Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Paolo Massei – In tempo. Col tempo
L’artista plasma la materia fino ad arrivare all’essenzialità della forma, perché siano chiari, quanto immediati, il messaggio e la chiave di lettura dell’opera
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La disciplina del cubo e della sfera
Paolo Massei è un artista che più d’ogni altro ha fatto dell’interiorità e del cammino spirituale la fonte da cui attingere la sua ispirazione; le sue opere diventano dunque gli indicatori per arrivare all’essenzialità del mistero dell’esistenza.
Lui plasma la materia fino ad arrivare all’essenzialità della forma, perché siano chiari, quanto immediati, il messaggio e la chiave di lettura dell’opera.
In Paolo Massei la fantasia diviene creazione, attraverso una modularità di forme geometriche che hanno la stessa armonia ancestrale delle molecole e dell’elica del dna. Il quadrato, nelle opere di quest’artista, ritorna alla sua simbologia arcaica: fortezza e regolarità e il cerchio richiama a mondi paralleli che si
armonizzano in vite che non hanno termine ma si evolvono e mutano, superando l’umana ragione per
scegliere ciò che ha una ragione più antica, quella cosmica dell’anima. Le sue sculture irrompono nello spazio, e la luce si insinua e scruta superfici che si liberano dalla gravità e assumono le geometrie che gli antichi chiamavano celesti.
Massei infatti concepisce l’opera perché l’osservatore in essa trovi un varco attraverso cui canalizzare il proprio pensiero, compiendo così un’azione di comunicazione visiva che ha del geniale, soprattutto in questi tempi di afonia comunicativa. Il suo pensiero creativo non è introverso, non ha idee personalistiche ;
il suo vivere l’arte è pura comunicazione, perché si svolge nella esigenza antica del raccontarsi perché chi ascolta possa tramandare e vivere meglio il cammino antico e in infinito della vita. Così vanno lette le sue opere: la trama di una superficie si rompe per l’effetto di una sfera che con la sua cosmicità porta un cambiamento e quindi una metamorfosi. Un cubo nella serialità che attinge a quella più matematica di Fibonacci, s’innalza dalla madre terra e nello scorcio che si genera nella costruzione verticale, si evolve quasi che il cielo diventi parte integrante ed estrema dell’opera stessa.
Paolo Massei ha la capacità di coinvolgersi nella creazione dell’opera e di coinvolgere fino alla commozione, sente e dà figura, all’unisono, alle tre età dell’uomo: così, se la materia invecchia ma non muore, piuttosto diviene saggia e si evolve, il ragazzo si fa forte di tal saggezza e il bimbo diviene la chiave di volta perché il
tutto diventi gioia, meditazione, memoria.
Paolo Massei ha la forza genuina della sua terra, l’Umbria, dei suoi avi umbri e ci viene a raccontare le sue storie perché sa bene che sono le emozioni e i sentimenti a rendere immortale ogni cosa.
Questa mostra è un esempio da replicare.
Quindi io mi siedo e lascio che il racconto abbia inizio.
Alberto D’Atanasio
Docente MIUR di Storia dell’Arte e Semiologia dei Linguaggi non Verbali
- In tempo - Col tempo -
“Saggio è l’uomo che non si affligge per le cose che non ha, ma gioisce di quelle che possiede”.
Non ricordo se la citazione è corretta, né chi l’ha pronunciata, ma sicuramente questa è una di quelle massime con cui mi sono sempre misurato. Perché se l’essere saggi per vivere e lavorare è valido per tanti uomini, per chi fa arte (ricerca) invece, affliggersi fa parte di tutte quelle domande che conducono l’artista a quel tormento interiore che lo condurrà, attraverso un accumulo di idee, forme, e di veri e propri germi, a studiare e disegnare in solitudine una nuova mostra.
Dunque eccomi qua. 1981 Palazzo dei Consoli, Bevagna - 2011, Villa Fidelia, Spello.
La distanza in kilometri è poca, ma la strada da me percorsa è stata tanta e credetemi, senza quella voglia di conoscere , di varcare una collina, di passare una frontiera sempre accompagnato giorno e notte dal mio inseparabile amico, l’affliggersi, oggi non sarei arrivato qui.
In questa mostra che per me è il modo di raccontarmi attraverso le opere, abbandono la fedeltà al reale che mi ha contraddistinto fortemente all’inizio per una nuova fase, in cui il rifiuto di riprodurre l’apparenza naturale, mi ha portato verso il desiderio di procedere alla riduzione estrema delle forme e ricercare così la
loro segreta struttura, che deriva pure da quell’accumulo di esperienze fatte in tempo e col tempo.
In tempo e col tempo è pure il titolo scelto per questa mostra, dove la ricerca della struttura che è nelle forme tutte, sia animate che inanimate, l’ho indirizzata in quel tempo dove l’artista vive il suo io (tra in - e col tempo) cioè, in quello spazio dove la ricerca dell’idea-scultura ottiene la proprietà della metafora con
cui l’artista sostituisce l’immagine della figura nella sua memoria.
All’inizio del lavoro di progettazione, nel ricercare una forma da realizzare che contenesse l’idea di – in tempo – (vuoto) e – col tempo – (pieno) si era posata su un bicchiere che mi stava davanti e, il fatto che fosse vuoto, mi faceva riflettere che pure la materia che uno scultore ha davanti , simbolicamente lo fosse,
e che è l’uomo artista, nel suo percorso, che la deve riempire di anima, spiritualità e di vita.
Se noi proviamo a immaginare che tutto può all’improvviso finire, pure le sculture da me realizzate, rimarrebbe soltanto quell’ex spazio vuoto da me riempito, tra – in tempo – e – col tempo -. Allora la domanda potrebbe essere: Paolo ma perché fai le sculture se alla fine è importante solo lo spazio-tempo cioè il vuoto che è nelle forme e che l’osservatore non vede? Semplicemente perché io sono uno scultore e
per riempire il vuoto (la mia anima) devo riempire una parte dello spazio creando una forma.
Trent’anni di mostre mi hanno portato, con un lungo cammino, al non-interesse verso il modello esterno, ma bensì ad interessarmi a ciò che la figura (uomo - pianta - roccia o blocco di marmo) o comunque la materia, presenta in sé come struttura e comprendere così le sue ragioni formative.
Nel tempo e col tempo, cioè in questi trent’anni di (tentavi) mostre, ho imparato che prima di tutto una scultura oltre che peso e materia contiene pure sostanza, ecco perché all’inizio oltre che osservarla, la materia, per l’artista-scultore, è importante comprenderla, mettersi in sintonia con essa, così da riuscire
a forzarla e penetrare così oltre quelle che sono le sue naturali potenzialità costruttive. Perché modificare la materia, lavorandola, nel tentativo di trasformarla in carne, capelli, o quant’altro, non ci permette di leggere il linguaggio delle possibili relazioni tra sopra o sotto o tra piano e vuoto, né di sentirne i ritmi né di godere delle sue eventuali strutture interne.
Rodin affermava che quando si trovava davanti al corpo di una bella modella femminile, a volte i disegni che ne uscivano, gli apparivano pure come forme di insetti, uccelli o pesci; può sembrare assurdo tutto ciò soltanto per coloro che dell’arte ne fanno un metodo che, una volta appreso, lo ripetono all’infinito; ma per coloro che per ricercarla, l’Arte, e per viverla, si affliggono di domande, tutto ciò è normale, al
punto di andarne ogni volta alla ricerca, come lo è stato per me in questi anni, che mi hanno portato ad oltrepassare l’oggetto o figura sostituendoli con il gioco della struttura, giustificando così la distanza presa dalle realizzazioni realistiche precedenti.
Premetto subito che questo non significa che nel futuro io non possa ritornare sui miei passi, né che questo mio scritto diventi verità assoluta, o la futura bibbia dell’arte; d’altra parte, ogni artista sà con straordinaria consapevolezza che i principi in arte sono solo metodi, perciò soggetti a spostarsi sulla ricerca del nuovo.
Fin dall’inizio del progetto di questa mostra la scelta di Villa Fidelia come contenitore e nello stesso tempo incubatore per la mostra stessa, è dovuta al fatto che avevo bisogno di un luogo + spazio dove l’installazione frammentata delle sculture attraverso un percorso nel parco della Villa permettesse al visitatore di trovare il raccordo tra l’occhio, il pensiero, lo spazio e l’opera stessa, dove pure i giochi di luce
e ombre che colpiscono le sculture vanno a conferire alle stesse un’esistenza diversa durante il tempo della giornata. Sarà così sufficiente seguire le opere installate per raggiungere lo spazio del Giardino d’Inverno,
o Limonaia; qui la proposta di ricerca attraverso le opere proposte và percepita e letta come una unità, dove l’idea nascita (-in tempo-) e le opere realizzate (-col tempo-) contengono, attraverso il gioco, la ricerca su cui ho lavorato per questa mostra, dove le forme trattano la relazione tra e dentro le masse, perché la scultura può fare uso dei ritmi creando diversi punti di vista dato che, a differenza dei ritmi in agricoltura la scultura, non essendo legata ad una funzione o ad una finalità d’uso dell’architettura, può condurre l’artista
ad addentrarsi in assoluta libertà nell’esplorazione della forma, dove il tempo dell’idea iniziale col tempo si è trasformata in opera d’arte.
Ma tranquilli, questa non è la stazione d’arrivo, ma quella di partenza, per un nuovo viaggio, per un nuovo inizio.
Paolo Massei
Paolo Massei è un artista che più d’ogni altro ha fatto dell’interiorità e del cammino spirituale la fonte da cui attingere la sua ispirazione; le sue opere diventano dunque gli indicatori per arrivare all’essenzialità del mistero dell’esistenza.
Lui plasma la materia fino ad arrivare all’essenzialità della forma, perché siano chiari, quanto immediati, il messaggio e la chiave di lettura dell’opera.
In Paolo Massei la fantasia diviene creazione, attraverso una modularità di forme geometriche che hanno la stessa armonia ancestrale delle molecole e dell’elica del dna. Il quadrato, nelle opere di quest’artista, ritorna alla sua simbologia arcaica: fortezza e regolarità e il cerchio richiama a mondi paralleli che si
armonizzano in vite che non hanno termine ma si evolvono e mutano, superando l’umana ragione per
scegliere ciò che ha una ragione più antica, quella cosmica dell’anima. Le sue sculture irrompono nello spazio, e la luce si insinua e scruta superfici che si liberano dalla gravità e assumono le geometrie che gli antichi chiamavano celesti.
Massei infatti concepisce l’opera perché l’osservatore in essa trovi un varco attraverso cui canalizzare il proprio pensiero, compiendo così un’azione di comunicazione visiva che ha del geniale, soprattutto in questi tempi di afonia comunicativa. Il suo pensiero creativo non è introverso, non ha idee personalistiche ;
il suo vivere l’arte è pura comunicazione, perché si svolge nella esigenza antica del raccontarsi perché chi ascolta possa tramandare e vivere meglio il cammino antico e in infinito della vita. Così vanno lette le sue opere: la trama di una superficie si rompe per l’effetto di una sfera che con la sua cosmicità porta un cambiamento e quindi una metamorfosi. Un cubo nella serialità che attinge a quella più matematica di Fibonacci, s’innalza dalla madre terra e nello scorcio che si genera nella costruzione verticale, si evolve quasi che il cielo diventi parte integrante ed estrema dell’opera stessa.
Paolo Massei ha la capacità di coinvolgersi nella creazione dell’opera e di coinvolgere fino alla commozione, sente e dà figura, all’unisono, alle tre età dell’uomo: così, se la materia invecchia ma non muore, piuttosto diviene saggia e si evolve, il ragazzo si fa forte di tal saggezza e il bimbo diviene la chiave di volta perché il
tutto diventi gioia, meditazione, memoria.
Paolo Massei ha la forza genuina della sua terra, l’Umbria, dei suoi avi umbri e ci viene a raccontare le sue storie perché sa bene che sono le emozioni e i sentimenti a rendere immortale ogni cosa.
Questa mostra è un esempio da replicare.
Quindi io mi siedo e lascio che il racconto abbia inizio.
Alberto D’Atanasio
Docente MIUR di Storia dell’Arte e Semiologia dei Linguaggi non Verbali
- In tempo - Col tempo -
“Saggio è l’uomo che non si affligge per le cose che non ha, ma gioisce di quelle che possiede”.
Non ricordo se la citazione è corretta, né chi l’ha pronunciata, ma sicuramente questa è una di quelle massime con cui mi sono sempre misurato. Perché se l’essere saggi per vivere e lavorare è valido per tanti uomini, per chi fa arte (ricerca) invece, affliggersi fa parte di tutte quelle domande che conducono l’artista a quel tormento interiore che lo condurrà, attraverso un accumulo di idee, forme, e di veri e propri germi, a studiare e disegnare in solitudine una nuova mostra.
Dunque eccomi qua. 1981 Palazzo dei Consoli, Bevagna - 2011, Villa Fidelia, Spello.
La distanza in kilometri è poca, ma la strada da me percorsa è stata tanta e credetemi, senza quella voglia di conoscere , di varcare una collina, di passare una frontiera sempre accompagnato giorno e notte dal mio inseparabile amico, l’affliggersi, oggi non sarei arrivato qui.
In questa mostra che per me è il modo di raccontarmi attraverso le opere, abbandono la fedeltà al reale che mi ha contraddistinto fortemente all’inizio per una nuova fase, in cui il rifiuto di riprodurre l’apparenza naturale, mi ha portato verso il desiderio di procedere alla riduzione estrema delle forme e ricercare così la
loro segreta struttura, che deriva pure da quell’accumulo di esperienze fatte in tempo e col tempo.
In tempo e col tempo è pure il titolo scelto per questa mostra, dove la ricerca della struttura che è nelle forme tutte, sia animate che inanimate, l’ho indirizzata in quel tempo dove l’artista vive il suo io (tra in - e col tempo) cioè, in quello spazio dove la ricerca dell’idea-scultura ottiene la proprietà della metafora con
cui l’artista sostituisce l’immagine della figura nella sua memoria.
All’inizio del lavoro di progettazione, nel ricercare una forma da realizzare che contenesse l’idea di – in tempo – (vuoto) e – col tempo – (pieno) si era posata su un bicchiere che mi stava davanti e, il fatto che fosse vuoto, mi faceva riflettere che pure la materia che uno scultore ha davanti , simbolicamente lo fosse,
e che è l’uomo artista, nel suo percorso, che la deve riempire di anima, spiritualità e di vita.
Se noi proviamo a immaginare che tutto può all’improvviso finire, pure le sculture da me realizzate, rimarrebbe soltanto quell’ex spazio vuoto da me riempito, tra – in tempo – e – col tempo -. Allora la domanda potrebbe essere: Paolo ma perché fai le sculture se alla fine è importante solo lo spazio-tempo cioè il vuoto che è nelle forme e che l’osservatore non vede? Semplicemente perché io sono uno scultore e
per riempire il vuoto (la mia anima) devo riempire una parte dello spazio creando una forma.
Trent’anni di mostre mi hanno portato, con un lungo cammino, al non-interesse verso il modello esterno, ma bensì ad interessarmi a ciò che la figura (uomo - pianta - roccia o blocco di marmo) o comunque la materia, presenta in sé come struttura e comprendere così le sue ragioni formative.
Nel tempo e col tempo, cioè in questi trent’anni di (tentavi) mostre, ho imparato che prima di tutto una scultura oltre che peso e materia contiene pure sostanza, ecco perché all’inizio oltre che osservarla, la materia, per l’artista-scultore, è importante comprenderla, mettersi in sintonia con essa, così da riuscire
a forzarla e penetrare così oltre quelle che sono le sue naturali potenzialità costruttive. Perché modificare la materia, lavorandola, nel tentativo di trasformarla in carne, capelli, o quant’altro, non ci permette di leggere il linguaggio delle possibili relazioni tra sopra o sotto o tra piano e vuoto, né di sentirne i ritmi né di godere delle sue eventuali strutture interne.
Rodin affermava che quando si trovava davanti al corpo di una bella modella femminile, a volte i disegni che ne uscivano, gli apparivano pure come forme di insetti, uccelli o pesci; può sembrare assurdo tutto ciò soltanto per coloro che dell’arte ne fanno un metodo che, una volta appreso, lo ripetono all’infinito; ma per coloro che per ricercarla, l’Arte, e per viverla, si affliggono di domande, tutto ciò è normale, al
punto di andarne ogni volta alla ricerca, come lo è stato per me in questi anni, che mi hanno portato ad oltrepassare l’oggetto o figura sostituendoli con il gioco della struttura, giustificando così la distanza presa dalle realizzazioni realistiche precedenti.
Premetto subito che questo non significa che nel futuro io non possa ritornare sui miei passi, né che questo mio scritto diventi verità assoluta, o la futura bibbia dell’arte; d’altra parte, ogni artista sà con straordinaria consapevolezza che i principi in arte sono solo metodi, perciò soggetti a spostarsi sulla ricerca del nuovo.
Fin dall’inizio del progetto di questa mostra la scelta di Villa Fidelia come contenitore e nello stesso tempo incubatore per la mostra stessa, è dovuta al fatto che avevo bisogno di un luogo + spazio dove l’installazione frammentata delle sculture attraverso un percorso nel parco della Villa permettesse al visitatore di trovare il raccordo tra l’occhio, il pensiero, lo spazio e l’opera stessa, dove pure i giochi di luce
e ombre che colpiscono le sculture vanno a conferire alle stesse un’esistenza diversa durante il tempo della giornata. Sarà così sufficiente seguire le opere installate per raggiungere lo spazio del Giardino d’Inverno,
o Limonaia; qui la proposta di ricerca attraverso le opere proposte và percepita e letta come una unità, dove l’idea nascita (-in tempo-) e le opere realizzate (-col tempo-) contengono, attraverso il gioco, la ricerca su cui ho lavorato per questa mostra, dove le forme trattano la relazione tra e dentro le masse, perché la scultura può fare uso dei ritmi creando diversi punti di vista dato che, a differenza dei ritmi in agricoltura la scultura, non essendo legata ad una funzione o ad una finalità d’uso dell’architettura, può condurre l’artista
ad addentrarsi in assoluta libertà nell’esplorazione della forma, dove il tempo dell’idea iniziale col tempo si è trasformata in opera d’arte.
Ma tranquilli, questa non è la stazione d’arrivo, ma quella di partenza, per un nuovo viaggio, per un nuovo inizio.
Paolo Massei
24
settembre 2011
Paolo Massei – In tempo. Col tempo
Dal 24 settembre al 23 ottobre 2011
arte contemporanea
Location
VILLA FIDELIA
Spello, VIA FLAMINIA, 70, (Perugia)
Spello, VIA FLAMINIA, 70, (Perugia)
Vernissage
24 Settembre 2011, Ore 17
Autore