Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Daniele Villa – Da grande sarò morto
I collage di Daniele Villa si rapportano agli elementi come raddoppiandoli, forse gli accostamenti sono così sottili e necessitati dagli occhi stessi che il loro accadere si fa naturale, come deve essere…
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Daniele Villa nasce nel 1973 a Roma, dove vive e lavora.
Membro fondatore della Citrullo International, casa di produzione e factory artistica, in qualità di regista ha diretto “Rosy-fingered Dawn: un film su Terrence Malick” (2002) e “F for Fontcuberta” (2005), rispettivamente sul regista americano, Palma d'oro 2011 al Festival di Cannes con “Tree of Life”, e sul fotografo catalano Joan Fontcuberta.
Ha curato, con Carlo Hintermann e Luciano Barcaroli, pubblicazioni di cinema per la casa editrice Ubulibri su Otar Ioseliani, Takeshi Kitano e David Lynch.
Ha prodotto il documentario “The Dark Side of the Sun”, per la regia di Carlo Hintermann, recentemente presentato in prima mondiale al Festival Internazionale del Film di Roma.
Villa è anche un infaticabile ricercatore e 'coltivatore' d'immagini, sezionate e ricomposte con perizia in forma di collage, di recente ha partecipato alle mostre "Allegory of the cave" ed "À partir de l'eau".
Per una falda del terreno
(Archivio di un tempo dato per improvviso)
Chissà se esiste una messa a fuoco per chi compone collage; si ha come l’impressione che i punti di vista siano aperti – quasi, si potrebbe dire, più “liberi” che mai.
Quel che salta all’occhio è la componente strutturale di un collage, considerata oltrepassando il punto di vista meramente tecnico: ci si può accostare ad essa come a quella di una partitura musicale, con lo sguardo ben disposto e l’orecchio sporto, come attenti al più semplice segnale, com’è per l’effetto di un’apparizione intorno all’immagine palesata, una chiave di volta atta anche a divertire per il semplice fatto di essere composita, una chiave di rivolta, ancor di più, poiché improbabile! (talvolta), ma semplice nella causa e sensibile in più effetti - nel suo effetto ultimo, quello che “si guarda”, insomma. Sembrano più dimensioni di un’unica apparenza, i collage. Hanno la tridimensionalità che ha, ad esempio, o dovrebbe almeno possedere, non solo di riflesso, il pensiero moderno, contemporaneo all’accadere stesso dell’esposizione senza esplicazioni di sorta.
L’elemento naturale e quello filmico, come più sezioni dello stesso giorno, come se il tempo risultasse per una volta tutto: ad un tempo. I collage di Daniele Villa si rapportano agli elementi come raddoppiandoli, forse gli accostamenti sono così sottili e necessitati dagli occhi stessi che il loro accadere si fa naturale, come deve essere: catene montuose e gruppo di persone che osservano (quale apparizione e quale tempo?), ghiacciai in marefermo, scena su scena, parola per parola, a rimando o specchio, nuvole fatte sassi o viceversa, colline, gambe sotto rocce sedimentarie, uova di un volatile immaginario nate sotto la superficie del reale. Voci del verbo apparire, come per l’ultima volta, come un ritorno perfetto che può riservare solo il sogno, o ancora l’imperfetto ritorno al dramma ingenuo del tempo e delle sue detonazioni (le catastrofi e le generazioni) – con le sue distrazioni, e quelle del caso – motore immobile di un gioco d’architetture ora e forse possibili, ora e mai più determinabili, se non in dirittura di uno spazio ancorato a non più, o solo appannaggio di apparenza o essere.
*
Brevi storie spuntate ai margini –
brevissime, dunque
uno. (a parte)
uno che spunta dal nulla, come un suono improvviso in un cerchio silenzioso, un quadrato nel cerchio, una forma nell'altra, uno improvvisamente in una stanza, o al centro di una piazza. Spiazzàti, lui e il centro, dagli infinitesimali elementi sui quali non ci stiamo concentrando.
(avrà a che fare col non saper coordinare i movimenti di un braccio e dell’altro, così di una gamba con l’altra, una mano con la sua corrispondente?); sarà incapacità a centrare la concentrazione su un unico senso, gli altri quattro trascurando, sarà una forma estrema di solidarietà - una filosensorialità (attenzione verso e rispetto)per quei sensi e per tutti gli elementi che vengono messi da parte - elusi, se non proprio fatti scomparire - al centro di una storia raccontata, o comunque una storia anche se non narrata, una scena sola. allora potrei seguire questo, alla lettera, una scena sola - per questo mi piace l'idea dei cartoni, delle animazioni: un fotogramma dietro un altro, una foto dietro l'altra - e si crea un movimento, questo è geniale, forse più del movimento stesso.
Membro fondatore della Citrullo International, casa di produzione e factory artistica, in qualità di regista ha diretto “Rosy-fingered Dawn: un film su Terrence Malick” (2002) e “F for Fontcuberta” (2005), rispettivamente sul regista americano, Palma d'oro 2011 al Festival di Cannes con “Tree of Life”, e sul fotografo catalano Joan Fontcuberta.
Ha curato, con Carlo Hintermann e Luciano Barcaroli, pubblicazioni di cinema per la casa editrice Ubulibri su Otar Ioseliani, Takeshi Kitano e David Lynch.
Ha prodotto il documentario “The Dark Side of the Sun”, per la regia di Carlo Hintermann, recentemente presentato in prima mondiale al Festival Internazionale del Film di Roma.
Villa è anche un infaticabile ricercatore e 'coltivatore' d'immagini, sezionate e ricomposte con perizia in forma di collage, di recente ha partecipato alle mostre "Allegory of the cave" ed "À partir de l'eau".
Per una falda del terreno
(Archivio di un tempo dato per improvviso)
Chissà se esiste una messa a fuoco per chi compone collage; si ha come l’impressione che i punti di vista siano aperti – quasi, si potrebbe dire, più “liberi” che mai.
Quel che salta all’occhio è la componente strutturale di un collage, considerata oltrepassando il punto di vista meramente tecnico: ci si può accostare ad essa come a quella di una partitura musicale, con lo sguardo ben disposto e l’orecchio sporto, come attenti al più semplice segnale, com’è per l’effetto di un’apparizione intorno all’immagine palesata, una chiave di volta atta anche a divertire per il semplice fatto di essere composita, una chiave di rivolta, ancor di più, poiché improbabile! (talvolta), ma semplice nella causa e sensibile in più effetti - nel suo effetto ultimo, quello che “si guarda”, insomma. Sembrano più dimensioni di un’unica apparenza, i collage. Hanno la tridimensionalità che ha, ad esempio, o dovrebbe almeno possedere, non solo di riflesso, il pensiero moderno, contemporaneo all’accadere stesso dell’esposizione senza esplicazioni di sorta.
L’elemento naturale e quello filmico, come più sezioni dello stesso giorno, come se il tempo risultasse per una volta tutto: ad un tempo. I collage di Daniele Villa si rapportano agli elementi come raddoppiandoli, forse gli accostamenti sono così sottili e necessitati dagli occhi stessi che il loro accadere si fa naturale, come deve essere: catene montuose e gruppo di persone che osservano (quale apparizione e quale tempo?), ghiacciai in marefermo, scena su scena, parola per parola, a rimando o specchio, nuvole fatte sassi o viceversa, colline, gambe sotto rocce sedimentarie, uova di un volatile immaginario nate sotto la superficie del reale. Voci del verbo apparire, come per l’ultima volta, come un ritorno perfetto che può riservare solo il sogno, o ancora l’imperfetto ritorno al dramma ingenuo del tempo e delle sue detonazioni (le catastrofi e le generazioni) – con le sue distrazioni, e quelle del caso – motore immobile di un gioco d’architetture ora e forse possibili, ora e mai più determinabili, se non in dirittura di uno spazio ancorato a non più, o solo appannaggio di apparenza o essere.
*
Brevi storie spuntate ai margini –
brevissime, dunque
uno. (a parte)
uno che spunta dal nulla, come un suono improvviso in un cerchio silenzioso, un quadrato nel cerchio, una forma nell'altra, uno improvvisamente in una stanza, o al centro di una piazza. Spiazzàti, lui e il centro, dagli infinitesimali elementi sui quali non ci stiamo concentrando.
(avrà a che fare col non saper coordinare i movimenti di un braccio e dell’altro, così di una gamba con l’altra, una mano con la sua corrispondente?); sarà incapacità a centrare la concentrazione su un unico senso, gli altri quattro trascurando, sarà una forma estrema di solidarietà - una filosensorialità (attenzione verso e rispetto)per quei sensi e per tutti gli elementi che vengono messi da parte - elusi, se non proprio fatti scomparire - al centro di una storia raccontata, o comunque una storia anche se non narrata, una scena sola. allora potrei seguire questo, alla lettera, una scena sola - per questo mi piace l'idea dei cartoni, delle animazioni: un fotogramma dietro un altro, una foto dietro l'altra - e si crea un movimento, questo è geniale, forse più del movimento stesso.
22
novembre 2011
Daniele Villa – Da grande sarò morto
Dal 22 novembre al 16 dicembre 2011
arte contemporanea
Location
ZELLE ARTE CONTEMPORANEA
Palermo, Via Matteo Bonello, 19, (Palermo)
Palermo, Via Matteo Bonello, 19, (Palermo)
Orario di apertura
17-20
Vernissage
22 Novembre 2011, h 19.00
Autore
Curatore