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La Nuova Scuola di Fotografia Siciliana
La “Scuola” fa riferimento alle figure e al lavoro di tre fotografi siciliani – Carmelo Bongiorno, Carmelo Nicosia, Sandro Scalia – appartenenti alla generazione di autori nati in Sicilia fra il 1950 e il 1960, in quell’isola operanti.
I tre ricoprono ruoli di docenza presso le accademie di Belle Arti di Catania (Bongiorno e Nicosia, che ne è preside) e Palermo (Scalia) e sono per questo, letteralmente, dei “capiscuola” in una disciplina a forte vocazione tecnica ma dagli spiccati accenti poetici.
Comunicato stampa
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È una mostra “a tesi” quella che la Fondazione Gruppo Credito Valtellinese proporrà, dal 27 ottobre all’8 gennaio a Milano, nella sede espositiva del Palazzo delle Stelline dopo la tappa estiva presso la Galleria Credito Siciliano.
“A tesi” perché origina da un’ipotesi, tendendo a dimostrarla: in Sicilia sta nascendo una riconoscibile “Scuola Siciliana” di fotografia.
Non solo perché qui si sono formati ed operano artisti oggi tra i maggiori in Italia, ma perché in loro, pur nella diversità e originalità di stili e poetiche, si possono individuare linee in qualche modo riconducibili ad un medesimo, vitalissimo “terreno di coltura e di cultura”.
La mostra, ideata da Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra, responsabili delle scelte espositive della Fondazione, è da loro curata insieme a Giovanni Chiaramonte, autore di origini siciliane ma di tradizione europea e docente presso la Facoltà di Architettura di Palermo.
La “Scuola” fa riferimento alle figure e al lavoro di tre fotografi siciliani - Carmelo Bongiorno, Carmelo Nicosia, Sandro Scalia – appartenenti alla generazione di autori nati in Sicilia fra il 1950 e il 1960, in quell’isola operanti.
I tre ricoprono ruoli di docenza presso le accademie di Belle Arti di Catania (Bongiorno e Nicosia, che ne è preside) e Palermo (Scalia) e sono per questo, letteralmente, dei “capiscuola” in una disciplina a forte vocazione tecnica ma dagli spiccati accenti poetici.
“Questa caratteristica è rinvenibile – affermano i commissari dell’esposizione – dietro il duplice profilo della loro attività: da un lato il loro svolgere un ruolo critico verso la fotografia “neo-oggettiva”, di pura registrazione meccanica o a scopo classificatorio, proponendo una versione nebulosa e immaginifica della loro realtà, dall’altro, sottraendosi all’azione meramente professionale del lavoro, si spingono verso la codificazione di un linguaggio nuovo, elaborato in stretta connessione con gli esiti attuali di autori di altra provenienza e cultura”.
In ambito formativo è evidente la loro predisposizione sperimentale ad assorbire stilemi, inclinazioni poetiche e soluzioni tecniche da cinema, teatro, letteratura, video-arte, ecc.
Alla sicilianità di origine e di appartenenza s’aggiungono importanti esperienze “esterne”: tutti e tre hanno condiviso infatti, in maniera indipendente, significativi periodi di lavoro lontano dall’isola, maturando un’attitudine al confronto e al collegamento con le innumerevoli avanguardie, interconnessioni e individualità in fase di maturazione in ambito italiano ed europeo, tra la fine degli anni ’70 e gli zero.
In senso strettamente cronologico, al lavoro di Carmelo Bongiorno, Carmelo Nicosia e Sandro Scalia, si contrappone quello degli esponenti di spicco della generazione precedente, tutti autori siciliani con all’attivo significative esperienze professionali di rilievo internazionale come Letizia Battaglia, Nicola Scafidi, Ferdinando Scianna ed Enzo Sellerio. Ognuno, con la propria vicenda storica ed espressiva, ha finito, più o meno consapevolmente, con l’influenzare generazioni di fotografi. Certo non sono accomunabili in una “Scuola” nel senso tradizionale del termine, ma è fuor di dubbio che con il loro lavoro e la loro sperimentazione hanno effettivamente fatto scuola.
A costoro la mostra dedica un’ampia panoramica che non li propone come puro punto di snodo per l’affermarsi delle identità individuali, ma evidenzia aspetti, tecniche, situazioni che nelle opere dei tre protagonisti riconducono alla generazione dei “padri”. Dall’emergere di particolari tecniche di saturazione o distorsione dell’immagine, all’applicazione di uno o più meccanismi analogici nella definizione del campo visivo, o la scelta dei supporti di stampa, del formato, ecc.
La contro-copertina della mostra è affidata ad uno sguardo esterno, quello di uno “straniero”: Richard Avedon. Con un unico scatto, un combat-shot dedicato alla Cripta dei Cappuccini rubato a Palermo durante la campagna di liberazione della Sicilia nel 1944 al seguito della V Armata.
“A tesi” perché origina da un’ipotesi, tendendo a dimostrarla: in Sicilia sta nascendo una riconoscibile “Scuola Siciliana” di fotografia.
Non solo perché qui si sono formati ed operano artisti oggi tra i maggiori in Italia, ma perché in loro, pur nella diversità e originalità di stili e poetiche, si possono individuare linee in qualche modo riconducibili ad un medesimo, vitalissimo “terreno di coltura e di cultura”.
La mostra, ideata da Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra, responsabili delle scelte espositive della Fondazione, è da loro curata insieme a Giovanni Chiaramonte, autore di origini siciliane ma di tradizione europea e docente presso la Facoltà di Architettura di Palermo.
La “Scuola” fa riferimento alle figure e al lavoro di tre fotografi siciliani - Carmelo Bongiorno, Carmelo Nicosia, Sandro Scalia – appartenenti alla generazione di autori nati in Sicilia fra il 1950 e il 1960, in quell’isola operanti.
I tre ricoprono ruoli di docenza presso le accademie di Belle Arti di Catania (Bongiorno e Nicosia, che ne è preside) e Palermo (Scalia) e sono per questo, letteralmente, dei “capiscuola” in una disciplina a forte vocazione tecnica ma dagli spiccati accenti poetici.
“Questa caratteristica è rinvenibile – affermano i commissari dell’esposizione – dietro il duplice profilo della loro attività: da un lato il loro svolgere un ruolo critico verso la fotografia “neo-oggettiva”, di pura registrazione meccanica o a scopo classificatorio, proponendo una versione nebulosa e immaginifica della loro realtà, dall’altro, sottraendosi all’azione meramente professionale del lavoro, si spingono verso la codificazione di un linguaggio nuovo, elaborato in stretta connessione con gli esiti attuali di autori di altra provenienza e cultura”.
In ambito formativo è evidente la loro predisposizione sperimentale ad assorbire stilemi, inclinazioni poetiche e soluzioni tecniche da cinema, teatro, letteratura, video-arte, ecc.
Alla sicilianità di origine e di appartenenza s’aggiungono importanti esperienze “esterne”: tutti e tre hanno condiviso infatti, in maniera indipendente, significativi periodi di lavoro lontano dall’isola, maturando un’attitudine al confronto e al collegamento con le innumerevoli avanguardie, interconnessioni e individualità in fase di maturazione in ambito italiano ed europeo, tra la fine degli anni ’70 e gli zero.
In senso strettamente cronologico, al lavoro di Carmelo Bongiorno, Carmelo Nicosia e Sandro Scalia, si contrappone quello degli esponenti di spicco della generazione precedente, tutti autori siciliani con all’attivo significative esperienze professionali di rilievo internazionale come Letizia Battaglia, Nicola Scafidi, Ferdinando Scianna ed Enzo Sellerio. Ognuno, con la propria vicenda storica ed espressiva, ha finito, più o meno consapevolmente, con l’influenzare generazioni di fotografi. Certo non sono accomunabili in una “Scuola” nel senso tradizionale del termine, ma è fuor di dubbio che con il loro lavoro e la loro sperimentazione hanno effettivamente fatto scuola.
A costoro la mostra dedica un’ampia panoramica che non li propone come puro punto di snodo per l’affermarsi delle identità individuali, ma evidenzia aspetti, tecniche, situazioni che nelle opere dei tre protagonisti riconducono alla generazione dei “padri”. Dall’emergere di particolari tecniche di saturazione o distorsione dell’immagine, all’applicazione di uno o più meccanismi analogici nella definizione del campo visivo, o la scelta dei supporti di stampa, del formato, ecc.
La contro-copertina della mostra è affidata ad uno sguardo esterno, quello di uno “straniero”: Richard Avedon. Con un unico scatto, un combat-shot dedicato alla Cripta dei Cappuccini rubato a Palermo durante la campagna di liberazione della Sicilia nel 1944 al seguito della V Armata.
26
ottobre 2011
La Nuova Scuola di Fotografia Siciliana
Dal 26 ottobre 2011 all'otto gennaio 2012
fotografia
Location
GALLERIA GRUPPO CREDITO VALTELLINESE
Milano, Corso Magenta, 59, (Milano)
Milano, Corso Magenta, 59, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a domenica 12.00 – 19.00
chiuso il lunedì – INGRESSO LIBERO
Chiusure straordinarie
domenica 25 dicembre 2011
domenica 1 gennaio 2012
Vernissage
26 Ottobre 2011, h 18.30
Editore
SILVANA EDITORIALE
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Autore
Curatore