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Salvatore Ferragamo – Ispirazioni e visioni
Il 26 maggio 2011 il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze inaugura nei suoi spazi espositivi nello storico Palazzo Spini Feroni, dal 1938 sede dell’omonimo brand, una nuova mostra e nuovo allestimento. Le prime due sale del museo saranno da questo momento sempre dedicate alla storia e all’opera di Salvatore Ferragamo, con un’esposizione a rotazione dei modelli di calzatura da donna più creativi e più rappresentativi del suo lavoro , per soddisfare le curiosità del pubblico , dei fan Ferragamo e dei feticisti della scarpa da donna, che sembrano essere moltissimi.
Le altre sale,invece, ospiteranno le mostre curate e organizzate dal museo su temi ogni volta diversi e inediti , ma con il comune denominatore di prendere spunto dalla storia Ferragamo e dalle sue celebri scarpe.
Il 26 maggio 2011 il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze inaugura nei suoi spazi espositivi nello storico Palazzo Spini Feroni, dal 1938 sede dell’omonimo brand, una nuova mostra e nuovo allestimento. Le prime due sale del museo saranno da questo momento sempre dedicate alla storia e all’opera di Salvatore Ferragamo, con un’esposizione a rotazione dei modelli di calzatura da donna più creativi e più rappresentativi del suo lavoro , per soddisfare le curiosità del pubblico , dei fan Ferragamo e dei feticisti della scarpa da donna, che sembrano essere moltissimi.
Le altre sale,invece, ospiteranno le mostre curate e organizzate dal museo su temi ogni volta diversi e inediti , ma con il comune denominatore di prendere spunto dalla storia Ferragamo e dalle sue celebri scarpe.
Salvatore Ferragamo Ispirazioni e visioni : le opere in mostra
Il progetto in questione è il più complesso che sia mai stato realizzato dal Museo Salvatore Ferragamo. Se si esclude la sezione permanente del museo, dove saranno esposte 102 modelli diversi di scarpe oltre i documenti, le foto e le forme di legno dei piedi delle clienti famose, la mostra vera e propria ospiterà 255 pezzi, di cui 99 scarpe di Salvatore Ferragamo, dagli anni venti alla fine del 1950, e 149 opere d’arte provenienti da collezioni pubbliche e private, non solo fiorentine e italiane, ma anche internazionali.
Cosa accomuna il Mantello di penne di Ibis rubra, realizzato nel XVI secolo in Brasile e appartenuto alle collezioni di Cosimo II de’Medici, proveniente dal Museo di Antropologia e Etnologia di Firenze, la Natività di Sano di Pietro dei primi del Quattrocento , le illustrazioni di Sonia Delaunay per il libro La prose du Transsibérien et de la petite Jehanne de France della Biblioteca Nazionale di Firenze, o i disegni di Andy Warhol di scarpe su foglia d’oro della Collezione Luigino Rossi di Venezia ai modelli di Ferragamo ?
Le risposte si ritrovano nel viaggio compiuto a ritroso nell’immaginario di Salvatore Ferragamo, alla ricerca delle fonti della sua fantasia creativa.
Esiste sempre una fonte d’ispirazione per un artista quando elabora un’idea creativa ? E’ una sola e facilmente identificabile o è un insieme di molte suggestioni, a volte lontane nel tempo e nello spazio, mischiate tra loro come in un cocktail, oltre i confini della consapevolezza? Come interagiscono le ispirazioni con la storia personale dell’individuo, con la cultura, con il talento, con l’esperienza tecnica, con le emozioni ? E come è possibile che suggestioni molteplici possano condurre ad idee simili prodotte per analogia da menti diverse nello stesso arco di tempo ?
Le strade da prendere in considerazione, come accade per ogni artista che si rispetti, sono varie, ma alcune sono le vie principali. Nel caso di Ferragamo, due sono momenti della sua vita in cui si sono verificate le condizioni favorevoli per l’elaborazioni di ispirazioni e di visioni che avrebbero influenzato il futuro dell’artista :l’arrivo in California alla metà degli anni Dieci e il rientro in Italia nel 1927, a Firenze, una città che negli anni Venti era al centro della vita artistica e culturale del paese.
Da Hollywood a Firenze. La scoperta del tesoro di Tutankamon, le avanguardie artistiche e il fascino dell’arte applicata nelle raccolte museali fiorentine
L’esperienza vissuta da Salvatore Ferragamo a Hollywood, nell’ambiente legato alla nascente industria cinematografica, procura al giovanissimo italiano non solo la notorietà e il successo come ‘ calzolaio delle dive’, ma anche occasioni di conoscenze straordinarie, di studio senza fine e di sperimentazioni. La scoperta nel 1922 del tesoro funerario del faraone Tutankamon in Egitto, solo per citare un esempio ,che tanta influenza ebbe sul mondo della moda in generale, nel cinema rivela in tutta la sua forza l’ alto potenziale creativo e viene immediatamente messa a frutto da Ferragamo nei modelli e nelle decorazioni dei sandali che Cecil B.De Mille, il grande regista del cinema muto, affascinato dall’Oriente, commissiona a Salvatore per calzare gli attori protagonisti del film I dieci comandamenti. Occasione che per Ferragamo si ripeterà qualche anno dopo con la scoperta della Villa dei Misteri a Pompei, fonte d’ispirazione per l’arte e la grafica contemporanea e per Salvatore di una linea di scarpe, chiamate appunto Pompeian, e di un sandalo il Coturno, ispirato al mondo classico,allacciato intorno alla caviglia come un calzare romano, soggetto preferito delle sue prime pubblicità.
L’ambiente californiano e la cultura del territorio sono stati fonte per Ferragamo di continui spunti creativi .Le decorazioni degli accessori e degli abiti utilizzati dagli Indiani d’America, le combinazioni di tessuti e colori dei quilt realizzati dalle comunità quacchere, la ricchezza dell’artigianato sudamericano , che impiega i materiali più stravaganti, come le variopinte piume di uccello sono riflesse nei modelli di quegli anni e ritornano nelle innovazioni dei decenni successivi come una sigla del suo stile.
La decisione di ritornare in Italia nel 1927 e di fermarsi a Firenze è maturata in Ferragamo dalla necessità di trovare maestranze abili nella produzione di scarpe fatte a mano,ma anche dal desiderio di ritrovare nella cultura artigianale e artistica locale fonti autentiche di ispirazione. Ferragamo a Firenze rimarrà colpito non solo dai monumenti della città più noti e famosi al turismo internazionale, ma anche dalle molte collezioni pubbliche e private cittadine dove erano documentati straordinari esempi di arte applicata, da cui Ferragamo era per indole attratto. La collezione di Frederick Stibbert,ad esempio,eclettica e di buon gusto, suggerisce a Ferragamo le forme delle calzature, gli intrecci delle tomaie, persino i disegni di ricami, fedelmente ripresi da abiti conservati nella raccolta. Sensazioni analoghe provocheranno le collezioni dell’archeologico, del museo di etnografia e di storia naturale, pozzi senza fondo di idee, intuizioni, esperimenti creativi,ieri come oggi.
Accanto all’interesse per la tradizione e il reperto di storia, Ferragamo subisce il fascino delle sperimentazioni sui materiali e sui colori che gli artisti di avanguardia , primi fra tutti, i futuristi, ma anche Thayaht, Sonia Delaunay, Duchamp, Giò Ponti,stavano compiendo negli stessi anni e di cui Firenze costituiva negli anni Venti un epicentro culturale di prim’ordine.
Lo spirito del tempo
L’atteggiamento mentale di Ferragamo a recepire lo spirito del tempo, continua per tutti gli anni della sua attività, mostrando non solo influenze ma anche analogie con artisti e designer contemporanei, che arrivano in campi diversi a soluzioni estetiche e tecnologiche vicine a quelle di Ferragamo, come quando Jacobsen crea la sua famosa poltrona ad uovo nello stesso anno in cui Ferragamo brevetta la suola a conchiglia in cuoio, una trasposizione in suola della forma ergonomica di quella poltrona, oppure Andy Warhol disegna le sue scarpe su foglia d’oro nel 1956, esattamente quando Ferragamo crea per la moglie di un ricco magnate il suo sandalo in oro a 18 carati.
In altre occasioni, sono le creazioni e il lavoro di Salvatore Ferragamo a essere fonte di ispirazione per i contemporanei, con i quali instaura spesso una proficua collaborazione, come quando Lucio Venna disegna le pubblicità di alcuni modelli, Pietro Annigoni dipinge il ritratto di Ferragamo e Alvaro Monnini realizza i disegni dei primi foulard prodotti con la firma Ferragamo.
Salvatore Ferragamo e Stephen Jones: due creatori a confronto
Ferragamo scrive nella sua autobiografia “Come posso spiegare la mia innata capacità di creazione? Io non ho bisogno di cercare i modelli. Quando ne voglio dei nuovi scelgo fra quelli che si presentano alla mia mente così come, a tavola, scelgo una mela dalla fruttiera colma” In queste parole il creativo sembrerebbe negare ogni ispirazione, ogni riferimento ad altro da sé. In altri passaggi della sua autobiografia, per giustificare l’evoluzione del suo pensiero, parla più chiaramente di reminiscenza, di reincarnazione, riecheggiando sì le teorie teosofiche in voga in certi ambienti cultural-aristocratici fiorentini degli anni Venti e Trenta, come è stato proposto da Luca Scarlini e Sergio Risaliti nei testi del catalogo che accompagna la mostra , ma anche per l’evidente difficoltà a spiegare a parole la creatività . Che in realtà non si può definire.
Si può solo riconoscere, come accade vedendo i cappelli di Stephen Jones, l’eccentrico e raffinato inglese, che ha fatto della modisteria una professione d’artista e che è stato invitato a partecipare a questa mostra, per testimoniare la creatività contemporanea nella sua affascinante complessità.
Il primo incontro con Stephen Jones è avvenuto ad Anversa, in occasione della mostra retrospettiva sull’artista allestita al prestigioso MoMu, quando è emersa con chiarezza le similitudini tra il lavoro di Jones e Ferragamo, nonostante la diversità di formazione e di bagaglio culturale e il lasso di tempo che separa i due artisti.
L’ abilità artigianale riscontrabile nell’opera di Ferragamo si ritrova identica nelle creazioni di Jones, anche se le tecniche sono diverse, come lo è la destinazione di questi accessori. Analoga tra i due creativi è la passione per il proprio lavoro, l’ossessione della qualità, la sperimentazione infinita sui materiali, dai più banali ai più insoliti, il rigore formale combinato ad una buona dose di humor, che impedisce ai due di prendersi troppo sul serio. Ferragamo pone un corno di un rinoceronte sulla punta di una scarpa da donna negli anni Trenta o i tappi di sughero delle bottiglie di buon vino toscano ai piedi delle sue clienti più eleganti, senza preoccuparsi di mimetizzarli. Jones cinquant’anni dopo mette sulla testa di una donna una zampa di leone, o la tavolozza da pittore sporca di tinta, con la stessa identica noncuranza.
Dopo Anversa, il progetto di collaborazione tra le due firme ha preso corpo a Parigi e a Firenze, dove Jones ha visitato il Museo Salvatore Ferragamo e veduto da vicino le scarpe di Salvatore, sebbene da esperto di storia della moda già ne conoscesse il carattere e il valore. Ispirandosi ai modelli di Ferragamo , Jones ha scelto trenta cappelli del suo archivio che sono esposti per la prima volta a Firenze, selezionando le collezioni in base ai temi che rappresentano le chiavi di lettura dello stile Ferragamo e della sua opera , il colore, le forme architettoniche dei modelli, la fantasia creativa, i materiali, il glamour legato alle clienti di Ferragamo che hanno indossato quelle scarpe e il futurismo, scelto come sinonimo delle ispirazioni tratte dal mondo dell’arte.
Jones ha inoltre creato tre cappelli nuovi, che entreranno a far parte della collezione del Museo Salvatore Ferragamo, ispirati questa volta dai modelli forse più incredibili che Ferragamo abbia creato nella sua vita professionale, il sandalo a zeppa multicolore inventato per Judy Garland nel 1938, la zeppa ad F con tomaia in capretto e vinilite del 1947, che sfilò a Dallas con gli abiti ‘New look’ di Christian Dior e il sandalo con tacco a gabbia, uno dei brevetti più innovativi partoriti dalla mente geniale di Ferragamo.
“Con questa mostra- afferma Stephen Jones- ho avuto l’occasione di conoscere a fondo l’opera di Salvatore Ferragamo. E quello che mi piace di più in lui è il ‘jeu d’esprit’, il suo senso del gioco e la sua passione. Proprio come me, Ferragamo metteva tutta la sua esperienza di vita e di lavoro in una scarpa “
Musei e collezioni private che hanno prestato le opere
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze
MIBAC, Soprintendenza BSAE per le province di Ve, Bl, Pd e TV, Museo Civico di Treviso
Museo Archeologico Nazionale di Firenze
Museo Archeologico Nazionale Gaio Cilnio Mecenate di Arezzo
Museo di Storia Naturale, Sezione di Antropologia e Etnologia e Sezione di Zoologia La Specola
Musée de Tissus de Lyon, Francia
Musei Provinciali di Gorizia
Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia, Sesto Fiorentino
Museo Stibbert, Firenze
Collezione CLM Seeber, Roma
Collezione privata, Lucca
Collezione privata, Firenze
Collezione Claudio Monnini
Collezione Marta Bindi Grassi, Firenze
Collezione Ottavio e Rosita Missoni, Milano
Collezione Renzo Arbore, Roma
Collezione Sandro Michahelles, Firenze
Farsettiarte, Prato
Fondazione Biagiotti Cigna, Roma
Luigino Rossi. Collezione Privata.Venezia
The Bata Shoe Museum, Toronto, Canada
Tornabuoni Arte, Firenze
Mostra e catalogo a cura di Stefania Ricci e Sergio Risaliti con il contributo di Stephen Jones
Catalogo Skira, edizione italiano ed inglese, pagg. 168 ill.
Con i contributi di: Cristina Morozzi, Stefania Ricci, Sergio Risaliti, Luca Scarlini e Stephen Jones
Curricula:
Stefania Ricci Laureata in Lettere con indirizzo in Storia dell’Arte presso l’Università di Firenze, nel 1984 inizia a collaborare con la Galleria del Costume di Palazzo Pitti, per conto della quale ha curato una serie di mostre, tra cui si ricorda nel 1986 Donazione Tirelli (Mondadori) , nel 1989 Spose in Galleria. Abiti nuziali del Novecento (Centro di), nel 1990 Cerimonia a Palazzo. Abiti di corte tra Otto e Novecento (Centro Di), nel 1991 Anni Venti. La nascita dell’abito moderno ( Centro Di).
Contemporaneamente lavora come free lance per Pitti Immagine, curando la realizzazione di alcune mostre e cataloghi come La Sala Bianca : nascita della moda italiana ( Electa) nel 1992 e nel 1996 in occasione della Biennale d’Arte e Moda a Firenze della mostra Emilio Pucci (Skira).
Nel 1984 entra in contatto con la Salvatore Ferragamo, organizzando la prima mostra retrospettiva sulla storia dell’azienda a Palazzo Strozzi a Firenze e successivamente al Victoria and Albert Museum di Londra e al Los Angeles County Museum e iniziando a curare l’archivio dell’azienda. Due anni dopo avrà anche la curatela per una diecina di anni dell’archivio della Casa di Mode Emilio Pucci.
Dal 1995 è direttore del Museo Salvatore Ferragamo, che ha contribuito a far nascere, e responsabile degli eventi culturali della Ferragamo in tutto il mondo.
Da allora ha curato tutte le mostre organizzate dal museo, tra cui si ricorda Cenerentola. La scarpa ritrovata (Leonardo Arte) nel 1998, Audrey Hepburn. Una donna, lo stile ( Leonardo Arte) nel 1999, Walking shoes ( Editorial RM)nel 2006 , Evolving Legend Salvatore Ferragamo 1928.-2008 (Skira) nel 2009 e Greta Garbo. Il mistero dello stile ( Skira) nel 2010.
Come studiosa ed esperta di storia del costume e della moda, è autore di numerosi libri e saggi. Svolge attività di consulenza presso alcuni musei del settore, come il Museo Internazionale della Calzatura di Vigevano e tiene corsi di storia della calzatura e di moda presso il Polimoda di Firenze e il FIT di New York.
Sergio Risaliti è studioso e critico d’'arte. Attivo dalla metà degli anni Novanta nell’' organizzazione di mostre e progetti legati al mondo dell’arte. È stato il fondatore e direttore del Centro d’'Arte Contemporanea “Le Papesse” a Siena, dal 1997 al 2001, ideatore e curatore del progetto Quarter a Firenze nel 2004, consulente della riorganizzazione del MARCA, Museo d'’Arte Contemporanea della Provincia di Catanzaro nel 2007. E' stato membro del comitato scientifico del FRAC Rhone-Alpes di Lyon e della Galleria d'Arte Moderna di Bologna. Ha ideato nel 2000 Espresso, un censimento dell'arte giovane italiana ( Electa), e nel 2001 un'ampia ricognizione sulla Toscana contemporanea ( Maschietto). Nel 1996 ha curato la Verità, libro d'’artista di Giulio Paolini ( Einaudi), e nel 2010 sempre di Paolini, Dall'Atlante al vuoto ( Electa). Nel 2003 ha ideato e curato Moltitudini solitudini al Museion di Bolzano ( Maschietto), e nel 2004 Bambini nel tempo ( Skira) a Palazzo Te a Mantova. Nel 2009 ha curato il Catalogo Generale della grafica di Fausto Melotti. Con Achille Bonito Oliva ha curato De Gustibus nel 2002 a Siena, Orizzonti. Belvedere dell'Arte nel 2003 al Forte Belvedere di Firenze , e un libro-intervista al grande critico italiano intitolato Lezione di Box ( Sossella). Collabora costantemente con periodici e quotidiani ( Corriere della sera-Firenze). Dal 2008 al 2010 ha collaborato alla direzione artistica della prestigiosa Galleria Stein di Milano. E' stato consulente di Codice. Idee per la cultura dal 2005 al 2007 e consulente alla direzione artistica di Florens 2010. Con Francesco Vossilla, ha iniziato un’indagine non convenzionale sull’opera di Michelangelo, dalla quale sono nati quattro volumi dedicati al Bacco ( Maschietto ), alla Zuffa dei Centauri ( Electa) e al David, ( L'Altro David, e Metamorfosi del David per Cult edizioni).
Stephen Jones Nato in Cheshire e educato a Liverpool, Stephen Jones fa irruzione sulla scena della moda a Londra durante l’esplosione del modello urbano nei tardi anni ’70. Studente della St Martins School of Art , dopo “dark” egli fu uno degli intransigenti pionieri dello stile al leggendario nightclub Blitz – sempre squisitamente vestito e sempre incoronato con un impressionante cappello di suo personale eccentrico disegno.
Dal 1980, Jones aveva aperto il suo primo salone di modisteria nel cuore del Covent Garden di Londra. Queste premesse divennero presto un luogo di pellegrinaggio e mecenatismo, quando tutti dalle rock star ai reali , da Boy George a Diana, il Principe di Galles, identificarono Jones come il modista che li avrebbe aiutati a fermare le notizie.
Jones rese la modisteria moderna e irresistibile. In materiali che spesso erano estremi e in modelli che spaziavano dal raffinato al bizzarro, i suoi idealistici cappelli squisitamente e artigianalmente elaborati sintetizzavano il “fashion mood” del momento
Venticinque anni più tardi, lo spirito creativo che ha definito un’era di “Jones” continua ad attrarre una clientela di “celebrities” quali Kylie, Madonna, Take That!, Mick Jagger e Dita von Teese.
Ha creato cappelli per “W,E.” diretto da Madonna e Audrey Tatou nel film “Coco avant Chanel” che ebbe la nomination per diversi premi come BAFTA, César e Oscar.
Da Vivienne Westwood, Claude Montana, Thierry Mugler and Jean- Paul Gaultier passando per gli anni ottanta , fino al Suo attuale lavoro con Giles, Marc Jacobs, Rei Kawakubo and John Galliano per Dior, i cappelli di Jones sono stati un componente fondamentale in alcuni dei più memorabili spettacoli delle sfilate degli ultimi trenta anni.
Oggi, la boutique, lo studio e gli ateliers di Jones si trovano in un’affascinante residenza di città in stile georgiano vicino alla sede del suo primo salone di modisteria. Oltre alla Sua Collezione do Modisteria, disegna le collezioni Miss Jones e Jonesboy che hanno un’ampia diffusione.
Nel Maggio 2009 Stephen ha messo in scena un importante Esposizione al Victoria & Albert Museum intitolata “Cappelli: Un Antologia da Stephen Jones”. La Mostra ha aperto con ampio consenso di critica e di pubblico. Ha avuto più di 100.000 visitatori ed ha fatto il giro dell’ Australia. Continuerà al Bard di New York questo autunno.
L’ultimo settembre 2010, la mostra solo “Stephen Jones e The Accent of Fashion” ha aperto al Mode Museum in Antwerp, anche questa girerà il mondo.
Come riconoscimento di questi risultati Stephen Jones è stato definito “ il Designer Real” dalla “Faculty of Royal Designers for Industry” ed ha conseguito un ordine dell’Impero Britannico da Sua Maestà, Regina Elisabetta II.
Ora, come sempre, nelle avanguardie della moda, i suoi accattivanti cappelli grazie alle copertine delle più famose riviste e grazie display delle vetrine “animate” nei negozi più eleganti e più importanti nel mondo.
Da sfilate a gare, da promozioni popolari a feste nei giardini reali, la modisteria di Stephen Jones aggiunge il punto esclamativo a tutti “ affermazione” della moda.
Salvatore Ferragamo – Ispirazioni e visioni
arti decorative e industriali
Firenze, Via Dei Tornabuoni, 2, (Firenze)