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Pippo Leocata – Un mito etneo
Il desiderio innato per il disegno, da autodidatta, lo porta a stabilire come centro dei suoi interessi artistici il mondo della strada e dei mezzi di trasporto. Nei suoi spostamenti quotidiani, documenta con appunti, schizzi e disegni l’umanità e la semplicità della variegata folla che lo circonda.
Comunicato stampa
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PIPPO LEOCATA nasce ad Adrano (CT), cittadina sulle falde dell’Etna, nel 1945. Dopo gli studi classici, si trasferisce a Torino. Nel 1970 si laurea in Architettura presso il politecnico di Torino, con una tesi sul “Teatro d’Avanguardia” (relatore prof. arch. Mollino). Il desiderio innato per il disegno, da autodidatta, lo porta a stabilire come centro dei suoi interessi artistici il mondo della strada e dei mezzi di trasporto. Ogni giorno, negli anni studenteschi, nei suoi spostamenti quotidiani, documenta con appunti, schizzi e disegni l’umanità e la semplicità della variegata folla che lo circonda. Alla fine, saranno migliaia i suoi disegni. Dal 1966 partecipa a collettive e manifestazioni. È del 1979 il premio della Galleria “Le Immagini” al 9° Premio Nazionale del Disegno di Torre Pellice. Nel 1973 ha collaborato con la rivista d’Arte “A2 - Attualità Artistiche” (ed. IRA, Torino) scrivendo articoli su Design. Nel 2003 viene inserito nell’“Osservatorio di Progetto e Cronache” (CD allegato alla rivista Domus) sia nella veste di pittore sia in quella di architetto..
Presentazione in catalogo : Dott. Gianfranco Schialvino
“Oggi che la pittura è diventata un’attività difficile, affogata in surrogati polemici ed intellettuali, confusa nelle incessanti variazioni della moda e delle teorie, soffocata nel gusto di tutti gli estremi più diversi ed opposti, è necessario tornare a guardare il quadro. Innanzitutto per capire se l’immagine non sia un vuoto miraggio di forme e colori.
Una considerazione immediata quindi sulla sua effettiva risoluzione formale – un quadro è e deve sempre costituire un’opera di pittura, pertanto in ogni indagine non si deve prescindere dal fatto tecnico della sua forma espressiva –, e poi, necessaria ma non aprioristicamente essenziale, né autonoma e slegata, la ricerca della sua forza. Il carattere, la capacità di coinvolgimento spirituale, emozionale, filosofico, etico, e ancora storico, sociale, religioso, politico ecc. ecc. che la forma riesce ad esprimere. Quello che si intende come significato.
La vicenda della pittura di Pippo Leocata (è pittura anche dove la forma corteggia la terza dimensione) a questa analisi, appare multiforme, sfaccettata in tanti particolari capitoli di un medesimo, coerente percorso: letteraria soprattutto, così ricca nei riferimenti raccolti allo scopo di ottenere delicate e immaginifiche suggestioni plastiche; e allusiva, capace di rievocare e di trasportare chi guarda in un viaggio nel tempo e oltre il tempo. Per un’arte che sa suggerire emozioni inesplorate, i sensi di una lontananza eroica e primordiale. Nella nostalgia dell’antico e del primitivo, nell’apparente indecisione del “non finito” contrapposta alle sottili raffinatezze cromatiche e tonali. Echeggiante di classicità negli equilibri dei piani e delle masse, carica di attualità nei complessi significati realizzati sotto la specie della forma e del colore, spruzzata di simbologie e di esperienze, di durezze, di solennità, di lirismo e di commozione.
La sua forma è scrupolosamente definita, semplice e attenta. Meditata, insistita nella sua visione pittorica, che riesce a vivere per sé stessa là dove le intenzioni e le apparizioni dell’artista sono compiutamente fuse e assorbite nella linea, nei volumi, nei colori; in un’aspirazione malcelata a un mondo a tre dimensioni per cui risultano spesso privilegiate la scena e la composizione. L’architettura insomma. Ed il senso dello spazio: nella profondità su cui il pittore allarga i paesi ed i cieli, le cupole e le montagne; nelle desolate prospettive uste e brulle, i muri (le mura) e le case. Dentro atmosfere ora smorte ora infuocate, le kermesse degli eroi e lo smarrimento degli umili, la folla dei guerrieri e la solitudine degli sconfitti.
Con un linguaggio rigoroso e rispettoso dei limiti dell’espressione figurativa, classica e tradizionale; né per questo meno moderna di tante eretiche seppur volatili esperienze disgregative e non sostitutive. Dove il dialetto che poggiava in gioventù su schemi e sommarietà compiaciute di culture arcaistiche si è via via stemperato e purificato nella consapevolezza della lingua pura delle civiltà: arcaica, fenicia ed ellenica. Senza ravvedimenti o conversioni, ma in una lenta crescita e maturazione. Alla conquista della crisalide rugosa del tempo che infine si squarcia per imporre una pittura senza più tempo.
Ed ecco che il mondo di Pippo Leocata diventa il mito.
Immortale.
Il grande poema epico, crogiolo di un caos primordiale che foggia rami e rame in forme mutanti, dove la cera si trasforma in segno e plasma il racconto; nel pragmatismo dell’archeologo, che ricostruisce dal frammento l’elmo ed il cratere, che riconosce da una scheggia di marmo la donna e la dea, e la metamorfosi della leggenda. Entrando in un’atmosfera di consapevole e lucido trasognamento in cui disporre ed immergere le sue visioni, disseminando i paesaggi di edifici animati che si confondono coi monti e le colline per digradare in una armoniosa successione di ritmi e tonalità, fino a evocare i fantasmi dell’astrazione lirica. Ricreando nei temi antichi il pathos di luoghi e immagini vissuti nei sogni fin dalla giovinezza: quelle illusioni radicate nel terreno breve e fertile della nostalgia che paiono aver in modo indelebile affascinato da sempre la sua ispirazione. In modo pacato e intenso, indelebile.
Ed essenzialmente, esclusivamente, possessivamente un mito “etneo”. Che sa di terra rovente, di idoli arcaici, di nobiltà normanna, di oro barocco. Di zolfo greco e di gomma araba. Per un Olimpo trinacrio.”
Presentazione in catalogo : Dott. Gianfranco Schialvino
“Oggi che la pittura è diventata un’attività difficile, affogata in surrogati polemici ed intellettuali, confusa nelle incessanti variazioni della moda e delle teorie, soffocata nel gusto di tutti gli estremi più diversi ed opposti, è necessario tornare a guardare il quadro. Innanzitutto per capire se l’immagine non sia un vuoto miraggio di forme e colori.
Una considerazione immediata quindi sulla sua effettiva risoluzione formale – un quadro è e deve sempre costituire un’opera di pittura, pertanto in ogni indagine non si deve prescindere dal fatto tecnico della sua forma espressiva –, e poi, necessaria ma non aprioristicamente essenziale, né autonoma e slegata, la ricerca della sua forza. Il carattere, la capacità di coinvolgimento spirituale, emozionale, filosofico, etico, e ancora storico, sociale, religioso, politico ecc. ecc. che la forma riesce ad esprimere. Quello che si intende come significato.
La vicenda della pittura di Pippo Leocata (è pittura anche dove la forma corteggia la terza dimensione) a questa analisi, appare multiforme, sfaccettata in tanti particolari capitoli di un medesimo, coerente percorso: letteraria soprattutto, così ricca nei riferimenti raccolti allo scopo di ottenere delicate e immaginifiche suggestioni plastiche; e allusiva, capace di rievocare e di trasportare chi guarda in un viaggio nel tempo e oltre il tempo. Per un’arte che sa suggerire emozioni inesplorate, i sensi di una lontananza eroica e primordiale. Nella nostalgia dell’antico e del primitivo, nell’apparente indecisione del “non finito” contrapposta alle sottili raffinatezze cromatiche e tonali. Echeggiante di classicità negli equilibri dei piani e delle masse, carica di attualità nei complessi significati realizzati sotto la specie della forma e del colore, spruzzata di simbologie e di esperienze, di durezze, di solennità, di lirismo e di commozione.
La sua forma è scrupolosamente definita, semplice e attenta. Meditata, insistita nella sua visione pittorica, che riesce a vivere per sé stessa là dove le intenzioni e le apparizioni dell’artista sono compiutamente fuse e assorbite nella linea, nei volumi, nei colori; in un’aspirazione malcelata a un mondo a tre dimensioni per cui risultano spesso privilegiate la scena e la composizione. L’architettura insomma. Ed il senso dello spazio: nella profondità su cui il pittore allarga i paesi ed i cieli, le cupole e le montagne; nelle desolate prospettive uste e brulle, i muri (le mura) e le case. Dentro atmosfere ora smorte ora infuocate, le kermesse degli eroi e lo smarrimento degli umili, la folla dei guerrieri e la solitudine degli sconfitti.
Con un linguaggio rigoroso e rispettoso dei limiti dell’espressione figurativa, classica e tradizionale; né per questo meno moderna di tante eretiche seppur volatili esperienze disgregative e non sostitutive. Dove il dialetto che poggiava in gioventù su schemi e sommarietà compiaciute di culture arcaistiche si è via via stemperato e purificato nella consapevolezza della lingua pura delle civiltà: arcaica, fenicia ed ellenica. Senza ravvedimenti o conversioni, ma in una lenta crescita e maturazione. Alla conquista della crisalide rugosa del tempo che infine si squarcia per imporre una pittura senza più tempo.
Ed ecco che il mondo di Pippo Leocata diventa il mito.
Immortale.
Il grande poema epico, crogiolo di un caos primordiale che foggia rami e rame in forme mutanti, dove la cera si trasforma in segno e plasma il racconto; nel pragmatismo dell’archeologo, che ricostruisce dal frammento l’elmo ed il cratere, che riconosce da una scheggia di marmo la donna e la dea, e la metamorfosi della leggenda. Entrando in un’atmosfera di consapevole e lucido trasognamento in cui disporre ed immergere le sue visioni, disseminando i paesaggi di edifici animati che si confondono coi monti e le colline per digradare in una armoniosa successione di ritmi e tonalità, fino a evocare i fantasmi dell’astrazione lirica. Ricreando nei temi antichi il pathos di luoghi e immagini vissuti nei sogni fin dalla giovinezza: quelle illusioni radicate nel terreno breve e fertile della nostalgia che paiono aver in modo indelebile affascinato da sempre la sua ispirazione. In modo pacato e intenso, indelebile.
Ed essenzialmente, esclusivamente, possessivamente un mito “etneo”. Che sa di terra rovente, di idoli arcaici, di nobiltà normanna, di oro barocco. Di zolfo greco e di gomma araba. Per un Olimpo trinacrio.”
28
settembre 2011
Pippo Leocata – Un mito etneo
Dal 28 settembre al 15 ottobre 2011
arte contemporanea
Location
STUDIO LABORATORIO ANNA VIRANDO
Torino, Corso Giovanni Lanza, 105, (Torino)
Torino, Corso Giovanni Lanza, 105, (Torino)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato dalle 16,30 alle 20,00
Fuori orario su appuntamento
Vernissage
28 Settembre 2011, dalle ore 17,30 alle 23,00
Autore
Curatore