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Daniela Baldo – Sogni Libertari
Pow Gallery è lieta di presentare la personale di Daniela Baldo, artista torinese ma soprattutto valsusina che, in questo momento di forti contrasti sociali nel territorio in cui lei vive, esplica nella sua arte e in questa particolare mostra personale tutti i tormenti, le paure e le angosce, ma anc
Comunicato stampa
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Testo a cura di Franchino Falsetti
"Figure ed ombre"
L’arte nelle sue diverse espressività e connotazioni, è sempre meno neutrale e vive, inesorabilmente, tutte le contraddizioni di un’epoca che mostra scarse tracce per nuovi campi di indagine della creatività e/o dell’inventività, limitando ogni tentativo per ri-trovare strumenti adeguati per una lettura critica della complessità culturale e sociale della nostra storia contemporanea. Il sottile malessere del novecento non ha ancora esaurito i suoi effetti e le sue mode hanno prevaricato e condizionato ogni forma di genuina e spontanea produzione. Si è assistito ad un continuo “farsi” e “disfarsi”, mascherando sempre le proprie incompetenze con le più strane forme di “sperimentalismo” o di “laboratorio artis”. L’arte ha smesso si essere “l’occhio colorato” della storia per divenire, sempre più, l’oggetto di un sistema di consumo, un’offerta alla pari di una qualunque merce in esposizione, favorendo un inevitabile perdita d’identità dell’opera. Il nuovo demiurgo della modernità si chiama mercato: una inestricabile ragnatela che regola ogni flusso dei beni di consumo compresi quelli che riguardano l’attività intellettuale e culturale. “Il successo del mercato si fonda sulle differenze e sulla varietà…La cultura, nella società dei consumi, si inserisce in questo contesto e non fa eccezione”. (Zygmunt Baumann)
Quello che diventa, quindi, necessario è focalizzare l’attenzione sull’opera d’arte e caratterizzare in modo più problematico il rapporto tra l’artista e la sua produttività, al fine di liberalizzare ogni atto creativo svincolandolo da ogni tentazione o facile suggestione suggerita dal borsino del mercato dell’arte. Non è una proposta originale ma è una ri-valorizzazione di un binomio su cui si è sviluppata una lunga letteratura e sui cui ogni fenomenologia dell’essere ha teso a considerare l’opera d’arte come un insieme di progettualità, come un processo di ideazione del “vero”, una sorta di illuminazione nel rendere visibile i contrasti che si nascondono o si contrappongono nel nostro agire esistenziale. L’opera d’arte come significatività e sintesi cosmica. Una continua rivelazione della propria soggettività, del proprio unico ed originale mondo interiore. Tutto questo è contenuto nell’opera dell’artista Daniela Baldo: una artista poliedrica, che ha identificato nella pittura il suo modo di essere e di vivere. La sua produzione spazia dal figurativo all’informale ma non esistono contrasti ideativi: l’opera vive della sua tecnica e nella tecnica artistica si specifica ogni scelta materiale e materica. Le figure vivono indipendentemente dalla loro collocazione e forma. L’artista Daniela Baldo, dotata di particolare sensibilità artistica, non realizza figure degenerative, ma ci esterna tutto il suo mondo interiore che è un potenziale di “sogni libertari”, di visioni intime che vivono di forze idealistiche e di articolate discorsività, che si risolvono in ampie ed efficaci intuizioni tecnico-stilistiche e di appropriate scelte combinatorie.
Nell’eterogenea ed elegante produzione di questa artista c’è una naturale tendenza al linguaggio metaforico che permette di coniugare la percezione, la memoria con le strategie di sintesi, di sistematizzazione dei dati della realtà rivissuti ed interiorizzati come visione del proprio immaginario. La sua opera è lo specchio del suo mondo “segreto” che attende di farsi materialità individuale e sociale, di oggettivare i segni ed i significati della propria esperienza intima in un sapere comunicativo ed artistico. La sua indagine psico-culturale presenta un aspetto di particolare interesse: le figure che vengono scelte sono di ambo i sessi e vengono fissate in momenti di coinvolgente intensità emotiva ed evocativa. Il tratto è essenziale per rendere ogni immagine determinata dalla sua postura e dal suo movimento: sono attimi di vita che proiettano “ombre” di inquietudine, di solitudine, di abbandono, di malessere epocale. Sono figure metaforiche che parlano del nostro presente, del disordine sociale ed ambientale, poiché si esprimono ed agiscono come automi, a volte come veri manichini privi di ogni autentica identità o segni di riconoscimento. L’artista Daniela Baldo nel suo gioco metaforico e metafisico materializza il processo di “desertificazione” dell’umanismo dell’età contemporanea: l’uomo e la donna sempre più soli e sempre più anonimi. Si cerca di mettere in evidenza il desiderio di cancellare le “ombre” e di uscire da questa deriva che ci rende immobili e rassegati. Il ruolo dell’artista è svolto pienamente: esprimere le proprie visioni interiori al fine di non sentirsi solo testimone di un’epoca ma di poter far conoscere i personali sentimenti verso ciò che sta cambiando il nostro modo di stare e di essere. L’artista Daniela Baldo, nelle sue figure, cerca di individuare nuove vie di spiritualità della vita e di rendere ancora possibile il sentire l’umanità dell’altro come persona, come entità “cosmica”, come unione armonica dei valori senza tempo. C’è tutto il peso della cosiddetta “civiltà di massa”, c’è la consapevolezza di voler avere un ruolo, di poter agire senza essere omologati. C’è, forse, il sogno di una nuova Utopia, una realtà che esalti il nostro “paesaggio interiore” e diffonda, innanzitutto, il grido di conquista di tutte le libertà individuali. Alla separazione storica tra astratto e concreto, Daniela Baldo oppone una sintesi progettuale che le permette di esprimere artisticamente il vuoto esistenziale dell’uomo contemporaneo considerando l’arte come una preziosa fonte del “pensare più che del vedere”.
"Figure ed ombre"
L’arte nelle sue diverse espressività e connotazioni, è sempre meno neutrale e vive, inesorabilmente, tutte le contraddizioni di un’epoca che mostra scarse tracce per nuovi campi di indagine della creatività e/o dell’inventività, limitando ogni tentativo per ri-trovare strumenti adeguati per una lettura critica della complessità culturale e sociale della nostra storia contemporanea. Il sottile malessere del novecento non ha ancora esaurito i suoi effetti e le sue mode hanno prevaricato e condizionato ogni forma di genuina e spontanea produzione. Si è assistito ad un continuo “farsi” e “disfarsi”, mascherando sempre le proprie incompetenze con le più strane forme di “sperimentalismo” o di “laboratorio artis”. L’arte ha smesso si essere “l’occhio colorato” della storia per divenire, sempre più, l’oggetto di un sistema di consumo, un’offerta alla pari di una qualunque merce in esposizione, favorendo un inevitabile perdita d’identità dell’opera. Il nuovo demiurgo della modernità si chiama mercato: una inestricabile ragnatela che regola ogni flusso dei beni di consumo compresi quelli che riguardano l’attività intellettuale e culturale. “Il successo del mercato si fonda sulle differenze e sulla varietà…La cultura, nella società dei consumi, si inserisce in questo contesto e non fa eccezione”. (Zygmunt Baumann)
Quello che diventa, quindi, necessario è focalizzare l’attenzione sull’opera d’arte e caratterizzare in modo più problematico il rapporto tra l’artista e la sua produttività, al fine di liberalizzare ogni atto creativo svincolandolo da ogni tentazione o facile suggestione suggerita dal borsino del mercato dell’arte. Non è una proposta originale ma è una ri-valorizzazione di un binomio su cui si è sviluppata una lunga letteratura e sui cui ogni fenomenologia dell’essere ha teso a considerare l’opera d’arte come un insieme di progettualità, come un processo di ideazione del “vero”, una sorta di illuminazione nel rendere visibile i contrasti che si nascondono o si contrappongono nel nostro agire esistenziale. L’opera d’arte come significatività e sintesi cosmica. Una continua rivelazione della propria soggettività, del proprio unico ed originale mondo interiore. Tutto questo è contenuto nell’opera dell’artista Daniela Baldo: una artista poliedrica, che ha identificato nella pittura il suo modo di essere e di vivere. La sua produzione spazia dal figurativo all’informale ma non esistono contrasti ideativi: l’opera vive della sua tecnica e nella tecnica artistica si specifica ogni scelta materiale e materica. Le figure vivono indipendentemente dalla loro collocazione e forma. L’artista Daniela Baldo, dotata di particolare sensibilità artistica, non realizza figure degenerative, ma ci esterna tutto il suo mondo interiore che è un potenziale di “sogni libertari”, di visioni intime che vivono di forze idealistiche e di articolate discorsività, che si risolvono in ampie ed efficaci intuizioni tecnico-stilistiche e di appropriate scelte combinatorie.
Nell’eterogenea ed elegante produzione di questa artista c’è una naturale tendenza al linguaggio metaforico che permette di coniugare la percezione, la memoria con le strategie di sintesi, di sistematizzazione dei dati della realtà rivissuti ed interiorizzati come visione del proprio immaginario. La sua opera è lo specchio del suo mondo “segreto” che attende di farsi materialità individuale e sociale, di oggettivare i segni ed i significati della propria esperienza intima in un sapere comunicativo ed artistico. La sua indagine psico-culturale presenta un aspetto di particolare interesse: le figure che vengono scelte sono di ambo i sessi e vengono fissate in momenti di coinvolgente intensità emotiva ed evocativa. Il tratto è essenziale per rendere ogni immagine determinata dalla sua postura e dal suo movimento: sono attimi di vita che proiettano “ombre” di inquietudine, di solitudine, di abbandono, di malessere epocale. Sono figure metaforiche che parlano del nostro presente, del disordine sociale ed ambientale, poiché si esprimono ed agiscono come automi, a volte come veri manichini privi di ogni autentica identità o segni di riconoscimento. L’artista Daniela Baldo nel suo gioco metaforico e metafisico materializza il processo di “desertificazione” dell’umanismo dell’età contemporanea: l’uomo e la donna sempre più soli e sempre più anonimi. Si cerca di mettere in evidenza il desiderio di cancellare le “ombre” e di uscire da questa deriva che ci rende immobili e rassegati. Il ruolo dell’artista è svolto pienamente: esprimere le proprie visioni interiori al fine di non sentirsi solo testimone di un’epoca ma di poter far conoscere i personali sentimenti verso ciò che sta cambiando il nostro modo di stare e di essere. L’artista Daniela Baldo, nelle sue figure, cerca di individuare nuove vie di spiritualità della vita e di rendere ancora possibile il sentire l’umanità dell’altro come persona, come entità “cosmica”, come unione armonica dei valori senza tempo. C’è tutto il peso della cosiddetta “civiltà di massa”, c’è la consapevolezza di voler avere un ruolo, di poter agire senza essere omologati. C’è, forse, il sogno di una nuova Utopia, una realtà che esalti il nostro “paesaggio interiore” e diffonda, innanzitutto, il grido di conquista di tutte le libertà individuali. Alla separazione storica tra astratto e concreto, Daniela Baldo oppone una sintesi progettuale che le permette di esprimere artisticamente il vuoto esistenziale dell’uomo contemporaneo considerando l’arte come una preziosa fonte del “pensare più che del vedere”.
09
settembre 2011
Daniela Baldo – Sogni Libertari
Dal 09 settembre al primo ottobre 2011
arte contemporanea
Location
POW GALLERY
Torino, Piazza Castello, (Torino)
Torino, Piazza Castello, (Torino)
Orario di apertura
dal martedì al sabato, dalle dalle 10,30 alle 12,30 - 15.30 alle 19.30
Vernissage
9 Settembre 2011, dalle ore 18.00
Autore
Curatore