito” del sartriano essere per sé, la coscienza che si relaziona al mondo attribuendo significati ai suoi oggetti, essere in sè.
Forse mai come ora una riflessione sul corpo e sulla corporeità è stata così attuale. Detto per inciso: il corpo E la corporeità, l’uno ente fra gli enti, l’altra idea di ragione. Intrinsecamente connessi a enfatizzare il nuovo valore della contemporaneità – si sa, i valori sono sempre inattuali: la materia, che con buona pace di Marx e di Engels è solo una categoria estetica, pensosa gravità opposta alla gaia levità del commercio umano troppo umano della contemporaneità. Ma lo sanno tutti, ma proprio tutti, che dove finisce la filosofia inizia l’arte. E dal momento che noi non siamo Heidegger, al quale mancarono le parole per concludere il suo Sein und Zeit (Essere e tempo), proprio perché anche a noi difetta la favella per poter dire ciò che eccede il sensibile – il corpo e la corporeità, allora lo diciamo col linguaggio simbolico dell’arte. Concordando su questo con Hegel – ma solo su questo, ‘ché ebbe anche il torto di anticipare il certificato di morte dell’arte – quando disse che la filosofia è come la nottola di Minerva: arriva sempre tardi.
Ecco perché Kritika vi presenta l’ineffabile attraverso una mostra: per non deprezzarne il valore con inutili parole.
CONFINI DEL CORPO
di Stefano Mazzoni
In un colloquio con un indigeno della Melanesia, un missionario gli chiese: “Insomma, non è forse la nozione di spirito che abbiamo portato nel vostro pensiero?”. E l'indiano risposte: “Lo spirito? No, non ci avete portato lo spirito. Noi conoscevamo già l'esistenza dello spirito […] Quello che ci avete portato è il corpo”.
S. Baron-Cohen
La conoscenza del nostro corpo e di quello degli altri è un dato immediato, apperentemente scontato ed evidente. Ne decifriamo espressioni, ne scontiamo i limiti e le imperfezioni, rimaniamo abbagliati dalla sua bellezza e dalle sue seduzione. Tutto ciò ce lo fa apparire come un aspetto quotidiano, ovvio, scontato. Eppure, proprio per questa sua immediata prossimità, rimane qualcosa che ci è in gran parte sconosciuto. Tanto che ci sono voluti secoli per riuscire ad affrontarne la realtà come quella di un tutto e non solo di un complesso di parti. Il suo mistero è quello di una realtà che è identica nel suo divenire. Se apriamo la nostra mano e ne fissiamo il suo palmo, possiamo riconoscerne i contorni e la superficie, intuire muscoli e ossa sottostanti, immaginare un destino nelle sue pieghe. Nulla di tutto questo sopravviverà nell'arco di quattro o cinque anni. Quella mano sarà ancora la nostra, ma a livello atomico non ne sarà rimasto un solo frammento. Per questo è nel nostro corpo la ragione, più che nella nostra migliore sapienza, come affermava Nietzsche. Corrisponderle significa soprattutto metterne in discussione l'identità, perlustrarne i limiti e oltrepassarli. I confini del corpo sono per Giovanni Manzoni Piazzalunga ed Emila Sikorova ragione del mezzo che prediligono, il disegno. I loro contorni emergono dalla carta in un dedalo di linee marcate, fresche, immediate, cercando di corrispondere alle seduzioni delle carnalità che rappresentano. Ma vi sovrappongono una dimensione ulteriore, in grado di farne un immaginario, animato da leggi proprie che oscillano tra la costruzione architettonica dell'immagine e libertà di associazioni oniriche. Il corpo sognato non ha tempo, esiste al di fuori della necessità di un'identità stabile, è più ambiguo e le sue seduzioni insidiano più maliziosamente. Giovanni ed Emila ne esplorano le diramazioni, come se improvvisassero su una traccia nota, entro i confini tracciati della riconoscibilità dell'immagine, ma con la libertà di costruirvi all'interno tutto ciò che possono e possiamo desidere.
Giacomo Vanetti rimette in discussione i contorni del corpo femminile, ne mette alla prova la grazia, costringendola a pose estreme e lasciando evaporare la definizione della sua immagine. Ne risultano delle impronte evanescenti, eteree, che rimangono nel limite entro il quale le loro forme ancora non si negano e resistono alla sfocatura quanto alla fatica della posa. Perdono gravità, sollevandosi nella dimensione del ricordo. Seducono malinconicamente, sfuggenti e inafferrabili.
Reincarnando l'opera di Francesca Woodman, Justyna Górowska cerca di mostrare quanto siano deboli i confini tra il corpo e ciò che lo circonda. Più che il limite della grazia le sue opere ricercano la natura, situandosi in una dimensione in cui l'identità è quella del tutto e non più – soltanto – quella del proprio sé. Perseguono impermanenza e insostanzialità quanto l'insegnamento del Buddha, pur essendo prive di illuminazione. Il vuoto che scavano è quello di una domanda metafisica incarnata, che punta l’indice sulla soglia tra essere e non essere, dove inizio e fine si fanno incerti. Tutto quello che resta sono soltanto brevi movimenti da ripetere senza posa, come una foglia ormai ingiallita su di un ramo. Un esercizio necessario quanto quello del respiro, ma che cerca di aprire una finestra su ciò che viene oltre, una volta che l'afflato vitale sia terminato.
--
Emanuele Beluffi
Justyna Górowska (Cracovia, Polonia, 1988; vive e lavora a Cracovia) propone FW-JG, una serie di video-performance che reinterpretano l'immaginario di Francesca Woodman; Giacomo Vanetti(Varese, 1974; vive e lavora fra Milano e Varese) presenta cinque video che traggono spunto dalla sua ricerca fotografica dedicata all'esplorazione di corpi in tensione e inquieto movimento.Giovanni Manzoni Piazzalunga (Cochabamba, Bolivia, 1979; vive e lavora a Milano) realizzerà un disegno di dimensioni ambientali, ispirato alla sua ricerca su anatomia e corpo riascimentale, mentre Emila Sirakova (Sofia, Bulgaria, 1984; vive e lavora a Milano) presenterà una serie di disegni su base fotografica ispirati alla corporeità onirica.
Nel corso di Step09 sarà disponibile il catalogo della mostra con testi di Emanuele Beluffi e Stefano Mazzoni e interviste agli artisti.
Kritika è una pubblicazione di arte contemporanea curata da Emanuele Beluffi e Stefano Mazzoni. Contiene testi critici e interviste ma prescinde dall’evento artistico e dalla semplice recensione.
É stata fondata a Milano nel maggio 2009 da Emanuele Beluffi e Mihailo Karanovic
BORN AGAIN KRITIKA
di Emanuele Beluffi
Torna Kritika, con una veste editoriale rinnovata per l’occasione: Step09 e la prima mostra kritika, Utopia corporis. Corporeità incarnate.
Portare il corpo in mostra non è una novità, farlo con filosofia nemmeno, ma se lo fa Kritika sì. Due parole sul concept. Gli artisti coinvolti: Justyna Górowska, Giacomo Vanetti, Giovanni Manzoni Piazzalunga ed Emila Sirakova, cani sciolti senza rapporti d’esclusiva con gallerie, eccellentissimi rabdomanti della contemporaneità che con la propria ricerca ci presentano alcune declinazioni del corpo e della corporeità, ente e concetto tattili e fisicissimi contraltari di un’epoca, l’attuale, contrassegnata dall’etereo e dalla comunicazione diafana, immacolata, impalpabile. Incorporea, appunto.
Ammesso e non concesso che io stia al mio corpo solo al modo in cui il nocchiero sta alla sua nave, presentare un’indagine sul corpo attraverso il linguaggio delle arti visive rappresenta certo un rovesciamento del problema: accantoniamo l’io e i suoi molti sé, il soggetto metafisico del pensiero occidentale e riorientiamo il nostro sguardo al soggetto d’esperienza, quel corpo che mi rende parte costitutiva dell’arredo del mondo e oggetto di relazione con esso. Il “vestito” del sartriano essere per sé, la coscienza che si relaziona al mondo attribuendo significati ai suoi oggetti, essere in sè.
Forse mai come ora una riflessione sul corpo e sulla corporeità è stata così attuale. Detto per inciso: il corpo E la corporeità, l’uno ente fra gli enti, l’altra idea di ragione. Intrinsecamente connessi a enfatizzare il nuovo valore della contemporaneità – si sa, i valori sono sempre inattuali: la materia, che con buona pace di Marx e di Engels è solo una categoria estetica, pensosa gravità opposta alla gaia levità del commercio umano troppo umano della contemporaneità. Ma lo sanno tutti, ma proprio tutti, che dove finisce la filosofia inizia l’arte. E dal momento che noi non siamo Heidegger, al quale mancarono le parole per concludere il suo Sein und Zeit (Essere e tempo), proprio perché anche a noi difetta la favella per poter dire ciò che eccede il sensibile – il corpo e la corporeità, allora lo diciamo col linguaggio simbolico dell’arte. Concordando su questo con Hegel – ma solo su questo, ‘ché ebbe anche il torto di anticipare il certificato di morte dell’arte – quando disse che la filosofia è come la nottola di Minerva: arriva sempre tardi.
Ecco perché Kritika vi presenta l’ineffabile attraverso una mostra: per non deprezzarne il valore con inutili parole.
CONFINI DEL CORPO
di Stefano Mazzoni
In un colloquio con un indigeno della Melanesia, un missionario gli chiese: “Insomma, non è forse la nozione di spirito che abbiamo portato nel vostro pensiero?”. E l'indiano risposte: “Lo spirito? No, non ci avete portato lo spirito. Noi conoscevamo già l'esistenza dello spirito […] Quello che ci avete portato è il corpo”.
S. Baron-Cohen
La conoscenza del nostro corpo e di quello degli altri è un dato immediato, apperentemente scontato ed evidente. Ne decifriamo espressioni, ne scontiamo i limiti e le imperfezioni, rimaniamo abbagliati dalla sua bellezza e dalle sue seduzione. Tutto ciò ce lo fa apparire come un aspetto quotidiano, ovvio, scontato. Eppure, proprio per questa sua immediata prossimità, rimane qualcosa che ci è in gran parte sconosciuto. Tanto che ci sono voluti secoli per riuscire ad affrontarne la realtà come quella di un tutto e non solo di un complesso di parti. Il suo mistero è quello di una realtà che è identica nel suo divenire. Se apriamo la nostra mano e ne fissiamo il suo palmo, possiamo riconoscerne i contorni e la superficie, intuire muscoli e ossa sottostanti, immaginare un destino nelle sue pieghe. Nulla di tutto questo sopravviverà nell'arco di quattro o cinque anni. Quella mano sarà ancora la nostra, ma a livello atomico non ne sarà rimasto un solo frammento. Per questo è nel nostro corpo la ragione, più che nella nostra migliore sapienza, come affermava Nietzsche. Corrisponderle significa soprattutto metterne in discussione l'identità, perlustrarne i limiti e oltrepassarli. I confini del corpo sono per Giovanni Manzoni Piazzalunga ed Emila Sikorova ragione del mezzo che prediligono, il disegno. I loro contorni emergono dalla carta in un dedalo di linee marcate, fresche, immediate, cercando di corrispondere alle seduzioni delle carnalità che rappresentano. Ma vi sovrappongono una dimensione ulteriore, in grado di farne un immaginario, animato da leggi proprie che oscillano tra la costruzione architettonica dell'immagine e libertà di associazioni oniriche. Il corpo sognato non ha tempo, esiste al di fuori della necessità di un'identità stabile, è più ambiguo e le sue seduzioni insidiano più maliziosamente. Giovanni ed Emila ne esplorano le diramazioni, come se improvvisassero su una traccia nota, entro i confini tracciati della riconoscibilità dell'immagine, ma con la libertà di costruirvi all'interno tutto ciò che possono e possiamo desidere.
Giacomo Vanetti rimette in discussione i contorni del corpo femminile, ne mette alla prova la grazia, costringendola a pose estreme e lasciando evaporare la definizione della sua immagine. Ne risultano delle impronte evanescenti, eteree, che rimangono nel limite entro il quale le loro forme ancora non si negano e resistono alla sfocatura quanto alla fatica della posa. Perdono gravità, sollevandosi nella dimensione del ricordo. Seducono malinconicamente, sfuggenti e inafferrabili.
Reincarnando l'opera di Francesca Woodman, Justyna Górowska cerca di mostrare quanto siano deboli i confini tra il corpo e ciò che lo circonda. Più che il limite della grazia le sue opere ricercano la natura, situandosi in una dimensione in cui l'identità è quella del tutto e non più – soltanto – quella del proprio sé. Perseguono impermanenza e insostanzialità quanto l'insegnamento del Buddha, pur essendo prive di illuminazione. Il vuoto che scavano è quello di una domanda metafisica incarnata, che punta l’indice sulla soglia tra essere e non essere, dove inizio e fine si fanno incerti. Tutto quello che resta sono soltanto brevi movimenti da ripetere senza posa, come una foglia ormai ingiallita su di un ramo. Un esercizio necessario quanto quello del respiro, ma che cerca di aprire una finestra su ciò che viene oltre, una volta che l'afflato vitale sia terminato.
--
Emanuele Beluffi
25
novembre 2011
Utopia corporis. Corporeità incarnate
Dal 25 al 27 novembre 2011
arte contemporanea
Location
MUSEO NAZIONALE DELLA SCIENZA E DELLA TECNOLOGIA
Milano, Via San Vittore, 21, (Milano)
Milano, Via San Vittore, 21, (Milano)
Vernissage
25 Novembre 2011, h 18
Autore
Curatore